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giovedì 3 maggio 2018

La Storia Di Wenger All'Arsenal: Vittorie, Disfatte, Litigi

"Una squadra di calcio è come una bella donna. Quando non glielo dici, se ne dimentica"

Il 12 ottobre 1996 Arsene Wenger, ex allenatore del Nagoya Grampus, viene ingaggiato dall'Arsenal.
In realtà il vice-presidente David Dein avrebbe voluto Arsene già l'anno precedente ma il board dei Gunners era contrario nell’idea di sostituire George Graham e per giunta con uno straniero, ai voti, il risultato fu un 7-1 contro.
Era vista come una scelta troppo rischiosa.
Nessun altro club della Premier League, allora, aveva un manager non britannico, e Peter Hill-Wood, l’allora proprietario, era preoccupato anche da come uno straniero avrebbe gestito il turbolento spogliatoio della squadra:

"C’erano comportamenti non propriamente buoni. Problemi con Tony Adams, Paul Merson e uno o due altri giocatori"

Adams, il capitano e nazionale  inglese, aveva passato due notti in prigione nel 1991, dopo aver distrutto la sua Ford Sierra contro un muretto a Rayleigh, nell’Essex, ed era risultato positivo con un tasso di quattro volte superiore al massimo consentito all’alcol test.
Merson, invece, era dipendente da alcol, cocaina e gioco d’azzardo.
Stewart Houston fu scelto come traghettatore fino al termine della stagione, e infine il board optò per Bruce Rioch, manager del Bolton, come successore di Graham.
Ebbe l'intuizione di portare Bergkamp ad Highbury ma comunque durò pochissimo in quanto litigò con Ian Wright.
Il 1 ottobre 1996 si realizzò il sogno di Dein: ovvero portare Wenger a Londra.
Lui era soddisfatto, ma la stampa scettica.
L’Evening Standard titolò: «Arsène who?».
Arrivò dopo otto partite dall’inizio della Premier, ingaggiando Rémi Garde e Patrick Vieira.
Quando Wenger iniziò il suo lavoro, ai giocatori sembrò di essere tornati a scuola: Adams pensava che l’Arsenal avesse assunto un «professore di geografia», non un manager di calcio.


RIVOLUZIONI
Se chiedete ai giocatori quale sia stato il segreto dietro al double dell’Arsenal del 1998, molti risponderanno: broccoli, pesce bollito e riso bianco.
I broccoli avevano completamente sostituito le barrette di Mars e i cibi grassi nel centro di allenamento dei Gunners.
Le innovazioni di Wenger non si fermarono al cibo.
Spostò il centro di allenamento lontano dai campi che l’Arsenal divideva con gli studenti dello University College London, a Sopwell House.
Ma quello che lo distingueva più dagli altri manager, e in cui spiccava, era lo scouting.
In un’epoca in cui la maggior parte dei club inglesi compravano giocatori internamente, Wenger conosceva il mercato inglese proprio negli anni in cui stava producendo un’intera generazione di futuri campioni del mondo e d’Europa: Vieira, Emanuel Petit, Nicolas Anelka, Marc Overmars dall’Ajax.
Gary Neville qualche anno più tardi avrebbe detto che quell’Arsenal era la squadra più forte che avesse mai incontrato in Inghilterra.

"I migliori di tutti, meglio del Chelsea di Mourinho, anche meglio degli Invincibili. Dal portiere alla punta è difficile trovare una sola debolezza. Non credo di aver mai incontrato una squadra così forte fisicamente"

Wenger non cambiò niente in difesa. Non aveva bisogno di alcun aggiustamento.
Vieira e Petit erano mostruosi su a centrocampo.
Il nazionale inglese Ray Parlour teneva la squadra bilanciata sul lato destro, mentre la velocità di Overmars e Anelka annientava i difensori.
Wenger, proprio grazie alle sue intuizioni di scouting, riusciva a trovare giocatori come Freddie Ljungberg a costi irrisori.
Fece crescere talenti come Ashley Cole (poi affermatosi al Chelsea e diventato titolare inamovibile della nazionale inglese come terzino sinistro).
Era inoltre il re della plusvalenza: Anelka fu acquistato per 760.000 euro e rivenduto a 35 milioni, parte dei quali destinati alla costruzione del centro di allenamento super avenzato di London Colney. Con i soldi incassati dalle cessioni di Petit e Overmars al Barcellona, 43 milioni di euro, portò a Londra Robert Pirés, Lauren e Wiltord.
Poi, naturalmente, comprò Thierry Henry (con Shearer il più grande giocatore della Premier League).
La coppia difensiva degli Invincibili 2003/04 (26 vittorie e 12 pareggi in campionato, impresa riuscita solo al Preston North End a fine 800) fu assemblata con soli 185.000 euro.
Sol Campbell fu convinto a lasciare il Tottenham e varcare il confine della rivalità senza pagare una sterlina.
Kolo Touré verrà ricordato come uno dei migliori affari di sempre di Wenger.
Si sarebbero meritati, quell’anno, di vincere la Champions League.
L’anno in cui l’Arsenal vinse la Premier League senza subire una sola sconfitta fu lo stesso in cui Wenger acquistò il giovanissimo Cesc Fábregas dal Barcellona.
La sua capacità di pianificare e costruire squadre era fenomenale.
Con il suo 4-2-3-1/4-5-1, dogma dell’allenatore, standardizzato perfino nel settore giovanile, in modo da creare un serbatoio di Wenger-players già formati sui dettami tattici richiesti dal tecnico al momento del salto in prima squadra.
Le transizioni rapide, il gioco offensivo basato su pochi, il gioco veloce fatto di rapidi passaggi corti, l’attacco alla profondità degli esterni d’attacco, le sovrapposizioni di quelli difensivi, il portiere che deve saper impostare l’azione trovando l’ampiezza dei terzini, il centravanti fisico che sappia aprire gli spazi alle spalle dei difensori, una mezzapunta che cerchi la rifinitura e una cerniera di centrocampo che sappia abbassarsi e scalare quando è in fase di non possesso.
Ma non è tutto oro quello che luccica pechè è tutto troppo chiaro, lineare, standard.
Così come le stagioni che si susseguono secondo una sceneggiatura in fotocopia: buona partenza, periodo di rallentamento, crolli improvvisi e rinascita, costantemente tardiva ed illusoria.
La parabola degli Invincibili e dell’Arsenal quale nuovo modello ispiratore in Europa, però, s’inceppa nelle successive stagioni.


NUOVO STADIO E L'ARRIVO DEGLI SCEICCHI
Wenger guardava costantemente avanti, stadio compreso.
Nel primo decennio di Arsène Wenger, l’Arsenal vinse 11 trofei (Premier League del 1998, 2002 ed appunto 2004 e 4 FA Cup tra le altre) e raggiunse una finale di Champions League (persa a 9 minuti dalla fine contro il Barcellona e dopo aver giocato nettamente meglio tutta la partita e per giunta in inferiorità numerica), nel secondo (gli anni dell’Emirates) 6 trofei (di cui 3 FA Cup ma nessun titolo).
Perchè? La Premier League stava cambiando grazie agli sceicchi, spendendo a livelli che non si erano mai visti prima.
L’Arsenal, invece, non spendeva.
Il panorama calcistico, in Inghilterra, era stravolto.
Arrivarono Roman Abramovic al Chelsea, poi Mansour al Manchester City.
Inoltre stavano sempre da fare i conti con il Manchester United di sir Alex Ferguson.
Wenger lo chiamò "doping finanziario. È come avere pietre contro le mitragliatrici".
Cole, attirato dai soldi, se ne andò al Chelsea.
Gael Clichy, Bacary Sagna, Emanuel Adebayor e Samir Nasri seguirono i soldi, al Manchester City. Fabregas, il capitano, voleva tornare a Barcellona per lavorare sotto Guardiola.
Ogni partenza rafforzava l’idea che i migliori giocatori dell’Arsenal non credevano più di poter vincere all’Emirates.
Inizia inoltre un'infinità di acquisti miopi e di scelte errate a livello gestionale che insieme ad un contesto nazionale in vertiginosa crescita (Chelsea, United, City e Premier League in generale) fungono da detonatore.
Soprattutto i nuovi calciatori che sbarcano nell’avveniristico Emirates sembrano destinati al passo del gambero: tre avanti e due indietro.
Nessuna reale consacrazione in quella che un tempo era una fucina miracolosa di esterni offensivi di spessore internazionale.
In quell’ultimo terzo di campo, dal 2006/07, si susseguono agli ordini di Wenger: Rosicky, Hleb, Júlio Baptista, Nasri, Bendtner, Adebayor, Walcott, Arshavin, Gervinho, Oxlade-Chamberlain, Cazorla, Podolski, Welbeck.
Senza dimenticare il simbolo contemporaneo dei Gunners, Van Persie, e i due grandi investimenti Özil e Alexis Sánchez.
La giostra alsaziana brucia esterni offensivi, mezzepunte, ali, seconde punte: giocatori di talento, selezionati secondo il rigido dettame wengeriano dell’adattabilità ad un gioco di ripartenze, attacchi alla profondità e tagli veloci nello spazio.
Sembra sempre tutto scritto: l’Arsenal fallisce sistematicamente gli snodi cruciali di ogni stagione, ma si qualifica sempre per la Champions (preliminari o meno) dove viene inevitabilmente eliminato agli ottavi (quasi sempre da squadroni va sottolineato: Barcellona, Bayern), ogni quattro anni riesce ad alzare una FA Cup.
Dopo aver perso la finale di League Cup contro il Birmingham, e dopo l’8 a 2 subito all’Old Trafford, non fu una sorpresa che Robin Van Persie si trasferì al Manchester United.
I tifosi ormai esausti cominciarono ad arrabbiarsi.
Ferguson, grazie anche ai suoi mind games, lamentò la morte di una rivalità storica.
Gli mancavano comunque le risse tra Vieira e Roy Keane nel tunnel.
La strategia sviluppata dallo United con cui sconfisse l’Arsenal nella semifinale di Champions del 2009 continuava a funzionare bene.
Wenger, almeno contro Ferguson, non si adattò mai, e lo United vinse 9 delle ultime 12 gare tra le due, prima del ritiro di Sir Alex.
L’ostinazione, specialmente nel non cambiare mai stile di gioco nelle partite in trasferta e contro diretti contendenti al titolo, ha lasciato Wenger esposto alle accuse: era arrogante ed ebbe la presunzione di non rinforzare mai la difesa.
Ad ogni modo, l’Arsenal poteva (può) permettersi eccome certe spese.
L’Emirates frutta da solo 101,84 milioni di sterline ogni anno, una cifra che nessuno stadio al mondo è capace di raggiungere, e la società ha un utile netto (226,5 milioni di sterline) maggiore di Barcellona, Real Madrid e Bayern Monaco messi insieme (senza parlare poi dei diritti TV monstre della Premier League).
Una situazione che indispettisce molto i tifosi dell’Arsenal.
L’Arsenal si è qualificato in Champions League per 20 stagioni consecutive.
Tuttavia 14 anni senza un campionato vinto è un periodo troppo lungo.
Il 2015/16 sarebbe dovuto essere l’anno dell’Arsenal, complici le crisi di City, United e Chelsea ma ha vinto incredibilmente il Leicester City.
E, ciò, ha rivendicato il pensiero di Wenger secondo cui si può avere successo anche senza spendere una fortuna.
Si sa che in amore i litigi ci sono e ne compongono una delle parti più importanti. Il calcio in questo non fa differenza tanto che come detto i tifosi Gunners nell'ultimo periodo hanno chiesto a gran voce la separazione dal tecnico francese.
Il famoso ritornello "Wenger In, Wenger Out", al quale Arsene aveva risposto così:

"Mi dispiace ma come potete vedere sono ancora qua. La scorsa stagione avete fatto di tutto per uccidermi, ma vi è andata male"

Lo snodo cruciale comunque e forse l'inizio della fine è la stagione 2016/17 quando l'Arsenal, arrivando quinta in campionato, finisce fuori dalla Champions League dopo 20 anni (1996/97).
Il 20 aprile 2018, tramite reciproco accordo con la società, Wenger decide di lasciare l'Arsenal.
E' la fine di un'epoca, nel bene o nel male.


LITIGI CON GLI ALTRI ALLENATORI E POLEMICHE
La sua esperienza in Inghilterra non si è composta solo di successi e disfatte sportive, ma anche di interessanti botta e risposta con gli altri allenatori.

"Noi all’Arsenal non compriamo superstar, le costruiamo"

"Sento una grande responsabilità. Non puoi certo lavorare qui per 20 anni e poi, dopo l'ultima partita persa, camminare fischiettando spensieratamente"

"Il rigore non c'era assolutamente: sappiamo che Raheem Sterling sa tuffarsi bene e lo ha fatto anche oggi. Siamo abituati a essere trattati in questo modo su questo campo"
(il duro attacco di Wenger alla gestione del direttore di gara Michael Oliver, reo di aver agevolato il Manchester City all'Etihad il 5 novembre, decretando un calcio di rigore sin troppo generoso e chiudendo un occhio sul fuorigioco in occasione del terzo gol dei Citizens che ha chiuso la gara 3-1)

Gli scontri più duri sono arrivati però con Mourinho, il nemico di sempre.
Si è giunti perfino alle mani, quando ormai le staffilate da lontano non bastavano più.

Nel 2005: "Non mi pare che il Chelsea di solito mandi in campo più giocatori nati e cresciuti in Inghilterra di quanto facciamo noi. Quanti ne hanno prodotti recentemente? Solo uno, John Terry"

Chiaramente non c'è botta senza risposta e così quella di José non si è fatta attendere: "Wenger ha davvero un problema con noi, penso che non sia sbagliato definirlo un voyeur".

E allora Arsene ha rincarato la dose: "Non è normale, è fuori dal mondo, è irrispettoso. E quando gli stupidi riescono ad avere successo, la gloria li rende ancora più stupidi"

Nel 2014: "Josè dice così perché ha paura di fallire"
Nel febbraio del 2014, Mourinho dichiarava che la sua squadra non era pronta a lottare per il titolo e Wenger non perdeva l’occasione per pungere il nemico.

Nel 2016 Mourinho (ormai manager del Manchester United): "Wenger riceve sempre il rispetto, io no, nonostante abbia vinto 18 mesi fa. Io ne ho tre, Wenger ne ha tre o quattro, non so. Significa che meritiamo rispetto. Wenger lo riceve sempre, ma io non penso di riceverlo. Il mio ultimo titolo risale a 18 mesi fa, non 18 anni fa, ma non percepisco il rispetto"

Anche Ferguson ha spesso assaggiato la lingua tagliente di Arsene quando ha definito il Manchester United più forte dell'Arsenal: "Ferguson dice di avere una squadra migliore della mia. Be', tutti sono convinti di avere a casa la moglie più bella"

E' rimasta nella memoria l'aggressione verbale alla terna arbitrale nella partita degli ottavi di Champions League contro il Milan del 30 marzo 2012, una vittoria per 3-0 inutile alla luce della sconfitta per 4-0 nell'andata.
Oltre alla citata rissa con Mourinho nel 2014, nel 2017 durante una partita tra i Gunners e il Burnley, in pieno recupero Wenger è stato espulso per insulti e parolacce rivolte al quarto uomo dopo che l'arbitro ha fischiato un rigore per gli avversari, poi realizzato.
Ma la questione non si è chiusa lì: nel tunnel, dove stava cercando di assistere al finale della partita, l'allenatore francese ha spintonato il quarto uomo.
Una partita tiratissima con tanta tensione, che ha visto l'Arsenal vincente grazie a un rigore di Sanchez al 98'.
Si ricordi anche nel 2015/16 il siparietto con Van Gaal (ai tempi allenatore del Manchester United) dove l'allenatore olandese a bordocampo si tuffò a terra (simulando il comportamento dei giocatori dell'Arsenal) davanti agli occhi della terna arbitrale, di Giggs (staff dello United) e dello stesso Wenger.
La cosa certa è che fuori dall’Emirates ci sono le statue di Herbert Chapman (rivoluzionario manager inglese degli anni 30), Tony Adams e Thierry Henry.
Un giorno, non troppo lontano, ce ne sarà anche una di Wenger.



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