Il sistema a uomo dominò quasi integralmente la scena fino agli inizi degli anni ‘60, quando apparvero i primi esperimenti di difesa maggiormente orientata sul controllo dello spazio.
La marcatura a uomo comunque rimase molto diffusa in Italia.
Il sistema a uomo prevede di difendere tramite marcature individuali dei giocatori avversari.
In un sistema così concepito la posizione di ogni calciatore è determinata in prima istanza da quella dell’avversario da marcare.
All’altro estremo, i sistemi difensivi più puramente a zona puntano a negare alla manovra offensiva avversaria gli spazi necessari al proprio sviluppo, disponendosi in maniera razionale in una struttura il più possibile compatta.
È facilmente intuibile come, in un sistema così ideato, il movimento di tutti i componenti della squadra debba essere coordinato nello spazio e nel tempo.
La posizione dei singoli calciatori è determinata principalmente dalla posizione del pallone e, in secondo luogo, da quella dei compagni.
Il tutto è programmato in anticipo: posizioni e distanze reciproche sono codificate a tavolino in funzione delle varie situazioni in campo, avendo come stella polare la posizione del pallone.
A livello offensivo, con la marcatura a uomo, dopo il recupero del pallone la disposizione della squadra non è sempre quella ideale per far ripartire un’azione offensiva: il relativo controllo degli spazi rende inoltre difficile la gestione degli inserimenti da dietro degli avversari e, quindi, il recupero del pallone è affidato principalmente a tackle e anticipi.
I sistemi a zona hanno il vantaggio di “dipendere” molto meno dal comportamento degli avversari: è più semplice riuscire a mantenere definita la struttura posizionale della squadra.
La quantità di campo che si sceglie di coprire, orizzontalmente e verticalmente, dipende da come è stata impostata la squadra.
La quantità degli spazi lasciati che si decide di lasciare scoperti è in conflitto con la necessità di ridurre al massimo i corridoi liberi tra le proprie linee (più i giocatori sono vicini, più gli spazi esterni alla struttura compatta della squadra saranno ampi) e proprio il controllo degli spazi interni/esterni al proprio schieramento può essere uno dei problemi dei sistemi difensivi a zona.
Per quanto riguarda invece il recupero del pallone, avviene principalmente tramite intercetto dei passaggi avversari ed è molto più indicato per far ripartire l'azione offensiva in quanto i giocatori sono posizionati al loro posto.
In anni recenti si ricorda Rafael Benitez, a Liverpool, che preferiva difendere a zona (soprattutto sui corner) ma anche Brendan Rodgers allo Swansea.
Poi come dimenticare Brian Clough.
Alan Hansen (ex difensore del Liverpool): "Nella difesa a zona, non si marca un giocatore, si occupa un'area di gioco. Le tre aree più importanti sono il tuo uomo sul primo palo, un uomo in mezzo nei primi 6 metri dell'area e poi uno nell'area piccola. Noi abbiamo sempre usato la zona negli anni 80 quando abbiamo vinto campionati e coppe europee con il Liverpool. Si trattava solo di vincere sulle prime palle e ripulire le seconde. L'altra cosa, naturalmente, era avere un portiere (Bruce Grobbelaar) che sapeva leggere bene le traiettorie dei cross"
Howard Wilkinson ha usato la zona per più di 30 anni nel calcio e l'ha implementato in molte squadre inglesi quando era direttore tecnico della FA.
Wilkinson: "La difesa a zona si basa sul principio che quando i calci di punizione vengono presi dagli avversari in posizioni allargate o dagli angoli, ci sono spazi pericolosi. Il sistema cerca di concentrarsi su determinati spazi considerati prioritari, mentre altri giocatori sono posizionati per difendere le seconde palle. Con la marcatura a uomo, gli attaccanti possono trascinare i difensori dappertutto, portandoli via dall'area. Nella zona si tratta più che altro di responsabilità collettive mentre a uomo no. A volte però i giocatori seguono la palla e gli attaccanti sono in grado di trovare spazio.
È un errore comune essere attratti da una palla, anche se non pericolosa.
Se non puoi arrivarci, devi difendere sulle seconde palle. La zona è più difficile da allenare, è più complessa di quella a uomo, ma è più utile. E' più efficace se è studiata in modo completo e i giocatori comprendono non solo i propri ruoli, ma anche quelli degli altri"
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