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domenica 25 dicembre 2016

L'Inseguimento Di Armstrong A Simeoni (Tour De France 2004)

Filippo Simeoni: "A scuola andavo bene, in camera avevo il poster di Hinault, continuavo a sognare che un giorno avrei vinto il Giro d’Italia, la corsa che mi affascinava di più. 
Mi diplomo ragioniere, ho due fratelli laureati in Economia e commercio, ma la passione per il ciclismo è troppo forte.  Nell’ultimo anno da dilettante mi accorgo che qualcosa non quadrava. 
Mi battevano corridori che fino a pochi mesi prima battevo. 
Vado in Abruzzo dal dottor Santuccione e mi faccio spiegare come funziona l’EPO.  Me lo spiega, ma resisto alla tentazione. Passo professionista con la Carrera di Pantani e Chiappucci. E le cose quadrano ancora meno. A fine ‘96 mi decido e vado dal dottor Ferrari, che in gruppo chiamano dottor Mito, il più bravo allievo del professor Conconi.  Molto celebrati anche dalla stampa. Ferrari mi dice che non ha tempo da perdere con quelli scarsi, può assistermi solo se supero alcuni test, in pratica valuta la mia cilindrata.  Supero i test, posso accedere al trattamento. Ferrari è un grande, nel suo campo. Affascina. Prima del Giro del Trentino e dopo adeguati trattamenti mi dice che posso finirlo nei primi cinque. Finisco quinto. Al Giro d’Italia vado forte ma per una tendinite mi devo ritirare quando sono diciassettesimo in classifica"

"Facevo quello che facevano in tanti, probabilmente tutti. 
E come tutti vedevo l’EPO come medicina, non come doping. 
Veniva a costare sui 10 milioni l’anno, allora non c’era l’euro, più 5 o 6 in farmaci. 
L’EPO funziona a patto di allenarsi intensamente e seguire una dieta ferrea. Una terapia. 
Non percepivo né l’inganno che attuavo né i pericoli che correvo. 
Molte morti sospette di giovani corridori, nel sonno, in quegli anni. 
La molla mi è scattata nel ‘99, quando hanno perquisito la casa del dottor Ferrari e poi, in base alle cartelle cliniche, le case dei corridori che si erano rivolti a lui. 
Anche la mia, all’alba.  Carabinieri che rovistano nel frigorifero, aprono i cassetti, mia madre agitata che mi dice: Filippo, cos’hai combinato? Non mi hanno trovato medicinali, solo appunti su taccuini. 
Avrei potuto cavarmela come altri, ma ho capito che sbagliavo e non si poteva continuare su quella strada.  Con chi mi conosceva non ho avuto problemi, ma per il gruppo ero diventato l’infame, la spia, quello che sputa nel piatto dove ha mangiato"

Filippo Simeoni il 12 febbraio 2002 confessò di aver comprato sostanze dopanti dal suo medico, Michele Ferrari, lo stesso che seguiva Lance Armstrong (e molti altri corridori).
Allo statunitense, che sulla questione lo aveva definito "mentitore assoluto", rispose con una querela. Simeoni prese una squalifica pari a 24 mesi per aver fatto uso di doping.

Simeoni: "Fui ascoltato come persona informata sui fatti. Io non feci altro che essere onesto con gli inquirenti. Mi avevano sequestrato delle agende in cui annotavo tutti i particolari sul mio passato di doping e sulla relazione con Ferrari. Ho confermato che ero andato dal dottore per chiedergli consigli sulla preparazione e lui mi espresse chiaramente il concetto che se volevo puntare a migliorarmi dovevo utilizzare certe sostanze. Io non ho fatto altro che confermare ciò che gli inquirenti già sapevano. La cosa buffa è che sono stato attaccato da Armstrong senza che io l’avessi mai nominato. Mi ha detto che ero un mentitore assoluto e una persona poco credibile"

"Io avevo scardinato il sistema pagando sulla mia pelle quelle dichiarazioni, non mi aspettavo di venir squalificato come chi invece era reticente a parlare, come chi si na­scondeva dietro al silenzio. Una squalifica peraltro arrivata nel 2002, quando io avevo iniziato a collaborare nel 1999, confermando tutto nel corso del processo"

Il 23 luglio 2004 al Tour si corre la 18esima, che sembra di puro trasferimento.
Montagna dura il giorno prima (vinta da Lance Armstrong che stacca Ullrich e batte Kloden), cronometro impegnativa il giorno dopo. Gli uomini di classifica si risparmiano. Gli altri provano la fuga. Si va da Annemasse a Lons-le-Saunier, 166 chilometri.
Il gruppo o, meglio, gli uomini di classifica lasciano fare. Dopo una trentina di km parte una fuga che può essere quella buona. Sono in sei: Flecha, Fofonov, Mercado, Joly, Garcia Acosta e Lotz.
Quando il loro vantaggio è di un minuto dal gruppo esce una maglia della Domina Vacanze: è Filippo Simeoni che prova a rientrare. Alla ruota di Simeoni c’è incredibilmente la maglia gialla, il leader della classifica generale, Lance Armstrong. Dopo 14 km d’inseguimento, con Simeoni che tira ed Armstrong a ruota, la strana coppia raggiunge i primi (con gruppo, tifosi e telecronisti esterrefatti).
"Bravo Simeoni, bel numero, mi dice Armstrong per sfottere. Poi va a parlottare con gli altri, in particolare con Garcia Acosta che è il più anziano. 
E poi Garcia Acosta si lascia scivolare al mio fianco: se Armstrong resta qui la nostra fuga è condannata.  Lui dice che se ti stacchi tu si stacca anche lui, il gruppo vi ripiglia e a noi ci lascia andare.  Mi sono staccato per non danneggiare dei colleghi, è finita che ha vinto Mercado e il gruppo è arrivato a 11 minuti. Potevo vincere io, o almeno provarci, e Armstrong me l’ha impedito"

Armstrong gli rinfacciò di aver testimoniato contro il dottor Ferrari, prima lo definì un totale mentitore in un’intervista a Le Monde, poi dovette incassare la querela di Simeoni.
Questo per chiarire la situazione che pesava su quel 23 luglio.
"Una volta che ci eravamo staccati, Armstrong mi disse che avevo sbagliato due volte, mettendo in mezzo Ferrari e poi querelando lui per diffamazione: ho tanti soldi e tanti bravi avvocati, posso rovinarti quando voglio. E poi, quando il gruppo ci riprese, mi fece il gesto della bocca cucita.
Ma non è questo che mi ha fatto più male. Sono stati gli insulti pesantissimi dei colleghi italiani. Guerini s’è scusato quasi subito, Nardello dopo un po’, Pozzato mai. Servi dell’imperatore, questo sono stati. Quella sera ho pensato di ritirarmi, poi ci ho ripensato. Ero la vittima, non il colpevole. E ho il mio orgoglio: nell’ultima tappa, quella sì di trasferimento per tradizione, ho attaccato quando Armstrong stava facendo le foto coi bicchieri di Champagne, in testa al gruppo. E i suoi si sono tirati il collo per venirmi a prendere. Poi Ekimov mi ha fatto il gesto delle corna, ma io ero soddisfatto, la provocazione era riuscita. Ci ho provato anche dopo, sui Campi Elisi, sempre per provocare, per far vedere che ero vivo, ma sapevo che per me ci sarebbe stato disco rosso"


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mercoledì 21 dicembre 2016

Campionato Scozzese Posto Peggiore Dove Giocare? Indagine FIFPro

Secondo un'indagine di FIFPro, la Federazione Internazionale che controlla le varie associazioni di calciatori professionisti, oltre un terzo dei calciatori militanti in Scozia ha affermato di ricevere pesanti insulti dagli spalti durante le partite (insulti riguardanti razza, religione ed orientamento sessuale).
L’indagine è stata condotta su 14.000 calciatori, dislocati in 54 paesi diversi.
Celtic e Rangers non erano tra le 9 squadre scozzesi sorteggiate a caso da FIFPro per porre interviste anonime ai tesserati.
Tra i dati emersi dal rapporto inerente 169 giocatori, troviamo che:

- Il 41% dei calciatori non viene pagato nei termini stabiliti dal contratto (un aspetto che lascia gli atleti più vulnerabili in riferimento alla possibilità di combine di un match, secondo FIFPro).
- Il 34% dei calciatori militanti in Scozia ha raccontato di aver ricevuto pesanti offese e minacce sui campi dove si è recato a giocare. Si tratta di oltre tre volte in più della media globale.
- Il 20% dei calciatori in Scozia è stato discriminato per razza, sessualità o religione.
- Un calciatore ha l’11% di possibilità di venire avvicinato per poter ‘truccare’ una partita durante la propria carriera.
-Circa il 10% dei calciatori nel mondo è risultato vittima di violenze (fisiche o psicologiche), principalmente da parte dei tifosi.

Barry Ferguson, ex leggenda sul campo dei Glasgow Rangers ed attuale allenatore del Clyde (club scozzese militante in seconda divisione): “Avendo disputato la maggior parte della mia carriera in Scozia, posso testimoniare che i problemi riguardanti soprattutto le religioni diverse si fanno sentire quando sei sul campo. Non sono per nulla sorpreso dalle statistiche emerse anche se, di certo, tutto ciò è molto triste.
Insulti e minacce dalle tribune c’erano, purtroppo ma ovviamente, anche in Inghilterra ma non nella misura presente qui in Scozia. 
Diversi compagni avuti nella mia carriera sono rimasti colpiti dal livello di violenza verbale, e talvolta non solo, che hanno trovato in questa terra rispetto a quella da dove provenivano. Posso dire, inoltre, che non si tratta unicamente di un problema Celtic e Rangers, come in molti vogliono far credere. Bisogna fare qualcosa”

Fraser Wishart, presidente dell’associazione dei calciatori in Scozia, ha affermato:
“Siamo quasi nel 2017 e non è possibile che non si capisca ancora quanto sia importante mantenere un certo standard di correttezza non soltanto in campo ma pure sugli spalti. E’ giunto il momento di insegnare l’educazione a chi non ne è in possesso”

Inoltre è emerso che lo stipendio medio in Scozia parta da un minimo di 800 pounds e non supera le 1.600, Theo Van Seggelen, segretario di FIFPro General: "un'evidenza che l'industria dello sport abbia bisogno subito di una riforma. Ingaggi sottopagati, sedute di allenamento solitarie punitive e trasferimenti forzati sono cose che appartengono ormai al passato".


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giovedì 15 dicembre 2016

Gli Eccessi ed Arresti Del Kicker Jeff Reed (NFL)

"Jeff" Montgomery Reed nato il 9 aprile 1979 firmò come kicker per i New Orleans Saints (free agent undrafted) nel 2002.
In realtà la sua carriera inizierà con i Pittsburgh Steelers con i quali giocherà sino al 2010, prima di trasferirsi ai San Francisco 49ers e poi l'anno successivo ai Seattle Seahawks.
1.80 m per 102 kg.
La sua occasione agli Steelers viene quando s'infortunia Todd Peterson, Reed finì la stagione con 100 punti, portando la squadra in postseason.
Durante gli AFC Divisional Playoff 2005 contro i New York Jets, Reed colpì da 33 yard dopo che Doug Brien dei Jets sbagliò due calci.
Durante i playoff dell'anno successivo, dove gli Steelers vinsero il Super Bowl XL, Reed calciò con successo tutti e tre i tentativi.
Nel Super Bowl XLIII, Reed realizzò entrambi gli obiettivi del campo e 3 su 3 sul PAT nel 27-23 contro gli Arizona Cardinals.


GLI ARRESTI
Jeff è noto per essere eccentrico e per i suoi eccessi.
Spesso fotografato quasi nudo con belle ragazze e perennemente ubriaco.
Basti citare anche i suoi tentativi di sbiancamento dei capelli, così come l'indossare abiti fucsia per abbinare il vestito della sua ragazza (durante una sfilata annuale al fine di raccogliere fondi per la lotta contro il cancro al seno).
Durante un training camp, Reed si portò in giro volontariamente uno zaino rosa in quanto la squadra non aveva rookies delle squadre speciali (che di solito hanno il compito di portare in giro gli zaini).
Dopo la vittoria degli Steelers nel Super Bowl XLIII, Reed lasciò cadere nel cerimoniale il puck prima della partita tra Pittsburgh Penguins e Tampa Bay Lightning il 4 febbraio 2009.
Per l'occasione, indossava una rara maglia color oro usata dai Penguins negli anni 80.
Parlando invece di problemi con la legge, Reed venne citato dalla polizia la notte del 14 febbraio 2009 per vandalismo, dopo aver distrutto un porta asciugamani di carta igienica di un bagno (in un negozio a New Alexandria in Pennsylvania).
Questo perchè a suo dire nel bagno degli uomini mancavano gli asciugamani di carta.
Si dichiarò colpevole e venne multato di 543,50 dollari.
La crisi definitiva di Reed con gli Steelers ha avuto inizio il 18 ottobre 2009 dopo che la sua squadra sconfisse i Cleveland Browns.
L'incidente in realtà coinvolse principalmente il suo compagno Matt Spaeth citato per aver urinato in pubblico.
Reed non rispettò gli ordini della polizia di tornare dentro il suo SUV.
Jeff venne rilasciato il 16 novembre 2010, diventando free agent.
Rifiutò i Bengals e poi si trasferì come detto in California ai 49ersin seguito ai Seattle Seahawks.


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sabato 10 dicembre 2016

Doping Di Stato: Dalla Germania Est Alla Russia, Passando Per L'Italia

Tra il 1971 e il 1990, la Germania Est mise a punto il cosiddetto “Piano Di Stato 14.25” per la somministrazione di Steroidi Anabolizzanti, Testosterone, Anfetamine, GH ed altre sostanze proibite agli atleti scelti per entrare nel programma: tutto merito del ruolo di primaria importanza assunto dall’industria e dalla ricerca farmaceutica nella DDR.
Il farmaco più utilizzato fu l' Oral Turinabol (uno Steroide Anabolizzante)prodotto dalla Jenapharm. In prima approssimazione, la cosa più importante fu rendere non rilevabili le sostanze proibite ai controlli anti-doping.
Fu Manfred Ewald, maggior dirigente sportivo del Paese, condannato nel 2000 per le sue malefatte, a ideare negli anni '60 l'organizzazione del sistema tendente a dimostrare la superiorità di una nazione e il trionfo della metodologia germanica.
Il rigidissimo programma in cui erano inquadrati gli atleti prevedeva allenamenti pesantissimi (con attrezzature tecnologicamente avanzate e mantenute segrete), somministrazione sistematica e obbligatoria delle sostanze, privacy azzerata.
Secondo un meccanismo terribile, venivano testati gli effetti dei farmaci sul fegato dei malcapitati: chi tollerava meglio il cocktail tossico proseguiva il percorso agonistico.
Sportivi ed allenatori venivano tenuti sotto osservazione per la maggior parte del tempo.
La DDR ha preso parte ad appena 5 edizioni dei Giochi Olimpici estivi tra il 1968 ed il 1988, boicottando Los Angeles 1984.
Ma le cifre riguardanti gli allori conquistati sono spaventose e rendono l’idea della portata dell’atroce bugia: 153 ori, 129 argenti e 127 bronzi, per un totale di 409 medaglie che la collocano all’ 11° posto del medagliere di tutti i tempi.
Il doping era incentrato sul potenziamento di forza e velocità: atletica leggera, nuoto, sollevamento pesi, canottaggio, ginnastica, ciclismo.
Venne trovata positiva solo la lanciatrice del peso Ilona Slupianek, nel 1977.
Dopo quell’episodio, i tedeschi orientali si fecero ancora più furbi.
Prima di inviare qualcuno in giro per il mondo a gareggiare, ne analizzavano i valori in laboratorio; chi rientrava nei limiti consentiti, partiva.
I forfait dell’ultimo momento venivano imputati a falsi infortuni in allenamento.
Le prime denunce furono fatte da atleti fuggiti all'Ovest, come l'olimpionico del salto con gli sci Georg Aschenbach o Christiane Knacke (100 farfalla), e soprattutto da Brigitte Berendonk (ex-discobola).
Il sistema era controllato dalla Stasi (la polizia) attraverso una fitta rete di spie all’interno del mondo sportivo, attraverso un vero e proprio “doping di Stato”, che iniziò a scricchiolare di fronte alle confessioni degli atleti fuggiti altrove.
In quella notte del 9 novembre 1989 con i mattoni del Muro crollarono anche i segreti di una nazione che aveva eletto lo sport a mezzo per essere accettata agli occhi del Mondo.
Un piccolo Paese, con soli 17milioni di abitanti capace di vincere, come detto, 160 medaglie d'oro olimpiche fra il 1972 e il 1988.
Si stima che oltre 10.000 atleti abbiano riportato danni fisici o psicologici irreversibili: il caso più noto è senza dubbio quello di Heidi Krieger, campionessa europea 1986 nel lancio del peso.
Gli steroidi assunti dai 16 anni in poi ne hanno modificato drasticamente il fisico, tanto da rendere inevitabile il passaggio chirurgico da Heidi ad Andreas.
La Jenapharm è stata costretta a risarcire centinaia di vittime, ma nonostante tutto è ancora in attività, proprio come molti allenatori dell’allora Germania Est in giro per il mondo.


DOPING NELLA GERMANIA OVEST
Invece nell'altra Germania, il doping era principalmente una scelta privata (non era di stato quindi), tant’è vero che coach ed atleti erano quasi sempre a conoscenza del fatto che lo sportivo stava per essere dopato.
I medici implicati ricevevano del denaro dalle tasse dei cittadini, soldi che erano per lo più destinati alla ricerca, e li utilizzavano per sviluppare ed incentivare il doping.
Dai documenti risulta che alcuni atleti sono stati addirittura utilizzati come cavie umane, a cui sono state somministrate sostanze ancora in fase sperimentale.
Lo stato in questo caso non aveva un ruolo attivo, non incitava gli atleti a doparsi, ma tollerava e chiudeva gli occhi.
A testimonianza di questo c’è il fatto che molti istituti e centri di ricerca, che poi si sono scoperti implicati nel doping, erano subordinati al Ministero degli Interni.
Tra i medici che non esitarono a somministrare sostanze dopanti emergono due nomi in particolare: Joseph Keul e Wilder Hollmann.
Anche la nazionale tedesca di Calcio, a quanto si è saputo in anni recenti, ne era coinvolta.
Nel corso degli anni, i tedeschi occidentali hanno provato più volte a difendersi sostenendo che il doping occidentale nacque come reazione a quello orientale.
Sebbene, almeno inizialmente, la RFT e alcuni suoi esponenti di spicco, tra cui Wolfgang Schäuble, si mostrarono tolleranti nei confronti dell’uso di sostanze dopanti, come ad esempio gli steroidi anabolizzanti, la sempre crescente autonomia tra sport e politica favorí la nascita ed il diffondersi di controlli anti-doping.
Conseguenza fu che nella Germania Ovest i danni furono, almeno in parte, limitati.


ALTRI DOPING DI STATO: FINLANDIA, ITALIA, USA, SPAGNA E PAESI COMUNISTI
Spionaggio, pedinamenti, controlli, costrizioni e doppi giochi, rigorosamente in bianco e nero e in ambienti freddi e rarefatti.
I primi anabolizzanti per migliorare le prestazioni sportive circolano nel libero mercato statunitense già dagli anni 50.
Anche in Cecoslovacchia e in Finlandia, pianificarono nei laboratori le numerose vittorie negli sport di eccellenza (lo Sci Di Fondo per la Finlandia ad esempio).
A quanto emerso, l'80% degli atleti cechi ai mondiali di atletica leggera '83 a Helsinki avrebbe fatto uso di sostanze dopanti.
Le testimonianze fanno a pezzi lo sport nazionale finlandese, miti del Grande Nord come Juha Mieto, oro nella 50 km del 1973 e vincitore di ben 5 medaglie olimpiche, senza parlare dei tecnici.
Uno su tutti: Jarno Punkkinen.
A lungo allenatore dello squadrone finlandese, ha diretto la nazionale italiana dal 1984 al 1990.
E l'incrocio tra la sua attività (e la sua fama) con la squadra azzurra produce testimonianze inquietanti.
Puliè, argento nella staffetta di Albertville '92, racconta di come i fondisti azzurri avrebbero fatto ricorso alla pratica dell'autoemostrasfusione fino al 1988, nonostante fosse vietata dal 1985.
Barco, già reo confesso, ammette di essersi ripulito il sangue, e di non averlo fatto da solo, ma anche di aver fatto un passo indietro di fronte all'assunzione della famigerata EPO da laboratorio.
L'Unione Sovietica, non era da meno: all'inizio degli anni '70 compì in gran segreto uno studio completo sugli effetti dell'uso degli anabolizzanti sugli atleti, aprendo così la via al sistematico doping di Stato.
Il doping ematico nasce invece in Italia, con la supervisione dello stato e del Coni.
Erano i primi anni 80 quando il Governo e il Coni presieduto da Franco Carraro decidono di finanziare il Centro Studi Biomedici di Francesco Conconi per “migliorare le prestazioni degli atleti”. L’autoemotrasfusione porta gli azzurri a vincere medaglie in serie, da Los Angeles 1984 alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer 10 anni dopo: ma l’Italia è un passo avanti, i controlli ancora non guardano all’ematocrito per cercare l’EPO e gli azzurri la fanno franca.
Sci di Fondo, Ciclismo, finanche Calcio.
Nel 2004 una lunghissima inchiesta giudiziaria condotta tra Bologna e Ferrara riconosce l’uso di doping sistematico, la maggior parte degli imputati se la cava con la prescrizione: tra questi un certo Michele Ferrari, che negli anni 80 permetteva a Moser di battere il record dell'ora.
La lista dei dopati sotto Ferrari e Conconi è lunghissima: da Pantani ad Indurain, passando per Moser, Chiappucci, Fondriest, Di Centa ed Armstrong.
Per approfondire: Scandalo Doping Conconi (DBLAB) Pantani e Il Doping (Carriera).
Passiamo quindi agli USA, una decina di anni fa un report dell’Agenzia Antidoping ha rivelato che la maggior parte delle positività trovate negli Usa dal 1984 fino a Sidney 2000 (le ultime Olimpiadi prese in considerazione dal dossier) sono state coperte o nascoste: le prove e le provette distrutte.
Si ricordi ad esempio Marion Jones (5 medaglie a Sidney) e il laboratorio della Balco rimandano un’atmosfera a colori, edonista e piena di spot pubblicitari.
Che non si è certo esaurito, se si pensa che l’USADA (antidoping americano) in un dossier di mille pagine ha definito quello dell' US Postal e Di Lance Armstrong “il più grande sistema doping del mondo”.
E cosa dire dell’Operacion Puerto esplosa in Spagna nei primi anni 2000, che si è concentrata soprattutto sul Ciclismo ma che copre un lasso di tempo in cui la Spagna comincia a vincere sorprendentemente in tutti gli sport: calcio, tennis, basket e così via.
E siccome siamo ovviamente in epoca di globalizzazione, ecco che tra i clienti del dottor Eufemiano Fuentes troviamo sportivi di tutto il mondo, compresi molti atleti italiani.


DOPING DI STATO IN RUSSIA
Alla vigilia delle Olimpiadi di Rio 2016, scoppia il caso della Russia.
100 pagine che inchiodano la Russia.
I laboratori di Mosca e Sochi coprirono una serie di atleti russi risultati positivi durante i Giochi Olimpici invernali di Sochi nel 2014.
L'accusa è pesantissima e viene dalla WADA(agenzia mondiale antidoping).
Il doping sistematico riguarda 312 casi, quindi tutto lo sport russo.
Un sistema iniziato a Vancouver nel 2010 e proseguito a Londra 2012, ai mondiali di atletica di Mosca 2013 ed a quelli di nuoto di Kazan 2015.
Secondo Evgenia Pecherina il 99 % degli olimpionici russi usò sostanze dopanti.
Un sistema quindi.
Hanno parlato Yuliya Stepanova, ex ottocentista squalificata per l’alterazione del passaporto biologico nel 2013, e suo marito Vitaliy Stepanov, che alla RUSADA lavorava.
Raccontano di tecniche per eludere i controlli, di discorsi molto chiari sul come puntare al podio e di come la federazione abbandoni gli atleti non di primo piano trovati positivi.
Non accadrebbe lo stesso con chi è affermato o ritenuto potenzialmente da medaglia.
In questo caso racconta Stepanov il ministero è pronto a insabbiare.
Stepanov allarga poi il raggio del suo attacco: "Contatti con altri atleti russi? Appena parli sei bandito da tutto e tutti: dallo sport, dai club, dall'esercito, dalla Gazprom. Chi parla perde tutto e deve ricominciare da zero".
"Se ci succede qualcosa tutti devono sapere che non sarà stato un incidente".
In un video mostrato nell’inchiesta di Seppelt, si vedeva Stepanova ricevere da un suo allenatore delle pillole di Oxandrolone, uno steroide di sintesi derivato dal testosterone, vietato dal Comitato Olimpico Internazionale.

"Devi doparti, così è come funzionano le cose in Russia. I funzionari e gli allenatori ti dicono chiaramente che non puoi andare avanti con le tue capacità naturali. Per vincere delle medaglie devi avere dell’aiuto. E quell’aiuto è il doping"

E torna in mente Viktor Chegin, indagato e sospeso dall’agenzia antidoping russa, ma tranquillamente ai bordi del tracciato della 20 chilometri di marcia durante gli ultimi Europei.
Il tecnico, allenatore di molti marciatori russi, ha il poco invidiabile record di 18 suoi atleti squalificati per doping.
Il capo della federazione Valentin Balakhnicev era stato categorico circa l’impossibilità che Chegin facesse parte della delegazione, invece era in Svizzera e i suoi uomini sono stati protagonisti
Conclusioni che hanno spinto la WADA a chiedere l'esclusione della Russia da tutte le competizioni internazionali, compresi ovviamente i Giochi di Rio.

"Tutti i dirigenti pubblici accusati nel rapporto WADA di essere coinvolti nello scandalo doping saranno temporaneamente sospesi dai loro incarichi fino alla fine delle indagini"
Putin: "La comunità internazionale è testimone di una pericolosa ricomparsa della politica che interferisce con lo sport"

Il report, presentato in una conferenza stampa a Toronto, è stato condotto dal professore canadese Richard McLaren.
McLaren sostiene che la denuncia "è supportata da prove" e che delle pratiche illecite veniva costantemente informato, in occasione dei Giochi di Sochi, il viceministro dello Sport, Yuri Nagornykh.
In pratica "Non poteva non essere a conoscenza della cosa, viste le dimensioni del fenomeno".
Oltre alla collaborazione del centro nazionale di preparazione del Team Russia c'è anche quello dei servizi di sicurezza (l'FSB).
La commissione sospetta inoltre che sia stato usato un “laboratorio parallelo”, situato nei dintorni di Mosca, per aiutare a coprire l’uso massiccio di doping, esaminando gli atleti prima dei controlli ufficiali: in questo modo, chi risultava “pulito” veniva mandato ai laboratori antidoping riconosciuti dalla WADA, mentre chi veniva trovato positivo al doping veniva fermato e coperto dal “sistema”.
Il laboratorio parallelo sarebbe controllato dall’amministrazione comunale di Mosca, e questo, insieme al possibile coinvolgimento del ministro dello sport, potrebbe aggravare la situazione della Russia, in quanto anche alcuni organi statali erano a conoscenza delle irregolarità.
Agli atleti risultati positivi durante i test anti doping nel laboratorio parallelo, venivano estorti anche dei soldi, spesso con ricatti, per coprire le tracce di positività: ARD sostiene che la vincitrice delle ultime due maratone di Chicago Lilija Šobuchova abbia pagato circa mezzo milione di euro per evitare un test anti doping.
L'FSB, si legge nel rapporto, ha creato una vera e propria "banca delle urine pulite".
Gli atleti scelti dovevano raccogliere il liquido lontano dai periodi di utilizzo delle sostanze dopanti, poi avveniva il trasporto al congelatore sistemato nell'edificio della stessa agenzia a Sochi, pronta per attingervi quando c'era da scambiare il campione.
Per assicurarsi che il peso specifico del campione "pulito" corrispondesse a quello dell'originale, si aggiungeva sale da cucina per aumentarne la densità, o acqua distillata per diluirla.
A esempio tra il 10 settembre e il 10 dicembre 2013 i campioni che venivano conservati a Mosca sono stati modificati.
E per quanto riguarda quelli dei Mondiali di atletica a Mosca, nel 20013, "i tappi delle provette sono stati aperti e l’urina alterata sostituita con una «pulita» prima che le provette venissero inviate ad altri laboratori, su istruzione della IAAF".
"Il personale del laboratorio non aveva scelta" riguardo alla trasparenza del sistema, recita ancora il rapporto.
A insabbiare, bruciare documenti e distruggere prove sarebbe stata addirittura la FSB, i servizi segreti russi che hanno preso il posto del KGB e che sarebbero stati chiamati in causa per operazioni di questo tipo per ben 25 volte.
Una accusa dettagliata, resa possibile anche dalle dichiarazioni dall'ex direttore del laboratorio antidoping russo, Grigory Rodchenkov, fuggito negli USA dopo la morte in circostanze poco chiare di due colleghi.
Kamaiev, capo della RUSADA era stato stroncato da un infarto nello scorso febbraio, mentre pochi giorni prima, Viaceslav Siniov, che era stato leader del comitato esecutivo, aveva perso la vita in circostanze misteriose.


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lunedì 5 dicembre 2016

I Seattle Pilots e Miguel Fuentes Sparato In Un Bar (MLB)

I Seattle Pilots, franchigia di MLB, durarono una sola stagione: 1969 (sesti nell'AL West).
Poi si trasferirono nel Wisconsin e divennero Milwaukee Brewers.
Una squadra perdente in uno stadio malmesso, di fronte a pochissimi spettatori..
Questa franchigia quindi è principalmente ricordata per la tragedia che colpì il giovane pitcher Miguel Fuentes Pinet: ferito a morte in un bar.
Nato e morto a Loiza Aldea, Portorico.
Si trattava di un top prospect pitcher nell'organizzazione dei Seattle Pilots durante la già citata stagione 1969 di regular season (in Class A, aveva un record di 8-2 con 1.46 di ERA in 26 apparizioni al piatto. ERA più bassa tra tutti i lanciatori che avevano disputato 40 inning o più).
Il suo debutto nella lega maggiore è datato il 1 settembre 1969.
Chiuderà la sua carriera con un record di 1-3, 14 K e 5.19 di ERA.
Contro i White Sox realizzò un complete game, segnando anche 1 Run.
Lanciò anche l'inning finale della storia dei Pilots, il 2 ottobre 1969 contro Oakland.
Fuentes ritorna a casa a Porto Rico per la offseason, nella sua città natale (Loiza Aldea a 20 miglia da St.Juan).
Mentre si trovava in un bar a bere con alcuni amici, ci fu un problema idraulico nel bagno, il giovane lanciatore barcollando ed ubriaco uscì fuori per urinare.
Qualcuno pensò che stava espiando i suoi bisogni troppo vicino alla loro jeep.
Non si sa cosa successe nè se l'urina colpì qualche pneumatico.
L'unica cosa risaputa è che un uomo tirò fuori una pistola e lo uccise.
Fuentes venne colpito tre volte: all'addome, alla mano destra e alla coscia sinistra.
Sappiamo che morì a 24 anni, fissando il tetto di una macchina (venne subito portato in ospedale in stato di shock ma morì poco dopo).
Miguel Fuentes, un ragazzo che non è mai cresciuto.


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giovedì 1 dicembre 2016

Darren Sharper Accusato Di Aver Violentato 16 Donne (NFL)

Darren Sharper, l’ex safety di Green Bay Packers, Minnesota Vikings e New Orleans Saints, si è ritirato nel 2010.
14 stagioni nella NFL, ha partecipato a due Super Bowl con i Packers da rookie e poi con i Saints, e in 5 occasioni era stato selezionato al Pro Bowl.
In seguito è diventato un analista di spicco di NFL Network, prima che uno scandalo di proporzioni gigantesche lo colpisse.
Nel 2014 si costituì a Los Angeles dopo che su di lui pendeva un mandato di arresto con l’accusa di aver violentato due donne l'anno precedente.
All’inizio di febbraio (sempre 2014), gli erano stato mosse accuse simili dalla contea di Los Angeles.
Due donne, infatti, lo avevano accusato di averle prima drogate, poi violentate dopo una serata passata in un locale trendy di LA.
La ricostruzione delle ragazze era più o meno sempre le stesse: bevevano con Sharper e la mattina si accorgevano di aver subito abusi sessuali (evidentemente addormentate).
Secondo le autorità Sharper è un violentatore seriale, visto che inoltre era sotto indagine, per crimini a sfondo sessuale, anche in Florida, Nevada e Arizona.
Inizialmente considerata la giurisdizione dei differenti Stati, per Sharper, subito sospeso da NFL Network, si prospettava un lungo iter processuale, con accuse pesantissime.
E così è stato.
Tanto per gradire, un verdetto di colpevolezza dalla procura di New Orleans sarebbe costato l’ergastolo all’ex giocatore, mentre in California Sharper avrebbe rischiato fino a 30 anni di reclusione.
Al procedimento a inizio febbraio a Los Angeles i legali di Darren Sharper avevano negato con forza l’ipotizzata violenza sessuale.

L'avvocato di Sharper Leonard Levin disse “Le due donne erano assolutamente consenzienti volevano solamente la sua compagnia”
“Non ci sono prove che suggeriscano una violenza sessuale” si limitò invece a dire l’avvocato Nandi Campbell.
Il verdetto invece è arrivato ad agosto 2016.
Sharper è stato condannato a 18 anni di carcere, accusato di aver drogato e stuprato ben 16 donne in quattro stati.
I pubblici ministeri avevano suggerito un periodo di reclusione di 9 anni per Sharper sotto un patteggiamento ma il giudice ha respinto la pretesa, considerandola troppo indulgente nel mese di giugno.
Sharper stato anche multato $ 20.000.
Sharper si è dichiarato colpevole in tribunale federale a tre capi di accusa: tra i quali utilizzo di farmaci per favorire lo stupro.
Lui e il suo amico Brandon Licciardi avevano messo farmaci anti-ansia o sedativi in ​​bevande delle donne in modo che loro potessero stuprarle.
Il giudice Milazzo ha diramato la condanna anche per Licciardi e un secondo co-imputato di New Orleans, Erik Nunez.
Le accuse ufficiali riguardano lo stupro di 9 donne ma secondo le indagini sarebbero 16.
Licciardi è stato condannato a 17 anni, Nunez a 10.


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venerdì 25 novembre 2016

La Chiave Del Successo Di Ben Ryan: Psicologia e Spirito Di Squadra (Rugby)

Le Isole di Fiji, prima delle olimpiadi brasiliane del 2016, non avevano mai vinto un oro olimpico.
Ci sono riuscite per la prima volta nel Rugby a 7, grazie a quell'allenatore fenomenale che risponde al nome di Ben Ryan.
Inglese di Wimbledon (Londra).
Ryan, ex Blue Cambridge, era il direttore del Newbury Rugby.
La squadra Fijana è composta da portieri d'albergo, poliziotti e un direttore di un carcere, tutti dedicati anima e corpo ad uno sport introdotto sull'isola dai neozelandesi dopo che il paese divenne una colonia britannica nel 1874.
E' Ryan comunque che ha cercato di incanalare tutto questo talento atletico nella giusta direzione. Dice che è solo una questione economica ciò che ha impedito Fiji di raggiungere un podio in passato.

Ryan: "Andiamo a mangiare insieme, spegniamo le luci insieme, non c'è niente che non abbiamo fatto come un gruppo.
La parola spirituale è un ottimo modo per riassumere il modo in cui operano. 
Cantano la mattina, lo stesso la sera e pregano tutti insieme. 
Non sono eccessivamente religioso, ma mi piace che la spiritualità.
A casa non ci sono PlayStation quindi spendiamo tanto del nostro tempo all'aperto. 
Abbiamo corridori che potrebbero facilmente raggiungere quarti o semifinale alle Olimpiadi nei 400 metri piani. 
Ci sono persone che avrebbero dovuto vincere medaglie negli ultimi 30 o 40 anni, ma non hanno avuto la formazione adeguata o personale di supporto alle loro spalle"

Poi poco prima del torneo olimpico: "Abbiamo bisogno di pressione. La vita dell'isola è troppo rilassata. 
Se prendiamo le cose per scontate o troppo facili i ragazzi potrebbero deconcentrarsi. 
Più siamo sotto pressione e meglio è"


SUCCESSO ALLE OLIMPIADI
Il successo alle Olimpiadi dei rugbisti delle Figi (contro la Gran Bretagna) ha scatenato l'entusiasmo di un intero Paese.
All'ANZ Stadium di Suva, la capitale delle isole, si sono radunate migliaia di persone.
Il profumo di impresa storica era nell'aria da giorni e a match concluso si è scatenata la festa.
Persone in lacrime, bandiere al vento, balli per le strade.
Il Rugby a 7 ha quindi regalato la più grande gioia olimpica della storia degli isolani del Pacifico.
Ryan per via della vittoria, si è visto l’assegnazione di un vasto terreno fertile alle Isole Fiji oltre che un nuovo nome, gli isolani campioni di Rugby Sevens, consoni alle tradizioni locali, d’ora in poi sostituiranno il nome di Ben Ryan con Ratu Peni Raiyani Latianara.
Infatti in una cerimonia nella provincia di Serua Ryan si è visto regalare per prima cosa tre acri di terreno, poi è stato decorato con la più alta onorificenza della nazione la «Companion Of The Order Of Fiji», infine si è visto donare un nuovo nome come detto: d’ora in poi sarà conosciuto nelle isole come Ratu Peni Raiyani Latianara.


GIOCATORI DEL SEVENS NEL XV
Ryan vorrebbe inoltre portare novità nel Rugby a XV, come l'utilizzo di centrali maggiormente agili (che pesanti).
Centrali veloci ed agili perchè nel 7 utilizzando lo stesso campo di quello a XV, il terreno di gioco da coprire è doppio (ma il tempo molto minore).
Il Sevens non può trasformare il mondo, ma, a suo dire ha comunque il potenziale per ridisegnare il paesaggio di Rugby.
"Nel 2023, lo sport sarà più atletico e vorrà dire che gli inglesi avranno bisogno di giocatori flessibili in diverse posizioni.
E' ferma convinzione di Ryan, per esempio, che Tom Mitchell e Dan Bibby, potrebbero giocare in qualsiasi Super Rugby team.
Invece la maggior parte dei team della Premiership li avrebbero dichiarati troppo piccoli e leggeri.
"I club guardano il Sevens e credono a giocatori di qualità inferiore ma non è così, altrimenti perché gente come Sonny Bill Williams ci gioca?".
Per qualsiasi motivo, Eddie Jones (selezionatore della nazionale inglese di Rugby a XV) non sembra essere in grado di trovare molti 7s e 12s che si adattino ai suoi criteri rigorosi.
Una mediana con George Ford, Slade e Jonathan Joseph o Elliot Daly sarebbe certamente in grado di dare molta creatività, in particolare con un esterno potente come Semesa Rokoduguni nel mix.


IL FUTURO DI BEN RYAN
"Ho ricevuto 20 diverse offerte di lavoro e ne accetterò una" ha spiegato Ryan.
In effetti l’allenatore inglese è richiesto da diversi team di Super Rugby in Australia e Nuova Zelanda, oltre che da club di Pro 12 e Premiership.
Lui sostiene che non è una questione di soldi, ma solo della voglia di fare una nuova esperienza.
Ryan è stato avvicinato anche da franchigie NBA.
Il motivo? Lo spirito di gruppo e la psicologia.
"Ho semplicemente rimesso a posto un po' di rapporti umani all'interno dello spogliatoio, ragionando sempre in prospettiva e non nell'immediato"



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domenica 20 novembre 2016

Tutti I Litigi Di Jose Mourinho: Migliori Frasi e Provocazioni


"Park the bus, playing football the Mourinho way" (coro di scherno nei confronti di Mourinho)

Partendo da interprete per il compianto Bobby Robson al Barcellona (tra 1996 e 1997), Jose Mourinho è diventato uno degli allenatori più pagati al mondo.
Celebri le sue frasi, le sue interviste, i suoi giochetti psicologici e i suoi litigi con gli altri allenatori.
I motivatori e gli esperti di marketing lo adorano e lo prendono a esempio, i suoi avversari s'incazzano, non solo per il suo calcio tutt'altro spettacolare ma anche per il suo modo di fare.
L'idea alla base è sempre stata quella di spostare le attenzioni di tutti su di sé per proteggere la squadra: perché lui, solo contro tutti, era in grado di gestire la pressione meglio.
Tanti sono stati (e continuano ad essere) i rivali dello Special One, ora allenatore del Manchester Utd.
Dal Barcellona a Wenger, passando per Messi, gli arbitri, i giornalisti, la Juventus, Ranieri, Benitez, Ancelotti, Spalletti, Zeman. Uno dei pochi allenatore a cui ha sempre portato rispetto fu Bobby Robson che lo formò quando l'inglese allenava il Barcellona.

Su Bobby Robson: "E' come un padre per me. E tutto quello che vincerò lo dedicherò a lui! Da Robson ho imparato ad attaccare, da Van Gaal a difendere"

Mourinho non ha mai risparmiato nessuno, a partire da quel raffronto tra Porto e Palermo, chiaro parallelismo tra la mafia palermitana e quella di Oporto, laddove Mou ricevette minacce di morte a seguito della firma col Chelsea, in tal caso dichiarò: "Se ho bisogno di quattro o cinque guardie del corpo per la trasferta contro il Porto? Direi di sì. Se ti rechi a Palermo ne avresti bisogno".
Altro obiettivo del portoghese fu il Barcellona, ripreso in due occasioni, nel 2005 (dopo la gara degli Ottavi Chelsea-Barcellona 4-2) e nel 2006, quando una simulazione di Messi fece si che Del Horno, terzino dei Blues, venisse espulso.
Il portoghese disse: "Quando ho visto Rijkaard entrare nello spogliatoio dell'arbitro tra il primo e il secondo tempo, non ci potevo credere. Quando è stato espulso Drogba non sono rimasto sorpreso". L'arbitro era Frisk, che dopo le accuse di Mourinho ricevette minacce di morte e si ritirò.
Volker Roth, capo degli arbitri Uefa, definì Mourinho un nemico del calcio e lo squalificò due giornate. Nel secondo caso, su Messi, disse: "Barcellona è un grande centro culturale con grandi teatri e questo ragazzo - riferito a Messi, accusato di aver fatto espellere Del Horno ha imparato proprio bene. Ha imparato a recitare mentre gioca".
Quando andò al Real Madrid, curò l’erba del Santiago Bernabeu per rallentare il gioco del Barcellona.
Famoso è anche il dito nell’occhio di Tito Vilanova.
L’allenatore del Barcellona scomparso nel 2014, ai tempi in cui era il vice di Guardiola balzò alle cronache per lo spiacevole episodio con lo Special One: ritorno di Supercoppa di Spagna, una delle tante puntate nell’infinito duello tra Real Madrid e Barcellona, a un certo punto scoppia una rissa e Mourinho infila un dito nell’occhio di Tito. Non contento, durante la conferenza stampa post partita lo chiama “Pito” (equivalente spagnolo di pisellino). Voleva denigrarlo, tuttavia un anno dopo gli chiese scusa. Ancora più piccata fu la polemica negli anni con Wenger; tutto questo perché Mou venne multato 75 mila sterline per aver incontrato Ashley Cole, violando le regole della Premier.
Sul tecnico francese dichiarò: "Wenger ha un vero problema con noi e credo che lui sia quello che in Inghilterra si chiama voyeur. Gli piace guardare. Ci sono ragazzi che quando sono a casa hanno un grosso telescopio per spiare nelle case degli altri. Wenger deve essere uno di questi. Ed è una malattia". 

Wenger: "Mourinho? Mi sembra fuori di testa, disconnesso dalla realtà ed irrispettoso"

Valdano: "In Mourinho l'ego ha la meglio sull'intelligenza. E' un personaggio creato su misura per questi tempi vuoti. Se Guardiola è Mozart, Mourinho è Salieri"

Moyes: "Ciò che ha fatto Mourinho è stato rendere sexy l'immagine dell'allenatore"

In Italia si ricordano i litigi con Lo Monaco, Spalletti, Ranieri.
Altre controversie con Mario Beretta, all’epoca allenatore del Lecce, definito senza personalità e chiamato Barnetta e con Sconcerti, definito amico di Mancini.
Sconcerti accusò il portoghese di aver dichiarato che la sua Inter fosse migliore di quella di Mancini.
Durissimi anche i confronti dialettici con Rafael Benitez. Nel suo ritorno al Chelsea (primo in classifica), sempre Wenger  disse che era spinto dalla “paura del fallimento”?
Francese poi etichettato come “specialista di fallimenti” forzatura che, per una volta, anziché svelare la debolezza di un suo avversario ci ha fatto pensare che Mourinho era stato colpito dove faceva male, che Wenger magari aveva colto nel segno.

"Lo sapete che lui (Wenger) è uno specialista in fallimenti. Io no, non lo sono. Dunque supponendo abbia ragione riguardo i miei fallimenti, la storia dice che non ho fallito tanto spesso. Dunque, ha ragione, non sono abituato a fallire. La realtà dice che lui è specialista perchè sono 8 anni che non porta a casa argenteria, significa che hai fallito. Se lo faccio io, 8 anni senza trofei, lascio Londra e non ci torno più"

Portoghese e francese che arrivarono quasi alle mani anche in altre occasioni (ad esempio dopo il 2-0 del Chelsea all'Arsenal, il 15 ottobre 2014).
Nel nuovo mandato Chelsea si ricorda anche il litigio con il first-team doctor Eva Carneiro.
Quando lo staff medico (su segnalazione dell’arbitro) ha soccorso Hazard in un momento cruciale della partita contro lo Swansea (poi finita in pareggio).
Mourinho avrebbe preferito che il belga si alzasse perchè Hazard non aveva niente di serio, ma non era così difficile capire le ragioni dello staff che, come detto dal capo della commissione medica della Fifa Michel D’Hooghe, stavano “solamente facendo il proprio lavoro”.
L’umiliazione pubblica e l’allontanamento (di Carneiro e del fisioterapista Jon Fearn) dalla panchina, seguito dalla causa legale e preceduto dal messaggio di ringraziamento di Carneiro ai numerosi fan che l’avevano sostenuta dopo la sceneggiata a bordo campo, hanno dato l’impressione che ci fosse qualcosa di più grande dietro e che la storia con il Chelsea non potesse proseguire molto a lungo.
Dopo l'esonero dal Chelsea, Mourinho finisce al Manchester Utd e si ricorda il litigio con Antonio Conte (manager del Chelsea) dopo che quest'ultimo sul punteggio di 4-0 aizzava il pubblico dicendo di farsi sentire: “Non puoi esultare sul 4-0, puoi farlo sull’1-0 altrimenti è umiliante” .
Poi Conte ha attribuito a Mourinho una «demenza senile» che gli farebbe dimenticare sue celebri esultanze del passato. Nella sua replica Mourinho ha preferito puntare su altro, cioè la squalifica «per calcioscommesse» subita dal tecnico italiano. Poi è arrivata la contro-controreplica di Conte: “Quando offendi la persona e non conosci la verità sei un piccolo uomo. Forse lui è un piccolo uomo nel passato, nel presente e nel futuro”.
Poi ad inizio 2018, ad intervenire è stato il portavoce dello «Special One», il giornalista Eladio Paramés, che ha attaccato il salentino con un editoriale sul quotidiano sportivo portoghese Record.
Inequivocabile il titolo: «Signor Conte, sai cos’è l’Epo?».
Riferimento al caso doping che coinvolse la Juventus nella stagione 1995/96.
"I giocatori della Juventus sono stati accusati di essersi dopati all’epoca con il famoso EPO, o in un linguaggio semplicistico, di aver fatto trasfusioni di sangue per aumentare le prestazioni sportive. Il caso esplose e il calcio rabbrividì. Le analisi erano conclusive e definitive. La questione è finita in tribunale. Appello dopo appello, con pressioni da svariate parti, si finì per rendere possibile la prescrizione del processo senza che qualcuno venisse seriamente punito, nella disperazione dei controllori. E chi era allora il capitano della Juve? Antonio Conte!
Più tardi quello stesso signore fu sospeso per sei mesi, accusato di essere coinvolto in una “combine” di risultati. Negò, naturalmente, ma della fama di essere coinvolto in trattative poco chiare non si è mai sbarazzato. Ed è questo signore, dal passato incontaminato, che ora viene ad accusare José Mourinho, tra le altre cose, di “piccolezza”. Lo sarà, ma è molto più grande dell’italiano nella quantità dei titoli conquistati e nei... capelli!"
Nel frattempo, alla vigilia della semifinale di Coppa di Lega contro l’Arsenal, il manager del Chelsea tornò sulla lite dei giorni precedenti: "(Mourinho) Ha usato parole gravi che non dimenticherò. Ormai non è più un problema di rivalità sportiva, ma è un problema tra me e lui. E mi fermo qui. Vi pare che abbia la faccia di una persona con rimorsi? Non penso proprio. Penso che entrambi ci siamo detti cose, e vedremo cosa succederà in futuro".

"Essere vincenti non vuol dire vincere. Vincente è chi non è mai stanco di vincere"

"Chi sa solo di calco, non sa nulla di calcio"

"Dobbiamo fotterli"

"Vi state cagando"

"Non avete il tempo di grattarvi le palle"

"Vado in battaglia solo con gli uomini di cui mi fido"

Riferito al Tottenham: "Qualcosa non va in voi. Vi insulto e nessuno reagisce...dovete essere un mucchio di bastardi"

Riferito a Dier che aveva litigato con un tifoso che lo stava insultando: "Hai sbagliato ma io avrei fatto lo stesso"

"Ho problemi solo con i giocatori egocentrici, quelli che antepongono l'interesse personale a quello della squadra"

"Non sarei qui da voi se non foste bravi...dovete imparare a fidarvi di me. Quando non voglio un giocatore questo lo saprà da me, dalla mia bocca, prima di chiunque altro"



Barcellona (1996 – 2000)
-Luis Fernández ha fatto di questo turbamento una guerra tra cani. Io parlo solo di uomini, non di bambini maleducati.



Porto (2001 – 2004)
-[Il 25 febbraio 2004, dopo aver battuto il Manchester United negli ottavi di UEFA Champions League]
Capisco perché lui (Alex Ferguson) sia un po' emotivo. Lui ha alcuni dei migliori giocatori al mondo e loro dovrebbero fare un po' meglio di così... Saresti triste se la tua squadra fosse così chiaramente dominata da un avversario creato con il 10% del tuo budget.



Chelsea (2004 – 2007)
-Per favore non chiamatemi arrogante perchè ciò che dico è vero, sono campione d'Europa quindi non sono uno qualunque. Penso di essere lo Special One.

-Voglio dare il mio meglio, migliorare le cose e creare la squadra in relazione alla mia immagine e alla mia filosofia calcistica.

-Se tutti i nomi che avete scritto negli ultimi giorni fossero corretti, avrei una squadra di 50 giocatori e io odio lavorare con squadre grandi. Voglio una squadra piccola: 21 giocatori con i portieri e non di più.

-Abbiamo i migliori giocatori e, scusate se sono arrogante, abbiamo il miglior allenatore.

-La più grande ambizione che ho è vincere la prima partita della Premiership il 14 agosto.

-La seconda ambizione è di vincere la seconda partita della Premiership il 21 agosto e continueremo così.

-Non sono un difensore di vecchi o nuovi allenatori di calcio. Credo che ci siano quelli bravi e quelli no, quelli che raggiungono il successo e quelli che non lo raggiungono.

-Ho sentito questo e secondo me, se uno di voi è un amico di Ranieri o ha il suo numero, dovreste chiamarlo e spiegargli che una squadra che vince la Champions League deve battere molte squadre di diverse nazioni.
Non ho vinto la coppa giocando contro 20 squadre portoghesi.
Ho giocato e battuto una squadra della sua nazione, l'Italia, della vostra e in quelle per la quale ha lavorato, l'Inghilterra.
E per vincere la coppa Uefa è successa la stessa cosa.

-Sono un gran difensore dello spirito di squadra e del lavoro di squadra, la prima cosa che ho promesso ai miei nuovi giocatori è che li guarderò tutti allo stesso modo.
Non voglio un rapporto speciale con qualcuno di loro.
Odio parlare di una persona sola.
I giocatori non vincono trofei, il gruppo vince trofei, la squadra vince trofei.
Non riesco a dire "mi piace questo giocatore", ma generalmente mi piacciono i giocatori che amano vincere.
Non solo quello che ama vincere nei 90 minuti, ma quello che ama vincere ogni giorno, in ogni sessione di allenamento e nel resto della sua vita.

-Non sono preoccupato dalla pressione.
Se avessi voluto un lavoro facile, lavorando con la grande protezione di quello che avevo già fatto, sarei rimasto al Porto...una bella sedia blu, una Uefa Champions League, Dio, e dopo Dio, io.
Se fossi rimasto là, perdendo 10 gare e senza vincere la Champions League, la gente avrebbe continuato a fidarsi di me e a pensare che sono il migliore.

-Bobby Robson non s'interessava allo studio del calcio, al metodo, alla preparazione.
È uno da prima linea, da contatto diretto con i giocatori, preoccupato soprattutto dell'attacco, della finalizzazione.
Van Gaal è il contrario di Robson, pianifica tutto al limite.
Con lui non mi restava che il lavoro sul campo.

-[Il 20 settembre 2004, dopo un Chelsea - Tottenham 0-0]
Come diciamo in Portogallo, hanno portato un bus e lo hanno lasciato davanti alla porta. Sarei frustrato se fossi un tifoso che ha pagato £50 per vedere questa partita, perché gli Spurs sono venuti per difendersi. C'è stato solo una squadra che ha provato a vincere, loro sono solo arrivati per non perdere, non è giusto per il calcio a cui giochiamo.

-[Il 14 novembre 2004, dopo un Tottenham - Arsenal 4-5]
Non è un punteggio calcistico, è un punteggio da hockey... In allenamento spesso faccio giocare partite tre contro tre e quando il punteggio arriva a 5-4 rispedisco i giocatori nello spogliatoio, perché non hanno difeso correttamente.

-Le persone vogliono una tempesta ma non ce n'è una.
Non ci sono problemi o guerre o giochi mentali tra di noi.
Rispetto molto Sir Alex perché è un grande allenatore, ma dovrebbe seguire la procedura, noi dobbiamo fare lo stesso. Sono un campione europeo come Ferguson, ma non importa chi sei. Io non parlo con gli arbitri e non voglio che altri allenatori lo facciano, è la regola.
Una cosa è parlare, una cosa è gridare.
Non c'è niente contro Sir Alex, niente di niente.
Dopo la gara di mercoledì siamo andati nel mio ufficio a parlare e a bere vino.
Sfortunatamente era un bottiglia non buona di vino e lui ha reclamato, così quando andremo all'Old Trafford per il ritorno, nel giorno del mio compleanno, porterò una buonissima bottiglia di vino portoghese. Ma è un grande allenatore, intelligente e usa il suo potere e il suo prestigio.
L'arbitro non deve permetterlo.
Ho grande rispetto per Ferguson.
Lo chiamo "boss" perché è il capo degli allenatori.
È il migliore nel paese.
Forse quando avrò 60 anni, i miei figli mi chiameranno allo stesso modo.

-Quando ho visto Rijkaard entrare nello spogliatoio dell'arbitro, non ci volevo credere. Quando Drogba è stato espulso non sono rimasto sorpreso.

-[Il 6 maggio 2005, dopo una sconfitta con il Liverpool in Champions League]
Il Liverpool ha segnato, se potete dire che lo ha fatto, ma forse dovreste dire che il guardalinee ha segnato.

-Voglio fare i miei complimenti a loro perché hanno vinto. Ma noi eravamo la squadra migliore. Non abbiamo perso la partita. In 90 minuti abbiamo pareggiato e dopo due ore era ancora un pareggio. Abbiamo perso ai rigori.

-Penso che [Arsène Wenger, allenatore dell'Arsenal] sia un guardone.
Ci sono alcune persone che, quando sono a casa, hanno un grande telescopio per vedere cosa accade nelle altre famiglie.
Lui parla, parla e parla del Chelsea.

-A volte vedi bellissime persone senza cervello. A volte hai brutte persone che sono intelligenti, come gli scienziati. Il nostro campo è un po' come questi. Dall'alto sembra una disgrazia, ma la palla scorre a velocità normale.

-Come si dice "imbrogliare" in catalano? Barcellona è una città culturale con molti grandi teatri e questi ragazzi hanno imparato molto bene. Lui [Lionel Messi] ha imparato a recitare.

-Tutti si aspettano che il Chelsea fallisca. È una grande motivazione per noi.
Non abbiamo comprato nuovi giocatori perché abbiamo bisogno di loro per renderci campioni.
Non è una questione di soldi per il club o per i giocatori.
È un tipo di missione differente, una nuova sfida di vita.

-Quanta gente cambia la propria capigliatura per il tempo? Ho tagliato i miei capelli per una ragione differente, perché voglio spingere i miei ragazzi a fare lo stesso. È caldo.
Allenandosi due volte al giorno, non ho tempo da spendere con i capelli lunghi.
Inoltre voglio spingere i giovani giocatori della mia squadra ad avere una capigliatura appropriata. Cambiando il mio look, forse ho una faccia più aggressiva, ma è per prepararmi al calcio, per essere pronto alla guerra.

-Quel giocatore del Manchester City [Joey Barton] ha mostrato il suo sedere per due secondi, quello è stato un altro incubo. Ma penso che questo sia un incubo reale.

[Il 30 ottobre 2006, dopo che un tifoso aveva colpito Lampard con una bottiglia]
Non penso che il club debba essere punito a causa di un individuo.
Forse il ragazzo aveva bevuto vino rosso o birra a colazione, invece del latte.

-Molti grandi allenatori nel mondo non l'hanno vinta [la Champion League].
Il grande esempio non è molto lontano da noi. [Arsenal e Chelsea sono entrambe squadre di Londra] Arsène Wenger è un grande allenatore nel mondo del calcio e non l'ha mai fatto; io posso ringraziare Dio per averla vinta una volta. L'ho fatto.

-[Il 25 aprile 2007, riferendosi a Rafael Benítez]
Tre anni senza un titolo in Premiership? Penso che non avrei ancora un lavoro.

-La storia parla da sola e storicamente il Liverpool non è mai stato un grande club, sono un mostro. Ma negli ultimi anni si può notare giochino solo una competizione e si affermino nelle competizioni ad eliminazione diretta.
Non sono uno statistico, ma penso che in Premiership il Chelsea possa avere 60 o più punti del Liverpool.
Non so quanti 50, 55 o 60 ma punto sui 60 punti. Sono molti.
Sono una grande squadra nelle gare ad eliminazione diretta.
Dobbiamo ammetterlo ed elogiare loro per questo: hanno vinto Champions League, FA Cup, e sono di nuovo in una semifinale di Champions League.
Ma sin da gennaio, hanno giocato solo una competizione: la Champions League.

-[Il 25 aprile 2007, riferendosi al Liverpool avversario di Champions League]
Se non sei un grande club, scegli una competizione e lotti in quella, dimenticandoti delle altre.
I grandi club non possono fare questo. Dobbiamo andare avanti fino a dove possiamo cercando di fare il massimo.
È un rischio provarci e si può vincere tutto o niente, o quasi niente perché noi abbiamo la Carling Cup.

-I calciatori giovani sono un po' come dei meloni: solo dopo averlo aperto e assaggiato sei sicuro al 100% che il melone è buono.
A volte hai meloni fantastici ma non sono molto buoni; altri meloni sono un po' brutti ma quando li apri hanno un sapore fantastico.
Dal modo in cui Scott Sinclair ha giocato contro l'Arsenal e il Manchester United, conosciamo il melone che abbiamo.

-C'è bisogno di un grande allenatore per vincere la Champions League, ma non sempre i grandi allenatori vincono.
Accetto il fatto che si debba giocare con più fantasia, che il Chelsea debba fare un gioco più intrigante e bello da vedere, ma dipende dalle partite.
Alcune gare sono spettacolari, altre lo sono meno.
È un po' come l'omelette e le uova. Se non hai le uova, non puoi fare l'omelette.
E, comunque, anche l'omelette dipende dalla qualità delle uova.
Al supermercato tu hai uova di classe 1, 2 e 3, alcune sono più costose di altre e danno migliori omelettes.
Quando hai Drogba, Lampard, Ballack e Carvalho fuori, stai parlando del 40% della squadra.
Quindi, il problema non è quando hai 4, 5 o 6 giocatori infortunati, ma chi sono gli infortunati e la loro importanza nella squadra.

-[Riferendosi ai dirigenti del Chelsea]
Mi rimpiangerete, soprattutto quando comincerete a perdere anche le partite in casa.
I fan del Chelsea non hanno mai lasciato Stamford Bridge in lacrime, perché non abbiamo mai subito sconfitte casalinghe e siamo stati imbattuti per 42 gare, che è un record, ma quando il Chelsea perderà il prossimo incontro davanti al suo pubblico, allora qualcuno si ricorderà che questa cosa non succedeva da tre anni.

-Se Abramovich mi aiutasse ad allenare finiremmo per retrocedere...

-Sir Alex Ferguson è rimasto diversi anni, mi pare tre, al Manchester senza vincere nulla, eppure è ancora al suo posto.
Stessa cosa per Wenger, anche lui al terzo anno senza titoli, ma ancora al suo posto.
Se fosse stato per i tifosi, avrei avuto il contratto per vent'anni, perché la gente mi adora.

-È vero, ho pianto. Del resto, ho sempre detto che avevo una famiglia a casa e un'altra al lavoro e ho sempre avuto un ottimo rapporto con i miei giocatori e con il pubblico. Non li dimenticherò mai e so che loro non dimenticheranno me.



Inter (2008 – 2010)
-Non sono affatto speciale. Sono solo un grande allenatore di calcio. Punto.

-Mi piace rendere felici le persone che mi amano, e fare arrabbiare chi non mi ama.

-Ho solo punti di forza, e se attraverso un momento di debolezza cerco di nasconderlo.

-Nel mio prossimo incarico dovrò affrontare un sacco di pressioni, ma è in situazioni come queste che divento più forte.

-Cronista inglese: Pensa che Lampard potrebbe trovarsi bene nel calcio italiano?
José Mourinho: Perché mi chiedi di un giocatore del Chelsea?
Cronista inglese: È un modo furbo di riproporre il tema che lei ha appena evitato.
José Mourinho: Sì, siii... Ma io non sono un pirla.
Frank Lampard è una persona diversa, non così estroversa.
È il miglior professionista con cui abbia mai lavorato.
È il giocatore che si allena meglio, con maggior concentrazione, impegno, sempre attento a migliorarsi. Non è mai soddisfatto delle sue prestazioni, vuole sempre imparare cose nuove.
Se commette un errore in partita, in allenamento resta un'ora in più per esercitarsi in quella specifica situazione di gioco. Ricordo che una volta aveva sbagliato una difficile volée di sinistro.
Il giorno dopo è rimasto in campo dopo l'allenamento per migliorare quel colpo.
Lampard è un professionista incredibile.
Dio dà il talento... poi alcuni lo sprecano.
Altri, come Frank, con questa mentalità diventano anche migliori, e questi sono i giocatori che possono durare per sempre.

-Fabio Capello ha dichiarato che il mio arrivo come tecnico in Italia può portare al massimo un un per cento in più all'Inter? Sono d'accordo: è vero che in Italia ci sono tanti bravi allenatori, non solo adesso, ma anche tempo fa ci sono state generazioni di grandissimi allenatori.
Sono qui per imparare e non per fare il professore.
Quelli che pensano di sapere tutto sono ignoranti, io non mi reputo un ignorante e voglio imparare qualche cosa ogni giorno.
Per me è un privilegio lavorare in Italia e poter giocare con la mia squadra in una competizione come la serie A, affrontando squadre dirette da bravi allenatori.
Il giorno che penserò di sapere tutto e che non avrò più nulla da imparare, sarà il giorno nel quale smetterò di allenare perché, come dicevo prima, non sono un ignorante.

-La mia filosofia è questa: non sono qui per insegnare ai miei come giocare a calcio, sono qui per insegnare loro a giocare a calcio insieme.
È una situazione completamente diversa e loro così capiscono che tutti gli esercizi che facciamo sono utili a migliorare il lavoro della squadra: lavoriamo sotto il punto di vista offensivo e difensivo e, in questo momento, credo che con le gambe pesanti sia difficile giocare bene.
Ma l'organizzazione collettiva della squadra migliora giorno dopo giorno, oggi è sabato e forse domani non avremo la condizione per giocare una grande gara.

-Sono in Italia per lavorare non per fare una guerra di parole.
Voglio far bene con l'Inter, il meglio possibile per noi e dimenticare il lavoro degli altri.
Ranieri? Ha comunque ragione per quello che dice: io sono molto esigente con me stesso e ho bisogno di vincere per avere sicurezza delle cose.
Per questo ho vinto tante trofei nella mia carriera.
Lui ha, invece, la mentalità di uno che non ha bisogno di vincere e a quasi 70 anni ha vinto una Supercoppa e un'altra piccola Coppa.
È troppo vecchio per cambiare mentalità.

-Perché mi attaccano tutti? Facile, perché sanno che il giorno dopo le prime pagine dei giornali si occuperanno di loro. È tutta pubblicità gratis.

-Non mi preoccupa il fatto che nessuno sia andato via.
Avevo detto che siamo in troppi ma le carte sono tutte in tavola, come nel poker. Ognuno di loro conosce lo spazio che avrà a disposizione.
Certo, mi piacerebbe che alcuni potessero scegliere una strada diversa, specie per chi sa già che resterà fuori dalla lista Champions o che avrà poco spazio.
Quella di restare è una scelta personale, di certo nessuno si potrà lamentare di giocare poco.
Se tutti decidono di non partire per me non sarà un problema, sono professionisti che lavorano molto bene. Rappresentano delle opzioni in più, magari ultime opzioni, ma io rispetto i contratti tra i giocatori e il mio club.

-[Riferendosi all'involuzione di Andrij Šhevchenko al Chelsea]
È la vita, non puoi sapere cosa ti accadrà domani. Magari tra quattro anni farò fatica a trovare una squadra.

-[Rispondendo agli elogi della critica sulla prima partita di Scolari sulla panchina del Chelsea]
Penso che il Chelsea debba mettere in vendita il DVD della partita, proprio come aveva fatto dopo Chelsea-Barcellona 4-2 che era andato a ruba.
La cosa positiva è che adesso posso andare a Londra tranquillamente, potrò camminare senza essere travolto dall'affetto dei tifosi...

-Allenare la Nazionale inglese non è impossibile, ma è sicuramente difficile perché hai tutti gli occhi puntati addosso, come sta succedendo a Capello questa settimana, e la pressione è altissima.
Al di là dei soliti problemi legati agli infortuni e alla mancanza di tempo per stare con i giocatori, penso che la difficoltà maggiore per allenatori come il sottoscritto e come Capello stia nel fatto che non possiamo comprare i giocatori che vogliamo.
Quando sei in un club e hai bisogno per esempio di un difensore centrale, ti guardi in giro e lo trovi. Ma in questo caso devi fare di necessità virtù.

-Capello si deve ritenere molto fortunato, perché ha la possibilità di lavorare con alcuni dei migliori calciatori del mondo, come John Terry, Rio Ferdinand, Steven Gerrard ed Ashley Cole, ma a volte devi avere il coraggio di dare un taglio al passato, devi prenderti i tuoi rischi e affidarti a qualche giovane, perché niente dura per sempre.
E qui arriviamo al nocciolo della questione, perché il calcio inglese non ha talenti emergenti che possano fare la differenza, ovvero giocatori in grado di crescere e diventare campioni.
Una delle cose che mi hanno sempre sorpreso quando stavo in Inghilterra è il modo in cui viene seguito il calcio giovanile.
Si fa tanto chiasso sull'argomento, ma forse la soluzione è più semplice di quanto si creda.
In Portogallo, un ragazzino può iniziare a giocare nel Porto a 10 anni e all'età di 16 aver già incontrato 10 o 12 volte il Benfica o lo Sporting Lisbona; aver disputato partite importanti, anche davanti a un pubblico numeroso, ed essere pronto al grande salto.
In Inghilterra, invece, ciò non è possibile perché il calendario è fatto su base regionale e questo per me è il vero errore.
Che senso ha per un giovane del Chelsea vincere 14 a 0 contro Cobham e incontrare i pari età di Liverpool o Manchester United giusto una volta l'anno, se va bene?
Cosa può davvero imparare da una cosa del genere? Mi rendo conto che molti allenatori delle squadre della Premier League non sono inglesi e che non lo sono nemmeno molti giocatori, ma quando sei in un'altra nazione tu hai il dovere di migliorare il modo in cui funzionano le cose anche lì.
Ed è esattamente quello che ho cercato di fare io quando sono arrivato al Chelsea nel 2004, ma sul calendario non ho potuto fare nulla.
Ecco perché ritengo che allenare la Nazionale inglese sia un compito davvero arduo, ma almeno contro Andorra sarà una gara facile e non possono esserci assolutamente problemi nel conquistare i tre punti.
Con la Croazia, invece, sarà un po' diverso, perché loro hanno grande qualità e poi sono fieramente nazionalisti.
È vero, hanno già battuto l'Inghilterra due volte nelle ultime due partite, ma non credo affatto che ci sarà una terza occasione.

-[Rispondendo a Lo Monaco che aveva detto che Mourinho era da prendere a bastonate nei denti]
Lo Monaco? Io conosco il monaco del Tibet, il Principato di Monaco, il Bayern Monaco, il Gran Prix di Monaco.
Non ne conosco altri.
Se questo Lo Monaco vuole essere conosciuto per parlare di me, mi deve pagare tanto.
Io ho già degli sponsor che mi pagano per fare pubblicità.
Non vengo pagato per fare pubblicità a Monaco.
Qualche tempo fa ho detto che qualcuno che vuole la prima pagina sa come trovarla.

-Ho l'esperienza sufficiente per non essere pazzo di gioia perché abbiamo vinto una partita di Champions o perché abbiamo 4 punti in campionato.
Io voglio migliorare sempre, il risultato, il modo di giocare. Non cambio la mia filosofia e metodologia di calcio, ho bisogno di tempo per vedere la squadra giocare come voglio io.

[Rispondendo a chi lo accusa di essere uno che naviga nelle polemiche]
Non è vero, Mourinho non crea polemiche, Mourinho 'run away' come si dice in Inghilterra.
Io non fuggo dalle polemiche, ma nemmeno ci vado incontro, però se qualcuno tocca la mia squadra io sono il primo a difenderla, niente di più.

-Mia moglie, ad esempio, quando viaggiamo si porta dieci valigie. Io sono venuto in Italia e so quello che mi sono portato dietro. Anzi: io sono quello che mi porto dietro.

-Guardi che io, arrivato a Londra, dissi solo: "Io non sono un allenatore normale, ma l'allenatore di un gruppo speciale".
Il giorno dopo ero The Special One, ma non mi sono mai definito speciale.
Non sono il migliore del mondo, ma penso che nessuno sia migliore di me.

-Mi sembra che gli italiani non sono tanto innamorati di calcio come io pensavo, sono innamorati più dello show televisivo.
Vedo tutti preoccupati di piccole cose, che nello spettacolo calcio non significano niente, e nessuno preoccupato per uno sport che è importante nel mondo.
Nessuno si preoccupa per il fatto che il calcio italiano è considerato un prodotto molto piccolo fuori dall'Italia, non paragonabile alla Premier League.
Il Lecce mercoledì ha giocato con 3 portieri e 8 difensori eppure a fine gara tutti si sono preoccupati sul perché a parlare con la stampa è venuto Baresi.
Questo è il nostro mondo, che io ho scelto.
La decisione di venire in Italia è stata mia, ma pensavo che l'Italia avesse più passione per il calcio e meno per tutto quello che c'è intorno.
Non mi sono pentito comunque di essere venuto in Italia, assolutamente.

-Io ho studiato cinque ore al giorno l'italiano per diversi mesi per poter comunicare con voi giornalisti, con i tifosi e pensate che vi abbia mancato di rispetto?
Parla poi Ranieri che dopo cinque anni in Inghilterra ha avuto difficoltà a dire "good morning" e "good afternoon".
Chi è lui? Chi può dirmi di non mandare Baresi in conferenza stampa è il presidente Moratti, nessun altro.

-Dopo una partita non mi sentirete mai criticare i miei giocatori. Io non mi nascondo mai, mi piace che loro si sentano protetti.
L'uomo antipatico sono io, l'arrogante sono io, l'allenatore senza capacità sono io e per noi questa cosa potrebbe essere molto positiva.

-Nel modo in cui si parla di me, mi si manca di rispetto. Ma mi devo adattare. Non cambierò, il calcio italiano non mi cambierà, la società italiana non mi cambierà. E l'ultima cosa che voglio fare io è cambiare qualcosa. Non voglio cambiare niente.

-Antipatico o simpatico per me non è importante.
Il vincente dipende dal vostro punto di vista: non conosco ancora bene la vostra cultura.
Per esempio in Inghilterra uno che ha vinto in un determinato momento una cosa importante, che è entrato nella storia, questo è un vincente per tutta la vita.
Qui sembra che bisogna fare qualcosa di straordinario per meritare il rispetto.
Chissà, forse c'è una competizione sulla luna che devo vincere per essere considerato in altro modo.

-Non sono più l'allenatore del Chelsea per cui non devo preoccuparmi di difendere gli interessi del club e credo che sia giusto segnalare che Fernando Torres è un simulatore, così come Drogba, Cristiano Ronaldo e Robin Van Persie.
Il calcio inglese critica tanto la cultura della simulazione ma poi si smentisce.
Credo che Drogba sia oggi più forte rispetto a quando l'ho avuto al Chelsea, Ronaldo e Torres sarebbero ancora più forti di quello che sono se pensassero a giocare.
Ingannando, invece, sono diventati i giocatori a cui hanno fischiato più rigori a favore negli ultimi cinque anni.

-In Inghilterra gli allenatori insegnano ai ragazzi a giocare a calcio, in Italia, Spagna e Portogallo si insegna che conta solo vincere.
Io odio la simulazione e le bugie anche se riconosco che non sono felice quando vedo che a un mio giocatore gli rifilano un colpo e lui cerca di restare in piedi.
È raro che un arbitro fischi un rigore se il giocatore non cade.
Nel mio caso dico ai miei ragazzi di giocare sempre pulito ma di non essere ingenui.

-[Rispondendo a chi gli chiede se controlla Adriano]
Controllare no, educare sì, con i giocatori come con i figli.
L'allenatore fa un po' di tutto, bisogna entrare nella testa dei giocatori, nella loro personalità, conoscerli e adattarsi, fa parte del nostro lavoro.
Con Adriano c'è un rapporto di stima reciproca, sta lavorando bene dopo una stagione che per lui è stata difficile, ma io voglio ancora di più.
Non sono, non sarò mai e non voglio essere il papà dei giocatori, voglio dare ad Adriano una seconda opportunità, con lui ho un rapporto di fiducia reciproca che per me è la cosa più importante.

-La stampa inglese è fantastica.
Impossibile paragonare la stampa italiana con l'inglese, puoi farlo con quella spagnola o portoghese, magari. Ma quella inglese è totalmente diversa. Non ci sono quotidiano sportivi.
Ci sono due pagine di calcio in ogni giornale.
Abbiamo Sky Sport che dà il calcio tutti i giorni, il weekend con la BBC.
Dopo la partita c'è un'intervista flash di un minuto e una conferenza stampa di cinque minuti.
La stampa inglese è fantastica... Ma io sono portoghese, lavoro in Italia, rimpiangere il calcio inglese non mi aiuta e quello che succede qui non è un dramma perché la mia formazione non è molto diversa.

-Tutti i campionati sono difficili, gli allenatori sono tutti bravi, vincere è difficile ovunque, noi portoghesi siamo come voi italiani.
È molto importante vincere, anche all'89', senza uno spettacolo bellissimo.
È vero, quello italiano è un calcio difficile, esige una grande preparazione da parte di un allenatore. Ho cambiato contro il Genoa tre o quattro volte assetto tattico e il Genoa si è sempre adattato alla nostra formula.
Per me, come allenatore, è uno spettacolo fantastico.

-[Prima di Inter-Juventus]
L'ultima volta che nella mia carriera un presidente ha dichiarato di essere sicuro di vincere ha poi perso. Era un Porto-Benfica...
Non conosco quello della Juve [Giovanni Cobolli Gigli] e non mi interessa più di tanto quello che ha detto.
La mia squadra è sempre la più forte, era così quando allenavo l'Uniao Leiria, figurarsi oggi che sono all'Inter.

-Il vostro calcio è il mio calcio.
È qua che lavoro ed è qua che voglio contribuire a far tornare questo calcio come negli anni '90.
I miei principi di gioco sono questi, mi piace la zona, la profondità, ma se posso scegliere un modulo preferisco giocare con le ali, allargare il campo.
Mi devo però adattare alla situazione, a quelli che sono in migliore forma. E le mie ali non sono al massimo.

-È molto più difficile fare l'arbitro che in Inghilterra. Lì c'è un gioco leale, con fair play.
Quando l'arbitro fischia, la partita finisce e non ci sono analisi dettagliate di ogni singolo episodio.
Qui, tutte le situazioni vengono sezionate e i direttori di gara sono sotto pressione enorme.

-A me non piace la prostituzione intellettuale, a me piace l'onestà intellettuale.
Mi sembra che negli ultimi giorni ci sia una grandissima manipolazione intellettuale, un grande lavoro organizzato per cambiare l'opinione pubblica per un mondo che non è il mio.
Negli ultimi due giorni non si è parlato della Roma che ha grandissimi giocatori, ma che finirà la stagione con zero titoli. Non si è parlato del Milan che ha 11 punti meno di noi e chiuderà la stagione con zero titoli. Non si è parlato della Juve che ha conquistato tanti punti con errori arbitrali.
Ranieri? Se è al fianco di Spalletti, io sono al fianco di tutti gli allenatori che hanno perso punti contro la Juve per errori arbitrali.
Mi sento vicino a Prandelli, a Del Neri, a Zenga.
Io sono andato davanti alle telecamere per dire che la mia squadra ha vinto a Siena con un errore dell'arbitro.
Il giorno dopo l'allenatore di una squadra con la maglia bianco e nera, che guarda le partite dell'Inter, è andato in televisione e ha ammesso di aver segnato un gol in fuorigioco... che bravo...
Io parlo con la stampa perché sono obbligato.
Spalletti parla prima della partita, parla durante l'intervallo e parla dopo la partita: è "primetime", è amico di tutti. Io non sono così.

-Non sono il migliore del mondo, ma penso che nessuno sia meglio di me.

-Ibrahimovic? È un grandissimo giocatore, ma nessun calciatore è più grande di un club.
Ibra all'Inter è diventato un giocatore importante, ma certi club sono più grandi di giocatori e allenatori.

-Il mondo è così competitivo, aggressivo, consumista ed egoista e durante il tempo che spendiamo qui noi dobbiamo essere tutto eccetto questo.

-Solo uno tra ventuno non voleva darmi la laurea honoris causa, ma è normale, neanche Gesù piaceva a tutti.

Io mi ricordo il 1 maggio, il 25 aprile che per noi portoghesi ha un altro significato rispetto a voi, mi ricordo il 25 dicembre, il 26 gennaio, il 4 novembre, il 2 febbraio.
Il 5 maggio non è niente.
Non capisco, non sono esperto in date.
L'Inter se deve ricordare qualche data, ha quelle dei 16 scudetti che ha vinto.
Il 18 maggio è più importante per il 5 maggio, quello sarà importante per la Juve, caso mai.
Io ricordo le persone che ho perso nella mia vita, ma non mi ricordo quando le ho perse, voglio ricordare solo le cose belle. E così deve fare l'Inter.
Ricorderò per sempre il giorno che vinceremo questo scudetto.

-Ho espresso un'opinione da uomo libero in un Paese libero, e subito ho sentito il rumore dei nemici. Questo mi piace: ho parlato e ora sono tutti qui...

-Abbiamo dimostrato tutto, potevamo perdere questa partita solo in 6, era l'unico modo per perderla, perché in 7 la vincevamo.

-[Riferendosi ad un rigore dato alla Juventus]
Area con 25 metri c'è solo una in Italia.

-L'unica cosa che ho detto ai miei giocatori è che voglio che supportino il lavoro dell'arbitro e se i giocatori del Barcellona vogliono fare lo stesso, sarà facile per l'arbitro.

-Figo mi ha detto che era calmo e rilassato, perché ero l'unico odiato al momento, perché ero il loro nuovo nemico.

-Nella storia della Champions c’è un solo club e un solo allenatore che erano sul tre a zero e hanno perso la finale.

-Van Gaal è una persona molto sicura e quando ero giovane, è stato molto importante.
Mi ha dato la fiducia per allenare la squadra dalla panchina.
Nelle amichevoli, nelle partite di Copa Cataluña, mi ha dato la responsabilità di essere l'allenatore.
Mi diceva: 'Vado in tribuna, fai le sostituzioni alla squadra', quindi è stato molto importante nella mia crescita.

-[Riferendosi ad Avram Grant, sconfitto con il suo Chelsea in finale di Champions League]
Magari nella filosofia di un perdente questa è stata una grande stagione.

-Non è un problema di contratto o di soldi e mi fa anche un po' di vergogna quello che guadagno con la crisi che c'è. È un problema di soddisfazione personale, di sentirmi rispettato o no in un Paese calcistico in cui ho avuto tanti problemi.
Non cambio quanto ho detto qualche giorno fa, non è vero che sono l'allenatore del Real.
Dopo la finale voglio due tre giorni per pensare con tranquillità del mio futuro.
Ovviamente l'Inter non può fare niente di più per farmi essere felice e sentirmi importante: i giocatori sono fantastici, c'è empatia con i tifosi, tutti in società sono fantastici.

-La dimensione umana dei giocatori aiuta molto a costruire la forza di un allenatore.
La gente che gioca in questa squadra mi ha reso un allenatore più bravo e farà lo stesso con qualcun altro.

-[Replicando alle parole di Luis van Gaal]
Riguardo ai favori arbitrali, gli italiani si ricordano la partita del Bayern con la Fiorentina e gli inglesi si ricordano il rosso a Rafael.
Io difensivo? Abbiamo giocato due partite, quella di Londra e quella col Barcellona alla grande, sempre all'attacco.
Al ritorno abbiamo parcheggiato l'aereo davanti alla porta, ma perché eravamo in dieci e perché li avevamo distrutti in casa. E comunque ho sempre mantenuto in campo gli stessi uomini. Lo stesso Van Gaal col Lione quando Ribery è stato espulso ha cambiato Olic con Tymoshuk.

-Quando Iniesta ha segnato contro il Chelsea l'anno scorso ha corso come un pazzo. Perché non posso farlo io? Van Gaal dice che non avrebbe festeggiato come me?
Non può farlo perché è lento. Io corro veloce. Io festeggio coi miei tifosi, non per provocare.

-Prego tanto. Penso anche che sia perché lavoro duro e bene.
Ritengo di avere una buona leadership con i giocatori per il modo in cui mi interfaccio con loro. Io sono una brava persona, sono cattolico e a volte Dio mi aiuta.



Real Madrid (2010 – 2013)
-Penso che un allenatore deve essere pronto all'esonero.
Ma se l'allenatore ha paura di questo, non lavora bene e ha grandi problemi.
Sono un allenatore che ha molta autostima e fiducia e non penso alla possibilità di essere esonerato. Penso che quattro anni di contratto siano abbastanza per vincere, per costruire una squadra forte per il presente e per il futuro.
L'esonero di Pellegrini non mi ha reso felice.
Non sono mai felice quando un allenatore viene esonerato.
Ma il calcio è anche questo.
Ho molta fiducia nei miei giocatori, e spero che i miei giocatori abbiano fiducia in me.

-È troppo presto per parlare di cambiamenti. Credo che sia il tempo di analizzare la situazione, di cercare di conoscere il mio club, fare un sacco di domande e ricevere risposte. Ho bisogno di realizzare la direzione del mio lavoro. La cosa più importante non è l'allenatore o i giocatori, ma il club. Siamo troppo piccoli per essere comparati alla dimensione del club, Se lavoriamo come un gruppo, non è difficile ottenere risultati. Voglio che questo gruppo abbia un'identità, per vincere tutto. La forza della mia squadra è sempre il gruppo e non gli individui.

-Non sono l'anti-Barcellona.
Sono l'allenatore del Real, ma il Barca non mi preoccupa.
Il mio unico interesse è far crescere il Real.
Il Barca è un gran rivale e noi lo rispettiamo.
Se sono odiato a Barcellona, è un loro problema, non mio.
La parola "paura" non c'è nel mio dizionario calcistico.

-Il primo anno non è il più indicato per arrivare al successo. Ma mi piace mettermi addosso quel tipo di pressione. Il lungo termine implica un certo rilassamento. Mi piace dire che è necessario vincere subito.

-Credo che la gente si sia un po' stufata di vedermi vincere.
Dicono che sono un difensivista, ma non è veritá, e poi un allenatore difensivo vince una volta, non due, tre o 17 volte. I titoli parlano per me.

-La mia Inter era un gruppo fantastico, anche a livello umano; non era, però, la squadra più forte e per questo era costretta a lavorare il doppio. C'erano diversi giocatori con tanti titoli alle spalle, ma anche diversi ragazzi che in Champions non erano arrivati mai nemmeno ai quarti.

-Pep deve fare quello che gli dice il suo intuito. Possibilmente non ha bisogno di parlare di Mourinho perché lo fanno i suoi giocatori. Al [Real] Madrid i miei non parlano di Pep.

-Tutti i campionati hanno due aspiranti.
Inghilterra inclusa, dove c'è il Chelsea, se il Manchester United non presta attenzione.
Nel campionato spagnolo tutti sono candidati a vincere le partite.
Barcellona e Real Madrid vanno a lottare per vincere la Liga.

-Non sono tenero, sono giusto. Sono diretto. La nostra empatia viena dalla giustizia.

-[Riferendosi al Pallone d'oro 2010 a cui potevano aspirare solo giocatori del Barcellona: Andres Iniesta, Xavi e Leo Messi]
Chi vince un trofeo non è il migliore. È un modo pragmatico per giudicare una situazione.

-Per me il peggio, in Italia, è il dopo partita. Non perché non mi piace. A me piaceva tanto parlare via TV, via camera, parlare con Gianluca Vialli, con Arrigo Sacchi, tutta gente con un'opinione, un'opinione sincera che ti fa pensare e ti fa anche imparare.
Dopo una partita, però, come i giocatori sono stanchi, anche noi allenatori siamo stanchi.
Dopo una partita uno deve mangiare, andare a casa, riposare.
Invece dopo una partita, un'ora di TV era la cosa che meno mi piaceva in assoluto. Ricordo quello che mi diceva Crespo, quando lo allenavo al Chelsea, perché gli facevo tante domande sull'Italia: "Quando siamo in Italia, siamo stanchi dell'Italia. Ma quando non siamo in Italia, l'Italia manca".
Ed è vero, è un poco vero. Mi diceva poi: "In Italia, quando segno un gol, durante la settimana lo rivedo in televisione 50 volte. In Inghilterra, se segno un gol e non lo vedo negli highlights della BBC dopo la partita, non lo vedo più perché nessuno lo trasmette durante la settimana."
Ed è vero.
In Italia è stressante però è bello, è bello.

-Io in affari con Benquerenca? No, ma magari a Oslo c’è un ristorante di Ovrebo e Guardiola

-Sto preparando la semifinale giocando con 10 uomini. Perché ho giocato contro il Barcellona con il Chelsea e ho finito in 10. Con l’Inter e ho finito in 10. Ecco perché sto preparando i ragazzi: è concreta la possibilità di giocare ancora in 10.

-[Dopo la vittoria nella la Coppa di Spagna contro il Barcellona]
La gente pensa che il calcio sia solo possesso palla, io penso invece col lavoro difensivo e l'occupazione degli spazi.
Mi hanno definito un allenatore da titoli e non un allenatore di calcio. Ma a me piace. Amo vincere. Sono contento di aver vinto le coppe nazionali in quattro paesi diversi: nel mio paese, in Portogallo, poi la coppa di Spagna, la coppa Italia e la FA Cup. Tre coppe nei paesi calcistici più importanti di Europa.

-[Durante la conferenza stampa post-Real Madrid-Barcellona della semifinale di Coppa dei Campioni]
Se io dico a lei e alla UEFA quello che penso e quello che sento, la mia carriera finisce oggi.
E siccome non posso dire quello che sento, ho solo una domanda. E spero, un giorno, di avere una risposta. La domanda è: perché? Perché? Perché Ovrebo? Perché Busacca? Perché De Bleeckere? Perché Frisk? Perché Stark? Perché? Perché ad ogni semifinale accade sempre lo stesso? Perché Ovrebo da tre anni? Perché il Chelsea non è potuto andare in finale? Perché l'anno scorso l'Inter, che è stato un miracolo? Non so se è la pubblicità dell'UNICEF, non so se è il potere del signore Villar all'interno della UEFA. Non lo so, non capisco.
Loro sono arrivati a questo, gli altri non hanno nessuna possibilità.
Con il Chelsea Drogba sanzionato, Bosingwa sanzionato, con l'Inter Thiago Motta che non ha giocato la finale, con l'Arsenal Wenger sanzionato, Nasri sanzionato, Robin van Persie espulso, oggi io sanzionato. Perché una squadra di questa dimensione necessita di una cosa ovvia? Per cosa?
Io ho vinto due Champions sul campo e le ho vinte con due squadre che non erano il Barcellona, il Porto di un paese che normalmente non vince Champions l'Inter che non la vinceva da 50 anni e abbiamo vinto lottando e con lavoro.
Josep Guardiola ha vinto una Champions che a me darebbe vergogna di vincere perché l'ha vinta con lo scandalo di Stamford Bridge e se quest'anno vince la seconda con lo scandalo del Bernabeu.
Per questo io spero che lui un giorno abbia la possibilità di vincere una Champions intera, bianca, che merita.

-Qualcuno parla di crisi, di situazione drammatica nella quale non possiamo nemmeno lottare per la salvezza. C'è gente che ha interesse a parlare di crisi e c'è chi racconta solo quello che succede: non c'è crisi, abbiamo solo giocato male.
Tre partite negative, non tre settimane.
Si tratta di una situazione negativa, non di una crisi. Io ho un percorso da allenatore e non lo dimentico.
Voi, invece, sì. Mi sento bene, alla grande.

-Posso non venire in conferenza stampa quando la squadra vince, però vengo sempre quando perde.
E lo stesso sul campo.
Se vinciamo non c'è bisogno che mi faccia vedere. Se perde ci sono sempre.
Le vittorie sono per quelli che fanno i fenomeni.

-Sarei un mediocre? Rispetto le opinioni di tutti, anche quelle di Zeman.
Scusi, ma dove gioca questo Zeman?
Ah, è un allenatore, della Roma. Non lo sapevo...
Ora che sono in vacanza ho un sacco di tempo libero, mi informerò su Google cosa ha fatto e cosa ha vinto...

-Cruijff dice che non sono un esempio per i giovani? Non ricordo una mia squadra che ha perso e i miei avversari non hanno potuto festeggiare in campo perché avevamo azionato gli idranti.

-[Riferendosi alla mancata partecipazione di Antonio Conte al Forum Allenatori Club d'Elite UEFA] Non l'hanno invitato perché è squalificato? Ma quante storie...
Mica ci alleniamo qui, mica scendiamo in campo con le nostre squadre: è un incontro fra tecnici in terra neutrale. Siamo o non siamo in Svizzera? Dite che i tifosi lo chiamano il Mourinho italiano? La cosa mi onora, Antonio mi piace un sacco come allenatore.
È un vincente, sa quello che vuole, ha carisma.

-Amo il calcio, amo allenare e probabilmente sarò in panchina anche dopo i settant'anni: sono solo all'inizio della mia carriera.
Capisco perfettamente perché Alex Ferguson è ancora al lavoro a quell'età e penso che anch'io farò lo stesso. Amo il calcio e amo allenare. Sarò ancora giovane quando avrò compiuto 50 anni e ho ancora molto tempo davanti.

-[Il traguardo dei cinquant'anni] può avere un impatto psicologicamente negativo su molte persone. Ci si rende conto che il mondo gira molto, molto veloce e la vita è molto, molto breve.
È un numero che mi fa guardare molto indietro, ma anche avanti.
Sono una persona felice perché credo di aver fatto cose incredibili.
Ma allo stesso tempo guardo avanti e mi vedo meglio che mai, più forte che mai, con più esperienza e penso di essere soltanto all'inizio della mia carriera professionale.

-Odio la mia vita sociale. La odio. La gente non mi conosce veramente. Se quando finisce la partita potessi spegnere le luci e diventare uno sconosciuto, lo farei. Non posso andare a vedere una partita di mio figlio. Se vado a una partita di dodicenni, verranno quelli che si vogliono fare una foto, quelli che vogliono un autografo, quelli che vogliono insultarmi, quelli che vogliono andare dietro la porta per insultare mio figlio, un ragazzino di 12 anni. Per strada vorrei poter essere normale.

-Per molte ragioni, molto probabilmente dopo il Real Madrid tornerò in Inghilterra. Per me lo scenario perfetto tornando in Inghilterra sarebbe avere ancora Ferguson come avversario.
Se lui smette, a perderci è il calcio. Non è una questione di allenatori giovani o vecchi.
Lo chiamo il capo.
Perché per me lui è il capo di tutti gli allenatori.
Quando tornerò in Inghilterra spero di trovarlo ancora sulla panchina del Manchester United.

-Anche se non vincessi la Champions con il Real, non si potrà parlare di fallimento.
Ma se si dovesse pensare così, forse è un po' colpa mia: ho vinto così tante volte che il mondo adesso non si aspetta altro.

-Sarebbe un crimine, se Cristiano Ronaldo non vincesse il premio.
Essere Cristiano Ronaldo è molto più difficile che essere Messi.
Il mio attaccante non è mai stato tutelato fisicamente, non è mai protetto da niente o da nessuno.

[Prima di Real-Madrid-Manchester United, gara valida per l'andata degli ottavi di finale della Champions League 2012-2013]
Non sarò l'erede di Ferguson perché smetteremo insieme, lui a 90 anni e io a 70. Ma l'Inghilterra sarà il mio prossimo passo.
Il Real vuole conquistare la sua decima Champions e io la terza, non finirò la carriera con due.
Ci sono grandi club che non hanno mai vinto la Champions, e anche grandi allenatori che non l'hanno mai conquistata.
Il Real Madrid ne ha vinte nove, io due e quindi siamo due privilegiati.
Ma ora il Madrid vuole vincere la decima, e io la terza.
Per questo lotterò finché non arriverà e ho fiducia di potercela fare.



Chelsea (2013 – 2015)
-[All'arrivo al Chelsea]
Nella mia carriera ho avuto due grandi passioni, l'Inter e il Chelsea, e il Chelsea è molto più che importante per me. È stato molto difficile giocare contro questo club.
Ai tifosi prometto le stesse cose che ho promesso nel 2004 e dico: sono uno di voi.

-È stata una decisione semplice. Ho chiesto al presidente 'Vuoi che torni?' E lui mi ha risposto 'Tu vuoi tornare?'. Dopo pochi minuti la decisione è stata presa e io sono molto felice. Dovevo prepararmi per non essere troppo emozionato al mio arrivo al club, ma ovviamente sono molto felice. Se analizzi il tutto in maniera fredda e lasci le tue emozioni da parte, penso che sia stato fantastico. Io ho proseguito la mia carriera, mentre il Chelsea ha continuato a vincere.

-Voglio provare a migliorare i miei giocatori e la mia squadra, ma senza fare follie. Se non ci riuscirò non sarò contento con me stesso. Se poi possiamo migliorare ulteriormente la squadra con qualche giocatore allora è fantastico, ma voglio migliorare la squadra con il mio lavoro. Non ho bisogno di fare una vacanza. Mi spiace che gli allenamenti non comincino domani. Ai giocatori io dico durante la stagione, quando sono stanchi, che le vittorie fanno miracoli. Quando vinci, vinci, vinci, non sei mai stanco. Nel mio caso, la felicità è più forte della stanchezza.

-Non voglio esser chiamato una leggenda, però ho una storia difficile da comparare a quella di un altro. Mi considero un grande tecnico. Quando arrivai al Chelsea dissi di essere speciale perché avevo già vinto una Champions col Porto. Per essere un vincente, devi avere un talento speciale. Non sei speciale se non vinci, ma io vinco.

-Penso di avere un problema, ovvero, sto diventando sempre più bravo in ogni aspetto del mio lavoro, che ha avuto un’evoluzione in molte aree differenti: nel modo in cui leggo la partita, nel modo in cui la preparo, nel modo in cui alleno.
Mi sento sempre meglio. In una cosa però non sono cambiato: quando affronto la stampa, non sono mai un ipocrita.

-È stato amore a prima vista. Il Chelsea è nel mio cuore. Ho sempre desiderato che avesse successo, tranne quando ho dovuto affrontarlo. Solo in quel caso volevo ammazzarlo!

-Se qualcuno dice di essere il migliore, allora ha grandi possibilità di lavorare con me.
Mi rialzo con i proIettili che mi sparano addosso e lo farò sempre.
Sono nato in questo modo nel calcio e così morirò.

Nel mio atteggiamento c'è sempre un obiettivo: la difesa degli interessi del mio club, senza riguardi per la mia immagine. Se è un difetto o una virtù? Chiedetelo a quelli che hanno lavorato con me.

-La mia posizione è sempre stata in pericolo perché alleno soltanto grandi squadre ambite da tantissimi tecnici; perché lascio squadre già assemblate per gli anni futuri; perché lascio ottime condizioni di lavoro ed eccellenti strutture per chiunque subentri.

-Ho avuto grandi anni ma i prossimi saranno i più importanti. Non festeggio mai con eccesso una mia conquista perché non voglio pensare che sia l'ultima. Chiunque volesse vedermi fallire resterà deluso. Penso sia naturale il fatto che vincerò altri trofei nella mia carriera.

-[Sul possibile arrivo di Boateng al Chelsea]
Non cerco fotomodelli, il Chelsea insegue calciatori. Nell'ultimo anno ha fatto più cambi di look che gol.

[Secondo il reporter Rob Beasley in riferimento ad una lamentela di Wenger sul modo di fare mercato del portoghese]
-Un giorno troverò Wenger fuori da un campo di calcio e gli spaccherò la faccia

[Riferendosi a Gareth Bale]
Avevo chiesto alla società di comprarlo già la scorsa estate ma non è stato possibile.
È un calciatore fantastico, ma le cifre in ballo sono enormi e il ragazzo potrebbe sentire la pressione di dover dimostrare che vale quell'investimento. Comunque Ancelotti è un allenatore esperto e sono sicuro che tirerà fuori il meglio da lui.

-Giggs è un calciatore storico. Era al top dello United negli anni 90.
Ricordo di averlo visto per la prima volta nel 1998 e ora che siamo nel 2013 è ancora una star dello United. Merita il massimo rispetto un giocatore capace di essere ancora protagonista alla sua età.

-Voglio dire solo quattro cose: complimenti ai miei giocatori perché hanno dato tutto dal primo all'ultimo minuto, complimenti al Sunderland perché ha vinto, complimenti a Dean perché la sua direzione di gara è stata fantastica, complimenti a Riley [il capo degli arbitri inglesi] per il modo in cui ha organizzato questa stagione. Per il modo in cui il campionato sta andando, è stato fantastico. Non ho altro da dire.

-Ho imparato a conoscere Alex Ferguson ed apprezzare le due facce: c'è l'avversario, che farebbe di tutto per vincere; e poi c'è l'uomo di sani principi, che fa del rispetto la prima cosa.

-Se possedessi un club, Tony Pulis sarebbe il primo manager che contatterei.
È perfetto, è una garanzia per raggiungere l'obiettivo che un club vuole.
Non ha mai allenato un club che vuole diventare campione, non ha mai allenato un club che vuole rimanere tra le prime quattro d'Inghilterra, ha sempre e solo allenato squadre che dovevano sopravvivere, salvarsi e avere la giusta stabilità.
Tony Pulis è matematica e il suo record è incredibile.

-Nel tennis subiscono rigori per tutto il giorno. Ogni punto è una decisione difficile, devono essere davvero forti. Io dico sempre che nel mio sport a volte ci copriamo e nascondiamo a vicenda, possiamo sempre trovare delle giustificazioni per i successi e i fallimenti: in questo modo il tennis è fenomenale perché devi essere davvero forte.

[Conferenza pre Chelsea-Maccabi]
-Noi siamo ancora i campioni d'Inghilterra e io sono ancora lo Special e l'Happy One.
Se torniamo indietro di tre mesi, eravamo la miglior squadra d'Inghilterra, il miglior allenatore e i migliori giocatori.
La crisi del terzo anno?
Cliccate su Google invece di fare domande stupide e andate a vedere cosa ho fatto al terzo anno.

-Gli arbitri hanno paura di prendere decisioni a favore del Chelsea.

[Ad un giornalista, dopo l'eliminazione contro lo Stoke in Carling Cup]
Tu non fai parte di questo sport.

-Se la società vuole cacciarmi, deve farlo, perché io non scappo.
Vincere il titolo adesso è molto difficile perché la distanza è tanta, ma sono convinto che finiremo fra le prime 4.
È un momento cruciale nella storia del club perché se mi esonerano, cacciano il miglior allenatore che questa società abbia mai avuto.



Manchester United (2016 –)
-Diventare l'allenatore del Manchester United è un onore speciale.
È un club conosciuto e ammirato in tutto il mondo, c'è una mistica e un fascino che nessun altro club può eguagliare. Ho sempre sentito una certa affinità con l'Old Trafford al quale sono legato da alcuni importanti ricordi della mia carriera. Ho sempre avuto anche un bel rapporto con i tifosi dello United e non vedo l'ora di essere il loro allenatore e godermi il loro magnifico sostegno negli anni a venire.
Mi sento bene, arrivo nel giusto momento della mia carriera per allenare una squadra come lo United. Bisogna essere preparati per guidare club come lo United, essere i migliori allenatori, e io sono pronto. Penso che si possa guardare al nostro club attraverso due prospettive.
Una è considerare gli ultimi tre anni, l'altra la storia del club.
Preferisco dimenticare le tre stagioni passate, e concentrarmi sulla storia di questo immenso club.
I tifosi si aspettano che dica che voglio vincere, i giocatori vogliono sentirmelo dire, penso che possiamo davvero riuscirci.

-Non so come definirmi dopo Special One e Happy One.
Sono arrivato in un club del quale è difficile trovare le parole per descriverlo. Non è un lavoro dei sogni: è la realtà.

-Io non mi relaziono con gli altri allenatori.
Ci sono alcuni che hanno vinto l'ultima volta dieci anni fa. C'è chi ha vinto un anno fa.
E c'è chi non ha vinto nulla. In questo paese le inimicizie tra manager hanno una valenza diversa.
In contesti come quelli della Liga e della Serie A le rivalità sono una parte del cartellone, qui è diverso.
Io sono l'allenatore del Manchester United e rispetto tutti i club, tutti gli avversari, tutti gli allenatori.

[a fine agosto 2018 dopo lo 0-3 subito in casa contro il Tottenham, un giornalista ricorda che lo 0-3 è un passivo abbastanza negativo]
-Sì, conosco il risultato e so che abbiamo perso 3-0. 3 dita vuoi sapere cosa vuol dire? Ho vinto 3 Premier League, più di quanto gli altri 19 allenatori mettano insieme. 3 per me, 2 per loro. Rispetto, ci vuole rispetto. Rispetto

[il 6 novembre 2018, dopo l'eliminazione contro il Derby County in Carling Cup, lo 0-0 contro il Valencia in Champions League, il pareggio con i Wolves in casa e la sconfitta contro il West Ham per 3-1 Mourinho si trova all'ultima spiaggia contro il Newcastle e dopo 10 minuti si ritrova sotto 0-2 ma nei 20 minuti finali gli riesce la clamorosa rimonta per il 3-2 finale]
-Andate a fanc***, figli di putt***. Vaffan**** (al fischio finale)
-I calciatori sono contro di me? Sciocchezze, stiamo parlando di professionisti, non giocano per l’allenatore. È la prima volta che vedo una caccia all’uomo del genere. Ormai ho 55 anni, sono maturo e so gestire certe situazioni. Al contrario di alcuni ragazzi come Rashford e McTominay, che hanno giocato il primo tempo come se fossero terrorizzati. Nell’intervallo abbiamo fatto una bella chiacchierata. Ci siamo promessi che avremmo dato tutto, senza paura. Così è stato. Fortuna? Non credo: i ragazzi hanno meritato la vittoria e anche con il 2-2 il morale sarebbe stato comunque positivo. Un grazie anche ai tifosi, che hanno lottato e ci hanno sostenuto dall’inizio



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