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sabato 30 aprile 2016

Le Più Grandi Sorprese Del Calcio Inglese: Vincere Il Titolo Da Sfavorita O Da Neopromossa

Arrivare tra le prime quattro, da quando esiste la Premier League, è condizione necessaria ma non sufficiente per vincere il campionato l'anno successivo.
Infatti in tutta la storia della Premier League (1992), nessuno ha mai vinto il titolo dopo esser finito più dietro del 4° posto l'anno precedente.
Quest'anno potrebbe riuscirci il Leicester (arrivato 14° passata stagione).
Da quando esiste la Premier League, forse, la sorpresa più grande fu la vittoria del Blackburn Rovers nel 1995.
Per la verità fu una sorpresa sino ad un certo punto.
Non solo perchè avevano un giocatore del calibro di Alan Shearer (senza scordarci di Graeme LeSaux, Tim Sherwood, Colin Hendry, David Batty, Chris Sutton, etc) ma anche perchè l'anno precedente erano arrivati al secondo posto.


VECCHIA FIRST DIVISION
Estendendo il discorso alla vecchia First Division troviamo:
Aston Villa e Everton vinsero il titolo negli anni '80 avendo terminato al 7° posto la stagione precedente.
Curiosamente nel 1984/85 l'Everton arrivò come detto al 7° posto (dopo aver terminato il campionato con 62 punti, 18 punti dietro il Liverpool vincitore), l'anno successivo si aggiudicò il titolo migliorando di 28 punti e staccando di 13 punti proprio il Liverpool.
Dal 1978 nessuno è mai riuscito a vincere il titolo dopo esser arrivati più dietro del 7° posto.
Andando più dietro, il Derby County, nel 1972, passò dal 9° posto al primo.
L'Arsenal, nel 1971, dal 12° posto al titolo.


VINCERE IL TITOLO DA NEOPROMOSSA
Appunto nel 1977/78 il Nottingham Forest vince il titolo passando dal 25° posto al primo.
25° perchè il Forest giocava in seconda divisione ed arrivò 3° (in First Division c'erano 22 squadre).
Il Nottingham Forest poi nel 1979 e nel 1980 vincerà 2 Coppe Dei Campioni.
Solo 5 squadre (Liverpool 1905/06, Everton 1931/32, Tottenham Hotspurs 1950/51, Ipswich Town 1961/62 ed appunto Nottingham Forest 1977/78) nella storia del calcio inglese sono state in grado di vincere il titolo da neopromosse.


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domenica 24 aprile 2016

Lo Scandalo Di Penn State: Jerry Sandusky e Joe Paterno (NCAA)

Siamo a Penn State, Pennsylvania.
C'era una volta un college-modello dove, si tramandava che valori, studio e sport, erano davvero un tutt'uno.
In particolare nel Football Americano, perchè dire Penn State significava automaticamente richiamare la figura del leggendario coach Joe Paterno e, assieme, tanti record e successi con i Nittany Lions.
Ma in quel college si celava una mostruosità inenarrabile: infatti l'allenatore dei linebacker, Jerry Sandusky, aveva abusato di minorenni senza che nessuno lo denunciasse.
Neppure Joe Paterno o i vertici dell'università che, secondo le indagini, sapevano.
E fecero finta di niente.
Per non rovinare il "nome" dell'Università.


L'INIZIO DELLO SCANDALO (2002)
Tutto inizia nel marzo 2002, quando Mike McQueary, uno degli assistenti di Joe Paterno (coach di Penn State), entra nello spogliatoio della squadra per lasciare un paio di scarpe nel suo armadietto.
E’ sera tardi. Nello spogliatoio non dovrebbe esserci nessuno.
C'è però una luce ed una doccia accesa.
Attraverso la porta, chiusa, arriva il rumore di acqua e di strani gemiti.
Mike apre la porta e infila la testa nella sala.
Sotto una doccia c’è Jerry Sandusky, altro allenatore della squadra, che abusa sessualmente di un bambino di 10 anni.
Mike McQueary, che a all’epoca ha 28 anni, non va dalla polizia a denunciare il fatto.
Si rivolge invece proprio a Joe Paterno, raccontandogli quanto ha visto.
Nemmeno Paterno va dalla polizia, ma avverte dell’accaduto il direttore atletico dell’università, che a sua volta si rivolge al vice-presidente di Penn.
Passano settimane e la notizia si sparge sino ai vertici dell’università.
Sandusky non è nuovo a episodi e denunce di questo tipo.
Nel passato era stato beccato a fare la doccia nudo con un bambino di 11 anni.
In un’altra occasione, un guardiano lo aveva visto fare sesso orale con un altro bambino.
Alla fine i rettori dell’università prendono la loro decisione.
A Sandusky viene ritirata la chiave degli spogliatoi e gli viene proibito di entrare negli spazi dell’università con minorenni.
L’uomo non viene denunciato alla polizia.
Anzi, rimane vicino alla squadra, tanto da farsi vedere regolarmente alle partite di Penn State, salutato con calore da Paterno e dagli altri dirigenti sportivi.


CASO RIAPERTO: ARRESTI E LICENZIAMENTI
Nel 2008, però, l’ufficio del Procuratore dello stato della Pennsylvania comincia a indagare su Sandusky.
Sono almeno 15 le denunce nei suoi confronti, sempre relative ad atti sessuali e violenze con minori.
Nel corso dell’inchiesta, viene fuori anche la vecchia storia dello spogliatoio.
Scoppia lo scandalo, cui i vertici di Penn cercano di rispondere in qualche modo, licenziando dopo settimane di polemiche il presidente dell’università e Paterno: siamo nel 2011.
Per entrambi la colpa è quella di non aver denunciato alla polizia Jerry Sandusky, assistente di Paterno dal 1977 al 1999 e arrestato con l'accusa di aver abusato di almeno 20 bambini tra il 1994 e il 2009.
Secondo il gran giurì, gli assalti ebbero luogo:
1) Nel seminterrato di Sandusky
2) In una delle scuole superiori della vittima
3) Nella macchina di Sandusky
4) Nel Lasch Football University Park
5) Nel Toftrees Golf Resort And Conference Center
6) Negli spogliatoi
7) I una stanza d'albergo in Texas

Per Joe si trattò della fine umiliante di una carriera iniziata più di 60 anni fa.
Paterno, figlio di immigrati italiani, l’uomo che amava porsi come “guida morale” per i suoi ragazzi, diventato uno degli sportivi più ricchi d’America, voleva restare alla guida della squadra sino alla fine della stagione.
Lo scandalo invece risucchiò la sua carriera e, presumibilmente, anche il suo onore.


LE RIVOLTE STUDENTESCHE
Conseguentemente al licenziamento di Graham Spanier (presidenti dell'Università) e di Joe Paterno (allora 84enne) scoppiarono scontri e proteste per le strade di College State, sede dell’università della Pennsylvania.
Gli studenti si ammassarono davanti agli uffici dell’amministrazione, inneggiando a Joe Paterno.
Poi iniziarono a distruggere tutto quello che trovavano a portata di mano: segnaletica stradale, bidoni dell’immondizia, semafori.
Il camioncino di una stazione televisiva venne ribaltato e distrutto.
Molti di loro con il volto coperto con passamontagna.
Questi incidenti di Penn State University vennero etichettati come l’episodio più grave degli ultimi anni per quanto riguarda rivolte studentesche.


LE REAZIONI DI JOE PATERNO
"Non sono più il coach della squadra di football ed è qualcosa a cui devo abituarmi" disse Joe Paterno alle migliaia di studenti radunatesi sotto casa sua.
Perché Paterno sino a poco prima del licenziamento era Penn State come si sarà capito, visti i due nomi indissolubilmente legati fin dal 1950, quando l'allora 23enne arrivò a State College per fare l'assistant coach dopo quattro anni da giocatore alla Brown University.
Paterno nel campus conosce la moglie Susan, con cui ha 5 figli e dona milioni di dollari all'università nel corso degli anni.
Dal 1966 diventa head coach e trasforma un programma senza storia in un'istituzione del Football universitario americano: in 46 stagioni vince 409 partite, più di tutti nell'olimpo del college football, conquista due titoli nazionali (1982 e 1986), 37 apparizioni ai Bowl con 24 vittorie, appena 7 stagioni con un record negativo.
Paterno appena qualche giorno prima aveva annunciato l'intenzione di ritirarsi a fine stagione "perché il mio obiettivo è stato sempre quello di fare gli interessi della mia università. E questa è una tragedia, uno dei più grandi dispiaceri della mia vita. Con il senno di poi, avrei voluto fare di più".
Poi era andato all'allenamento, come sempre, ed era scoppiato in lacrime annunciando la decisione ai suoi giocatori.
Voleva andarsene a modo suo JoePa, portando a termine l'ennesima stagione vincente (Penn State ha vinto 8 gare su 9 quest'anno), magari con l'ennesima vittoria in un Bowl.
Ma il Board Of Trustees non glielo ha permesso e nella partita successa contro Nebraska, per la prima volta dopo 61 anni, Penn State affrontò una partita di football senza Joe Paterno nello staff tecnico.


LE SANZIONI, L'ARRESTO DI SANDUSKY E LA MORTE DI PATERNO
Da lì in poi sarà una rovinosa caduta, per tutti.
Penn State colpita ed affondata da sanzioni economiche e agonistiche inflitte dalla NCAA.
Paterno prima allontanato con la sua statua vicino al Beaver Stadium abbattuta e nascosta in uno scantinato, evidentemente non più orgoglio ma vergogna per la nuova dirigenza del college.
Sandusky condannato a trascorrere il resto della sua vita dietro le sbarre (442 anni di carcere) dove, però, nonostante prove schiaccianti, continuò a negare (definito durante il processo come "predatore sessuale pedofilo").

Massimo Manca (giocatore di Penn State degli anni 80): “Le indagini dicono che JoePa sapeva di Jerry e lo coprì. Ecco, sinceramente, non posso crederci. Ho conosciuto Joe, era un coach e un essere umano fantastico. Io e gli altri che siamo stati suoi allievi lo difendiamo, non possiamo farne a meno. 
Non era il tipo da girarsi dall’altra parte. Io e gli altri ex compagni abbiamo passato notti in bianco a riflettere sulle conclusioni del dossier Freeh. E molti di noi sono arrivati a un punto: forse JoePa non comprese di quale orrore si fosse macchiato Jerry; forse, a livello subconscio, si rifiutò di capire, forse…ma se lo avesse capito, ne sono certo, non avrebbe coperto Jerry”.
Invece Jerry Sandusky era il bravo allenatore dei linebackers, gli volevano tutti bene, era affabile, tecnico, disponibile, molto presente. 
Insomma, insospettabile. Almeno, per quello che ricordo io durante il mio periodo a Penn State. 
Non me lo sarei mai aspettato. 
Ma ho seguito anche in TV le fasi del processo a suo carico: ho visto giovani che allora erano ragazzini piangere mentre ricordavano cosa avevano subito da Jerry. Da brividi. 
Vite segnate, per sempre. Inaccettabile. 
E devo, davanti a tutto questo, dire che non ci sono dubbi: Jerry non era quello che pensavamo noi al tempo, oppure, nella migliore delle ipotesi, è cambiato, terribilmente in peggio negli anni. 
Sì, non ci sono dubbi, Jerry ha compiuto atti orribili e va condannato senza sconti. 
Il processo e il verdetto sono stati limpidi”.

Per Penn State arrivò anche una multa di 60 milioni di dollari, che equivale al fatturato medio annuo lordo del programma di Football.
Questi soldi furono versati in un fondo per i programmi contro gli abusi sessuali sui minori o per assistere le vittime di questi abusi e non possono essere utilizzati per finanziare tali programmi presso l'università.
Le sanzioni per Penn State inclusero anche una squalifica di quattro anni e la revoca di tutti i titoli vinti dal 1998 al 2011 (e quindi 111 partite vinte).
Giocatori Free Agent e liberi di accasarsi altrove.
Joe Paterno invece, morì all'eta' di 85 anni a gennaio 2012, per un tumore.


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domenica 17 aprile 2016

Rick Tocchet e L'Operazione Slapshot: Scandalo Scommesse In NHL (2006)

L'Operazione Slapshot, riguardante presunte combine, giro di denaro "sporco" (riciclaggio) e scommesse clandestine, venne resa pubblica il 6 febbraio 2006.
L'indagine della polizia iniziò nell'ottobre 2005 dopo che le autorità ricevettero una soffiata che riguardava il poliziotto James Harney: stava effettuando scommesse sportive dalla sua casa di Marlton ed inoltre di tanto in tanto riceveva strane telefonate durante il suo lavoro come pattuglia nella stazione di Moorestown.
Poco dopo finirono nel giro illegale anche Rick Tocchet "The Rocket" (ai tempi vice allenatore dei Phoenix Coyotes, squadra di NHL) e Janet Jones (moglie del grande Wayne Gretzky, ai tempi allenatore dei Coyotes).
Tocchet giocò 1.144 partite di regular season per Philadelphia, Pittsburgh, Los Angeles, Boston, Washington e Phoenix, segnando 952 punti.
Giocò anche 145 partite di playoff, con 112 punti realizzati.
L'inchiesta coinvolse inoltre un proprietario di una squadra di NHL, una mezza dozzina di giocatori attivi NHL ed altri allenatori sempre NHL.
Vennero fatti altri due nomi certi: il centro Jeremy Roenick dei San Jose Sharks e Travis Green dei Toronto Maple Leafs.
Pare che ci fossero contatti con la famiglia criminale Bruno-Scarfo affiliata a Cosa Nostra (attiva a Filadelfia, Pennsylvania, Baltimora, Florida meridionale e nel sud del New Jersey).
Per ironia della sorte il film preferito di Tocchet è i"Il Padrino".


GAMBLING E GIOCO D'AZZARDO
L’Operazione Slapshot smascherò puntate effettuate tra fine dicembre 2005 e febbraio 2006 per una cifra non inferiore a 1.7 milioni di dollari (1000 scommesse in poco più di un mese), con Super Bowl in testa (ma anche scommesse inerenti Baseball, Calcio ed altri sport).
Gretzky come detto non fu imputato, ma ebbe un ruolo importante nella vicenda la moglie Janet Jones, appariscente attrice.
Lo scandalo nel New Jersey scoppiò appena prima delle Olimpiadi 2006 (Gretzky era direttore esecutivo della nazionale canadese).

Gretzky disse "Per la mia famiglia è stata una settimana difficile: non sono coinvolto in alcun giro losco. Lo ribadirò fino alla nausea. Concentriamoci sulla squadra e l’Olimpiade: l’attenzione, adesso, deve essere rivolta solo ai giocatori. Stop alle distrazioni".
"Sono qui per offrire un supporto emotivo e per mettere a disposizione la mia esperienza. Non sarò io a segnare gol e a distribuire assist".


LE CONFESSIONI, I BENI SEQUESTRATI E LE CONDANNE
Il 3 agosto 2006, l'ormai ex soldato James Harney venne dichiarato colpevole di cospirazione, promozione di gioco d'azzardo e di cattiva condotta.
Promise comunque di aiutare le autorità per risolvere il caso.
In particolare Harney disse che lui e Tocchet erano 50-50 partner.
Malgrado la collaborazione con le forze dell'ordine, il 3 agosto 2007 Harney venne condannato a 6 anni di carcere.
L'1 dicembre 2006 James Ulmer, di Swedesboro, New Jersey, venne anche lui dichiarato colpevole di cospirazione e gioco d'azzardo.
Le autorità sequestrarono nelle loro case: 27.000 dollari,  informazioni sul Betting e conti bancari del valore di centinaia di migliaia di dollari.
Nella casa di Harney furono ritrovati tanti orologi Rolex e 9 TV al plasma, il tutto dal valore di 250.000 dollari.
Stessa sorte toccherà il 25 maggio 2007 a Tocchet, posto in libertà vigilata per due anni (rischiò 10 anni di carcere ma lo evitò collaborando pienamente con le autorità).
Le accuse più gravi però (fixing e scommesse sulla NHL stessa) non furono mai provate.


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mercoledì 13 aprile 2016

Lo Scandalo Scommesse Di Boston College (NCAA 1978)

Il 1978-1979 passò alla storia come uno dei punti più bassi del basket NCAA.
Boston College fu coinvolto in uno clamoroso scandalo scommesse.
Infatti figure della malavita organizzata reclutarono alcuni giocatori del Boston College Eagles affinchè non vincessero con un dato margine (Point Spread) o perdessero con un Handicap maggiore di quello proposto, permettendo quindi anche ai giocatori di piazzare scommesse sulla propria squadra e vincere.
Fu forse il più grande scandalo a livello di Basket americano, uno più o meno simile vedrà coinvolto in NBA, nei primi anni del 2000, l'arbitro Tim Donaghy.


IL PIANO E I CONTATTI CON CRIMINALI E CLAN MAFIOSI
Lo schema fu messo a punto, a Pittsburgh, da Rocco Perla e suo fratello Tony durante l'estate del 1978.
I fratelli Perla intravidero un grossa opportunità per guadagnare un sacco di soldi.
In seguito reclutarono anche Rick Kuhn.
Kuhn, un amico di scuola superiore di Rocco Perla, stava frequentando il suo ultimo anno al Boston College e si aspettava di diventare un giocatore chiave della squadra di Basket 1978-79 degli Eagles.
Loro due, insieme con Kuhn, avrebbero selezionato alcune partite di Boston College dove l'handicap proposto dai bookmakers era abbastanza elevato.
Il giocatore Kuhn invece avrebbe avuto il compito di garantire che Boston College non superasse l'handicap proposto.
Ad esempio se i bookmakers davano favorito Boston College di 7 punti in una data partita, Kuhn sarebbe stato pagato un bonus (di solito $ 2.500), se Boston College avesse vinto per meno di 7 punti. Inoltre lui scommise anche sulla sua squadra per raddoppiare i guadagni.
Portò nel giro anche il suo compagno di squadra Jim Sweeney.
Rocco e Tony Perla contattarono Paul Mazzei, che era noto per avere influenza all'interno d'importanti circoli di gioco d'azzardo di New York.
Mazzei a sua volta contattò Henry Hill, un noto criminale di New York.
Hill avrebbe ottenuto il sostegno del suo socio, James Burke ( "Jimmy The Gent"), per finanziare i pagamenti ai giocatori.
Hill e Burke entrarono nel giro dopo l'approvazione del clan criminale Lucchese con a capo Paul Vario.
Questa combriccola avrebbe anche garantito una sorte di protezione nel caso in cui i bookmakers ignari delle varie combine, assoldassero teppisti ed altra gente poco raccomandabile, una volta scoperto di essere stati truffati.
Burke, attraverso Hill, avrebbe fornito i soldi per pagare i giocatori, inoltrando poi il denaro a Pittsburgh a Paul Mazzei che, a sua volta, l'avrebbe inviato ai fratelli Perla (che pagavano i giocatori).
Burke propose ad Hill di volare a Boston il 16 novembre 1978 per incontrare Mazzei, Tony Perla, Kuhn e qualsiasi membro di Boston College interessato alla combine.
La gang con i due giocatori Kuhn e Sweeney trovò l'accordo, ora rimaneva da decidere solo quali partite truccare.


LA PRIMA FIXED SALTA
La prima partita scelta fu quella contro Providence che andò in scena il 6 dicembre 1978 e Boston College era favorito di 6 punti.
Kuhn e soci si auspicavano che il punteggio finale vedesse vincente Boston con un'handicap minore di 6 punti.
La prima combine saltò perchè Boston vinse di 19 punti.
Infuriati per la perdita della giocata (e quindi dei soldi), la cospirazione dei fratelli Perla, Mazzei, Burke ed Hill decisero di reclutare altri giocatori di Boston College per migliorare il controllo sul risultato.
Ci furono contatti con Ernie Cobb, il miglior realizzatore della squadra, ma non è mai stato dimostrato se Cobb accettò di collaborare o meno.
Burke incaricò Hill di avvertire i giocatori di stare un po' più attenti e di mantenere le promesse fatte perché "non si può giocare a Basket con le braccia spezzate".


SECONDO MATCH CONTRO HARVARD
Il 16 dicembre la gang scelse come seconda partita quella che vedeva contrapposto Boston con Harvard.
Boston College era favorito di 12/13 punti, ma vinse con un margine di soli 3 punti, 86-83.
I truffatori furono molto contenti di questo risultato e a Kuhn venne dato il denaro da distribuire ai giocatori coinvolti.


SFAVORITI CONTRO UCLA E RHODE ISLAND
La terza partita scelta fu contro UCLA, dove i Bruins, erano dati favoriti tra 15 e 18 punti.
Boston perse di 22 punti, 103-81.
Quindi anche questa combine andò a segnò.
Andò invece male il match contro Rhode Island: Boston era sfavorito di 15.
Avrebbero dovuto perdere con uno scarto maggiore ma persero solo di 13.


CAMBIO DI STRATEGIA CONTRO UCONN
Sospettando che alcuni bookmaker iniziassero a sospettare qualcosa per le grosse puntate registrate, i cospiratori temporaneamente cambiarono la loro strategia dopo la partita contro UCLA,
Per fugare ogni sospetto decisero di scommettere su Boston College vincente con un'handicap maggiore di quello proposto dai bookmakers.
Ovviamente scelsero una partita in cui erano abbastanza sicuri che Boston College avesse vinto facilmente.
I cospiratori scelsero il match del 17 gennaio contro Connecticut.
La loro strategia fu efficace: Boston, era dato vincente di 5, vinsero di 10 punti: 90-80.
Ovviamente non si trattava di un match fixed (gli avversari non sapevano niente ed ovviamente Boston diede il massimo, giocando al suo meglio, per coprire appunto l'handicap) ma semplicemente di un modo per evitare che gli scarti fossero sempre minori rispetto a quanto stabilito dai bookmakers.
Finì con un nulla di fatto il match del 20 febbraio contro Holy Cross: dati favoriti di 2, l'handicap finale fu proprio una vittoria di 2 punti.


I DUE MATCH A NEW YORK
Ai primi di febbraio, Boston College doveva giocare contro due squadre di New York, Fordham e St. John's.
I cospiratori reintrodussero la strategia originale e si rivelò vincente contro Fordham sfavoriti di 10, persero di 7 punti, 71-64.
Contro St.John's anche qui nulla di fatto: squadra di NY favorita di 9, vinse giusto di 9 contro Boston.
Scommesse a rimborso.


L'ULTIMA COMBINE SALTATA
I truffatori intravidero buone opportunità di guadagno nel rematch contro Holy Cross.
Holy Cross era dato favorito di 7 e, in linea con lo schema, i cospiratori scommisero su Holy Cross vincenti di oltre 7 punti.
Holy Cross vinse solo di 2 punti: 98-96 (Ernie Cobb segnò 8 punti nell'ultimo minuto portando le due squadre vicino nel punteggio e facendo perdere una notevole quantità di denaro ai truffatori).
Burke, perse 50.000 dollari sulla partita e disse che per lui la storia finiva qui.
Boston College chiuse la sua stagione 1978-1979 con un record di 22-9.
Non è chiaro quanti soldi sono stati pagati ai giocatori coinvolti nello scandalo.
Secondo voci oltre 250.000 dollari.


L'ARRESTO DI HILL PER SPACCIO DI DROGA E RAPINA
Lo scandalo fu scoperto comunque di lì a poco: precisamente nel 1980, quando Hill venne arrestato e incriminato dalle autorità di New York con l'accusa di traffico di droga e, successivamente, implicato nella rapina Lufthansa.
Hill collaborò con le forze dell'ordine affinchè gli riducessero la pena, cercando però di fuggire il più lontano possibile dalla famiglia Lucchese.
Interrogato su questi crimini, Hill inavvertitamente rivelò che aveva recentemente partecipato a varie combine che avevano coinvolto la squadra di basket del Boston College e varie figure della malavita. Hill promise di confessare tutto, se i funzionari federali gli avessero garantire la piena immunità e lo scagionamento da ogni accusa (comprese quelle inerenti i traffici di droga).


I PROCESSI
Il gran giurì incriminò Burke, Mazzei, Kuhn, Rocco Perla e Tony Perla sulla base della testimonianza resa da Hill.
Hill venne incriminato come co-cospiratore ma non venne chiamato in causa
Al processo, nel 1981, oltre alla testimonianza di Hill, c'era anche quella di altri tre testimoni: James Sweeney e Joseph Beaulieu (entrambi i giocatori Boston College) e Barbara Reed (un'infermiere di 23 anni che ai tempi viveva con Kuhn).
Infine, il governo presentò come prove delle registrazioni telefoniche che mostrarono i vari accordi tra i cospiratori durante la stagione 1978-1979 ed altre prove fornite da Western Union e da vari alberghi in cui la gang alloggiava.
Dopo un processo di quattro settimane, ogni cospiratore venne condannato con l'accusa di estorsione e cospirazione.
Burke venne condannato a 20 anni di reclusione.
Kuhn a 10 anni di carcere, poi ridotti a 28 mesi.
Mazzei e Tony Perla condannati a 10 anni di reclusione, Rocco Perla a 4 anni.
Sweeney fu scagionato.
Riguardo Ernie Cobb,lL'FBI non aveva abbastanza prove per sostenere accuse contro di lui, nonostante la ricezione di 1.000 dollari in una busta (inviati da Kuhn).


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martedì 12 aprile 2016

Tim Donaghy e Lo Scandalo Scommesse: NBA Playoff 2002, 2006, 2014

Siamo nel 2007 e la notizia che trapelava dal New York Post, grazie anche ad un'inchiesta della FBI, aveva del clamoroso.
Un arbitro dell'NBA avrebbe scommesso su alcune partite, da lui stesso arbitrate tra il 2005 e il 2007, in qualità di membro di una organizzazione mafiosa operante a New York.
Secondo il Post Tim Donaghy, un arbitro molto noto nel circuito, era prossimo a finire in manette insieme ad un gruppo di gangster di New York, a quanto pare responsabili di un' associazione per delinquere che aveva come obiettivo quello di condizionare il risultato delle gare.
Donaghy avrebbe pilotato alcuni incontri del 2007 e alcuni di quella precedente con l'obiettivo di incassare grosse vincite su giocate relative allo scarto dei punti tra le squadre in campo.
Secondo il Post, il direttore di gara sarebbe finito nel presunto giro malavitoso a causa dei debiti accumulati con altre scommesse, e le partite condizionate dal suo arbitraggio sarebbero «più di dieci», secondo quanto fatto intendere da una fonte della stessa FBI.
Infatti ben informati dissero che l’arbitro avesse da diversi anni il vizio del gioco.
Entrato in contatto con persone davvero poco raccomandabili, Donaghy avrebbe perso somme elevatissime, finendo così in un giro terribile.
La mafia, a fronte dei suoi debiti, lo avrebbe quindi costretto a “guidare” le partite in modo da poter scommettere con una certa sicurezza.
L’idea non sarebbe stata tanto quella di far vincere o perdere una squadra, ma di giocare sui punti di scarto e i punteggi totali, in modo anche da non rendere troppo visibile la conduzione fraudolenta di Donaghy.
Per la NBA era il primo scandalo scommesse, mentre negli anni 80 nell'NCAA, il campionato universitario, una vicenda legata a scommesse illegali aveva coinvolto il Boston College (Scandalo Scommesse).
Nello sport americano lo scandalo più noto, restava quello che aveva coinvolto i Chicago White Sox nel 1919 (Lo Scandalo Delle Partite Vendute Dei Black Box ) e i Cincinnati Reds e il manager della squadra Pete Rose (che negli anni '70 da giocatore fece grande Cincinnati ma fin' nell'occhio del ciclone per un articolo pubblicato nel maggio del 1989 da Sports Illustrated, secondo il quale il manager avrebbe scommesso sui risultati della sua squadra tra il 1985 ed il 1987, incassando migliaia di dollari al giorno).


LE INDAGINI E LE ACCUSE
Tutto nacque da un’inchiesta dell’FBI su un traffico di denaro riciclato.
Seguendo questi movimenti venne alla luce una serie di scommesse di migliaia di dollari concentrate su alcuni incontri tra il 2002 e il 2006.
Quando venne fuori il nome dell’arbitro questi accettò di collaborare confessando di aver personalmente diretto incontri aggiustati nel 2005 e nel 2006, condizionando il risultato in modo da determinare la differenza di punti finale in base alle scommesse effettuate.


PLAYOFF NBA 2002
Probabilmente per dimostrare un reale pentimento, l’arbitro parlò anche del fatto che la stessa NBA nei playoff 2002 avesse utilizzato arbitri accomodanti per favorire i Los Angeles Lakers nella serie con i Sacramento Kings, serie poi effettivamente vinta all’ultima gara per 106 a 102 anche con lunghe polemiche proprio sull’arbitraggio che nell’ultimo periodo concesse ben 27 tiri liberi ai Lakers contro i 9 di Sacramento (con Bryant non punito dopo una gomitata in faccia rifilata a Bibby dei Kings).


PLAYOFF NBA 2005
Altra serie “taroccata”, secondo Donaghy fu quella dei playoff 2005 tra Houston e Dallas, quando Houston passò due volte a Dallas portandosi sul 2 a 0 ma venne poi tartassata dagli arbitri (con diversi falli antisportivi a carico di Yao Ming) per permettere la rimonta Dallas, squadra molto più “vendibile” televisivamente.
Finirà 4-3 per i Mavs.

"La NBA è un enorme bluff, in cui i dirigenti usano gli arbitri per manipolare le partite in modo da massimizzare i proventi da botteghini e televisioni"

Inoltre secondo Donaghy la lega "invitava gli arbitri a non fischiare falli tecnici contro i giocatori più rappresentativi, perché così facendo ne avrebbero risentito le vendite dei biglietti e gli ascolti televisivi".
La risposta della Lega arrivò in un comunicato: "Tutte queste accuse, secondo il signor Donaghy, erano già note all'FBI e vengono rese note solo ora nel tentativo di alleggerire la sentenza che lo aspetta per la sua condotta criminale.
L'NBA rimane vigile per proteggere l'integrità del nostro gioco e ha sempre collaborato con il governo in ogni passo di questa inchiesta".


CONDANNE
Il giudice premiò comunque questa posizione collaborativa, condannò Donaghy per frode e gioco d'azzardo ma inflisse all’arbitro una pena solo di 15 mesi (anziché dei 33 previsti) più tre anni di libertà vigilata e l’obbligo della partecipazione a una terapia per superare la dipendenza dal gioco d’azzardo.
Precedentemente, nell’ambito della stessa vicenda, erano stati già condannati due compagni di college di Donaghy.
15 mesi di carcere per James Battista (giocatore d'azzardo professionista) per aver effettuato scommesse grazie alle soffiate dell’arbitro, mentre Thomas Martino ricevette una condanna di 12 mesi per aver “comprato” con migliaia di dollari informazioni sulle squadre e sulle partite dallo stesso Donaghy.


PLAYOFF NBA 2014
Il 22 aprile 2014, Donaghy affermò che secondo alcune sue fonti anche la serie playoff tra Brooklyn Nets e Toronto Raptors nel 2014 era stata "accomodata" perchè l'avanzata di Brooklyn sarebbe stata un bene maggiore, a livello pubblicitario, per la Lega.
Infatti il 4 maggio 2014, i Nets eliminarono i Raptors 4-3 ed affrontarono nel turno successivo i Miami Heat (che li sconfissero per 4-1).


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domenica 10 aprile 2016

Il Caso O.J. Simpson: L'Omicidio, Il Processo Del Secolo e La Condanna Di 33 Anni

O.J. Simpson, classe 1947, nato a San Francisco, è stato uno dei giocatori più forti della storia della NFL.
Sicuramente non una carriera continua ma gli anni di massimo splendore (1972 e 1973 addirittura MVP) lo fecero balzare agli onore delle cronache.
Giocava Running Back per i Buffalo Bills, poi, a carriera quasi finita corona il suo sogno: quello di giocare per i San Francisco 49ers.
Ma ormai la sua carriera sportiva era gli sgoccioli.
Alternava comunque il Football Americano con il cinema, dopo la sua carriera NFL lo ricordiamo in tanti film di successo (ad esempio "La Pallottola Spuntata").
Una volta attore trattasi di uno degli afroamericani più popolari degli anni 70 e 80, anche se tendenzialmente un comprimario, più che un protagonista.
Lo si vede anche in “Radici”, “Capricorn One”, “Inferno di Cristallo”, “Cassandra Crossing”, etc


IL MATRIMONIO, LE VIOLENZE DOMESTICHE E IL DIVORZIO
In seconde nozze sposa una ragazza californiana nel 1985, la poco più che adolescente Nicole Brown.
Nascono due bambini, il quadretto è idilliaco.
Almeno così pare.
Nicole inizia a lamentare violenze domestiche (ci sono anche registrazioni), partono denunce ed esistono anche fotografie del suo viso tumefatto.
OJ è sotto accusa.
Lei chiede e ottiene la separazione (1992) e si concede brillanti serate californiane, in giro per feste e locali.


IL PRESUNTO OMICIDIO DELLA MOGLIE E DI RONALD GOLDMAN (12 GIUGNO 1994)
Un giorno l'ex moglie Nicole va al ristorante con il suo parrucchiere/amico Ronald Goldman.
Secondo altri invece, lui è un cameriere e la raggiunge a casa in un secondo tempo, per restituirle gli occhiali dimenticati al tavolo; comunque egli viene indicato come amante, quando, più probabilmente, era un amico.
I due spariscono nella notte e vengono ritrovati davanti a casa di lei (a Brentwood), nel vialetto, accoltellati a morte (lei colpita alla gola, lui colpito con 17 pugnalate).
I figli di Nicole dormono in casa, nessun testimone assistette all'omicidio.

“Ricordo di aver pensato subito: mio Dio, devo stare attento a non finire in questo lago di vernice rossa. Poi capii che era invece sangue umano. C’erano 2 cadaveri, una donna e un uomo. La donna aveva la testa quasi recisa dal collo. L’uomo era pieno di ferite di coltello. 
Ne contai almeno 10, ma poi scoprimmo che erano 17. Non avevo mai visto un massacro simile”

Così il detective della polizia di Los Angeles, Fuhrman, descrisse la scena del crimine come gli si presentò la notte del 12 giugno 1994, quando le autorità accorsero alla telefonata allarmata di un residente della zona che aveva notato una sagoma stesa a terra sul viale d’ingresso di una delle abitazioni vicine.
Scoperti i due corpi, la polizia di Los Angeles è comunque prudente quando i sospetti assassini sono celebrità, ma deve pur sempre interrogare l’ex marito: si era tra la notte del 12 giugno e il 13.
L'arma del delitto era scomparsa ma venne ritrovato un guanto con tracce di sangue (probabilmente l'assassino si era ferito quindi le tracce di sangue avrebbero potuto permettere l'individuazione del killer tramite DNA).
Il Dipartimento di polizia di Los Angeles cercò di contattare Simpson: venne a sapere che aveva preso un aereo diretto da Los Angeles a Chicago alle 23:45.
Dopo essere stato informato della morte della ex moglie, Simpson tornò a Los Angeles nel primo pomeriggio del 13 giugno, fu subito ammanettato dalla polizia e portato in questura per essere interrogato: lo rilasciarono poche ore dopo, e lui, il giorno dopo, assunse un avvocato, Robert Shapiro.
Col passare delle ore, in seguito al ritrovamento in giardino di alcune macchie di sangue compatibili con quello di Simpson, i sospetti continuarono ad aumentare e l’attenzione della polizia di Los Angeles si concentrò su di lui, che intanto aveva anche preso parte ai funerali della ex moglie.


LA FUGA E L'INSEGUIMENTO DELLA POLIZIA
Nella notte tra il 16 e il 17 giugno, quando cioè le indagini portarono alla formulazione dell’accusa per duplice omicidio di primo grado (reato per cui avrebbe anche potuto essere condannato a morte), Simpson si trovava a casa di Robert Kardashian, che abitava nella San Fernando Valley, sud della California.
La polizia telefonò all’avvocato Shapiro intorno alle 8 e 30 del mattino, e gli disse che Simpson era accusato dell’omicidio e che avrebbe dovuto consegnarsi spontaneamente alla polizia di Los Angeles entro le 11, dopodiché se non lo avesse fatto sarebbe stato considerato un latitante.
Alle 10:45 Shapiro che intanto era corso a casa di Kardashian, dove Simpson aveva passato la notte ricevette dalla polizia un’altra telefonata in cui gli veniva esplicitamente richiesto di riferirgli il posto in cui si trovava il suo assistito.
Shapiro comunicò il luogo alla polizia e disse che il ritardo era dovuto ad alcune visite mediche a cui Simpson si stava sottoponendo (nei giorni precedenti, a Simpson era stata diagnosticata una forte depressione, come più volte sostenuto dal suo avvocato).
Una macchina della polizia arrivò a casa di Kardashian alle 11, gli agenti entrarono e trovarono Shapiro, Kardashian e diversi medici, ma non Simpson e Cowlings, che intanto erano scappati da una porta sul retro con una Ford Bronco bianca.
A quel punto l’avvocato Shapiro tenne una conferenza stampa in cui annunciò che Simpson era in fuga ed era molto turbato, al punto di poter commettere un suicidio; parlò anche Kardashian, che lesse una lettera scritta da Simpson in cui si dichiarava innocente, e che somigliava alla lettera di un suicida.
Intorno alle 2 del pomeriggio il comandante David Gascon della polizia di Los Angeles annunciò ai media, piuttosto alterato, che Simpson era ricercato per duplice omicidio.
In quei giorni la polizia era già stata criticata da una parte dell’opinione pubblica per aver temporeggiato troppo tempo prima di procedere all’accusa e all’arresto di Simpson.
Martedì 17 giugno 1994, l’emittente televisiva statunitense NBC interruppe la partita dei playoff di basket NBA tra New York Knicks e Houston Rockets per trasmettere in diretta come già stavano facendo CBS, ABC e CNN, e tutti i principali canali televisivi americani...l’inseguimento del popolare ex giocatore di football e attore statunitense O.J. Simpson da parte delle macchine della polizia lungo l’autostrada Interstate 405 di Los Angeles.
Una ventina di elicotteri riprese tutto l’inseguimento.
Su NBC la trasmissione della partita delle finali NBA che negli Stati Uniti è uno degli eventi sportivi più seguiti dell’anno fu mantenuta in un piccolo riquadro in basso a destra.
A bordo della Ford  bianca inseguita dalla polizia c’erano come detto O.J. Simpson sul sedile posteriore (armato di una pistola) e Al Cowlings, suo ex compagno di squadra nei Buffalo Bills, che guidava la macchina.
Il detective Fred Lange, che stava seguendo il caso, telefonò a Cowlings sul cellulare, e lui rispose dicendo che Simpson si trovava sul sedile posteriore e che gli stava tenendo un pistola puntato alla testa.
La polizia continuò a inseguire la Bronco fino a casa di Simpson a Brentwood, dove arrivarono intorno alle 19:45.
Cowlings parcheggiò la Bronco nel vialetto, gli agenti di polizia circondarono la casa, e Cowlings scese dalla macchina gridando il suo nome con le mani in alto, ed entrò in casa.
Simpson rimase nella macchina per circa un’ora, minacciando di uccidersi: alla fine, dopo circa un’ora, scese dalla macchina e si arrese.
La polizia gli confiscò la pistola (una 357 Magnum), dei baffi e un pizzetto falsi e una foto di famiglia che aveva tenuto con sé durante l’inseguimento.
Gli permisero comunque di entrare in casa, usare il bagno e telefonare alla madre, dopodiché fu trasportato al dipartimento di polizia.
Le accuse furono: omicidio, sequestro di persona, tentata fuga e resistenza a pubblico ufficiale.
Ricapitolando c’è una fuga, un guanto sporco di sangue sul luogo del delitto, ci sono impronte sul viale, sembra tutto chiaro.


IL PROCESSO DEL SECOLO (24 GENNAIO 1995)
Nessuno dubbio che sarebbe stato dichiarato colpevole, in quello che verrà definito "il processo del secolo".
Senza nascondere il timore di non essere creduto, O.J. va al processo con un pool di avvocati chiamato “dream team”.
Una volta consegnatosi, furono trovate: tracce del sangue della vittima all'interno della sua macchina, impronte delle sue particolarissime scarpe sul luogo del delitto, e, sempre nelle vicinanze del cadavere, un guanto di pelle il cui paio giaceva solitario in fondo a un cassetto di casa sua.
Ce n'era abbastanza per mandarlo direttamente all'ergastolo.
Il "dreamteam" di avvocati difensori, guidati da Bob Shapiro e Johnny Cochran, iniziò così un sistematico gioco al massacro contro ogni singola prova presentata dal pubblico ministero: O.J. era scappato? Si perchè sapeva che la polizia di Los Angeles, notoriamente razzista, cercava di incastrarlo.
Le impronte delle scarpe? Per quanto particolarissime, potevano essere appartenute anche ad altri.
Il test del DNA? Il sangue trovato nella macchina di Simpson non aveva seguito l'iter raccomandato dai manuali, e quindi c'era la remota possibilità che il test fosse stato manipolato.
Il guanto ritrovato sul luogo del delitto? Con una mossa a sorpresa, il guanto fu fatto provare a Simpson in aula, in diretta TV, e risultò troppo stretto per lui da calzare.
Nessuno fece troppo caso al fatto che Simpson indossasse già un sottile guanto di gomma (teoricamente "per non inquinare" la prova), che evidentemente non facilitava l'operazione, nè venne in mente ad alcuno di domandarsi, a quel punto, che cosa ci facesse Simpson con l'altro guanto, identico a quello, visto che gli stavano piccoli.
In particolare la prova del DNA, scalda il cuore degli americani afro, sostenitori  a spada tratta dell’innocenza dell'uomo.
Qualcuno gli diede un farmaco per ritenere i liquidi, un altro per gonfiarlo, gli ordinò di non urinare, così la sua mano ingigantita non sarebbe entrata nel guanto ormai secco e rimpicciolito, che la difesa si era dimenticata per mesi al caldo.
Ma forse non serviva, perchè la giuria (8 donne nere su 12) dopo nove mesi ci mise appena tre ore a dire: not guilty.
Infatti dopo 253 giorni di udienze, 126 testimoni...il giudice, Lance Hito, incredibilmente lo assolve: l'assassino più innocente del mondo?
L'agente Fuhrman viene inoltre accusato di aver inquinato le prove: secondo la difesa lui odiava i bianchi.
O.J. tira un sospiro di sollievo.
I ghetti festeggiano, la famiglia di Ron si dispera, la sorella di Nicole promette di non dimenticare e fa causa.


MA FU VERAMENTE INNOCENTE?
«Abbiamo fatto la cosa giusta» disse la giurata di 24 anni che non riusciva a trovare lavoro, mentre quella di 37 anni al quale la polizia aveva arrestato ingiustamente un figlio solo perché aveva la stessa data di nascita e nome di un sospetto, annuiva.
Nonostante la bravura del team difensivo, ovviamente, ben pochi si convinsero dell'innocenza di Simpson, ma il "trucco" stava proprio qui: attaccando ogni singolo indizio separatamente, la difesa aveva offerto alla giuria la possibilità "tecnica" di dichiarare che non esistessero elementi per condannare Simpson "oltre ogni ragionevole dubbio".
Tanto bastò per farlo assolvere, senza nemmeno la possibilità che finisse nuovamente sotto processo (in base  al principio costituzionale detto "double jeopardy").
Talmente sorpreso fu lo stesso Simpson alla lettura del verdetto, che si dimenticò completamente di esultare con il classico "giustizia è fatta" (che ci si aspetta di solito da un vero innocente), e rivolse invece un silenzioso "thank you" con le labbra alla giuria che lo guardava compiaciuta.
Naturalmente Simpson, una volta libero, si dimenticò anche di dare la caccia al vero assassino della madre dei suoi figli.


IL PROCESSO CIVILE (1997)
In modo strabiliante però, nel processo civile che seguirà (1997), i giudici stabiliranno che O.J. deve un sacco di soldi ai parenti delle vittime: perché mai, se è innocente?
E’ la legge americana, anzi californiana, che introduce cavilli un po’ astrusi per distinguere i livelli di responsabilità, e forse vuol favorire i risarcimenti e sgombrare le aule da processi lunghi e imbarazzanti.
Simpson come detto perse poi la causa civile, perse i soldi, perse tutto.
Il risarcimento lo dissanguò: 8,5 milioni di dollari.
Il Dream Team, lo staff dei suoi legali, gli succhiò il resto.


INTERCETTAZIONI E DICHIARAZIONI
«Se non avesse aperto la porta con quel coltello in mano, forse ora sarebbe ancora viva».
Con queste parole O.J.Simpson avrebbe confessato a un amico, o presunto tale, l’omicidio dell’ex moglie.
La verità nascosta su una delle vicende processuali più controverse della storia americana è contenuta in un libro dal titolo «Come ho aiutato O.J. a evitare la condanna per omicidio».
L’autore è Mike Gilbert, un commerciante di articoli sportivi che sostiene di avere ascoltato la confessione dallo stesso ex campione di Football Americano, pochi mesi dopo la sua assoluzione.
Un momento di debolezza in cui Simpson, sotto l’effetto di marijuana, sedativi e alcol, rivelò cosa accadde veramente la notte del 12 giugno 1994.
Si era recato a casa della moglie senza portare con sé alcun coltello o altre armi da taglio.
Fu invece la moglie, Nicole Brown Simpson, che si presentò alla porta con una lama lunga diversi centimetri.
«Se non l’avesse impugnata probabilmente sarebbe ancora viva», avrebbe confidato l’ex campione di football a Gilbert.
«Non c’è nulla da aggiungere O.J. ha confessato, non ci sono dubbi al riguardo».
Nicole e il suo presunto amante, Ronald Goldman, furono uccisi con diverse fendenti, ma l’arma del delitto non fu mai ritrovata.
Sembra inoltre che sia stato proprio Gilbert a suggerire all’amico come farsi venire un gonfiore alle mani assumendo alcuni medicinali per dimostrare che i famosi guanti sporchi di sangue indossati dall’omicida non erano i suoi.
Per Yale Galanter, il legale dell’ex giocatore, sono accuse prive di fondamento: «Farneticazioni di una persona che ha problemi di tossicodipendenza, ha bisogno disperato di denaro e ha conti in sospeso con il fisco».
Gilbert, che ammette di aver avuto problemi con il fisco americano ma respinge le accuse di tossicodipendenza: «Sono pronto a sottopormi agli esami clinici, non so se Simpson sarebbe disposto a farlo».
Inoltre nel 2005 uno dei legali del campione, Lee Bailey, dichiarò pubblicamente che Simpson, al tempo del processo, aveva fallito il test della macchina della verità e che i risultati erano stati nascosti per non aggravare la sua posizione.
Simpson non si scompose: "Io sono sereno in ogni caso. Se anche i cadaveri uscissero dalle tombe e mi accusassero di essere l’assassino, non si può essere processati 2 volte per lo stesso crimine. Sono stato assolto. Questa è la verità e l’America e il mondo devono accettarla".


ANNI RECENTI: LA CONDANNA A 33 ANNI PER FURTO E SEQUESTRO DI PERSONA
Per la cronaca O.J. cederà di nuovo nel vizietto di alzare le mani con un’altra sua compagna.
L'8 marzo 2004 il canale televisivo via cavo DirecTV accusò Simpson davanti ad una Corte Federale di Miami di uso illegale di apparecchiature elettroniche per captare abusivamente il segnale televisivo.
Simpson venne condannato al risarcimento di 25.000$ alla compagnia, oltre a pagare 33.678$ per spese processuali e parcelle agli avvocati.
A settembre 2007 fu arrestato per furto con scasso, accusato, insieme a quattro amici, di aver rubato da una stanza d'albergo a Las Vegas dei cimeli che, a suo dire, gli erano stati a sua volta sottratti tempo prima.
Simpson sostenne di non essere entrato con un'arma da fuoco nella stanza d'albergo, pur ammettendo di aver portato via diversi oggetti che, a suo avviso, gli appartenevano di diritto.
Nel 2008 verranno formalizzate le accuse: rapina a mano armata e sequestro di persona.
Giudicato colpevole di tutti e 12 i capi di imputazione, verrà condannato dal Tribunale di Las Vegas a scontare 33 anni di carcere.
Ci fu poi una registrazione dell'incontro nella quale si sente la voce di Simpson che, all'inizio, dice: «nessuno si muova o si farà male» e alla fine, andandosene, chiede ad uno dei suoi complici: «non l'avrai mica tirata fuori?»
Nonostante il verdetto, Simpson si è sempre difeso sostenendo di non sapere che i suoi complici erano armati.


LA PRESUNTA CONFESSIONE DI UN SERIAL KILLER
Nel 2012 il serial killer Glen Edward Rogers, detenuto nel braccio della morte, avrebbe confessato al fratello Clay e a un criminologo di essere il vero autore del duplice omicidio, affermando quindi l'innocenza di O.J. Simpson, come stabilito all'epoca dal processo.
La rivelazione fa parte di un documentario su Rogers, "My Brother The Serial Killer", in cui l'uomo confessa molti altri delitti, oltre a quelli per cui è stato condannato.
Rogers però ha detto di aver agito per rubare dei gioielli su incarico di Simpson stesso, che gli diede l'incarico da portare a termine ad ogni costo, senza però ordinare esplicitamente l'omicidio.


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lunedì 4 aprile 2016

Quando La Coppa Rimet Venne Rubata (Inghilterra 1966)

Nel 1966 i Mondiali si tengono per la prima volta nella patria del calcio: in Inghilterra.
Come era di consuetudine ai tempi ed anche oggi, i campioni uscenti, rimettono in gioco la Coppa nell'edizione successiva (per la verità oggi le varie Coppe sono delle copie).
Il Brasile aveva vinto i mondiali del 1962, la Coppa arriva in Inghilterra appunto perchè come detto era stata scelta questa come sede organizzativa.
Al Westminster Hall di Londra viene organizzata una mostra celebrativa di francobolli sportivi il cui valore supera i 6 miliardi dell'epoca.
Oltre ai francobolli si decide di esporre anche la Coppa Rimet (cioè la Coppa del Mondo) che di lì a poco, come detto, sarebbe stata messa in palio (per i futuri mondiali).
Tuttavia esattamente il 20 marzo 1966 il trofeo viene rubato.
Vengono strette d'assedio le metropolitane (in particolare Charing Cross e Birmimgham), i treni, perquisite le persone ma niente.
Perché hanno rubato la Coppa?
Del resto, i francobolli esposti con la Coppa valevano molto di più.
Forse perchè la Coppa Rimet, con i suoi quasi due chili d'oro puro, poteva essere fusa.
Il terrore si dipinge sul volto della Regina e non solo.
L'Inghilterra tutta vive giorni di panico e, forse, pure i mondiali sono a rischio (si sarebbero disputati l'11 luglio).


CHI HA RUBATO LA COPPA?
Nel frattempo che proseguono le indagini, la Football Association inglese prepara una copia della Coppa nell'eventualità che la stessa non venisse ritrovato.
Intanto vengono arrestati un paio di sospetti.
Tra questi, un tale di nome Edward Betchley, 47 anni, portuale disoccupato, che viene poi rilasciato sotto cauzione.
Nel frattempo arriva una lettera (forse dello stesso Betchley o comunque collegata a lui?), contiene un pezzo del basamento della Coppa.
I ladri vogliono intavolare una trattativa col Presidente della FA, Joe Mears, chiedendo un riscatto (15mila sterline).
Si è disposti a tutto pur di salvare l'immagine del Regno Unito, anche a scendere a patti con delinquenti.


IL CANE PICKLES RITROVA LA COPPA
Gli accordi polizia/delinquenti sono ormai prossimi, sino a che Pickles, un piccolo cane, mentre passeggia con il suo padrone (David Corbett) si apparta perché deve fare un bisognino.
Inizia ad annusare, gira in circolo, scava una piccola buca e trova qualcosa.
Sembra un pacco.
Il cagnolino inizia a strappare con furia la carta di giornale e...ritrova la Coppa!
Il cane diventa un eroe.
Era il 27 marzo 1966.



GLI INTERROGATIVI IRRISOLTI E LE MORTI MISTERIOSE
Ma restano tanti interrogativi e la situazione, anche a distanza di 50 anni, rimane poco chiara.
Perché il ladro ha abbandonato la Coppa senza chiedere un riscatto?
Da più parti si ventila l'ipotesi che il cane eroe ritrovato solo una copia del trofeo il cui originale è stato già fuso.
E poi: perché abbandonare la Rimet in un giardino pubblico, avvolta da carta di giornale, col rischio che venisse buttata tra i rifiuti?
E infine: chi ha pagato la cauzione del signor Edward Betchley?
Almeno a quest'ultima domanda non serve più dare una risposta: poco dopo essere stato rilasciato, Edward Betchley muore di enfisema.
Qualche settimana dopo il ritrovamento della Coppa, muore anche Joe Mears, a causa di un improvviso, quanto inaspettato, attacco cardiaco.
Pare che la Rimet abbia voluto lanciare degli avvertimenti.
Anche Pickles, l'eroico cagnolino, morirà poco dopo strozzato dal suo stesso guinzaglio.
Per la cronaca, quest'edizione della Coppa del Mondo, sarà vinta proprio dall'Inghilterra.



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