giovedì 16 maggio 2013

Libro Di Tyler Hamilton: The Segret Race (Doping)

Tyler Hamilton è stato un ciclista americano che corse per la US Postal di Armstrong(sino al 2001).
Da qualche giorno è uscita una sua biografia che incolpa l'ex compagno texano e non solo.

Ecco qualche estratto:
Ecco un numero interessante: mille giorni.
E’ circa il numero di giorni trascorso tra quello in cui sono diventato ufficialmente professionista ed il giorno in cui mi sono dopato per la prima volta. Parlando con altri corridori di questa era e leggendo le loro storie sembra sia uno schema: la maggior parte di noi che si sono dopati lo hanno fatto durante il loro terzo anno.
Il primo anno, come neo-professionisti, eccitati dall’esserci arrivati, giovani cuccioli speranzosi.
Il secondo anno la consapevolezza.
Il terzo anno il bivio: Si o No. Dentro o fuori.
Tutti hanno i loro mille giorni, tutti hanno la loro scelta.

In un certo senso è deprimente. Ma in un altro penso sia umano: Mille giorni in cui ti alzi con la speranza, mille giorni di serate in cui sei distrutto. Mille giorni a pane ed acqua (“paniagua” è il termine usato allora dai Pro americani che facevano base in Spagna), rimbalzando dolorosamente contro il muro del limite delle tue possibilità cercando di trovare una via d’uscita. Mille giorni in cui tutto ti dice che il doping è ok, gente potente che ammiri e di cui hai fiducia, che ti dice che “andrà tutto bene” e “lo fanno tutti”. E soprattutto la paura che se non trovi un modo di andare più veloce la tua carriera è finita. La forza di volontà puo’ essere tanta, ma non è infinita. E quando oltrepassi quella soglia non c’è modo di tornare indietro.

L’EPO ti da la capacità di soffrire di più; di spingerti oltre, di lavorare più duro di quanto avresti mai immaginato, sia nell’allenamento che nella corsa.
Ho cominciato a vedere le corse differentemente: le corse non erano più il gioco ai dadi delle doti genetiche o a chi toccava essere in forma quel giorno. Non dipendevano più da chi eri. Ma da cio’ che avevi fatto. Da quanto duro avevi lavorato, quanto attento e professionale eri stato nella tua preparazione.
Le corse erano test per cui potevi studiare.
E (con l’EPO) i miei risultati cominciarono a passare da 5 e 6 a 8 e 9.

La maggior parte della gente chiede perché il doping sembra prevalente nelle gare più lunghe, come nei giri di tre settimane. La risposta è semplice: più lunga è la gara, più il doping aiuta, specialmente l’EPO. La regola è semplice: se non prendi niente in una corsa di tre settimane il tuo ematocrito scende di circa 2 punti a settimana per un totale di 6 punti. Si chiama anemia sportiva. Ogni 1 percento di calo dell’ematocrito provoca un calo dell’1% di potenza erogata. Pertanto, se corri a pane ed acqua, senza nessuna fonte di cellule rosse, la tua potenza calerà di circa il 6% alla fine della terza settimana. Ed in uno sport in cui le vittorie si giocano per una differenza di potenza di 1/10 di punto percentuale di potenza questo qualifica il doping come cio’ che fa la differenza.

Il senso comune dice che se tutti usano l’EPO questo porta ad un livellamento generale. La risposta secondo gli scienziati è no. Perché ogni doping ha risultati diversi su persone diverse. Per es. L’ematocrito di Hamilton era normalmente 42. L’assunzione di EPO per portarlo a 50 voleva dire farlo alzare di 8 punti, ovvero un incremento percentuale del 19%. In altre parole Hamilton poteva aggiungere un 19% di cellule che trasportavano ossigeno. Un enorme incremento in termini di potenza. Ora consideriamo un altro corridore con un ematocrito naturale di 48. Per rimanere sotto la soglia di 50 un corridore poteva prendere EPO per aumentarlo solo di 2 punti, cioé un 4%, ovvero un incremento di potenza di 1/4 rispetto Hamilton. E questo è uno dei motivi per cui le prestazioni di Hamilton crebbero cosi’ velocemente con l’assunzione di EPO.
Conclusione: l’EPO ed altre droghe non livellano le prestazioni ponendo tutti allo stesso livello, ma lo distorcono.
Come ha detto il Dottor Michael Ashenden: “Il vincitore in una gara di dopati non è quello che si è allenato di più, ma quello che si è allenato di più e la cui fisiologia risponde meglio a doping”.

Questo è forse un buon momento per rispondere a questa domanda: era possibile vincere una gara professionistica da “puliti”? Poteva un corridore pulito competere contro l’EPO?
La risposta è: dipende dalla gara. Per gare corte, persino gare di 3gg penso fosse possibile.
Personalmente ho vinto piccole gare di 4gg andando a pane ed acqua con un ematocrito di 42. Ed ho vinto delle crono in condizioni simili.
Ma oltre una settimana di gara diventa impossibile competere contro chi fa uso di EPO.

(Da un diario di Hamilton del 2000)
30 Marzo
peso: 63,5kg
body fat: 5,9%
avg. watts: 371
Watts per kilo: 5.84
Ematocrito: 43
Emoglobina: 14,1
Max heart rate: 177
Tempo salita Col de la Madone: 36.03

31 Maggio
peso: 60,8kg
body fat: 3,8%
avg. watts: 392
Watts per kilo: 6,45
Ematocrito: 50
Emoglobina: 16,4
Max heart rate: 191
Tempo salita Col de la Madone: 32,32

-Lo trasportavo in una ghiacciaia da campeggio con del ghiacchio e Del Moral (medico della squadra) mi dava sempre anche una prescrizione medica riguardante perdite di sangue dovute a condizioni mestruali per mia moglie, nel caso fossi fermato da qualche poliziotto e perquisito.
Cosa che grazie a dio non successe mai.




Ecco altre anticipazioni del suo libro(uscito solo negli USA, per il momento):

Sempre dal libro di Hamilton:

RIVOLUZIONE EPO - L’Epo cambiò ogni cosa. Non si può comparare l’effetto ad anfetamine o anabolizzanti. Improvvisamente intere squadre andavano dannatamente veloci. Improvvisamente mi trovai a dannarmi per arrivare in tempo massimo. Nel 1994 la cosa divenne quasi ridicola. Io ero in salita, al massimo del mio sforzo e questi ragazzi super potenziati scherzavano fra loro come fossero in pianura! Una pazzia. Come arrivò la stagione 1996 a tavola c’era grande tensione; tutti sapevano cosa sarebbe successo; tutti parlavano di Epo, era scritto quasi sul muro. I compagni si rivolgevano a me per avere un indirizzo, una guida. Ma cosa potevo mai dire loro?

L’INIZIAZIONE - Pedro Dal Moral (medico Della US. Postal n.d.r.) era per me come lo zio preferito. Era diretto, ti guardava negli occhi, si preoccupava della tua salute, ti chiedeva come stavi. (…) Pedro mi spiegò che l’ematocrito era la percentuale di sangue che conteneva i globuli rossi; mi spiegò anche che il nuovo regolamento Uci prevedeva la sospensione per 15 giorni qualora l’ematocrito di un corridore superasse il 50%. Solo 15 giorni anche se era un probabile segno di assunzione di Epo. All’epoca non c’era un test diretto per l’Epo e superare il 50% non era considerato doping, il presidente Verbruggen definiva quella sanzione “vacanza da ematocrito”, a tutela della salute. (…) Pedro mi chiese di fare un piccolo prelievo per controllare l’ematocrito. (…) “Niente male; sei 43%”. Rimasi sorpreso dalle sue parole. Non aveva detto “il tuo valore è 43%” oppure “il tuo livello è 43%”, ma: “tu sei 43”, come se quello fosse il mio cartellino di vendita e 43 il mio prezzo. Solo più tardi compresi cosa significava tutto ciò. All’epoca non prestai molta attenzione. Poi Scott Mercier, un compagno molto più scafato di me all’epoca, mi raccontò il suo incontro con Celaya: “Dunque (Celaya) mi ricevette nella sua camera d’albergo e fece il test. Quando vide l’esitocominciò a scuotere la testa: “Ooooh la la! – disse Pedro – Tu sei 39. Per fare i professionisti in Europa bisogna essere 49 o forse anche 49,5”. Compresi subito cosa voleva dire: avremmo parlato di Epo, ma feci l’ingenuo: “E come posso fare per essere 49?”, chiesi a Pedro. “Con vitamine speciali, perché non ne parliamo più tardi?”, rispose.

LE SACCHE BIANCHE – Nel 1997 sbarcai a Girona in un appartamento nuovo che dividevo con i compagni della Postal. Ci aspettavano gare dure in preparazione del Tour; la Ruta del Sol, i Trofeo Puig, La Vuelta Valenciana. Ero nervoso perché eravamo in venti corridori per soli nove posti al Tour. Le corse erano durissime e terribili. Fu allora che vidi per la prima volta le sacche bianche. Comparivano a fine gara, portate da qualche soigneur, conservate in frigo. Venivano date ad alcuni corridori, i più forti: Hincapie, Ekimov, Baffi, Robin; ad altri no. Capii da quello che ero nella squadra B. Fu in quella occasione che sentii per la prima volta la frase “correre a pane e acqua”. Io correvo a pane e acqua ancora. Corsi la Ruta del sol a pane e acqua. Ma quando mi sentivo sfinito per le gare o gli allenamenti pensavo a quelle sacche bianche. Volevo provare a me stesso di essere più forte di quelle piccole sacche. Ma ci pensavo continuamente.

LA CAPSULA ROSSA – Dopo la Vuelta Valenciana Pedro (Celaya, n.d.r.) venne nella mia camera d’albergo. Mi chiese come stavo. Gli dissi la verità: finito. Non avevo più nulla nelle gambe. Pedro tirò fuori una bottiglia scura ne estrasse una capsula rossa: “Non è doping, è per la tua salute. Per aiutare il tuo recupero. Il tuo corpo ne ha bisogno. E’ sicura. Se tu dovessi correre domani io non te l’avrei data; ma va bene se la prendi adesso e corri fra due giorni”. Compresi bene che se avessi coprso e fossi stato sorteggiato per l’antidoping sarei risultato positivo.

EDGAR E ANDRIOL – Il menu del doping non era grande. Edgar (il nik name con cui avevano ribattezzato l’Epo, n.d.r.) e testosterone (Andriol). Una pallina rossa ogni settimana o due durante gli allenamenti era sufficiente e nel caso che servisse un aiuto meno forte, era sufficiente forare la capsula spremere un po’ di contenuto sulla lingua e conservare il resto per un’altra occasione.

TESTOSTERONE E OLIO D’OLIVA – il dott. Ferrari aveva trovato una nuova combinazione: mescolare l’Andriol con l’olio di oliva in un contagocce. Serviva per i piccoli recuperi. Ricordo che una volta Lance ad una corsa mi mise qualche goccia sulla lingua, come fossi un uccellino. Seguendo i suggerimenti di Del Moral ho provato anche l’ormone della crescita durante un allenamento a tutta, ma mi lasciava le gambe pesanti, così smisi. Assumevo Edgar (Epo) ogni due o tre giorni per iniezione sottocutanea o nel braccio con aghi così fini da non lasciare il segno. Ferrari mi spiegò che iniettarsi l’Epo era come girare l’interruttore del termostato a casa. Aggiungendone poca la casa resta fredda; aggiungendone molta la casa diventa calda e si supera il limite di 50%. Imparai presto. Ero arrivato al punto di valutare a occhio il mio ematocrito, a seconda del colore del sangue.

"IL GIARDINIERE DOPING" — “Dopo lo scandalo Festina del 1998, dovevamo trovare un nuovo sistema per portare le fiale di Epo alle gare. Lance affidò il delicato incarico di corriere a Philippe, il suo giardiniere della villa a Nizza. Philippe fu soprannominato il motociclista, perché seguiva le tappe in moto. Lo chiamavamo su un cellulare segreto. Al traguardo, approfittando della confusione, faceva la sua consegna. Ma solo a noi tre scalatori: io, Lance e Kevin Livingston. Trovavamo le siringhe nel camper, per evitare il rischio di una perquisizione in hotel. Ci bastavano 30 secondi: Del Moral ci iniettava, mettevamo le siringhe nelle lattine di coca, poi il dottore sgattaiolava fuori nella mischia con le lattine schiacciate, come fossero spazzatura, nello zaino”.

"RIIS VOLEVA SAPERE" — “Così nel 2002 firmai per la Csc di Bjarne Riis. Nel nostro primo colloquio mi chiese quali metodi usavamo alla U.S. Postal. Gli raccontai tutto, ma non delle trasfusioni, forse perché non mi ero trovato bene. Lui rispose: "Devi assolutamente provarle, ti piaceranno moltissimo". Eravamo affidati al dottor Eufemiano Fuentes. Mi suggerì di usare il nome del mio cane per classificare le mie sacche di sangue. Ma il mio era troppo famoso, così divenni 4142, le ultime cifre del telefono di un mio amico”.

FUENTES – Nel 2004 il dottor Fuentes (Hamilton era già alla CSC di Riis, ndr) disponeva di un nuovo tipo di congelatore che consentiva la conservazione di numerose sacche di sangue insieme. Evitando viaggi sospetti e massacranti verso Madrid. Per tenere il sangue lì si spendevano fino a 50 mila dollari a stagione.

ARMSTRONG – Se ti lamentavi per gli allenamenti duri; se arrivavi in ritardo, Lance te la faceva pagare. Andava a simpatie. Ferrari era un dio per lui e invece cacciò Bobby Julich (terzo nel Tour de France vinto da Pantani) perchè non lo sopportava. Licenziò anche Livingston che gli era stato vicino nei mesi della malattia: aveva chiesto un aumento. Con i soldi risparmiati riuscirono ad ingaggiare tre spagnoli.


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