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domenica 10 aprile 2016

Il Caso O.J. Simpson: L'Omicidio, Il Processo Del Secolo e La Condanna Di 33 Anni

O.J. Simpson, classe 1947, nato a San Francisco, è stato uno dei giocatori più forti della storia della NFL.
Sicuramente non una carriera continua ma gli anni di massimo splendore (1972 e 1973 addirittura MVP) lo fecero balzare agli onore delle cronache.
Giocava Running Back per i Buffalo Bills, poi, a carriera quasi finita corona il suo sogno: quello di giocare per i San Francisco 49ers.
Ma ormai la sua carriera sportiva era gli sgoccioli.
Alternava comunque il Football Americano con il cinema, dopo la sua carriera NFL lo ricordiamo in tanti film di successo (ad esempio "La Pallottola Spuntata").
Una volta attore trattasi di uno degli afroamericani più popolari degli anni 70 e 80, anche se tendenzialmente un comprimario, più che un protagonista.
Lo si vede anche in “Radici”, “Capricorn One”, “Inferno di Cristallo”, “Cassandra Crossing”, etc


IL MATRIMONIO, LE VIOLENZE DOMESTICHE E IL DIVORZIO
In seconde nozze sposa una ragazza californiana nel 1985, la poco più che adolescente Nicole Brown.
Nascono due bambini, il quadretto è idilliaco.
Almeno così pare.
Nicole inizia a lamentare violenze domestiche (ci sono anche registrazioni), partono denunce ed esistono anche fotografie del suo viso tumefatto.
OJ è sotto accusa.
Lei chiede e ottiene la separazione (1992) e si concede brillanti serate californiane, in giro per feste e locali.


IL PRESUNTO OMICIDIO DELLA MOGLIE E DI RONALD GOLDMAN (12 GIUGNO 1994)
Un giorno l'ex moglie Nicole va al ristorante con il suo parrucchiere/amico Ronald Goldman.
Secondo altri invece, lui è un cameriere e la raggiunge a casa in un secondo tempo, per restituirle gli occhiali dimenticati al tavolo; comunque egli viene indicato come amante, quando, più probabilmente, era un amico.
I due spariscono nella notte e vengono ritrovati davanti a casa di lei (a Brentwood), nel vialetto, accoltellati a morte (lei colpita alla gola, lui colpito con 17 pugnalate).
I figli di Nicole dormono in casa, nessun testimone assistette all'omicidio.

“Ricordo di aver pensato subito: mio Dio, devo stare attento a non finire in questo lago di vernice rossa. Poi capii che era invece sangue umano. C’erano 2 cadaveri, una donna e un uomo. La donna aveva la testa quasi recisa dal collo. L’uomo era pieno di ferite di coltello. 
Ne contai almeno 10, ma poi scoprimmo che erano 17. Non avevo mai visto un massacro simile”

Così il detective della polizia di Los Angeles, Fuhrman, descrisse la scena del crimine come gli si presentò la notte del 12 giugno 1994, quando le autorità accorsero alla telefonata allarmata di un residente della zona che aveva notato una sagoma stesa a terra sul viale d’ingresso di una delle abitazioni vicine.
Scoperti i due corpi, la polizia di Los Angeles è comunque prudente quando i sospetti assassini sono celebrità, ma deve pur sempre interrogare l’ex marito: si era tra la notte del 12 giugno e il 13.
L'arma del delitto era scomparsa ma venne ritrovato un guanto con tracce di sangue (probabilmente l'assassino si era ferito quindi le tracce di sangue avrebbero potuto permettere l'individuazione del killer tramite DNA).
Il Dipartimento di polizia di Los Angeles cercò di contattare Simpson: venne a sapere che aveva preso un aereo diretto da Los Angeles a Chicago alle 23:45.
Dopo essere stato informato della morte della ex moglie, Simpson tornò a Los Angeles nel primo pomeriggio del 13 giugno, fu subito ammanettato dalla polizia e portato in questura per essere interrogato: lo rilasciarono poche ore dopo, e lui, il giorno dopo, assunse un avvocato, Robert Shapiro.
Col passare delle ore, in seguito al ritrovamento in giardino di alcune macchie di sangue compatibili con quello di Simpson, i sospetti continuarono ad aumentare e l’attenzione della polizia di Los Angeles si concentrò su di lui, che intanto aveva anche preso parte ai funerali della ex moglie.


LA FUGA E L'INSEGUIMENTO DELLA POLIZIA
Nella notte tra il 16 e il 17 giugno, quando cioè le indagini portarono alla formulazione dell’accusa per duplice omicidio di primo grado (reato per cui avrebbe anche potuto essere condannato a morte), Simpson si trovava a casa di Robert Kardashian, che abitava nella San Fernando Valley, sud della California.
La polizia telefonò all’avvocato Shapiro intorno alle 8 e 30 del mattino, e gli disse che Simpson era accusato dell’omicidio e che avrebbe dovuto consegnarsi spontaneamente alla polizia di Los Angeles entro le 11, dopodiché se non lo avesse fatto sarebbe stato considerato un latitante.
Alle 10:45 Shapiro che intanto era corso a casa di Kardashian, dove Simpson aveva passato la notte ricevette dalla polizia un’altra telefonata in cui gli veniva esplicitamente richiesto di riferirgli il posto in cui si trovava il suo assistito.
Shapiro comunicò il luogo alla polizia e disse che il ritardo era dovuto ad alcune visite mediche a cui Simpson si stava sottoponendo (nei giorni precedenti, a Simpson era stata diagnosticata una forte depressione, come più volte sostenuto dal suo avvocato).
Una macchina della polizia arrivò a casa di Kardashian alle 11, gli agenti entrarono e trovarono Shapiro, Kardashian e diversi medici, ma non Simpson e Cowlings, che intanto erano scappati da una porta sul retro con una Ford Bronco bianca.
A quel punto l’avvocato Shapiro tenne una conferenza stampa in cui annunciò che Simpson era in fuga ed era molto turbato, al punto di poter commettere un suicidio; parlò anche Kardashian, che lesse una lettera scritta da Simpson in cui si dichiarava innocente, e che somigliava alla lettera di un suicida.
Intorno alle 2 del pomeriggio il comandante David Gascon della polizia di Los Angeles annunciò ai media, piuttosto alterato, che Simpson era ricercato per duplice omicidio.
In quei giorni la polizia era già stata criticata da una parte dell’opinione pubblica per aver temporeggiato troppo tempo prima di procedere all’accusa e all’arresto di Simpson.
Martedì 17 giugno 1994, l’emittente televisiva statunitense NBC interruppe la partita dei playoff di basket NBA tra New York Knicks e Houston Rockets per trasmettere in diretta come già stavano facendo CBS, ABC e CNN, e tutti i principali canali televisivi americani...l’inseguimento del popolare ex giocatore di football e attore statunitense O.J. Simpson da parte delle macchine della polizia lungo l’autostrada Interstate 405 di Los Angeles.
Una ventina di elicotteri riprese tutto l’inseguimento.
Su NBC la trasmissione della partita delle finali NBA che negli Stati Uniti è uno degli eventi sportivi più seguiti dell’anno fu mantenuta in un piccolo riquadro in basso a destra.
A bordo della Ford  bianca inseguita dalla polizia c’erano come detto O.J. Simpson sul sedile posteriore (armato di una pistola) e Al Cowlings, suo ex compagno di squadra nei Buffalo Bills, che guidava la macchina.
Il detective Fred Lange, che stava seguendo il caso, telefonò a Cowlings sul cellulare, e lui rispose dicendo che Simpson si trovava sul sedile posteriore e che gli stava tenendo un pistola puntato alla testa.
La polizia continuò a inseguire la Bronco fino a casa di Simpson a Brentwood, dove arrivarono intorno alle 19:45.
Cowlings parcheggiò la Bronco nel vialetto, gli agenti di polizia circondarono la casa, e Cowlings scese dalla macchina gridando il suo nome con le mani in alto, ed entrò in casa.
Simpson rimase nella macchina per circa un’ora, minacciando di uccidersi: alla fine, dopo circa un’ora, scese dalla macchina e si arrese.
La polizia gli confiscò la pistola (una 357 Magnum), dei baffi e un pizzetto falsi e una foto di famiglia che aveva tenuto con sé durante l’inseguimento.
Gli permisero comunque di entrare in casa, usare il bagno e telefonare alla madre, dopodiché fu trasportato al dipartimento di polizia.
Le accuse furono: omicidio, sequestro di persona, tentata fuga e resistenza a pubblico ufficiale.
Ricapitolando c’è una fuga, un guanto sporco di sangue sul luogo del delitto, ci sono impronte sul viale, sembra tutto chiaro.


IL PROCESSO DEL SECOLO (24 GENNAIO 1995)
Nessuno dubbio che sarebbe stato dichiarato colpevole, in quello che verrà definito "il processo del secolo".
Senza nascondere il timore di non essere creduto, O.J. va al processo con un pool di avvocati chiamato “dream team”.
Una volta consegnatosi, furono trovate: tracce del sangue della vittima all'interno della sua macchina, impronte delle sue particolarissime scarpe sul luogo del delitto, e, sempre nelle vicinanze del cadavere, un guanto di pelle il cui paio giaceva solitario in fondo a un cassetto di casa sua.
Ce n'era abbastanza per mandarlo direttamente all'ergastolo.
Il "dreamteam" di avvocati difensori, guidati da Bob Shapiro e Johnny Cochran, iniziò così un sistematico gioco al massacro contro ogni singola prova presentata dal pubblico ministero: O.J. era scappato? Si perchè sapeva che la polizia di Los Angeles, notoriamente razzista, cercava di incastrarlo.
Le impronte delle scarpe? Per quanto particolarissime, potevano essere appartenute anche ad altri.
Il test del DNA? Il sangue trovato nella macchina di Simpson non aveva seguito l'iter raccomandato dai manuali, e quindi c'era la remota possibilità che il test fosse stato manipolato.
Il guanto ritrovato sul luogo del delitto? Con una mossa a sorpresa, il guanto fu fatto provare a Simpson in aula, in diretta TV, e risultò troppo stretto per lui da calzare.
Nessuno fece troppo caso al fatto che Simpson indossasse già un sottile guanto di gomma (teoricamente "per non inquinare" la prova), che evidentemente non facilitava l'operazione, nè venne in mente ad alcuno di domandarsi, a quel punto, che cosa ci facesse Simpson con l'altro guanto, identico a quello, visto che gli stavano piccoli.
In particolare la prova del DNA, scalda il cuore degli americani afro, sostenitori  a spada tratta dell’innocenza dell'uomo.
Qualcuno gli diede un farmaco per ritenere i liquidi, un altro per gonfiarlo, gli ordinò di non urinare, così la sua mano ingigantita non sarebbe entrata nel guanto ormai secco e rimpicciolito, che la difesa si era dimenticata per mesi al caldo.
Ma forse non serviva, perchè la giuria (8 donne nere su 12) dopo nove mesi ci mise appena tre ore a dire: not guilty.
Infatti dopo 253 giorni di udienze, 126 testimoni...il giudice, Lance Hito, incredibilmente lo assolve: l'assassino più innocente del mondo?
L'agente Fuhrman viene inoltre accusato di aver inquinato le prove: secondo la difesa lui odiava i bianchi.
O.J. tira un sospiro di sollievo.
I ghetti festeggiano, la famiglia di Ron si dispera, la sorella di Nicole promette di non dimenticare e fa causa.


MA FU VERAMENTE INNOCENTE?
«Abbiamo fatto la cosa giusta» disse la giurata di 24 anni che non riusciva a trovare lavoro, mentre quella di 37 anni al quale la polizia aveva arrestato ingiustamente un figlio solo perché aveva la stessa data di nascita e nome di un sospetto, annuiva.
Nonostante la bravura del team difensivo, ovviamente, ben pochi si convinsero dell'innocenza di Simpson, ma il "trucco" stava proprio qui: attaccando ogni singolo indizio separatamente, la difesa aveva offerto alla giuria la possibilità "tecnica" di dichiarare che non esistessero elementi per condannare Simpson "oltre ogni ragionevole dubbio".
Tanto bastò per farlo assolvere, senza nemmeno la possibilità che finisse nuovamente sotto processo (in base  al principio costituzionale detto "double jeopardy").
Talmente sorpreso fu lo stesso Simpson alla lettura del verdetto, che si dimenticò completamente di esultare con il classico "giustizia è fatta" (che ci si aspetta di solito da un vero innocente), e rivolse invece un silenzioso "thank you" con le labbra alla giuria che lo guardava compiaciuta.
Naturalmente Simpson, una volta libero, si dimenticò anche di dare la caccia al vero assassino della madre dei suoi figli.


IL PROCESSO CIVILE (1997)
In modo strabiliante però, nel processo civile che seguirà (1997), i giudici stabiliranno che O.J. deve un sacco di soldi ai parenti delle vittime: perché mai, se è innocente?
E’ la legge americana, anzi californiana, che introduce cavilli un po’ astrusi per distinguere i livelli di responsabilità, e forse vuol favorire i risarcimenti e sgombrare le aule da processi lunghi e imbarazzanti.
Simpson come detto perse poi la causa civile, perse i soldi, perse tutto.
Il risarcimento lo dissanguò: 8,5 milioni di dollari.
Il Dream Team, lo staff dei suoi legali, gli succhiò il resto.


INTERCETTAZIONI E DICHIARAZIONI
«Se non avesse aperto la porta con quel coltello in mano, forse ora sarebbe ancora viva».
Con queste parole O.J.Simpson avrebbe confessato a un amico, o presunto tale, l’omicidio dell’ex moglie.
La verità nascosta su una delle vicende processuali più controverse della storia americana è contenuta in un libro dal titolo «Come ho aiutato O.J. a evitare la condanna per omicidio».
L’autore è Mike Gilbert, un commerciante di articoli sportivi che sostiene di avere ascoltato la confessione dallo stesso ex campione di Football Americano, pochi mesi dopo la sua assoluzione.
Un momento di debolezza in cui Simpson, sotto l’effetto di marijuana, sedativi e alcol, rivelò cosa accadde veramente la notte del 12 giugno 1994.
Si era recato a casa della moglie senza portare con sé alcun coltello o altre armi da taglio.
Fu invece la moglie, Nicole Brown Simpson, che si presentò alla porta con una lama lunga diversi centimetri.
«Se non l’avesse impugnata probabilmente sarebbe ancora viva», avrebbe confidato l’ex campione di football a Gilbert.
«Non c’è nulla da aggiungere O.J. ha confessato, non ci sono dubbi al riguardo».
Nicole e il suo presunto amante, Ronald Goldman, furono uccisi con diverse fendenti, ma l’arma del delitto non fu mai ritrovata.
Sembra inoltre che sia stato proprio Gilbert a suggerire all’amico come farsi venire un gonfiore alle mani assumendo alcuni medicinali per dimostrare che i famosi guanti sporchi di sangue indossati dall’omicida non erano i suoi.
Per Yale Galanter, il legale dell’ex giocatore, sono accuse prive di fondamento: «Farneticazioni di una persona che ha problemi di tossicodipendenza, ha bisogno disperato di denaro e ha conti in sospeso con il fisco».
Gilbert, che ammette di aver avuto problemi con il fisco americano ma respinge le accuse di tossicodipendenza: «Sono pronto a sottopormi agli esami clinici, non so se Simpson sarebbe disposto a farlo».
Inoltre nel 2005 uno dei legali del campione, Lee Bailey, dichiarò pubblicamente che Simpson, al tempo del processo, aveva fallito il test della macchina della verità e che i risultati erano stati nascosti per non aggravare la sua posizione.
Simpson non si scompose: "Io sono sereno in ogni caso. Se anche i cadaveri uscissero dalle tombe e mi accusassero di essere l’assassino, non si può essere processati 2 volte per lo stesso crimine. Sono stato assolto. Questa è la verità e l’America e il mondo devono accettarla".


ANNI RECENTI: LA CONDANNA A 33 ANNI PER FURTO E SEQUESTRO DI PERSONA
Per la cronaca O.J. cederà di nuovo nel vizietto di alzare le mani con un’altra sua compagna.
L'8 marzo 2004 il canale televisivo via cavo DirecTV accusò Simpson davanti ad una Corte Federale di Miami di uso illegale di apparecchiature elettroniche per captare abusivamente il segnale televisivo.
Simpson venne condannato al risarcimento di 25.000$ alla compagnia, oltre a pagare 33.678$ per spese processuali e parcelle agli avvocati.
A settembre 2007 fu arrestato per furto con scasso, accusato, insieme a quattro amici, di aver rubato da una stanza d'albergo a Las Vegas dei cimeli che, a suo dire, gli erano stati a sua volta sottratti tempo prima.
Simpson sostenne di non essere entrato con un'arma da fuoco nella stanza d'albergo, pur ammettendo di aver portato via diversi oggetti che, a suo avviso, gli appartenevano di diritto.
Nel 2008 verranno formalizzate le accuse: rapina a mano armata e sequestro di persona.
Giudicato colpevole di tutti e 12 i capi di imputazione, verrà condannato dal Tribunale di Las Vegas a scontare 33 anni di carcere.
Ci fu poi una registrazione dell'incontro nella quale si sente la voce di Simpson che, all'inizio, dice: «nessuno si muova o si farà male» e alla fine, andandosene, chiede ad uno dei suoi complici: «non l'avrai mica tirata fuori?»
Nonostante il verdetto, Simpson si è sempre difeso sostenendo di non sapere che i suoi complici erano armati.


LA PRESUNTA CONFESSIONE DI UN SERIAL KILLER
Nel 2012 il serial killer Glen Edward Rogers, detenuto nel braccio della morte, avrebbe confessato al fratello Clay e a un criminologo di essere il vero autore del duplice omicidio, affermando quindi l'innocenza di O.J. Simpson, come stabilito all'epoca dal processo.
La rivelazione fa parte di un documentario su Rogers, "My Brother The Serial Killer", in cui l'uomo confessa molti altri delitti, oltre a quelli per cui è stato condannato.
Rogers però ha detto di aver agito per rubare dei gioielli su incarico di Simpson stesso, che gli diede l'incarico da portare a termine ad ogni costo, senza però ordinare esplicitamente l'omicidio.


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