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mercoledì 1 agosto 2018

L'Effetto Carnoustie, Van De Velde e Il British Open (Golf)

L'effetto Carnoustie è definito come "quello stato di shock mentale e psichico sperimentato affrontando la realtà, da parte di coloro le cui aspettative sono basate su false ipotesi"

Carnoustie è una piccola cittadina scozzese sita sul mare, nota più per l'Open Championship (British Open) che ogni tanto torna a fargli visita che altro. Questo percorso è conosciuto (soprattutto negli USA) come Car-nasty per le sue difficoltà (derivanti non solo dal percorso ma anche dal clima).
Dal punto di vista meteo, i problemi derivano principalmente dal forte vento. Per il resto si aggiungono: fiumi, fairway stretti, heavy rough e profondi bunker (tipici dei percorsi scozzesi).
Il termine "effetto Carnoustie" risale all'Open del 1999, quando i migliori giocatori del mondo (abituati a giocare su percorsi curati e relativamente senza vento), erano frustrati dalle inaspettate difficoltà del percorso Carnoustie (difficoltà aggravate anche dal tempo). Il diciannovenne spagnolo Sergio García di Spagna chiuse con 89 e 83 nei primi due turni, correndo a piangere direttamente tra le braccia della mamma. L'Open Championship del 1999 è ricordato soprattutto per il crollo del golfista francese Jean Van de Velde, che aveva bisogno solo di un doppio bogey six sulla buca 72 per vincere l'Open (tre colpi di vantaggio sugli inseguitori). Ma alla 18 (chiamata in modo beffardo "home", lunga 406 metri e bagnata dal fiume Barry Burn che taglia la buca due volte prima di ricomparire davanti al green) sbaglia clamorosamente la scelta del bastone (il drive al posto di un prudente ferro 3) e inaugura una serie sciagurata di tiri: rough alto vicino alle tribune, acqua, bunker.
Inizialmente spara col drive sorpassando il fairway e arrivando a pochi metri dall’acqua solo grazie al rough (erba alta) che frena in modo deciso la pallina che giungeva a gran velocità.
Dopo il rischio scampato, il francese prende dalla sacca il ferro e spara uno slice che sbatte in tribuna e poi rimbalza nell’erba alta (heavy rough).
Col terzo tiro, la pallina annega miseramente nel basso ostacolo d’acqua a pochi metri dall’ingresso.
Ora cosa fare? Rimettere la palla in gioco fuori dall'ostacolo con un colpo di penalità o giocare la palla in acqua?
Noncurante dei milioni di spettatori increduli in tribuna e davanti alla TV che si prendono gioco di lui, si toglie scarpe e calzini, tira su i pantaloni e con il volto stravolto rimane per 10 minuti buoni a studiare come colpire la pallina sott’acqua.

Michael Collins (ESPN): "Quando l’ho visto togliersi scarpe e calzini, arrotolarsi i pantaloni e scendere nel ruscello per provare a colpire direttamente da lì, ho pensato: mio Dio, qualcuno lo fermi. E’ impazzito!"

La scena entra di diritto nella storia del Golf (e non solo) ed è seguita da un epilogo drammatico.
Accortosi della follia, decide di ritornare sui suoi passi e droppare prima dell’ostacolo, tira e finisce in bunker! Qui tocca finalmente anche al suo collega che, beffa delle beffe, imbuca direttamente dal bunker stesso! Il francese imitandolo potrebbe evitare lo spareggio, invece termina in sette colpi comunque con un buon putt: finisce in parità quindi spareggio.
Sotto gli occhi increduli di migliaia di fan (tra cui la moglie Brigitte), Van De Velde chiuderà in seguito con un triplo bogey, consegnando di fatto la vittoria all’idolo di casa, lo scozzese Paul Lawrie.
In pochi minuti, il francese ha visto sfumare trionfo e carriera. Del resto, lo ha sempre detto anche Jack Nicklaus: "Niente come Carnoustie ha la capacità di infrangere tutti i tuoi sogni".
Per l'ottava volta nella sua storia, nel 2018, il British Open torna proprio su questo percorso.


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