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martedì 25 giugno 2013

Scandalo Doping Festina (Tour De France 1998)

Lo scandalo Festina esplose pochi giorni prima del via del Tour de France 1998.
La squadra ciclistica francese, sponsorizzata dalla ditta di orologi, venne estromessa dalla Grande Boucle di quell'anno, vinta poi Marco Pantani.
Il motivo che portò all'esclusione riguarda il "doping di squadra", ovvero non semplicemente doping di singoli atleti all'interno di una formazione ma sostanze proibite somministrate sistematicamente dai medici del team a tutti i ciclisti in corsa.
Dunque lo scandalo Festina 98 fece tanto scalpore perché coinvolse una squadra intera compresa di direttori sportivi, massaggiatori e medici. Fu uno dei rarissimi casi di doping in cui nessun corridore venne trovato positivo ad un controllo ma un’intera squadra venne cacciata via dalla corsa ciclistica per eccellenza, il Tour de France.


L'INIZIO
L’8 luglio 1998 fu l’inizio della fine per una delle squadra professionistiche più forti dell'epocao: all’alba di quel giorno, Willy Voet, massaggiatore della Festina, fu fermato alla dogana svizzera con in macchina una quantità spropositata di sostanze dopanti: 234 dosi di Epo, 80 flaconi di Gh (ormone della crescita), 160 capsule di ormoni maschili e di testosterone, 60 di Asaflow (un farmaco che fluidifica il sangue). La procura francese aprì subito un’inchiesta, Voet venne interrogato per ore: di fronte a prove evidentissime, non solo non negò ma chiamò in causa il direttore sportivo Roussel e il medico della squadra Erik Ryckaert.
I viaggi di Voet erano su commissione, i "mandanti" erano Roussel e Ryckaert.


GLI ARRESTI
Alla Gran Boucle fu il caos.
I fermi vennero trasformati in arresti e, per la prima volta nella storia del ciclismo, l’UCI inflisse a Roussel una sospensione a tempo indeterminato dalle sue funzioni di direttore sportivo.
Non era mai successo. In quella squadra c’erano corridori come Zulle, Brochard e il capitano, Richard Virenque. Loro dichiararono fino all’ultimo di voler continuare la corsa, appellandosi al fatto che non c’era nessuna positività effettiva dei corridori, al di là delle dichiarazioni scottanti di Voet e compagnia.
Si parlò addirittura di uno sciopero dei corridori.
Jean Marie Leblanc, a quel punto, per evitare proteste, decise per la sospensione dell’intera squadra.


LE CONFESSIONI
Quale fu il bollettino di guerra?
Laurent Brochard, il campione del mondo su strada del 1997, alla Festina dal 1995 al 1999, ammise l’uso di sostanze dopanti e fu squalificato per 4 mesi.
Alex Zülle, campione del mondo a cronometro nel 1996 e vincitore di due Vuelte, arrivato alla Festina proprio nel 1998, confessò le pratiche di doping “di squadra” e fu fermato per 9 mesi.
L’ultimo ad arrendersi fu Richard Virenque: il sette volte vincitore della maglia a pois al Tour si dichiarò estraneo ai fatti con tanto di lacrime in diretta tv, scrisse un libro per raccontare la sua verità (e la sua innocenza), ma, nel 2000, crollò inesorabilmente e venne squalificato per un anno.


VOET RACCONTA COME ELUDEVANO I CONTROLLI
Secondo il racconto di Voet, che è stato rinchiuso a lungo in carcere, le due ruote sono prigioniere da tempo delle pratiche dopanti e della cultura della scorciatoia. Così ad esempio cita gli stratategemmi adottati dai ciclisti per eludere i controlli delle urine. Dal vecchio sistema della peretta nascosta sotto al braccio (svelata da Pollentier nel 1978, quando il maldestro belga fu scoperto al Tour), alla provetta nascosta nel braccio ingessato, a quella appesa alla schiena, per non parlare della cannula infilata nell'ano e contenente un preservativo gonfio di urina "pulita".
Un campionario intero di modi per eludere i controlli a sorteggio di fine gara.
Ma ancora più accurati e collaudati i mezzi per gestire i corridori a cui forniva le sostanze.
Così con le perfusioni di sodio, preparati a base di acqua che servono per fra diminuire il tasso di ematocrito nel sangue, cioè la quantità di globuli rossi.
Voet ha raccontato che li faceva avere ai ciclisti avvolte in tovaglioli e cosi venivano tenute pronte sotto ai letti di albergo. In caso di emergenza, leggi controlli improvvisi, potevano essere appese ad un chiodo (al posto dei quadri) e così utilizzate come flebo per smaltire l'ematocrito troppo alto per le soglie stabilite dall'UCI.
Già nel ‘97 inoltre, rivela ancora Voet, i due terzi dei ciclisti possedeva la "lavatrice" che serve ad isolare i globuli bianchi da quelli rossi e controllare così il tasso: un'operazione semplice e rapida resa possibile da quell'apparecchio che gli atleti hanno comprato per corrispondenza e in modo anonimo, facendo l'acquisto spesso a nome della moglie o di un parente.
Ancora più inquietante il particolare del cosiddetto "barattolo belga", un cocktail di sostanze e farmaci. Una specie di intruglio che somministrato in dosi da pochi millilitri assicura un propellente energetico enorme. È composto infatti da analgesici, anfetamine, caffeina, cocaina, eroina e spesso corticoidi. Voet, sul cortisone, denuncia un inquietante verità.
E cioè che quello somministrato ai corridori con un'intramuscolo (iniezione serale, verso le 22) non è rilevabile nel controllo delle urine, mentre in quello ematico è difficile dimostrare che sia di natura esogena perchè viene prodotto in modo naturale dai surreni.
Il prodotto che impiegava Voet già nel 1997 era il Kenacort, assunto in dosi da 10 milligrammi. Insomma, una vera e propria scienza parallela dell'illecito e della scorciatoia che secondo Voet impera da tempo e tutt'ora nel mondo delle due ruote. "I corridori sanno, sanno tutto" ha scritto tra l'altro. "Quando penso che ancora oggi, dopo un controllo positivo, continuano a giurare sulla testa di loro madre che sono stati dopati a loro insaputa".


MA COSA SUCCESSE IN QUEL TOUR?
Rischiò di non arrivare a Parigi. Soste, proteste e abbandoni costringono la giuria ad annullare tappe.
Sul traguardo di Aix Les Bains, al termine dell'ultima tappa alpina, si presentò un gruppo di corridori dilaniati dai dubbi, incerti se continuare a faticare fino a Parigi o fare le valigie come Jalabert e tutta la Once, gli spagnoli della Banesto e i superstiti della Riso Scotti.
I commentatori della Tv francese definirono "surreale" questa interminabile giornata, cominciata con i controlli di sei corridori della Tvm martedi notte e finita il giorno successivo a tarda ora con la perquisizione degli alberghi che ospitavano Once, Casino, Polti, Francaais des Jeux e di tutti i mezzi delle quattro squadre.
Proprio i metodi riservati dai 20 gendarmi provenienti da Reims ai corridori della Tvm (prelevati in albergo durante la doccia e i massaggi, trasferiti in ospedale per gli esami del sangue, delle urine e dei capelli, tenuti senza mangiare fino alle 23.50, quando sono stati rilasciati) scatenarono la reazione del gruppo. Dopo aver raccontato ai giornalisti la loro notte a cavallo di due tappe alpine (Blijlevens disse che gli sembrò d'assistere a un brutto film poliziesco di cui era, suo malgrado, l'interprete), i corridori della Tvm misero al corrente della loro brutta esperienza tutti i colleghi.
Outschakov, poco prima della partenza, avvicinò Pantani spiegandogli dettagliatamente l'accaduto.
I corridori prese regolarmente il via, ma impiegarono un'ora per percorrere 24 chilometri e per mettere a punto una strategia comune.
Al chilometro 32 si fermarono staccandosi il numero di gara dalla schiena mandando il danese Bjarne Riis, eletto loro rappresentante e portavoce, a trattare con Leblanc, il direttore del Tour.
Chiaro il segnale lanciato agli organizzatori: togliendosi il numero chiedevano l'annullamento della tappa, ma erano disposti a salvare la corsa e ad arrivare fino a Parigi a patto che la polizia accettasse di trattare i corridori come atleti e non come delinquenti.


I RITIRI
Ma non tutti i concorrenti erano dello stesso avviso: mentre i corridori riprendevano a pedalare in attesa di una risposta al loro ultimatum, Jalabert salì sull'ammiraglia ritirandosi e obbligando i suoi compagni a fare altrettanto.
"In una situazione simile non si può andare avanti, non si può continuare a essere trattati come bestie". Al chilometro 80, dov'era fissato il rifornimento, anche i sei superstiti della Banesto (che già aveva perso per strada i leader Olano e Jimenez) si fermavano, imitati poco dopo dai tre corridori della Riso Scotti. La pedalata dei 116 superstiti in mezzo alla marea di gente che lungo i tre colli previsti sperava di assistere a ben altro spettacolo (ma rari furono gli episodi di contestazione del pubblico), si concluse sul traguardo di Aix Les Bains dove, tenendosi per mano, sfilarono per primi i corridori della Tvm, seguiti dai tre leader delle classifiche: la maglia gialla Pantani, la maglia verde Zabel, la maglia a pois Massi. Tutto finito? Al contrario.
La polizia di Lilla, dopo le rivelazioni dei corridori interrogati a Lione (soprattutto dopo le ammissioni di Zuelle), interrogò anche ex corridori della Festina come Leblanc, Lebreton, Robin e Lino.
Secondo indiscrezioni, Zuelle avrebbe confessato al magistrato che alla Once, tra le cui file aveva corso fino alla stagione precedente, vigeva un sistema di approvvigionamento di prodotti dopanti, con tanto di fondi neri messi a disposizione dei corridori.
In serata Nicolas Terrados, il medico della squadra spagnola (che ha fatto intervenire un membro dell'ambasciata di Francia a Parigi e ha coinvolto il governo attraverso il ministero dello Sport), venne condotto al commissariato per firmare il verbale dell'avvenuta perquisizione.
Sempre in serata l'altra squadra spagnola Vitalicio Seguros, per disposizione giunta al direttore sportivo Minguez, decise di abbandonare il Tour.
Anche la Kelme decise di lasciare, dopo che il team spagnolo rimase vittima del clima di caccia alle streghe di questi giorni.
La mattina successiva, un'ammiraglia che aveva accompagnato a Ginevra un corridore ritirato, venne fermata alla frontiera franco - svizzera e minuziosamente perquisita: alcune pillole vennero sequestrate.
"Semplici aspirine per combattere il mal di testa", spiegò il manager che era al volante e che venne trattenuto per tutta la giornata.
In seguito a tarda sera anche il direttore sportivo della Casino, Lavenu, venne condotto in questura per essere interrogato. Il Tour poi arrivò a Parigi e vide la vittoria di Marco Pantani.



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