domenica 30 giugno 2013

L'EPO Nel Ciclismo: Ematocrito e Test Antidoping (Storia)

Come è noto i globuli rossi trasportano l'ossigeno ai tessuti e negli sport di resistenza, ad esempio ciclismo, sci di fondo ecc., le richieste di ossigeno sono molto elevate.
Da tempo, pertanto, sono state indagate strategie per aumentare la produzione dei globuli rossi in modo da migliorare la performance sportiva,
La più recente strategia è basata sul ruolo dell'eritropoietina (EPO) nello stimolare il midollo osseo a produrre globuli rossi.
Come doping si usa l' EPO ricombinante umana (rHuEPO) e sostanze affini.
L'EPO ha una vita relativamente breve nell'organismo mentre il suo effetto stimolante può durare fino a due settimane.

Di EPO si sente molto parlare anche in ambito sportivo, dal momento che si tratta di una sostanza prodotta dal nostro corpo e che viene impiegata per curare anemie, soprattutto in pazienti con patologie renali o tumorali. L'aumento da eritropoietina della concentrazione dei globuli rossi nel sangue circolante si contrappone all'adattamento che l'allenamento provoca nell'atleta e che consiste in una "emodiluizione" ossia in un relativo aumento della parte liquida del sangue (plasma) nei confronti di quella corpuscolata (globuli rossi). In realtà in molti atleti si dovrebbe verificare se l'ematocrito basso è un effetto derivante dell'emodiluizione o di un relativamente basso numero di globuli rossi (come spesso avviene). 
All'aumentare dell'ematocrito e/o della durata del trattamento gli effetti collaterali dell'eritropoietina sono:
  
1) Tendenza alla trombofilia, indipendente dal valore di ematocrito. 
Anche con ematocrito basso si potrebbero verificare dei trombi. 
2) Tendenza alla trombofilia, dipendente dal valore dell'ematocrito.
3) Potenziale incremento delle resistenze vascolari nelle zone profonde del cervello, con possibile invecchiamento precoce delle strutture.
4) Ipertensione arteriosa, con conseguente sclerosi vascolare, accresciuto rischio di infarto cardiaco ed encefalopatia ipertensiva.
5) Convulsioni.
  

SOGLIA A RISCHIO: 50%
L'UCI nel 1997 stabilì un limite.
Cioè un dato numerico che indichi il reale pericolo. 
In altri termini, poiché è fissato un limite di ematocrito a 50, può bastare questo limite (a prescindere che si assuma o meno l'EPO) a preservare la salute dell'atleta? 
Il problema di fondo è che fissando un valore di soglia si dà per scontato che l'assunzione di EPO non provochi problemi quando si resta sotto questo valore.
Il discorso sulle patologie soprariportate è ovviamente corretto se l'atleta passa da 43 a 60 di ematocrito, ma se si passa da 46 a 48? Per esempio, con un innalzamento da 43 a 60 la pressione arteriosa potrebbe schizzare da 100 a 180 con gravi danni alla salute, ma con un innalzamento da 46 a 48 passerebbe da 120 a 125 con danno probabilmente minimo. È cioè necessario che siano scientificamente provati danni da piccoli incrementi per disincentivare chi utilizza l'EPO ai limiti del consentito per averne un vantaggio che, se ininfluente in assoluto, diventa significativo a livelli d'élite in cui pochi secondi possono far passare dal primo posto all'esclusione dal podio.


EPO NEL SANGUE
Un vecchio studio franco-canadese (1996) mostra che la presenza dell'eritropoietina esogena è rilevabile fino a 7 giorni dall'ultima assunzione nel sangue e fino a 4 giorni nelle urine. 
I benefici permangono invece più a lungo (secondo il salto di ematocrito che ha generato). 


NUOVI TEST PER RILEVARE L'EPO
Nel 2000, un'equipe del laboratorio francese di Chatenay-Malabry e diretta da Jacques De Ceaurriz ha proposto un particolare metodo di rilevazione dell'EPO attraverso le urine (lo studio fu pubblicato l'8 giugno 2000 sul mensile inglese "Nature"). 
Il metodo si basa sull'analisi delle varie forme dell'eritropoietina (con proprietà elettriche diverse) che consente di evidenziare quella naturale da quella ricombinante. Anche in questo caso resta il problema della rapida scomparsa dalle urine dell'EPO. 
Negli ultimi anni non sono stati fatti passi avanti particolarmente significativi relativamente ai test per l'EPO, tant'è che la WADA ha tentato una nuova strada: l'introduzione del passaporto biologico, una tecnica antidoping che consiste nel tracciare nel tempo i parametri ematici degli atleti. Questa tecnica (peraltro costosa e complessa da gestire) è una tecnica indiretta; attraverso il passaporto biologico non si rileva infatti la presenza di una sostanza dopante, ma si individuano le anomalie che tali sostanze inducono nell'organismo; ciò dovrebbe rivelare un'eventuale assunzione di sostanze proibite sia sul breve che nel medio e lungo termine. 


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