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lunedì 28 maggio 2018

La Storia Di Leon McKenzie: I Divorzi, Il Tentato Suicidio, Il Carcere e La Boxe

Leon McKenzie, nato a Croydon (Londra), iniziò la sua carriera calcistica con il Crystal Palace, facendo il suo debutto durante la stagione 1995/96.
Fu un qualcosa di strano, visto che veniva da una famiglia di pugili.
Infatti papà Clinton e zio Duke erano stati entrambi campioni europei e britannici (il papà) e mondiale (lo zio, oggi apprezzato commentatore TV).
Pugile è stato anche il fratello di Clinton e Duke, Winston McKenzie, ma dopo un problema alla retina fu costretto a dire addio a questo sport.
Tornando a Leon, nel 1997 andò in prestito al Fulham e nel 1998 al Peterborough United, dove segnò 9 gol in 15 partite.
Dal 2000 in poi, al Peterborough, ci rimase.
In tre anni a London Road fu in grado di segnare 49 gol in 103 partite.
Per 325.000 sterline poi venne venduto al Norwich, facendo una doppietta al suo debutto permettendo di battere i rivali dell'Ipswich Town a Portman Road.
Grazie alle sue reti il Norwich venne promosso in Premier League nel 2003/04, nonostante una buona stagione i canarini non riusciranno ad evitare la retrocessione.
Si ricorda però la sua grande prestazione (con tanto di rete) che permise al Norwich di battere il Manchester Utd di sir Alex Ferguson.


I DUE DIVORZI, LA DEPRESSIONE, IL TENTATO SUICIDIO E IL CARCERE
La stagione 2005/06 per McKenzie fu molto difficile in quanto interrotta da infortuni e problemi personali (tra cui problemi con la moglie che lo porteranno al divorzio).
L'anno successivo firmò per il Coventry City, ironia della sorte l'esordio con la nuova maglia sarebbe dovuto essere proprio con il Norwich, tuttavia, McKenzie non potè prendere parte al match per una clausola nel suo trasferimento.
Fece il suo debutto ancora contro l'Ipswich Town a Portman Road.
Prima di venire nuovamente tormentato dagli infortuni, disputò una buona stagione.
Nella stagione 2008/09 segnò nell'esordio stagionale contro il suo vecchio club, il Norwich City.
Fu il 100esimo gol della sua carriera, festeggiò sollevandosi la maglietta per mostrare il numero "100".
Verrà ammonito per ciò.
Poi passò al Charlton ed è qui che inizia il momento di carriera più brutto per Leon.
Segnò solo 1 gol e venne rilasciato dopo la stagione 2009/10.
Salgono a 2 i divorzi con le mogli (anche i suoi genitori si erano separati quando lui aveva 8 anni) ed è qui che McKenzie inizia a soffrire di una grave forma di depressione, provando anche il suicidio.
Chiamo il padre Clinton per dirgli "addio", quest'ultimo però riuscì miracolosamente a salvarlo negli ultimi secondi di semi-coscienza in una vuota stanza d'albergo a Bexleyheath.
La sorella Trecey si era tolta la vita a 23 anni.
L'8 settembre 2010 firmò un contratto con il Northampton Town fino alla fine della stagione 2010/11.
Al termine del 2011 annuncia il suo ritiro dal calcio giocato ma l'anno successivo torna a giocare con il Corby Town nella Conference North, prima del definitivo ritiro nel 2013.
Chiude la carriera con 118 gol in 405 partite.
Nel 2012 finisce anche in carcere (6 mesi) per non aver pagato multe comminate per eccesso di velocità.

McKenzie: "Ero così spaventato. Finii in una prigione di categoria A con assassini, stupratori e pedofili. Condivisi la cella con queste persone. La cosa divertente è che ebbi tanto rispetto lì dentro. Un ragazzo mi disse: "Ho ucciso sette persone. Te cosa hai fatto?'
"La mia testa era offuscata e ho commesso alcuni errori alla guida. Non ero mai stato nei guai con la legge. Ho fatto un errore, sono stato stupido. Sono sicuro che molte persone lo hanno fatto.
Quando sei depresso non pensi alla logica, alle cose giuste. Ti senti solo ed isolato"



LA NUOVA CARRIERA NELLA BOXE
La volontà di combattere una grande battaglia, quella che riguarda la sua rinascita, morale, spirituale, mentale e fisica, porta Leon verso il ring, in qualche modo verso il destino legato alla sua famiglia.
A 34 anni infatti, debutta sul quadrato, come il papà, come lo zio.
E subito manda KO due volte il suo avversario, John Mason.
È un grande inizio di una nuova carriera, soprattutto è la rinascita di una nuova vita.

McKenzie: "La gente oggi mi dice 'quindi ora stai bene, Leon, perché stai facendo belle cose nel Pugilato?' Io rispondo 'No, soffro ancora, ma ho imparato ad affrontare questi problemi e so come recuperare. Questa è la differenza' "
Con 5 vittorie e un match pari si presenta sul ring per conquistare il suo primo titolo master pro.
Contro il croato Ivan Stupalo non è affatto favorito ma all'interno della York Hall, tempio londinese del Boxe, resiste per le dieci riprese di cui è composto l'incontro e poi i giudici lo premiano con la corona: è lui il nuovo campione.
"È stato un match lungo e faticoso", ha detto Leon dopo la proclamazione.
"Ringrazio tutti quelli che mi sono stati vicino, in questa mia nuova avventura. Faccio fatica a credere davvero di poter vivere questi momenti, soprattutto se penso a cinque anni fa... Grazie a Dio, che mi ha dato la forza di svoltare. Il mio viaggio continua". 
Al destino di famiglia non si può sfuggire, soprattutto se ti aiuta a rinascere.


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venerdì 25 maggio 2018

Migliori Dispositivi Indossabili Per Attività Sportiva

In questo articolo vedremo i migliori dispositivi indossabili per l'allenamento sportivo.
Si tratta di Smartwatch, orologi indossabili, software e quant'altro che ottimizzano gli allenamenti (corsa, ciclismo, nuoto, etc) permettendo di misurare frequenza cardiaca, VAM, VO2 max, etc


SwimWatch (per chi nuota registra l'indice swolf, inerente l'efficienza della nuotata e quindi dello stile utilizzato, il numero di bracciate e quant'altro)

Garmin Forerunner 935 (GPS multisport per l'analisi delle prestazioni, rivelazione cardiaca al polso, profili sport integrati)

Apple Watch Nike+ (GPS ed altimetro integrati, resistente all'acqua e con tutte le funzioni canoniche dell'Apple Watch)

Polar V650 (Bike Computer con GPS integrato, possibilità di caricare mappe Open Street e VAM in tempo reale. Compatibilità con sensori di potenza)

Suunto Spartan Sport HR Blue (GPS Multisport e monitoraggio della frequenza cardiaca)

Wellness & Wireless Superop (Sfigmomanometro per la rivelazione di pressione e battito cardiaco)

Fitbit Flex 2 (Fitness tracker impermeabile. Led per monitorare il progresso giornaliero dell'attività fisica svolta)

Samsung Gear Fit2 Pro (Fitness band resistente all'acqua. GPS integrato, monitoraggio cardiaco, conteggio vasche e tempi)

Smartwatch (GPS integrato, cardiofrequenzimetro, giroscopio, altimetro, VO2 max cioè il massimo consumo di ossigeno)

SuperOp (rivelatore di forma, dispositivo che da una misurazione quotidiana di battito e pressione)

ReactionSync (si tratta di un software che ottimizza l'allenamento analizzando la condizione soggettiva sulla base di diverse variabili)


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sabato 19 maggio 2018

I Casi Di "Batting Out Of Turn" In MLB

"Batting Out Of Turn" nel Baseball e in generale in MLB non è una cosa che capita tutti i giorni, ma, soprattutto nelle partite di National League con i cambi di lanciatore e i double-switch, a volte vengono commessi errori di questo tipo.
Di cosa si tratta? Quando un battitore batte prima dell'ordine stabilito e diventa un corridore o viene eliminato e la squadra in difesa, prima dell'inizio della battuta successiva, se ne accorge, l'umpire chiama l'out sul battitore successivo nel lineup e annullano tutto ciò che è derivato dalla palla colpita dal battitore "fuori turno".
Il caso più recente è quello accorso una decina di giorni fa in Reds v Mets quando Asdrubal Cabrera viene messo secondo in battuta (davanti a Wilmer Flores) nel foglio consegnato agli arbitri e agli avversari, ma il maxi-schermo invertiva le posizioni.
Flores viene eliminato al piatto e Cabrera batte un doppio con due out nel primo inning.
A quel punto il manager dei Reds (Jim Riggleman) avverte gli arbitri che i Mets non hanno battuto secondo l'ordine stabilito.
Da quel momento si scatena il finimondo.
In un primo momento Cabrera viene chiamato out dagli arbitri, ma secondo il regolamento è invece Jay Bruce (cioè il battitore successivo appunto) a dover essere eliminato.
Nel 2016 a Washington, i Milwaukee Brewers mandarono a battere Ryan Braun invece di Jonathan Lucroy come terzo in battuta.
Il manager dei Nationals Dusty Baker andò a protestare e Braun fu chiamato out.
Circa dieci anni fa, furono i Reds che sbagliarono a fare il double-switch (cambio di posizione nel lineup del lanciatore e del sostituto in difesa) e seguirono l'ordine sbagliato.
Nel 2013 nella parte inferiore dell'ottavo inning, i Rangers apportarono alcune modifiche al lineup.
Geovany Soto entrò in partita come catcher battendo sesto mentre Beltre (entrato come esterno destro) batte quinto. In precedenza, l'esterno destro aveva battuto sesto e il catcher quinto.
Nella parte superiore del nono, Soto battè nell'ordine giusto.
Beltre invece battè fuori turno (era prima di Soto non dopo).
Jurickson Profar venne eliminato automaticamente, terminando l'inning.
Nel 2007 i Blue Jays si ritrovarono con due lineup diversi tra quello fissato nel dugout e quello consegnato agli arbitri.
Il primo at-bat della carriera di Dwight Evans, ex Red Sox e Baltimore Orioles fu irregolare, perchè battè al posto di Cooper, che era entrato come Evans a partita in corso.
Nel 1995 successe un casino impressionante a Montreal, tra Expos e Mets.
Quando Luis Aquino e Cliff Floyd entrarono in partita nella parte superiore del sesto inning, l'arbitro di casa, erroneamente decise che Aquino stava battendo quinto e Floyd nono.
Quando Floyd entrò come battitore numero 5, il manager di Mets, Dallas Green, segnalò che gli Expos non stavano rispettando l'ordine di battuta.
Felipe Alou degli Expos disse di avere inserito appunto Floyd quinto e Aquino nono e che fu l'arbitro a commettere l'errore.
Alou per tutta risposta venne espulso.
L'umpire poi permise a Floyd di battere, nonostante sapesse che non era il battitore giusto.
Poi però chiamò Aquino fuori per non aver rispettato l'ordine di battuta.
Dopo aver chiamato out Aquino, il prossimo battitore sarebbe dovuto essere quello nel sesto spot, Sean Berry.
Tuttavia, l'arbitro Don January decise che Aquino avrebbe dovuto battere nuovamente.
Poi Berry concluse l'inning con un ground out.
Quindi, Aquino battè due volte. Nonostante questa confusione vinsero gli Expos, 9-6.
Nel 1980 Dusty Baker, ai tempi ad Dodgers, fu mandato a battere nel turno di Cey, causando l'eliminazione di quest'ultimo, e poi, nel suo turno di battuta giusto, battè un fuoricampo da tre punti.
Ci fu anche un caso nella World Series del 1925 fra Senators e Pirates.
Questi sono solo qualche esempio, in realtà la storia della MLB ne è piena di questi errori:
Batting Out Of Turn (MLB)



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mercoledì 16 maggio 2018

Grande Slam Nei Principali Sport: Chi C'è Riuscito

Per Grande Slam ci si riferisce ai principali tornei di un dato sport, vinti dallo stesso atleta, nella stessa annata.
Ovviamente si tratta di imprese al limite dell'impossibile quindi leggendarie.


CICLISMO
Giro D'Italia (Ita)
Tour De France (Fra)
Vuelta (Spa)

Mai successo.



GOLF
Masters (USA)
US Open (USA)
British Open (UK)
PGA Championship (USA)

Ci riuscì nel 1930 solo Bobby Jones (USA) ma ai tempi c'erano l'US Amateur e il British Amateur, oltre all'US Open e al Championship.



IPPICA
Triple Crown USA:
Kentucky Derby (USA)
Preakness Stakes (USA)
Belmont Stakes (USA)

Riusciti in 12.

Triple Crown UK:
2.000 Guiness Stakes (UK)
Epsom Derby (UK)
St.Leger Stakes (UK)

Riusciti in 15.



SALTO CON GLI SCI
Oberstdorf (Ger)
Garmisch Partenkirchen (Ger)
Innsbruck (Aut)
Bischofshofen (Aut)

Letteralmente qui il Grande Slam viene chiamato "Quattro Trampolini", a riuscirci in due: Swen Hannawald (Ger) nel 2002 e Kamil Stoch (Pol) nel 2018.



SNOOKER
UK Championship (UK)
The Masters (UK)
World Championship (UK)

Quattro hanno compiuto quest'impresa: Steve Davis (Ing) nel 1988, Stephen Hendry (Sco) nel 1990 e 1996, infine Mark Williams (Wal) nel 2003.



TENNIS
Australian Open (Aus)
Roland Garros (Fra)
Wimbledon (UK)
US Open (USA)

Impresa riuscita a Don Budge (USA) nel 1938 e a Rod Laver (Aus) nel 1962 e 1969.
Tra le donne: Maureen Connolly (USA) nel 1953, Margaret Court (Aus) nel 1970 e Steffi Graf (Ger) nel 1988.


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giovedì 10 maggio 2018

Daryl Morey e Le Statistiche Avanzate In NBA: Moreyball

"Someone created the box score and he should be shot"

Daryl Morey, informatico, ha preso le redine degli Houston Rockets dal 2007.
Laureato in informatica e specializzato in statistica, Daryl Morey è un innovatore per quanto riguarda le statistiche avanzate in NBA (Advanced Stats).
Le sue squadre si costruiscono con metodi analitici e statistici.
Nel mondo del Basket ha creato la % reale che dà maggior peso al tiro da 3 rispetto al tiro da 2 e ha sempre visto di cattivo occhio tiri poco remunerativi come i "Long Two".
Cioè niente tiri dal perimetro: o da 3 o penetrazioni.
Il suo stile di gioco è stato soprannominato “Moreyball” gioco di parole con Moneyball (di Billy Beane e degli Oakland Ahtletics, siamo in MLB).
Non a caso le squadre costruite da Morey sono sempre incentrate sul tiro da 3.
Va sottolineato però che Dean Smith, leggendario coach di North Caroline, già negli anni 50 parlava di punti e possessi.
Tra le mansioni di Smith c’era quella di comunicare ai giocatori due informazioni, all’intervallo e alla fine di ogni incontro: i punti segnati e quelli subiti, in relazione ai possessi giocati.

Charles Barkley (telecronista ed ex campione dei Rockets): "Morey è uno di quegli idioti che pensano solo alle statistiche. Ho sempre pensato che le statistiche siano merda.
Se Morey entrasse in questa stanza non saprei riconoscerlo.
Non ho mai messo i Rockets tra le contender per il titolo perché non lo sono, avere buone statistiche difensive non vuol dire essere una buona difesa, hanno concesso 118 punti (contro i Suns) e nessuna buona difesa concede 118 punti.
Sono stati una squadra mediocre per anni, poi hanno preso Harden e Howard pagandoli molti soldi. Ora parlano di statistiche, analytics e cose simili, ma se si basano solo su questo è chiaro che non hanno mai giocato a Basket e non hanno mai rimorchiato una ragazza all’high school"

Comunque PER (Player Efficiency Rating), Offensive Rating, Defensive Rating, etc sono molto utili per analizzare un team o un giocatore a 360 gradi, mettendo in luce dati inimmaginabili se portati all’estremo nel loro utilizzo.


PLAYER EFFICIENCY RATING (PER)
Il PER è una versione più sofisticata della classica Valutazione.
Tiene infatti conto di quasi tutti i parametri della Valutazione, ma, attraverso una serie di fattori e l’introduzione del Pace (Ritmo) di squadra e di Lega, permette di avere un valore univoco di riferimento, posto pari a 15.00 (valore oltre 25.00 è da MVP); in questo modo è possibile confrontare l’efficienza di tutti i giocatori, dato che il loro apporto statistico è normalizzato su una scala comune.
I contributi difensivi sono limitati a palle rubate, stoppate e falli commessi: quindi il classico giocatore 3&D che produce poco in attacco avrà maggiori difficoltà a raggiungere alti valori PER, ma questo non significa che non sia utile quando è in campo.


OFFENSIVE RATING
Il valore dell'Offensive Rating di una squadra (o di un singolo giocatore) equivale ai punti segnati da questa su una base di 100 possessi.
L'Offensive Rating rappresenta meglio l'efficienza offensiva di una squadra rispetto alla più semplice " Punti segnati per Partita ".
Questo perchè, a seconda del tipo di gioco e del ritmo, una squadra può giocare più o meno possessi a partita.
Una squadra che gioca con un ritmo più alto tenderà a segnare sempre più punti di una squadra con un ritmo più basso, ma ciò non vuol dire che questa abbia un attacco migliore.


DEFENSIVE RATING
Numero di punti concessi da una squadra o da un giocatore agli avversari ogni 100 possessi.
Si ipotizza che i cinque difensori in campo siano equamente bravi a forzare palle perse e ostacolare tiri e si suddividono quindi i tiri sbagliati e le palle perse degli avversari in base ai minuti in campo dei singoli difensori.


POINTS PRODUCTED PER SCORING POSSESSION PER GAME
Sono i punti che il singolo giocatore riesce a produrre in base ai suoi possessi che si concludono con un tiro realizzato o tentato (da 1, 2 o 3 punti) o con una palla persa.
Trovato questo valore di punti lo si media per il numero di partite per ottenere la produzione di punti del giocatore a partita.


TRUE SHOOT PERCENTAGE
Percentuale al tiro che tiene conto solo dei tiri da 3 e dei liberi.


ADVANCED DEFENSIVE METRICS FOR NBA
Questo è il primo fondato e strutturato tentativo di quantificare l’impatto difensivo individuale di un giocatore.
La definizione di Counterpoints? «La media ponderata dei punti segnati contro uno specifico difensore, per 100 possessi».
Per comprendere l’impatto di questo studio basti sapere che si stima che solo il 10% del totale dei dati statistici attualmente disponibili riguarda la metà campo difensiva.


TIRI DAL CAMPO E PERCENTUALI
Le statistiche “Tiro da 2” e “Totale tiri” sono inutili e fuorvianti perchè tirare da 40 cm è diverso da tirare da 6 metri.
E lo stesso vale per i tiri totali dove vengono considerati anche i tiri da 3.
Vanno comparate solo conclusioni che ha senso comparare.
Dal punto di vista della percentuale, l’unico dato da fornire è quello della cosiddetta percentuale “reale”, cioè quella che dà maggior valore ad un canestro realizzato da 3 rispetto ad uno da 2 e permette di comparare davvero le percentuali di un tiratore con quelle di un centro che segna solo da sotto il canestro.
Accanto a questo dato, sarebbe opportuno fornire la cosiddetta “True Shooting Percentage”, cioè quella che mette nel conto anche i tiri liberi (con valore naturalmente inferiore ai canestri dal campo).


ASSIST
L'occhio elettronico dovrebbe determinare cosa sia o meno un assist sulla base del tempo che intercorre tra passaggio, ricezione e tiro.
Dire che ogni passaggio che produce un tiro entro “x” decimi di secondo è un assist è un dato oggettivo.
Inoltre, sarebbe il caso di tenere conto di chi riceve quel passaggio, in modo da stabilire quali sono le intese più produttive all’interno di una squadra o una lega.


RIMBALZI DIFENSIVI ED OFFENSIVI
Divisione netta tra rimbalzi offensivi e difensivi, che non hanno alcuna relazione tra di loro.
Vero che alcune doti fisiche e tecniche sono utili per catturare sia gli uni che gli altri, ma finisce lì. Quello che davvero ci interessa è invece sapere in che zona del campo i rimbalzi vengono catturati, oltre che da chi.
Le telecamere di cui abbiamo parlato ci possono anche fornire quanti rimbalzi vengono presi da un determinato giocatore quando ha una possibilità oggettiva di catturare il pallone.


PALLE PERSE E RECUPERI
Non si può mischiare un brutto passaggio, una violazione di passi ed un fallo in attacco.
Non si possono considerare identiche palle perse che conducono ad un immediato contrattacco (Live Ball Turnovers) e situazioni in cui il tempo si ferma.
E’ ora di creare una tabella palle perse molto più utile rispetto ad un dato aggregato che lascia il tempo che trova.
Idem per i recuperi, naturalmente.


VALUTAZIONE E PLUS/MINUS
Un punto segnato ed un fallo subito (magari perché l’avversario lo spende volontariamente) non possono avere, mai e poi mai, lo stesso valore.


PLAYER TRACKING
Qui si raggruppano le statistiche analizzate dal sistema Sport VU, composto da sei telecamere piazzate sui soffitti di ogni arena NBA, che permette di monitorare dall’alto il movimento di ogni singolo atleta presente sul parquet di gioco.
Tutte le informazioni vengono incluse in questa categoria, che abbonda di un enorme quantità di dati utili per definire meglio le prestazioni dei giocatori, come ad esempio i tiri presi in situazioni di "Catch And Shoot" o la velocità media con cui si muovono, insieme alla distanza percorsa a partita.
Per "Drives" si intende quante volte un giocatore si avvicina a canestro all’interno dei 3 metri partendo da una distanza maggiore di 6 metri.
Sono esclusi i contropiedi ma si tiene conto di quanti punti vengono segnati ogni volta che ci si avvicina al ferro.
Spostandoci nella metà campo difensiva, invece, una statistica interessante è quella denominata "Rebounding Opportunities": cioè numero di volte che un giocatore si trova a circa 1 metro dalla zona di un rimbalzo.
Misura il numero di rimbalzi catturati da un giocatore rispetto al numero di quelli disponibili, sia se il rimbalzo è contestato da un avversario sia se è stato deviato verso un compagno.


PLAY TYPE
Questa è un'altra categoria importante delle Advanced Stats.
Qui si analizza quello che avviene in ogni giocata all’interno di una partita per produrre ciò che si è prefissati, che può essere una transizione offensiva ad esempio.
Synergy Sports cataloga tutte le azioni che prendono parte appunto in ogni situazione di gioco di ogni gara, per dare a tutti una visione maggiore su come giocatori e squadre eseguono attacco e difesa.


I 13 RUOLI
L’ingegnere Muthu Alagappan, dell’università di Stanford, ha sviluppato un modello che riconosce 13 ruoli di gioco, anziché i 5 tradizionali (il che gli è valso un premio della MIT Sloan Sports Analytic Conference); tra questi, ci sono definizioni come “Scoring Rebounder” o “Jump-shooting Ball-handlers”.

Alagappan: "Molto spesso ottengo dei risultati che, secondo me, non hanno senso da un punto di vista cestistico. Sono logici da un punto di vista matematico, ma quel che mi chiedo è dove sto sbagliando, in termini di scelta dei dati o di metriche, che porta il software a non capire quel che gli viene chiesto. Il gradino è tutto lì, il software lavorerà sempre in modo corretto, ma tutto sta nell’affidargli il compito giusto, e per farlo ricorro all’intuito"


L'ENTROPIA DELL'ATTACCO E IL TRIANGOLO DEI LAKERS
Jennifer Fewel e Dieter Armbruster, hanno condotto uno studio interessante relativo ai Playoffs 2010; creando una mappa dei passaggi, dimostrando, cifre alla mano, che il Triangolo dei Lakers (che vinsero il titolo) è il sistema migliore per distribuire il pallone, spiegando, da un punto di vista matematico, quel che Tex Winter ha sempre saputo: se ci sono cinque passatori in campo, la difesa deve prendere in considerazione un numero maggiore di potenziali minacce.
Maggiore è l’entropia dell’attacco (ossia l’apparente casualità) e maggiori saranno le chance di vittoria.


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giovedì 3 maggio 2018

La Storia Di Wenger All'Arsenal: Vittorie, Disfatte, Litigi

"Una squadra di calcio è come una bella donna. Quando non glielo dici, se ne dimentica"

Il 12 ottobre 1996 Arsene Wenger, ex allenatore del Nagoya Grampus, viene ingaggiato dall'Arsenal.
In realtà il vice-presidente David Dein avrebbe voluto Arsene già l'anno precedente ma il board dei Gunners era contrario nell’idea di sostituire George Graham e per giunta con uno straniero, ai voti, il risultato fu un 7-1 contro.
Era vista come una scelta troppo rischiosa.
Nessun altro club della Premier League, allora, aveva un manager non britannico, e Peter Hill-Wood, l’allora proprietario, era preoccupato anche da come uno straniero avrebbe gestito il turbolento spogliatoio della squadra:

"C’erano comportamenti non propriamente buoni. Problemi con Tony Adams, Paul Merson e uno o due altri giocatori"

Adams, il capitano e nazionale  inglese, aveva passato due notti in prigione nel 1991, dopo aver distrutto la sua Ford Sierra contro un muretto a Rayleigh, nell’Essex, ed era risultato positivo con un tasso di quattro volte superiore al massimo consentito all’alcol test.
Merson, invece, era dipendente da alcol, cocaina e gioco d’azzardo.
Stewart Houston fu scelto come traghettatore fino al termine della stagione, e infine il board optò per Bruce Rioch, manager del Bolton, come successore di Graham.
Ebbe l'intuizione di portare Bergkamp ad Highbury ma comunque durò pochissimo in quanto litigò con Ian Wright.
Il 1 ottobre 1996 si realizzò il sogno di Dein: ovvero portare Wenger a Londra.
Lui era soddisfatto, ma la stampa scettica.
L’Evening Standard titolò: «Arsène who?».
Arrivò dopo otto partite dall’inizio della Premier, ingaggiando Rémi Garde e Patrick Vieira.
Quando Wenger iniziò il suo lavoro, ai giocatori sembrò di essere tornati a scuola: Adams pensava che l’Arsenal avesse assunto un «professore di geografia», non un manager di calcio.


RIVOLUZIONI
Se chiedete ai giocatori quale sia stato il segreto dietro al double dell’Arsenal del 1998, molti risponderanno: broccoli, pesce bollito e riso bianco.
I broccoli avevano completamente sostituito le barrette di Mars e i cibi grassi nel centro di allenamento dei Gunners.
Le innovazioni di Wenger non si fermarono al cibo.
Spostò il centro di allenamento lontano dai campi che l’Arsenal divideva con gli studenti dello University College London, a Sopwell House.
Ma quello che lo distingueva più dagli altri manager, e in cui spiccava, era lo scouting.
In un’epoca in cui la maggior parte dei club inglesi compravano giocatori internamente, Wenger conosceva il mercato inglese proprio negli anni in cui stava producendo un’intera generazione di futuri campioni del mondo e d’Europa: Vieira, Emanuel Petit, Nicolas Anelka, Marc Overmars dall’Ajax.
Gary Neville qualche anno più tardi avrebbe detto che quell’Arsenal era la squadra più forte che avesse mai incontrato in Inghilterra.

"I migliori di tutti, meglio del Chelsea di Mourinho, anche meglio degli Invincibili. Dal portiere alla punta è difficile trovare una sola debolezza. Non credo di aver mai incontrato una squadra così forte fisicamente"

Wenger non cambiò niente in difesa. Non aveva bisogno di alcun aggiustamento.
Vieira e Petit erano mostruosi su a centrocampo.
Il nazionale inglese Ray Parlour teneva la squadra bilanciata sul lato destro, mentre la velocità di Overmars e Anelka annientava i difensori.
Wenger, proprio grazie alle sue intuizioni di scouting, riusciva a trovare giocatori come Freddie Ljungberg a costi irrisori.
Fece crescere talenti come Ashley Cole (poi affermatosi al Chelsea e diventato titolare inamovibile della nazionale inglese come terzino sinistro).
Era inoltre il re della plusvalenza: Anelka fu acquistato per 760.000 euro e rivenduto a 35 milioni, parte dei quali destinati alla costruzione del centro di allenamento super avenzato di London Colney. Con i soldi incassati dalle cessioni di Petit e Overmars al Barcellona, 43 milioni di euro, portò a Londra Robert Pirés, Lauren e Wiltord.
Poi, naturalmente, comprò Thierry Henry (con Shearer il più grande giocatore della Premier League).
La coppia difensiva degli Invincibili 2003/04 (26 vittorie e 12 pareggi in campionato, impresa riuscita solo al Preston North End a fine 800) fu assemblata con soli 185.000 euro.
Sol Campbell fu convinto a lasciare il Tottenham e varcare il confine della rivalità senza pagare una sterlina.
Kolo Touré verrà ricordato come uno dei migliori affari di sempre di Wenger.
Si sarebbero meritati, quell’anno, di vincere la Champions League.
L’anno in cui l’Arsenal vinse la Premier League senza subire una sola sconfitta fu lo stesso in cui Wenger acquistò il giovanissimo Cesc Fábregas dal Barcellona.
La sua capacità di pianificare e costruire squadre era fenomenale.
Con il suo 4-2-3-1/4-5-1, dogma dell’allenatore, standardizzato perfino nel settore giovanile, in modo da creare un serbatoio di Wenger-players già formati sui dettami tattici richiesti dal tecnico al momento del salto in prima squadra.
Le transizioni rapide, il gioco offensivo basato su pochi, il gioco veloce fatto di rapidi passaggi corti, l’attacco alla profondità degli esterni d’attacco, le sovrapposizioni di quelli difensivi, il portiere che deve saper impostare l’azione trovando l’ampiezza dei terzini, il centravanti fisico che sappia aprire gli spazi alle spalle dei difensori, una mezzapunta che cerchi la rifinitura e una cerniera di centrocampo che sappia abbassarsi e scalare quando è in fase di non possesso.
Ma non è tutto oro quello che luccica pechè è tutto troppo chiaro, lineare, standard.
Così come le stagioni che si susseguono secondo una sceneggiatura in fotocopia: buona partenza, periodo di rallentamento, crolli improvvisi e rinascita, costantemente tardiva ed illusoria.
La parabola degli Invincibili e dell’Arsenal quale nuovo modello ispiratore in Europa, però, s’inceppa nelle successive stagioni.


NUOVO STADIO E L'ARRIVO DEGLI SCEICCHI
Wenger guardava costantemente avanti, stadio compreso.
Nel primo decennio di Arsène Wenger, l’Arsenal vinse 11 trofei (Premier League del 1998, 2002 ed appunto 2004 e 4 FA Cup tra le altre) e raggiunse una finale di Champions League (persa a 9 minuti dalla fine contro il Barcellona e dopo aver giocato nettamente meglio tutta la partita e per giunta in inferiorità numerica), nel secondo (gli anni dell’Emirates) 6 trofei (di cui 3 FA Cup ma nessun titolo).
Perchè? La Premier League stava cambiando grazie agli sceicchi, spendendo a livelli che non si erano mai visti prima.
L’Arsenal, invece, non spendeva.
Il panorama calcistico, in Inghilterra, era stravolto.
Arrivarono Roman Abramovic al Chelsea, poi Mansour al Manchester City.
Inoltre stavano sempre da fare i conti con il Manchester United di sir Alex Ferguson.
Wenger lo chiamò "doping finanziario. È come avere pietre contro le mitragliatrici".
Cole, attirato dai soldi, se ne andò al Chelsea.
Gael Clichy, Bacary Sagna, Emanuel Adebayor e Samir Nasri seguirono i soldi, al Manchester City. Fabregas, il capitano, voleva tornare a Barcellona per lavorare sotto Guardiola.
Ogni partenza rafforzava l’idea che i migliori giocatori dell’Arsenal non credevano più di poter vincere all’Emirates.
Inizia inoltre un'infinità di acquisti miopi e di scelte errate a livello gestionale che insieme ad un contesto nazionale in vertiginosa crescita (Chelsea, United, City e Premier League in generale) fungono da detonatore.
Soprattutto i nuovi calciatori che sbarcano nell’avveniristico Emirates sembrano destinati al passo del gambero: tre avanti e due indietro.
Nessuna reale consacrazione in quella che un tempo era una fucina miracolosa di esterni offensivi di spessore internazionale.
In quell’ultimo terzo di campo, dal 2006/07, si susseguono agli ordini di Wenger: Rosicky, Hleb, Júlio Baptista, Nasri, Bendtner, Adebayor, Walcott, Arshavin, Gervinho, Oxlade-Chamberlain, Cazorla, Podolski, Welbeck.
Senza dimenticare il simbolo contemporaneo dei Gunners, Van Persie, e i due grandi investimenti Özil e Alexis Sánchez.
La giostra alsaziana brucia esterni offensivi, mezzepunte, ali, seconde punte: giocatori di talento, selezionati secondo il rigido dettame wengeriano dell’adattabilità ad un gioco di ripartenze, attacchi alla profondità e tagli veloci nello spazio.
Sembra sempre tutto scritto: l’Arsenal fallisce sistematicamente gli snodi cruciali di ogni stagione, ma si qualifica sempre per la Champions (preliminari o meno) dove viene inevitabilmente eliminato agli ottavi (quasi sempre da squadroni va sottolineato: Barcellona, Bayern), ogni quattro anni riesce ad alzare una FA Cup.
Dopo aver perso la finale di League Cup contro il Birmingham, e dopo l’8 a 2 subito all’Old Trafford, non fu una sorpresa che Robin Van Persie si trasferì al Manchester United.
I tifosi ormai esausti cominciarono ad arrabbiarsi.
Ferguson, grazie anche ai suoi mind games, lamentò la morte di una rivalità storica.
Gli mancavano comunque le risse tra Vieira e Roy Keane nel tunnel.
La strategia sviluppata dallo United con cui sconfisse l’Arsenal nella semifinale di Champions del 2009 continuava a funzionare bene.
Wenger, almeno contro Ferguson, non si adattò mai, e lo United vinse 9 delle ultime 12 gare tra le due, prima del ritiro di Sir Alex.
L’ostinazione, specialmente nel non cambiare mai stile di gioco nelle partite in trasferta e contro diretti contendenti al titolo, ha lasciato Wenger esposto alle accuse: era arrogante ed ebbe la presunzione di non rinforzare mai la difesa.
Ad ogni modo, l’Arsenal poteva (può) permettersi eccome certe spese.
L’Emirates frutta da solo 101,84 milioni di sterline ogni anno, una cifra che nessuno stadio al mondo è capace di raggiungere, e la società ha un utile netto (226,5 milioni di sterline) maggiore di Barcellona, Real Madrid e Bayern Monaco messi insieme (senza parlare poi dei diritti TV monstre della Premier League).
Una situazione che indispettisce molto i tifosi dell’Arsenal.
L’Arsenal si è qualificato in Champions League per 20 stagioni consecutive.
Tuttavia 14 anni senza un campionato vinto è un periodo troppo lungo.
Il 2015/16 sarebbe dovuto essere l’anno dell’Arsenal, complici le crisi di City, United e Chelsea ma ha vinto incredibilmente il Leicester City.
E, ciò, ha rivendicato il pensiero di Wenger secondo cui si può avere successo anche senza spendere una fortuna.
Si sa che in amore i litigi ci sono e ne compongono una delle parti più importanti. Il calcio in questo non fa differenza tanto che come detto i tifosi Gunners nell'ultimo periodo hanno chiesto a gran voce la separazione dal tecnico francese.
Il famoso ritornello "Wenger In, Wenger Out", al quale Arsene aveva risposto così:

"Mi dispiace ma come potete vedere sono ancora qua. La scorsa stagione avete fatto di tutto per uccidermi, ma vi è andata male"

Lo snodo cruciale comunque e forse l'inizio della fine è la stagione 2016/17 quando l'Arsenal, arrivando quinta in campionato, finisce fuori dalla Champions League dopo 20 anni (1996/97).
Il 20 aprile 2018, tramite reciproco accordo con la società, Wenger decide di lasciare l'Arsenal.
E' la fine di un'epoca, nel bene o nel male.


LITIGI CON GLI ALTRI ALLENATORI E POLEMICHE
La sua esperienza in Inghilterra non si è composta solo di successi e disfatte sportive, ma anche di interessanti botta e risposta con gli altri allenatori.

"Noi all’Arsenal non compriamo superstar, le costruiamo"

"Sento una grande responsabilità. Non puoi certo lavorare qui per 20 anni e poi, dopo l'ultima partita persa, camminare fischiettando spensieratamente"

"Il rigore non c'era assolutamente: sappiamo che Raheem Sterling sa tuffarsi bene e lo ha fatto anche oggi. Siamo abituati a essere trattati in questo modo su questo campo"
(il duro attacco di Wenger alla gestione del direttore di gara Michael Oliver, reo di aver agevolato il Manchester City all'Etihad il 5 novembre, decretando un calcio di rigore sin troppo generoso e chiudendo un occhio sul fuorigioco in occasione del terzo gol dei Citizens che ha chiuso la gara 3-1)

Gli scontri più duri sono arrivati però con Mourinho, il nemico di sempre.
Si è giunti perfino alle mani, quando ormai le staffilate da lontano non bastavano più.

Nel 2005: "Non mi pare che il Chelsea di solito mandi in campo più giocatori nati e cresciuti in Inghilterra di quanto facciamo noi. Quanti ne hanno prodotti recentemente? Solo uno, John Terry"

Chiaramente non c'è botta senza risposta e così quella di José non si è fatta attendere: "Wenger ha davvero un problema con noi, penso che non sia sbagliato definirlo un voyeur".

E allora Arsene ha rincarato la dose: "Non è normale, è fuori dal mondo, è irrispettoso. E quando gli stupidi riescono ad avere successo, la gloria li rende ancora più stupidi"

Nel 2014: "Josè dice così perché ha paura di fallire"
Nel febbraio del 2014, Mourinho dichiarava che la sua squadra non era pronta a lottare per il titolo e Wenger non perdeva l’occasione per pungere il nemico.

Nel 2016 Mourinho (ormai manager del Manchester United): "Wenger riceve sempre il rispetto, io no, nonostante abbia vinto 18 mesi fa. Io ne ho tre, Wenger ne ha tre o quattro, non so. Significa che meritiamo rispetto. Wenger lo riceve sempre, ma io non penso di riceverlo. Il mio ultimo titolo risale a 18 mesi fa, non 18 anni fa, ma non percepisco il rispetto"

Anche Ferguson ha spesso assaggiato la lingua tagliente di Arsene quando ha definito il Manchester United più forte dell'Arsenal: "Ferguson dice di avere una squadra migliore della mia. Be', tutti sono convinti di avere a casa la moglie più bella"

E' rimasta nella memoria l'aggressione verbale alla terna arbitrale nella partita degli ottavi di Champions League contro il Milan del 30 marzo 2012, una vittoria per 3-0 inutile alla luce della sconfitta per 4-0 nell'andata.
Oltre alla citata rissa con Mourinho nel 2014, nel 2017 durante una partita tra i Gunners e il Burnley, in pieno recupero Wenger è stato espulso per insulti e parolacce rivolte al quarto uomo dopo che l'arbitro ha fischiato un rigore per gli avversari, poi realizzato.
Ma la questione non si è chiusa lì: nel tunnel, dove stava cercando di assistere al finale della partita, l'allenatore francese ha spintonato il quarto uomo.
Una partita tiratissima con tanta tensione, che ha visto l'Arsenal vincente grazie a un rigore di Sanchez al 98'.
Si ricordi anche nel 2015/16 il siparietto con Van Gaal (ai tempi allenatore del Manchester United) dove l'allenatore olandese a bordocampo si tuffò a terra (simulando il comportamento dei giocatori dell'Arsenal) davanti agli occhi della terna arbitrale, di Giggs (staff dello United) e dello stesso Wenger.
La cosa certa è che fuori dall’Emirates ci sono le statue di Herbert Chapman (rivoluzionario manager inglese degli anni 30), Tony Adams e Thierry Henry.
Un giorno, non troppo lontano, ce ne sarà anche una di Wenger.



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