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sabato 10 dicembre 2016

Doping Di Stato: Dalla Germania Est Alla Russia, Passando Per L'Italia

Tra il 1971 e il 1990, la Germania Est mise a punto il cosiddetto “Piano Di Stato 14.25” per la somministrazione di Steroidi Anabolizzanti, Testosterone, Anfetamine, GH ed altre sostanze proibite agli atleti scelti per entrare nel programma: tutto merito del ruolo di primaria importanza assunto dall’industria e dalla ricerca farmaceutica nella DDR.
Il farmaco più utilizzato fu l' Oral Turinabol (uno Steroide Anabolizzante)prodotto dalla Jenapharm. In prima approssimazione, la cosa più importante fu rendere non rilevabili le sostanze proibite ai controlli anti-doping.
Fu Manfred Ewald, maggior dirigente sportivo del Paese, condannato nel 2000 per le sue malefatte, a ideare negli anni '60 l'organizzazione del sistema tendente a dimostrare la superiorità di una nazione e il trionfo della metodologia germanica.
Il rigidissimo programma in cui erano inquadrati gli atleti prevedeva allenamenti pesantissimi (con attrezzature tecnologicamente avanzate e mantenute segrete), somministrazione sistematica e obbligatoria delle sostanze, privacy azzerata.
Secondo un meccanismo terribile, venivano testati gli effetti dei farmaci sul fegato dei malcapitati: chi tollerava meglio il cocktail tossico proseguiva il percorso agonistico.
Sportivi ed allenatori venivano tenuti sotto osservazione per la maggior parte del tempo.
La DDR ha preso parte ad appena 5 edizioni dei Giochi Olimpici estivi tra il 1968 ed il 1988, boicottando Los Angeles 1984.
Ma le cifre riguardanti gli allori conquistati sono spaventose e rendono l’idea della portata dell’atroce bugia: 153 ori, 129 argenti e 127 bronzi, per un totale di 409 medaglie che la collocano all’ 11° posto del medagliere di tutti i tempi.
Il doping era incentrato sul potenziamento di forza e velocità: atletica leggera, nuoto, sollevamento pesi, canottaggio, ginnastica, ciclismo.
Venne trovata positiva solo la lanciatrice del peso Ilona Slupianek, nel 1977.
Dopo quell’episodio, i tedeschi orientali si fecero ancora più furbi.
Prima di inviare qualcuno in giro per il mondo a gareggiare, ne analizzavano i valori in laboratorio; chi rientrava nei limiti consentiti, partiva.
I forfait dell’ultimo momento venivano imputati a falsi infortuni in allenamento.
Le prime denunce furono fatte da atleti fuggiti all'Ovest, come l'olimpionico del salto con gli sci Georg Aschenbach o Christiane Knacke (100 farfalla), e soprattutto da Brigitte Berendonk (ex-discobola).
Il sistema era controllato dalla Stasi (la polizia) attraverso una fitta rete di spie all’interno del mondo sportivo, attraverso un vero e proprio “doping di Stato”, che iniziò a scricchiolare di fronte alle confessioni degli atleti fuggiti altrove.
In quella notte del 9 novembre 1989 con i mattoni del Muro crollarono anche i segreti di una nazione che aveva eletto lo sport a mezzo per essere accettata agli occhi del Mondo.
Un piccolo Paese, con soli 17milioni di abitanti capace di vincere, come detto, 160 medaglie d'oro olimpiche fra il 1972 e il 1988.
Si stima che oltre 10.000 atleti abbiano riportato danni fisici o psicologici irreversibili: il caso più noto è senza dubbio quello di Heidi Krieger, campionessa europea 1986 nel lancio del peso.
Gli steroidi assunti dai 16 anni in poi ne hanno modificato drasticamente il fisico, tanto da rendere inevitabile il passaggio chirurgico da Heidi ad Andreas.
La Jenapharm è stata costretta a risarcire centinaia di vittime, ma nonostante tutto è ancora in attività, proprio come molti allenatori dell’allora Germania Est in giro per il mondo.


DOPING NELLA GERMANIA OVEST
Invece nell'altra Germania, il doping era principalmente una scelta privata (non era di stato quindi), tant’è vero che coach ed atleti erano quasi sempre a conoscenza del fatto che lo sportivo stava per essere dopato.
I medici implicati ricevevano del denaro dalle tasse dei cittadini, soldi che erano per lo più destinati alla ricerca, e li utilizzavano per sviluppare ed incentivare il doping.
Dai documenti risulta che alcuni atleti sono stati addirittura utilizzati come cavie umane, a cui sono state somministrate sostanze ancora in fase sperimentale.
Lo stato in questo caso non aveva un ruolo attivo, non incitava gli atleti a doparsi, ma tollerava e chiudeva gli occhi.
A testimonianza di questo c’è il fatto che molti istituti e centri di ricerca, che poi si sono scoperti implicati nel doping, erano subordinati al Ministero degli Interni.
Tra i medici che non esitarono a somministrare sostanze dopanti emergono due nomi in particolare: Joseph Keul e Wilder Hollmann.
Anche la nazionale tedesca di Calcio, a quanto si è saputo in anni recenti, ne era coinvolta.
Nel corso degli anni, i tedeschi occidentali hanno provato più volte a difendersi sostenendo che il doping occidentale nacque come reazione a quello orientale.
Sebbene, almeno inizialmente, la RFT e alcuni suoi esponenti di spicco, tra cui Wolfgang Schäuble, si mostrarono tolleranti nei confronti dell’uso di sostanze dopanti, come ad esempio gli steroidi anabolizzanti, la sempre crescente autonomia tra sport e politica favorí la nascita ed il diffondersi di controlli anti-doping.
Conseguenza fu che nella Germania Ovest i danni furono, almeno in parte, limitati.


ALTRI DOPING DI STATO: FINLANDIA, ITALIA, USA, SPAGNA E PAESI COMUNISTI
Spionaggio, pedinamenti, controlli, costrizioni e doppi giochi, rigorosamente in bianco e nero e in ambienti freddi e rarefatti.
I primi anabolizzanti per migliorare le prestazioni sportive circolano nel libero mercato statunitense già dagli anni 50.
Anche in Cecoslovacchia e in Finlandia, pianificarono nei laboratori le numerose vittorie negli sport di eccellenza (lo Sci Di Fondo per la Finlandia ad esempio).
A quanto emerso, l'80% degli atleti cechi ai mondiali di atletica leggera '83 a Helsinki avrebbe fatto uso di sostanze dopanti.
Le testimonianze fanno a pezzi lo sport nazionale finlandese, miti del Grande Nord come Juha Mieto, oro nella 50 km del 1973 e vincitore di ben 5 medaglie olimpiche, senza parlare dei tecnici.
Uno su tutti: Jarno Punkkinen.
A lungo allenatore dello squadrone finlandese, ha diretto la nazionale italiana dal 1984 al 1990.
E l'incrocio tra la sua attività (e la sua fama) con la squadra azzurra produce testimonianze inquietanti.
Puliè, argento nella staffetta di Albertville '92, racconta di come i fondisti azzurri avrebbero fatto ricorso alla pratica dell'autoemostrasfusione fino al 1988, nonostante fosse vietata dal 1985.
Barco, già reo confesso, ammette di essersi ripulito il sangue, e di non averlo fatto da solo, ma anche di aver fatto un passo indietro di fronte all'assunzione della famigerata EPO da laboratorio.
L'Unione Sovietica, non era da meno: all'inizio degli anni '70 compì in gran segreto uno studio completo sugli effetti dell'uso degli anabolizzanti sugli atleti, aprendo così la via al sistematico doping di Stato.
Il doping ematico nasce invece in Italia, con la supervisione dello stato e del Coni.
Erano i primi anni 80 quando il Governo e il Coni presieduto da Franco Carraro decidono di finanziare il Centro Studi Biomedici di Francesco Conconi per “migliorare le prestazioni degli atleti”. L’autoemotrasfusione porta gli azzurri a vincere medaglie in serie, da Los Angeles 1984 alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer 10 anni dopo: ma l’Italia è un passo avanti, i controlli ancora non guardano all’ematocrito per cercare l’EPO e gli azzurri la fanno franca.
Sci di Fondo, Ciclismo, finanche Calcio.
Nel 2004 una lunghissima inchiesta giudiziaria condotta tra Bologna e Ferrara riconosce l’uso di doping sistematico, la maggior parte degli imputati se la cava con la prescrizione: tra questi un certo Michele Ferrari, che negli anni 80 permetteva a Moser di battere il record dell'ora.
La lista dei dopati sotto Ferrari e Conconi è lunghissima: da Pantani ad Indurain, passando per Moser, Chiappucci, Fondriest, Di Centa ed Armstrong.
Per approfondire: Scandalo Doping Conconi (DBLAB) Pantani e Il Doping (Carriera).
Passiamo quindi agli USA, una decina di anni fa un report dell’Agenzia Antidoping ha rivelato che la maggior parte delle positività trovate negli Usa dal 1984 fino a Sidney 2000 (le ultime Olimpiadi prese in considerazione dal dossier) sono state coperte o nascoste: le prove e le provette distrutte.
Si ricordi ad esempio Marion Jones (5 medaglie a Sidney) e il laboratorio della Balco rimandano un’atmosfera a colori, edonista e piena di spot pubblicitari.
Che non si è certo esaurito, se si pensa che l’USADA (antidoping americano) in un dossier di mille pagine ha definito quello dell' US Postal e Di Lance Armstrong “il più grande sistema doping del mondo”.
E cosa dire dell’Operacion Puerto esplosa in Spagna nei primi anni 2000, che si è concentrata soprattutto sul Ciclismo ma che copre un lasso di tempo in cui la Spagna comincia a vincere sorprendentemente in tutti gli sport: calcio, tennis, basket e così via.
E siccome siamo ovviamente in epoca di globalizzazione, ecco che tra i clienti del dottor Eufemiano Fuentes troviamo sportivi di tutto il mondo, compresi molti atleti italiani.


DOPING DI STATO IN RUSSIA
Alla vigilia delle Olimpiadi di Rio 2016, scoppia il caso della Russia.
100 pagine che inchiodano la Russia.
I laboratori di Mosca e Sochi coprirono una serie di atleti russi risultati positivi durante i Giochi Olimpici invernali di Sochi nel 2014.
L'accusa è pesantissima e viene dalla WADA(agenzia mondiale antidoping).
Il doping sistematico riguarda 312 casi, quindi tutto lo sport russo.
Un sistema iniziato a Vancouver nel 2010 e proseguito a Londra 2012, ai mondiali di atletica di Mosca 2013 ed a quelli di nuoto di Kazan 2015.
Secondo Evgenia Pecherina il 99 % degli olimpionici russi usò sostanze dopanti.
Un sistema quindi.
Hanno parlato Yuliya Stepanova, ex ottocentista squalificata per l’alterazione del passaporto biologico nel 2013, e suo marito Vitaliy Stepanov, che alla RUSADA lavorava.
Raccontano di tecniche per eludere i controlli, di discorsi molto chiari sul come puntare al podio e di come la federazione abbandoni gli atleti non di primo piano trovati positivi.
Non accadrebbe lo stesso con chi è affermato o ritenuto potenzialmente da medaglia.
In questo caso racconta Stepanov il ministero è pronto a insabbiare.
Stepanov allarga poi il raggio del suo attacco: "Contatti con altri atleti russi? Appena parli sei bandito da tutto e tutti: dallo sport, dai club, dall'esercito, dalla Gazprom. Chi parla perde tutto e deve ricominciare da zero".
"Se ci succede qualcosa tutti devono sapere che non sarà stato un incidente".
In un video mostrato nell’inchiesta di Seppelt, si vedeva Stepanova ricevere da un suo allenatore delle pillole di Oxandrolone, uno steroide di sintesi derivato dal testosterone, vietato dal Comitato Olimpico Internazionale.

"Devi doparti, così è come funzionano le cose in Russia. I funzionari e gli allenatori ti dicono chiaramente che non puoi andare avanti con le tue capacità naturali. Per vincere delle medaglie devi avere dell’aiuto. E quell’aiuto è il doping"

E torna in mente Viktor Chegin, indagato e sospeso dall’agenzia antidoping russa, ma tranquillamente ai bordi del tracciato della 20 chilometri di marcia durante gli ultimi Europei.
Il tecnico, allenatore di molti marciatori russi, ha il poco invidiabile record di 18 suoi atleti squalificati per doping.
Il capo della federazione Valentin Balakhnicev era stato categorico circa l’impossibilità che Chegin facesse parte della delegazione, invece era in Svizzera e i suoi uomini sono stati protagonisti
Conclusioni che hanno spinto la WADA a chiedere l'esclusione della Russia da tutte le competizioni internazionali, compresi ovviamente i Giochi di Rio.

"Tutti i dirigenti pubblici accusati nel rapporto WADA di essere coinvolti nello scandalo doping saranno temporaneamente sospesi dai loro incarichi fino alla fine delle indagini"
Putin: "La comunità internazionale è testimone di una pericolosa ricomparsa della politica che interferisce con lo sport"

Il report, presentato in una conferenza stampa a Toronto, è stato condotto dal professore canadese Richard McLaren.
McLaren sostiene che la denuncia "è supportata da prove" e che delle pratiche illecite veniva costantemente informato, in occasione dei Giochi di Sochi, il viceministro dello Sport, Yuri Nagornykh.
In pratica "Non poteva non essere a conoscenza della cosa, viste le dimensioni del fenomeno".
Oltre alla collaborazione del centro nazionale di preparazione del Team Russia c'è anche quello dei servizi di sicurezza (l'FSB).
La commissione sospetta inoltre che sia stato usato un “laboratorio parallelo”, situato nei dintorni di Mosca, per aiutare a coprire l’uso massiccio di doping, esaminando gli atleti prima dei controlli ufficiali: in questo modo, chi risultava “pulito” veniva mandato ai laboratori antidoping riconosciuti dalla WADA, mentre chi veniva trovato positivo al doping veniva fermato e coperto dal “sistema”.
Il laboratorio parallelo sarebbe controllato dall’amministrazione comunale di Mosca, e questo, insieme al possibile coinvolgimento del ministro dello sport, potrebbe aggravare la situazione della Russia, in quanto anche alcuni organi statali erano a conoscenza delle irregolarità.
Agli atleti risultati positivi durante i test anti doping nel laboratorio parallelo, venivano estorti anche dei soldi, spesso con ricatti, per coprire le tracce di positività: ARD sostiene che la vincitrice delle ultime due maratone di Chicago Lilija Šobuchova abbia pagato circa mezzo milione di euro per evitare un test anti doping.
L'FSB, si legge nel rapporto, ha creato una vera e propria "banca delle urine pulite".
Gli atleti scelti dovevano raccogliere il liquido lontano dai periodi di utilizzo delle sostanze dopanti, poi avveniva il trasporto al congelatore sistemato nell'edificio della stessa agenzia a Sochi, pronta per attingervi quando c'era da scambiare il campione.
Per assicurarsi che il peso specifico del campione "pulito" corrispondesse a quello dell'originale, si aggiungeva sale da cucina per aumentarne la densità, o acqua distillata per diluirla.
A esempio tra il 10 settembre e il 10 dicembre 2013 i campioni che venivano conservati a Mosca sono stati modificati.
E per quanto riguarda quelli dei Mondiali di atletica a Mosca, nel 20013, "i tappi delle provette sono stati aperti e l’urina alterata sostituita con una «pulita» prima che le provette venissero inviate ad altri laboratori, su istruzione della IAAF".
"Il personale del laboratorio non aveva scelta" riguardo alla trasparenza del sistema, recita ancora il rapporto.
A insabbiare, bruciare documenti e distruggere prove sarebbe stata addirittura la FSB, i servizi segreti russi che hanno preso il posto del KGB e che sarebbero stati chiamati in causa per operazioni di questo tipo per ben 25 volte.
Una accusa dettagliata, resa possibile anche dalle dichiarazioni dall'ex direttore del laboratorio antidoping russo, Grigory Rodchenkov, fuggito negli USA dopo la morte in circostanze poco chiare di due colleghi.
Kamaiev, capo della RUSADA era stato stroncato da un infarto nello scorso febbraio, mentre pochi giorni prima, Viaceslav Siniov, che era stato leader del comitato esecutivo, aveva perso la vita in circostanze misteriose.


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