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lunedì 20 maggio 2013

Demolito Lo Stadio In Pendenza: Underhill (Barnet FC)

Underhill fu inagurato nel 1907 esattamente a Westcombe Drive(Barnet, Londra).
Il Barnet ha sempre avuto un fascino particolare, difficile da spiegare e ancora più difficile da capire.
Un piccolo stadio, 6200 posti di cui 2300 a sedere situato al capolinea nord della Nothern Line.
Se tra i professionisti gli stadi secolari/storici sono tanti: Hillsborough, Old Trafford, il Victoria Ground, Anfield, il Den, il Roker Park, il City Ground, il demolito Highbury, etc
Non vi è dubbio invece che tra i piccoli impianti Underhill forse è il gioiello principale.


DISLIVELLO DEL CAMPO
Ma perchè il Barnet suscita tutto questo fascino?
In primis il campo presenta un curioso dislivello visibile ad occhio nudo, una squadra che lotta spesso per non retrocedere tra i dilettanti, una media spettatori che raramente passa i 3000.
L'ultima giornata di questo campionato contro il Wycombe segna la fine di questo meraviglio impianto.
E così i tre fischi finali per l’ultima volta hanno tagliato l’aria di Underhill, 106 anni di vita di un impianto che andrà a morire perchè club e council non sono riusciti a trovare un punto in comune per una proficua collaborazione comune.
The Bees la prossima stagione giocheranno le partite in casa a The Hive, il complesso dove al momento si allenano, che di sicuro sarà moderno ma non attrarrà più lo stesso numero di carbonari del pallone, felici di stare in piedi al freddo e al gelo sugli spalti mai gremiti dello stadio al capolinea della linea nera con il campo in discesa(o salita).



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giovedì 16 maggio 2013

Doping Nel Calcio? Barcellona FC e Real Madrid (Operacion Puerto)

"Doping: il calcio dopo il ciclismo" è il titolo di un articolo in prima pagina del quotidiano Le Monde nel quale il giornale scrive di «aver avuto accesso a “piani di preparazione” di quattro club di calcio spagnoli per la stagione 2005-2006 tra i quali figurano il Real Madrid e il Barcellona».
I piani secondo Le Monde sarebbero stati scritti dal dottor Eufemiano Fuentes, medico coinvolto nell'Operacion Puerto.


DOCUMENTI
In questi documenti viene messo in evidenza come tramite un codice fatto di simboli e segni identificativi, fosse consigliato l'utilizzo di prodotti dopanti.
Tuttavia i documenti, riporta Le Monde, non rivelano l'identità dei destinatari.
Si tratta di semplici fogli in cui il dottor Fuentes avrebbe scritto a mano i piani di preparazione dei due club.
Il primo documento analizzato da Le Monde è il 'planning' della stagione 2005-2006 del Barcellona. Realizzato per rispondere all'obiettivo principale del club: la coppa dei campioni, vinta in maggio dai catalani(in finale contro l'Arsenal), il foglio presenta numerosi simboli.
Frecce inclinate verso l'alto o verso il basso indicano dei periodi d'intensa competizione o di test fisici, scrive Le Monde.
A seconda di questi appuntamenti e del calendario del campionato spagnolo sono segnati a mano altri simboli, come un cerchio, una sigla, ecc.
Questi simboli rappresentano la somministrazione dei prodotti dopanti.
Così la lettera “E” chiusa tra due parentesi corrisponde all'estrazione o alla trasfusione di sangue ed il punto inscritto all'interno del cerchio fa riferimento alla somministrazione di EPO.
Tutto ciò(spiegazione dei simboli) trova conferma nel 2013 dopo la decodifica di tutti questi simboli grazie ai casi di doping di Ivan Basso, Cipollini, Pantani, etc


PIANI PERSONALIZZATI PER OGNI SINGOLO ATLETA
Sempre secondo alcune informazione del quotidiano francese questi piani di preparazione atletica non erano realizzati solo per la la squadra ma vi erano dei programmi personalizzati per alcuni giocatori.
«Non posso parlare, ho ricevuto minacce di morte», ha drammaticamente confessato lo stesso Fuentes nel 2006 a seguito di una intervista sullo stesso giornale.
«Mi hanno detto che se parlo di certe cose metto a repentaglio la mia vita e quella dei miei cari: mi hanno contattato tre volte, e non voglio che lo facciano una quarta».
Nell'intervista Fuentes ha anche dichiarato di aver salvaguardato la salute di tutti gli atleti con i quali lavorava» non posso certo essere accusato di aver attentato alla salute pubblica, ammette il medico, in 29 anni di professione nessun atleta che si è rivolto a me ha avuto problemi di salute, e se poi le sostanze che gli somministravo per proteggerlo erano proibite, per me è sempre stato di secondaria importanza».
Fuentes ha anche rivelato di essere stato contattato da una squadra italiana.


CLUB COINVOLTI
Oltre alle citate Real Madrid e Barcelona, vanno aggiunte anche Valencia e Real Betis.
Queste le quattro squadre accusate ai tempi.
Ma nel 2013 la rete doping si è allargata con l'inclusione anche della Real Sociedad per ammissione dell'ex presidente.
Infatti Iñaki Badiola, presidente della Real Sociedad nel 2008, dichiara al quotidiano As che la squadra basca avrebbe acquistato prodotti dopanti a partire dal 2001 e fino al suo arrivo.
Badiola rivela di essere venuto a conoscenza del fatto che Eduardo Escobar and Antxon Gorrotxategi, membri dello staff medico della Real nel periodo incriminato, avrebbero tenuto un registro delle spese sostenute per acquistare farmaci vietati.
La Real Sociedad arrivò al top del calcio spagnolo nel 2003, quando chiuse al secondo posto nella Liga.
Sotto la sigla che accusa la Real Sociedad(RSOD)sono stati rinvenuti altri nomi sospetti in un primo momento collegati al calcio: ALFREDO(Di Stefano? Presidente onorario del Real Madrid)e MILAN.
E' di giorni anche la notizia secondo la quale il Real Madrid dovrebbe dei soldi a Fuentes.
Lo stesso medico non ha specificato se si tratti di trattamenti medici o meno.
Ma le coincidenze cominciano a diventare troppe non trovate?



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Pantani e Il Doping (Carriera)

Prima d'iniziare a scrivere riportando questioni note e meno note, preciso che il fine di questo articolo non è quello di screditare la memoria di Pantani ma vuole solamente mettere in luce in modo obbiettivo ed oggettivo quanto successe durante la sua carriera.
E' tutto documentato su vari giornali (Gazzetta, Repubblica, Processi, Guardia Civil Spagnola, etc).


RISVOLTI OSCURI(AUTOPSIA)
Purtroppo la vicenda Pantani presenta molti lati oscuri, pur tuttavia io in questi anni una mia idea me la sono fatta.
Aiutato in primis dai tanti casi venuti alla luce(USADA, Operacion Puerto, etc) e in secondo luogo dalle tante questioni che hanno visto protagonista il pirata nella sua pur breve carriera.
Iniziamo dalla fine, ovvero dalla sua autopsia.
Su Wikipedia si legge che a seguito dell'autopsia il medico escluse "uso frequente e in quantità elevate di EPO".
Diciamo che già l'utilizzo di quei due aggettivi(elevato e frequente) quindi la precisazione affermano l'opposto, ovvero che furono rinvenuti sul suo midollo osseo tracce di EPO, malgrado l'uso non sia stato eccessivo(la frase può essere letta anche così).
Purtroppo questo tipo di test sono abbastanza limitati e coprono un periodo di tempo breve, inoltre Pantani non correva più da tempo quindi era abbastanza ovvio che poco prima di morire non prendesse sostanze dopanti.


EMATOCRITO BALLERINO
Nel 1999 scoppia lo scandalo Conconi.
Le accuse sono gravissime: doping, somministrazione di EPO ed altre sostanza dopanti.
Fra gli elementi decisivi dell'inchiesta il sequestro dei dati di un computer del centro di Ferrara nel quale comparivano per gli anni 93-95 i test di moltissimi campioni con valori ematici altalenanti: abnormi durante le gare, bassi nei periodi di riposo.
Nel file DLAB figura anche Marco Pantani e i suoi valori di ematocrito con l''inspiegabile (almeno dal punto di vista fisiologico) altalena di valori.
Codesto file raccoglie esami relativi alle stagioni '93, ' 94 e '95.
Quando nel 1994 vinse la prima tappa al Giro(a Merano) era sotto cura di EPO, come dimostrarono in seguito i file sequestrati al professor Conconi.
All'inizio Pantani non era che un semplice gregario di Chiappucci, anche se con buone doti per la salita e una propensione per le corse a tappe testimoniata dalla vittoria al Giro d'Italia giovanile.
Nel '93 sono solo due i piazzamenti fra i primi cinque e in corse assolutamente secondarie: alla settimana Siciliana e al Giro del Trentino.
Ma il ' 94 segna l'esplosione: e si cominciano a registrare i primi sbalzi nell'ematocrito: da 40,7% il 16 marzo, a ben 54,5% il 23 maggio in pieno Giro d'Italia.
E' il Giro vinto da Berzin (in rosa dalla quarta tappa fino alla fine, anche lui presente nel file dei test con valori abnormi) e siamo al preludio delle montagne da cui uscirà la rivelazione Pantani.
Vincerà infatti il 4 giugno a Merano e il giorno dopo all'Aprica staccando tutti sul Mortirolo.
Sullo "slancio", l'8 giugno, centrerà pure un terzo posto in una cronometro, non esattamente la sua specialità.
Il 13 giugno, giorno dopo la fine del Giro i suoi valori sono attorno al 58%, più o meno come il 27 luglio, alla fine del Tour (57,4%).
Pantani a quel Tour è terzo all'Hautacam(vittoria di Leblanc, che allora militava nella Festina, implicata nello scandalo doping del '98), è secondo il 15 a Luz Ardiden(vittoria di Virenque, sempre un "Festina"), quinto all'Alpe d'Huez, cade e resta staccato e risale fino al terzo posto a Val Thorens e alla fine è terzo sul podio della Grande boucle.
Nel '95 a marzo i suoi valori sono attorno al 45%, ma il Pirata dovrà rinunciare al Giro per via dell'incidente in allenamento a fine giugno, però in vista del Tour i suoi valori salgono ancora: 56%.
Vincerà all'Alpe d' Huez e a Guzet Neige.
Il 18 ottobre, poi, l'incidente nella Milano-Torino e i valori incredibilmente alti(60%) registrati al ricovero in ospedale. Insomma una variazione statisticamente pari al 41%, qualcosa di assolutamente inspiegabile dal punto di vista fisiologico/naturale.
"La media della variabilità fisiologica - dicono gli esperti, non supera il 5-10%, compreso il possibile errore di taratura della macchina (1%-1,5% per i laboratori degni di questo nome).



IL REFERTO DEI MEDICI A SEGUITO DELLA CADUTA NELLA MILANO-TORINO 1995
In quell’occasione Pantani venne ricoverato presso il Centro Traumatologico Ortopedico di Torino, dove gli vennero  diagnosticati la frattura  esposta della  tibia e del perone sinistro, un ematoma  post-traumatico alla coscia sinistra e contusioni multiple escoriate.

"In previsione dell’intervento chirurgico che si rendeva necessario per  la riduzione della frattura, il Pantani (come è citato negli atti processuali), all’atto del ricovero, veniva sottoposto ad un prelievo di sangue.
Dal relativo referto emergeva che il paziente presentava valori ematologici abnormi: 20,8 grammi per 100 millilitri di emoglobina, 6.690.000 di globuli rossi e 60,1% di ematocrito.
Il pubblico ministero presso La Pretura Circondariale di Torino, acquisita la cartella clinica di Marco Pantani, ipotizzava che l’anomalia riscontrata nei valori ematologici dell’atleta fosse dovuta all’assunzione "di medicamenti atti a stimolare l’eritropoiesi, ravvisava, inoltre, il reato di cui all’art. 1 della legge 13/12/1989 n. L. 401/89 , sul rilievo che l’utilizzo di tali stimoli farmacologici diretti ad incrementare i globuli rossi e ad apportare più ossigeno ai muscoli, con aumento della erogazione del processo aerobico e della prestazione di fondo, rientrasse nella nozione degli "atti fraudolenti" volti a raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione sportiva, menzionati nel comma primo della citata disposizione di legge".
A seguito di intervento del Procuratore  Generale presso la Corte di Cassazione, richiesto dalla difesa dell’indagato per regolare la competenza territoriale, il procedimento a carico di Marco Pantani veniva trasmesso al: Procuratore della Repubblica di Forlì.
In data 11/12/2000 il Tribunale Monocratico di Forlì, sezione distaccata di Cesena, condannava Marco Pantani alla pena di mesi tre di reclusione e £.1.200.000 di multa, nonché alle sanzioni accessorie di cui all’art 5 della L 40 1/89, per il reato di "frode in competizioni sportive" commesso: con le modalità specificate nel capo d’accusa trascritto in epigrafe"
(di questo processo parleremo più avanti)

Comunque  la conclusione dei professori Benzi e Ceci era dunque impietosa: anche gli altri valori ematologici, “globuli rossi, emoglobina e ferritinemia, sono assolutamente anomali sia per una persona normale, sia per un atleta di alto livello, sia per lo stesso Pantani”con la sua media di 45%.
Anche l’overdose di ferro era un altro “elemento coerente”: la spia di un trattamento ripetuto per compensare gli effetti dell’EPO, che aumenta l’emoglobina, ma necessita di robuste quantità di quella sostanza minerale.



FANINI CONTRO TUTTI
Fanini, ex direttore sportivo della squadra italiana Amore e Vita, a fine anni 90 rilascerà un'intervista molto dura sull'omertà del gruppo e sul ciclismo dei tempi.
"I corridori italiani si sono ritirati dalla Vuelta con qualche giorno d'anticipo, senza un motivo, per fare “rifornimento”, cioè assumere sostanze dopanti lontano da occhi indiscreti(questa fu una brillante intuizione di Fanini, infatti dopo lo scandalo dell'Operacion Puerto 2006 si è venuto a sapere che era vero che ai tempi chi abbandonava le corse lo faceva per rifornirsi o per fare autotrasfusioni di sangue).
Poi aggiunse "Bettini è informato sui “controlli a sorpresa” e spesso, in corsa, avvisa le squadre che la sera o la mattina dopo saranno sottoposte ai controlli.
Dunque big sanno in anticipo anche quando, al termine di una corsa, ci sarà o non ci sarà il controllo antidoping.
Perchè in un articolo che parla di Pantani tiro fuori questa storia?
Cosa c'entra Fanini con Pantani? Proseguite nella lettura e lo scoprirete.



PANTANI E LO SCAMBIO DI PROVETTE AL GIRO DEL 1998
Il grande anno di Marco Pantani è il 1998: anno dell'accoppiata Giro e Tour.
Il Giro del 1998 vede duellare Pantani e Tonkov, come tutti saprete ad arrivare in rosa a Milano(grazie ad un'incredibile cronometro) fu il pirata ma le polemiche non mancarono di certo.
Il citato Fanini dirà che in quel giro, all'antidoping, ci fu uno scambio di provette(di sangue) tra Pantani e Forconi(suo gregario).
A seguito del controllo antidoping venne mandato a casa Forconi al posto del capitano che era risultato positivo.
Così si disse.
Fanini aggiunse che il fatto gli era stato raccontato il giorno dopo nel suo ufficio da
Forconi stesso, suo ex corridore, alla presenza di numerosi testimoni di cui avrebbe potuto fare i nomi.

Ma vediamo un pò meglio questa storia nei particolari, dato che è molto interessante.
Era il giorno della cronometro finale che avrebbe deciso il Giro D'Italia.
Tonkov dopo il giro dirà: "Questo Giro doveva vincerlo un italiano. Lo volevano in molti".
All'arrivo a Lugano(la crono era in Svizzera), una polemica sorge.
Osserviamo i risultati della crono un po' più da vicino: Tonkov arriverà con 35" di ritardo da Gontchar, ne aveva 29" a Trieste.
Invece la squadra Mercatone Uno di Marco Pantani ha migliorato le sue prestazioni in modo incredibile: Massimo Podenza è finito secondo a 29"(aveva perso 2 minuti e 24" da Gontchar a Trieste).
Pantani è addirittura terzo a 30"(aveva perso 2'33" a Trieste).
Marco Vélo è quarto a 31"(aveva perso 1'58" a Trieste).
Gli uomini della Mercatone Uno dominano la classifica ed hanno guadagnato 2 minuti da una crono all'altra(simili come percorso e lunghezza: 35 km e 40 km), Tonkov invece rimase regolare e con più o meno lo stesso tempo.
Dei rumori circolano.
La mattina della crono, Riccardo Forconi, il compagno di squadra di Pantani, è messo fuori gara.
Il suo tasso di ematocrito è superiore al 50%.
Le prime voci: si dice che Pantani e Forconi abbiano scambiato le loro provette in occasione del controllo anti-doping.
Alcuni giorni più tardi, il giudice di Torino, Raffaelle Guariniello, apre un'inchiesta per far luce sulla vicenda.
Il giudice prova a recuperare le provette depositate all'ospedale Sant'Anna di Como per fare delle prove  con il DNA dei due e regolare questa storia una volta per tutte.
Sorpresa: la provetta di Forconi (Pantani?) è introvabile...
In mancanza di ulteriori accertamenti, il caso è abbandonato.
Un dubbio però viene perchè la provetta non c'era più?
Perchè Forconi, ormai fuori classifica, si sarebbe dovuto dopare il penultimo giorno del Giro D'Italia?
Fu Pantani a non passare il test antidoping?
Cosa sarebbe successo se Pantani avesse corso la crono di Lugano in condizioni normali?
Avrebbe vinto per alcuni secondi o avrebbe perso il Giro?
Questa storia, in mancanza di accertamenti, sembra finire in una bolla di sapone ma non è così perchè da lì a poco succederà il fatto di Madonna di Campiglio nel Giro del 1999.
Infatti a seguito di questa denuncia di Fanini, il pirata verrà controllato soventemente.



LA SQUALIFICA DI MADONNA DI CAMPIGLIO(GIRO D'ITALIA 1999)
Sabato 5 giugno 1999.
Madonna di Campiglio, Hotel Touring.
Alle 7.25 Coccioni, commissario internazionale dell’Uci, la federciclo mondiale, accompagnato da Beppe Martinelli, il direttore sportivo della Mercatone Uno-Bianchi, bussa alla porta della camera occupata da Marco Pantani.
Controllo antidoping a sorpresa: sangue.
Marco sta ancora dormendo.
Così si sveglia, si alza, apre la porta, si veste, insieme con Coccioni e Martinelli va nella stanza del direttore sportivo e si sottopone ai prelievi.
Poi torna nella sua camera.
E’ la mattina della ventunesima e penultima tappa, la Madonna di Campiglio-Edolo, quella con il Tonale, il Gavia e il Mortirolo prima dell’arrivo sull’Aprica.
La tappa regina.
Quella decisiva, quella definitiva, quella di Pantani.
Due ore dopo il controllo, Madonna di Campiglio è scossa dalle voci, è agitata dai segreti, rabbrividisce dalle ipotesi.
Nell’Hotel Majestic si muovono, silenziosi e misteriosi, i medici dell’Ospedale Sant’Anna di Como, il presidente di giuria Bochaca e l’ispettore medico del Giro Wim Jeremiasse.
Sfilano Antonio Salutini e Carlo Guardascione, direttore sportivo e medico della Saeco-Cannondale: è stato controllato Paolo Savoldelli, e il risultato è ok.
C’è Gigi Stanga, manager del Team Polti: è stato controllato anche Ivan Gotti, e il risultato è ok.
C’è pure Martinelli: è stato controllato anche Marco Velo, e il risultato è ok.
E ok sono anche i valori di Laurent Jalabert, Gilberto Simoni, Niklas Axelsson, Roberto Sgambelluri, Oscar Camenzind e Daniele De Paoli.
Quello che non è ok, e che finirà ko, è proprio Pantani: il valore del suo ematocrito è 52 per cento.
Marco Pantani è fuori gara.
Ufficialmente non idoneo alla pratica del ciclismo perché il suo sangue è troppo spesso.
Roberto Rempi, medico di Pantani, della Mercatone e della Federazione ciclismo qualche tempo dopo disse: "Alcuni corridori avevano per uso personale la centrifuga per misurarsi l' ematocrito.
Uno di questi era Pantani: lo vidi usarla al Giro d' Italia del 1999".



LA REAZIONE DI GIORGIO SQUINZI ALLA SQUALIFICA DEL 1999 DI PANTANI
"Giustizia sportiva, giustizia divina".
Basta la premessa a muso duro per capire che Giorgio Squinzi non si commuove per nessuno, figurarsi se lo fa per Marco Pantani. I due non si amano: nella prima settimana del Giro tra loro sono volati insulti sulla questione dei controlli del Coni agli atleti in gara.
Il Pirata diceva che andava bene cosiì , che non ce n'era bisogno, il patron della Mapei a dare piena disponibilità a qualunque esame sui corridori della sua squadra.
E adesso Squinzi presenta il conto: "E' una giornata orrenda per il ciclismo, ma e' semplicemente successo quello che doveva succedere".
Sembra quasi che lei se lo aspettasse. "E' dal febbraio del 1995 che chiedo a Verbruggen, il presidente dell' Unione ciclismo intenazionale, di fare controlli piu' seri anche su sostanze come l' Epo.
Non hanno voluto farli, ed eccoci qui, allo sfascio".
Di chi sono le responsabilita' per quello che e' successo? "Sicuramente non mie. La Mapei ha accettato tutti i controlli, compresi quelli del Coni per la campagna di "Io non rischio la salute".
Altra gente, e Pantani è in questa categoria, li ha rifiutati.
I miei corridori sono stati insultati e umiliati.
Pero' sono puliti, e' questa la nostra vittoria. E dovrebbe far riflettere il fatto che nei primi 30 della classifica generale non c'è  un solo ciclista della mia squadra..."
Lei pensa che questo Giro non sia stato "pulito"? "Le rispondo con un esempio: abbiamo confrontato le prestazioni in salita dei miei corridori, che sicuramente non sono brocchi e sicuramente sono puliti, e quelle del gruppo dei primi". I risultati? "A parita' di sforzo fisico, tra gli uomini Mapei e gli altri c'è una differenza di potenza del 20-25 %. E' questo non è umano, a parita' di condizioni non sarebbe possibile. Lo dico da sempre, per salvare questo sport c'è bisogno di regole chiare e pulizia totale, senza guardare in faccia a nessuno".
Sulla questione - controlli lei ha avuto discussioni animate con Pantani. "Mettiamo le cose in chiaro: è il signor Pantani che mi ha aggredito e mi ha accusato di esibizionismo. Ma evidentemente lo faceva perchè temeva controlli seri. E forse c'è da capirlo: aveva qualcosa da nascondere".
Ne e' sicuro? "Non nascondiamoci dietro a un dito. Se il signor Pantani è stato fermato dopo un controllo dell' UCI, che non è neppure dei piu' seri, figuriamoci cosa sarebbe successo se avesse accettato di sottoporsi a esami piu' attenti.
La verita' e' sotto gli occhi di tutti, basta volerla guardare".



COSA SUCCESSE QUEL GIORNO DEL 1999 A MADONNA DI CAMPIGLIO?
C’era una grande ipocrisia attorno a Pantani e lui probabilmente lo ha avvertito e questo ha finito con l’aggravare la sua depressione.
Lui è stato certamente una vittima ma in primo luogo una vittima delle persone che gli vivevano accanto e che lo hanno sfruttato fino all’ultimo minuto.
Pantani era la gallina dalle uova d’oro.
Ora si battono il petto e si cospargono il capo di cenere ma quando avrebbero dovuto metterlo in guardia ed indicargli la strada giusta non fecero una piega.
Perché nei giorni successivi ai fatti di Madonna di Campiglio nessuno lo convinse a comportarsi in modo diverso, a non recitare il ruolo di perseguitato dal sistema?
Perché quando nell’estate 1999 a Roma venne premiato dal Coni con il Collare d’oro ed i dirigenti dello sport gli proposero di ammettere le sue colpe e diventare l’alfiere dello sport pulito nessuno gli consigliò di accettare?
Sarebbe stata un’ottima via d’uscita dall’empasse nella quale si era andato a ficcare, ma lui rifiutò   » .  Già, Madonna di Campiglio, l’inizio della fine...
A volte bisogna pure avere il coraggio di ammettere, per quanto il momento sia delicato che oltre ad esser stato un campione... è stato anche un grande imbroglione.
Esiste una sentenza passata in giudicato e relativa proprio a Madonna di Campiglio che lo inchioda: non venne condannato soltanto perché nel 1999 il fatto non costituiva reato e in Italia il doping non veniva ancora punito penalmente.



VALORI: STANDARD POWER, WATT/KG, VAM
Nel 1998, Pantani chiuse al Tour De France con una Standard Power di 446 Watt.
Lance Armstrong 438 nel 2001.
Per fare esempi recenti Nibali chiuse con 417 nel 2014, invece Wiggins con 415, Lemond 408 nel 1989.
Valori considerati "anormali" sono sopra i 430.
Ma andiamo con ordine.
Nel 1994 Pantani sale sulle Deux Alpes con 460 Watt e 6.88 Watt/Kg.
Al Tour dello stesso anno, sull'Hautacam 465 Watt e 7.05 Watt/Kg e 451 di media (comprendendo anche le altre salite).
Nel 1995, al Giro della Svizzera addirittura 483 Watt per 7.18 Watt/Kg, valori poco inferiori per il Tour De France dello stesso anno (media 449 Watt).
Salta il 1996 per infortunio quindi balziamo al 1997: 6.89 Watt/Kg sull'Alpe D'Huez con 466 Watt standard power e 6.64 per 450 ad Arcalis (media complessiva del Tour 437).
1797 di VAM sull'Alpe D'Huez.
Nel 1998 e 1999 si giunge alla "follia" con valori che fanno impressione.
Picco a Piancavallo (Giro 98) con 7.25 Watt/Kg e 489 Watt di standard power (valori simili alla scalata di Riis sull'Hautacam nel 96 con il 65% di ematocrito).
Media complessiva 461.
Per il Tour 98 picco alle Deux Alpes 6.79 Watts/Kg e 450 Watt (chiuderà con 446).
Giro 99, Oropa e Madonna di Campiglio fanno impressione: rispettivamente 7.16 Watt/kg e 477 Watt, invece l'altra 7.38 Watt/kg per 490 Watt!
Non ci sarà un giorno dopo perchè verrà estromesso.
Nel 2000 e 2003 infine valori che calano: con medie dai 390 a 430 e dai 6 ai 6.50 Watt/Kg (6.27 sul Ventoux, quando arrivò insieme ad Armstrong).



ASSOLTO DAL CASO DOPING 1995 NON ESSENDOCI ANCORA UNA LEGGE CHIARA
Processo Forlì 2000.
Assolto, ma non perchè non s'era dopato, anzi.
"Il fatto non era previsto dalla legge come reato": con questa formula la corte di Appello di Bologna, dopo poco più di un'ora di camera di consiglio, ha assolto stamane Marco Pantani dall'accusa di frode sportiva per l'ematocrito a 60,1 dopo l'incidente alla Milano-Torino del 18 ottobre '95.
Così è stata ribaltata la sentenza di primo grado del giudice monocratico di Forlì Luisa Del Bianco che aveva condannato il corridore.
Sta di fatto, però, che la stessa pubblica accusa, sostenuta dal pg Attilio Dardani, aveva chiesto l'assoluzione con la formula del "fatto non è previsto come reato", aggiungendo però che "il fatto rappresentato nel capo d'imputazione, vale a dire l'assunzione di Epo, va ritenuto sussistente".
A parere di Dardani, quindi, ci fu l'assunzione di Epo, ma nell'89 questo fatto non poteva essere inquadrato come reato, perchè la frode sportiva non è applicabile al doping (la legge fu pensata soprattutto per le scommesse clandestine) e la legge antidoping è stata varata solo nel 2000, proprio per colmare un vuoto legislativo.
Dardani nella sua requisitoria aveva comunque ricordato che tutti i dati clinici di Pantani dopo il ricovero al Cto di Torino, in seguito all'incidente, avevano parametri alterati, tali da indicare una assunzione di Epo.
I valori sono il 60,1 di ematocrito abbinato al 20,8 di emoglobina, ai 6.690.000 di globuli rossi, alla ferritinemia a 1.500.
"Sulla base di questi elementi - aveva detto Dardani - va ritenuta sussistente l' assunzione esogena di Epo".
Al centro della vicenda processuale c'erano i 15 punti di ematocrito da "riempire". Il Pirata aveva 60,1, vale a dire 15 punti oltre quello che era stato ritenuto il valore di base del corridore, 45. Secondo i consulenti dell'accusa, che vennero scelti dal Procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello (il processo dal capoluogo piemontese era finito a Forlì dopo una eccezione di territorialità presentato dai difensori di allora) quei 15 punti in più erano dovuti all'assunzione di farmaci, cioè Epo.
I consulenti delle difesa, invece, avevano sostenuto una serie di concause per giustificare il 60,1: tra i quali errori nelle analisi.



GIRO D'ITALIA 2001: TROVATA FIALA D'INSULINA NELLA SUA STANZA
La storia risale al Giro del 2001, tappa di Montecatini.
Allora venne perquisito l'albergo della squadra di Pantani, anticipo del blitz, ben più clamoroso e coreografico (con le borse di medicinali che volavano dalle finestre e i corridori che le seguivano), di dieci giorno dopo, a Sanremo. Gli agenti del nucleo antisofisticazioni di Firenze scoprirono fiale di insulina.
Pantani, durante l'inchiesta, si difese sostenendo che la camera del ritrovamento non era la sua. Nell'audizione del lunedì cambiò versione: la stanza era la sua, non erano sue le fiale.
«Ho la coscienza a posto - parole di Pantani - e ho dato tutta la mia disponibilità perchè venga fatta chiarezza. Non possiamo avere paura di lasciare la camera e poi qualcuno ci va a mettere sostanze non lecite. C'è tanta gente, giornalisti a caccia di notizie in giro...».
Il signor Giacomo Ajello, procuratore capo del Coni, non sembrerebbe d'accordo, non condivide l'idea dei giornalisti tremendi che tramano per costruire lo scoop e neppure l'ipotesi del complotto di un avversario. Sinceramente speriamo che il procuratore abbia torto, che negli alberghi del Giro si sia avventurato un fantasma del Louvre capace di terrorizzare i ciclisti che fuggono in pigiama e di seminare fialette e pillole.
Purtroppo, una dopo l'altra le storie sono tante, alla fine ci si deve rassegnare a credere che qualcuna sia vera, anche se l'esame antidoping non c'è, ci sono solo delle fialette.
Illudiamoci che fossero lì solo per caso.



GIRO D'ITALIA 2001: IL GRANDE BLITZ DEI NAS.
Interi alberghi sotto assedio.
Un blitz congiunto della Guardia di finanza e dei NAS, oltre 200 persone arrivate da tutta Italia.
Siringhe e fiale che piovono giù dalle finestre.
"Sono ricostituenti", dice il massaggiatore della Mercatone Uno, scortato nel parco dell'hotel Des Anglais dai carabinieri. "Lasci perdere, lo so io cosa sono", risponde un carabiniere.
Accade tutto come in un film poliziesco.
Accade tutto all'improvviso, nel bel mezzo di un Giro d'Italia preceduto dalle solite polemiche, e squarciato da un ciclone che potrebbe cancellare, questa volta per sempre, il prestigio di una delle più popolari manifestazioni e di una disciplina che ha fatto la storia dello sport. E la tappa, quella di oggi, è a rischio: le decisione verrà presa a breve.
Doping, ancora una volta.
Doping, più che mai.
L'incursione di stasera ha riguardato tutte le squadre del Giro. E fra le tante la Mercatone Uno di Marco Pantani, di cui proprio quel giorno si ipotizzava il ritiro. Il massaggiatore della squadra, Pregnolato, è stato addirittura prelevato dai carabinieri in borghese e accompagnato nel parco, alla ricerca dei medicinali lanciati dalla finestra al momento del blitz.
Poi la perquisizione ha riguardato il camper utilizzato di norma dai ciclisti della Mercatone.
Ma le indagini erano iniziate da giorni.
Dal 27 maggio, per la precisione, quando i carabinieri avevano visitato le camere d'albergo lasciate libere dai corridori prima di incamminarsi per la tappa Montecatini-Reggio Emilia.
Nei cestini decine di siringhe, di flebo.



PROCESSO INSULINA GIRO D'ITALIA 2001.
Secondo la procura del CONI a violare le leggi sarebbe stato proprio il Pirata.
L' insulina, di cui si cominciò a parlare poco tempo dopo l' inizio dell' inchiesta, è usata da chi soffre per il diabete ed è una sostanza vietata dal CIO.
Il suo utilizzo, quindi, non sarebbe assolutamente giustificato.
L' insulina serve per aumentare il livello di Gh (l' ormone della crescita) e il potenziale energetico. La sua diffusione, pericolosissima, si starebbe ramificando nel mondo del ciclismo, dal momento che al vaglio degli inquirenti ci sono diversi altri casi sospetti. Così l' insulina va ad aggiungersi alla breve ma terribile lista di prodotti dopanti che hanno infestato il mondo del ciclismo: la famigerata EPO (l' eritropoietina) e la Nesp.
Per il romagnolo si tratta dell' ultima, pesante botta che accompagnerà il suo cammino di atleta nel futuro più immediato.
Conseguenza: la richiesta di sospensione dall'attività per quattro anni e carriera probabilmente finita.



LA MORTE 2004
A seguito dei vari processi che lo riguardarono, delle squalifiche e del non invito al Tour del 2001 della sua squadra la Mercatone Uno Bianchi Pantani entrò in uno stato di crisi profonda.
Il 14 febbraio 2004 fu trovato morto nella stanza D5 del residence "Le Rose" di Rimini. L'autopsia rivelò che la morte era stata causata da un edema polmonare e cerebrale, conseguente a un'overdose di cocaina.



L'EX FIDANZATA SUL PIRATA: "SI DOPAVA E PRENDEVA COCA CON ME"
Il suo è un racconto amaro, a tratti impietoso: è la storia di un uomo che ha fatto sognare l'Italia dei pedali, ma per il quale la salita della vita si è rivelata troppo impegnativa.
La ragazza, che ha ora 36 anni e ha vissuto a lungo a Cesenatico, abita ora a Losanna e nell' intervista rilasciata al periodico svizzero l' Hebdò, confessa di aver assunto anche lei la polvere bianca:
«Marco mi fece capire che voleva che io ne prendessi con lui. Era una sorta di prova d' amore.
Mi sono tuffata con lui nella speranza di ritrovarlo là dov' era finito e riportarlo indietro.
Quel periodo fu un incubo, ho risposto a una specie di ricatto, ed è stato un terribile errore».
La cocaina, sostiene l' ex fidanzata, trasformò profondamente il carattere di Pantani: «Ci siamo fatti del male. Eravamo soli, a casa, drogati e assediati dai giornalisti. Marco continuava a pensare che io lo tradissi. Era incredibilmente geloso.
Ma divenne anche paranoico, anche se credo che la vita del ciclista professionista renda paranoici perché si vive con il timore di tutti quei controlli antidoping».
Era la sera, racconta ancora Kristine, l' ora della sniffata: «Lui ne consumava in quantità industriali. Il suo fisico lo sopportava perché era eccezionale. Molto presto però i suoi genitori hanno capito che succedeva qualcosa». Fu a quel punto che i rapporti tra la famiglia Pantani e Kristine si guastarono: «Ai loro occhi ero la complice. Per la famiglia la colpa della droga era di Kristine, quella ballerina da discoteca».
L'ex fidanzata poi aggiunse: «Ho sempre avuto l' impressione che prendesse dei farmaci. Ma lo faceva da solo e valutando bene i rischi. Credo che pagasse di tasca propria i prodotti. Di questo comunque parlava con pochissimi, non si fidava neppure dei medici della squadra. Un giorno mi ha detto che bisognava prendere delle porcherie per avere successo. Aveva sempre dei prodotti in un contenitore di plastica dentro il frigo. A volte si faceva delle punture e io lo aiutavo, tenendogli il braccio».
Poi la ragazza ammette: «Ho sempre pensato che un giorno sarei tornata con lui e che sarei riuscita a farlo smettere di drogarsi: il giorno stesso della sua morte, prima di sapere la notizia, mi aveva preso un grande desiderio di rivederlo». Il campione LA FINE Marco Pantani è morto a 34 anni la sera del 14 febbraio in un residence di Rimini. L' autopsia rivelerà che è stata la cocaina a ucciderlo.



JESUS MANZANO ACCUSA PANTANI(OPERACION PUERTO)
Jesus Manzano uno dei più grandi accusatori del dottor Fuentes e che fece scoppiare lo scandalo Operacion Puerto, circa 2 anni dopo la morte di Pantani disse di aver visto più volte il pirata dal medico.
Lo sostiene, in un'intervista diffusa dalla tv francese 'France 3': quando all'ex corridore viene chiesto chi, prima dell'Operacion Puerto messa a segno a Madrid dalla polizia spagnola lo scorso maggio, frequentava il medico Eufemiano Fuentes, fa il nome anche del ciclista romagnolo.
"Più d'una volta l'ho visto - dice Manzano - e mi sono detto: 'Ma c'è anche lui, Marco Pantani".
Manzano, che aveva già denunciato nel 2004 le pratiche del dottor Fuentes ammettendo di essersi dopato anche lui, aggiunse: "Ho visto anche dei giocatori di calcio, non posso dire chi, ma erano dei calciatori di prima divisione...".



LE PRIME CONFERME: ANCHE PANTANI TRA I CLIENTI DI FUENTES NEL 2003
Le parole di Jesus Manzono trovarono conferma qualche anno dopo.
Infatti tra le carte del dottor Eufemiano Fuentes, c'era anche questo breve nome in codice: PTNI.
Secondo la Guardia Civil e secondo le informazioni pubblicate dalla rivista spagnola Interviù, quel codice nasconde il nome di Marco Pantani.
Nei documenti della «Operacion Puerto» che sta sconvolgendo il mondo del ciclismo, il legame tra Pantani e il dottor Fuentes risale al 2003, l' ultimo della carriera del corridore romagnolo, morto il 14 febbraio 2004.
Gli investigatori hanno infatti trovato un foglio che riguarda il paziente PTNI: al di là della facile assonanza col cognome completo di Pantani, sul foglio è segnato il calendario di alcune gare che Pantani ha corso quell'anno (tra cui la Settimana ciclistica internazionale, in cui arrivò secondo). Accanto a ogni gara ci sono uno o più simboli (asterischi, pallini, crocette): nella legenda del medico, corrispondono ai diversi prodotti dopanti da prendere.
C'è pure una nota a margine: «Sette tacche (evidentemente di una siringa, per calibrare la dose) dopo cena».
Nel 2003, l' anno che avrebbe potuto segnare il ritorno di Pantani al successo (ma arrivò solo 14° al Giro d' Italia), Fuentes prescrisse al corridore PTNI più di quarantamila unità di Epo (una quantità molto elevata), sette dosi di ormone della crescita, trenta di anabolizzanti e quattro di ormoni per la menopausa. Non si parla di trasfusioni, ma «solo» di sostanze dopanti.
Totale 36mila euro spesi.



ALTRE RIVELAZIONI DI NRC HANDELSBLAND: PANTANI DA FUENTES ANCHE NEI PRIMI ANNI DEL 2000
Nell'ormai tristemente nota Operacion Puerto, individuati anche altri pseudonimi in primis Panticosa altro pseudonimo di Marco Pantani(qui si parla di primi anni del 2000 quindi non solo 2003).
Coivolti anche Michele Bartoli, Romans Vainsteins e Fränk Schleck.
Il nome in codice di Bartoli era Sansone, mentre Vainsteins era Vains e Schleck era il "famigerato" Amigo de Birillo.
Per i due italiani si parla di vari trattamenti (tra cui EPO, autoemotrasfusioni, insulina, steroidi, testosterone e Aranesp) nei primi anni 2000.
Non deve sorprendere che Pantani fosse identificato con due pseudonimi(PTNI e Panticosa) perchè anche altri corridori subirono lo stesso "trattamento".
Fuentes era solito usare più nick per "inquinare" le acque, qualora il sistema fosse stato scoperto(cosa che poi successe nel 2006).



IL PARERE DI UN ESPERTO
Secondo Matt Rendell, Pantani usò EPO ricombinante durante tutta la sua carriera professionale.
Così si spiegherebbero gli sbalzi di ematocrito che hanno mostrato variazioni superiori a quelle possibili naturalmente e probabilmente le sue grandi vittorie furono principalmente dovute ai suoi alti livelli di ematocrito nel sangue.



CONSIDERAZIONI FINALI
Ora al di là di tutte queste questioni è giusto credere ancora al complotto interplanetario contro il pirata?
E' giusto, a seguito della confessione di Armstrong, tirare in ballo Pantani quasi come se si volesse nobilitarlo?
Il fatto che anche altri si dopassero, non purifica di certo chi ai tempi venne beccato quindi sospeso.
In secondo luogo, contrariamente a quello che molti affermano(auto-convincendosi), Pantani non fu il solo ad essere fermato: fu uno dei tanti all'epoca.
Ed Armstrong non fu il solo a farla franca.
Ci sono molti altri atleti indagati che per qualche motivo ai tempi non furono scoperti(la Rabobank su tutte, la Once, Kelme, Vitalicio Seguros, etc).
La cosa che secondo me si evince è che probabilmente anche Pantani fu "salvato" più volte, prima della squalifica di Madonna di Campiglio.
Lo stesso Fanini denunciò nel 1996 la stessa UCI che avrebbe ostacolato i NAS a seguito di controlli a sorpresa.
Come detto, diversamente dal caso di Lance Armstrong e di altri ciclisti dopati, Pantani non s’è mai visto cancellare dagli Albi d’Oro né revocare uno solo dei titoli sportivi conquistati negli anni dell’EPO sospettata e accertata: né dalla federazione ciclistica internazionale, né da quella italiana.
Forse, anziché inseguire improbabili complotti e impossibili riabilitazioni, varrebbe la pena di seguire il consiglio di Stefano Garzelli, storico gregario del Pirata: “Lasciamo che Marco riposi in pace”.


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Scandalo Doping Conconi: Corridori Coinvolti (DLAB)

Un doping pensato, studiato, organizzato e attuato dalle stesse strutture sportive che a parole intendevano combatterlo.
Il pm Pierguido Soprani scrive e consegna le conclusioni della sua inchiesta: anni e anni di doping, gestito dal professor Conconi e praticato su atleti del calibro di Moser, Bugno, Pantani, Di Centa, Fondriest.

I Nas di Firenze e Bologna, coordinati dal colonnello Stefanucci del nucleo centro Italia antisofisticazione, hanno notificato ieri mattina l'avvenuta conclusione dell'inchiesta e la parallela informazione di garanzia. Una raffica di accuse che coinvolge otto personaggi eccellenti: Conconi e i suoi medici collaboratori, Grazzi, Casoni, Mazzoni, Buzzoni, Manfredini.
Per loro, fra l'altro, associazione a delinquere, somministrazione di farmaci dopanti, abuso di professione farmaceutica. Per Ferrari, ex allievo di Conconi, somministrazione di farmaci dopanti; truffa per Domenicantonio Franzè, responsabile del laboratorio analisi dell'Usl di Ferrara, presso cui venivano fatti i test ematici degli atleti, senza neppure pagare il ticket.

Dall'altra parte, secondo il magistrato, un gruppo di atleti di varie discipline coinvolti.
Nomi illustri, che hanno fatto la storia di tante specialità.
460 gli atleti che sarebbero stati "trattati" con EPO, la famigerata eritropoietina.
Fra questi personaggi eccellenti: Manuela Di Centa, olimpionica dello sci di fondo, arrampicatasi adesso fino al rango di rappresentante in seno al Coni degli atleti, Marco Pantani (Giro e Tour), Gianni Bugno, due volte campione del mondo di ciclismo, Claudio Chiappucci e Maurizio Fondriest (campione del mondo), Maurizio Damilano, Maurilio De Zolt, Silvio Fauner, Guido Bontempi, Stephen Roche (Giro, Tour e Mondiale nello stesso anno).

Il quadro che emerge è desolante: doping istituzionale organizzato - dice sempre l'accusa - da alcune federazioni sportive (canoa e kayak, sport invernali, ciclismo) con convenzioni con le strutture di Ferrara facenti capo a Conconi, dunque con soldi pubblici, e successivamente da alcune società sportive delle due ruote come Carrera, Gewiss Ballan, Roslotto, Mapei.
Secondo l'accusa Conconi, raggiunto da ben sette capi di imputazione, avrebbe promosso organizzato e costituito l' associazione a delinquere dietro l'alibi di presunti programi di ricerca scientifica finanziati con denaro pubblico, somministrando o fornendo, invece, farmaci doping.
Richiesta di assoluzione parziale, invece, per gli uomini del Coni: Pescante, Carraro, Gattai, Carabelli.
Per i reati loro ascritti ed accertati in un pesantissimo atto di accusa sarebbero decorsi i termini temporali.

Fra gli elementi decisivi dell'inchiesta il sequestro dei dati di un computer del centro di Ferrara nel quale comparivano per gli anni 93-95 i test di moltissimi campioni con valori ematici altalenanti: abnormi durante le gare, bassi nei periodi di riposo. Repubblica ne aveva dato notizia già nel dicembre '99.
Molti di quei nomi eccellenti compaiono oggi nella lista degli atleti "trattati".
Come Marco Pantani la cui carriera sportiva da "pro" nasce - secondo l'indagine - all'ombra di valori ematici abnormi. Già nel '94, quando si rivelò al Giro d'Italia i suoi test erano passati da valori normali (ematocrito 43,4 ed emoglobina 14,4) a gennaio, a 54,4 (e 17,2 di emoglobina) a fine maggio.
Il 13 giugno, alla fine del Giro in cui vince due tappe alpine e arriva secondo, addirittura a 58 (18,6 hgb).
Nel '95 a inizio stagione ha valori bassi, poi l'incidente con l' auto gli impedisce di partecipare al Giro, ma al Giro di Svizzera è di nuovo al 56.
In quell'anno, dopo l' incidente alla Milano-Torino supera il 60% per cui è sotto processo a Forlì (truffa sportiva).
Il suo medico di allora Grazzi è accusato anche di aver falsificato le cartelle cliniche scrivendo valori ematici (ematocrito a 45, emoglobina a 15,2) più bassi di quelli risultati, poi nei dati del computer sequestrati (56 e 18, rispettivamente).
Per Manuela Di Centa, prima delle Olimpiadi di Lillehammer '94, l'ematocrito sale a 54,2.

Durissime le accuse: a promuovere ed organizzare l'associazione a delinquere, per Soprani, era proprio il professor Conconi, raggiunto da ben sette imputazioni di reato.
Lo "scienziato" riverito e rispettato, altro non sarebbe che un dopatore.
Per gli atleti nessuna imputazione penale (il doping non è ancora reato), ma la certezza - secondo l'indagine - che si siano sottoposti e a lungo a pratiche doping alterando in qualche modo i risultati. Il che dovrebbe avere rilievo almeno dal lato sportivo, se le carte del processo saranno acquisite dalla Procura antidoping del Coni.



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Storia Operacion Puerto: Corridori Coinvolti ed Intercettazioni

L’Operación Puerto è probabilmente la più grande operazione antidoping della storia sportiva spagnola. Il fulcro dell’indagine fu condotto dalla Guardia Civil spagnola tra il febbraio e il maggio 2006. La stessa Guardia Cilvil assicurò che in questa operazione sarebbero stati implicati molti atleti, calciatori,tennisti e giocatori di basket, i ciclisti, infatti, avrebbero dovuto essere solo un 20% ma gli unici nomi conosciuti alle cronache furono i loro.
LOperación Puerto culmina con l’arresto di due medici Eufemiano Fuentes e Batres, nonché del d.s. della Liberty Seguros Manolo Saiz, del d.s. José Ignacio Labarta edell’ex ciclista Alberto León.
Negli uffici di Fuentes gli inquirenti sequestrarono oltre 100 sacche di sangue congelato e diverse carte.Secondo l’accusa Fuentes e Saiz erano a capo di un’organizzazione che si dedicava alla gestione di autoemotrasfusioni, alla vendita di sostanze dopanti, quali EPO, ormoni della crescita, anabolizzanti, ecc., ed alla pianificazione del loro utilizzo. La polizia sequestrò anche numerosi elenchi di presunti clienti dell'organizzazione.
Dalla decifrazione degli elenchi si arriva al coinvolgimento di 58 ciclisti professionisti, chevengono individuati dalle autorità.
I nomi di altri sportivi, come già detto, non sono stati mai decifrati o resi noti.



I PROTAGONISTI
Analizziamo ora dettagliatamente i vari passaggi di questo scandalo.
I protagonisti Eufemiano Fuentes, ginecologo di professione, è accusato di essere il principale cervello della rete del doping. Laureato in medicina all’Università di Navarra, si specializzò in ginecologia. Nel 1990 entrò a far parte dello staff medico di un’importante squadra di ciclismo, la ONCE. Successivamente fu medico della Vitalicio Seguros e, dal 2002, della Kelme. Durante il“periodo Kelme” il suo nome fu relazionato anche a squadre di calcio,come l’Union Deportivo Las Palmas.
Anche l’FC Barcelona tentò di accaparrarsi le prestazioni del medico spagnolo con due offerte, una nel 1996, ed una, nel 2001. Fuentes, inoltre, era amico del dott. Luigi Cecchini e, con lui, manteneva anche contatti di lavoro.
Non mancano tuttavia delle ombre sulla sua figura.
Innanzitutto fu un pupillo del discusso professor Ferrari, il quale si formò alla scuola del dott.Conconi, altro medico “fondamentale” nel mondo del ciclismo.
Cecchini fu anche il principale artefice della vittoria di Bjarne Riis, attuale d.s. della CSC, al Tour de France del 1996, corsa in cui al ciclista venne affibiato il soprannome di “Mr. 60%”,rifacendosi direttamente al livello di ematocrito riscontrato in lui. Cecchini inoltre fu medico di molti altri campioni discussi ed implicati poi nell’Operación Puerto, da Tyler Hamilton ad Angel Casero, da Basso a Jan Ullrich, da Jörg Jaksche a Michele Bartoli, con il quale vinse anche una cronometro in coppia nell’ottobre del 1996.
Il dott.Cecchini ha avuto rapporti con molti altri ciclisti di primo piano, da Casagrande, al vincitore del Giro d’Italia del 2004 Damiano Cunego, dal cronoman Cancellara a Tafi, dal campione del mondo Bugno ad un altro pluricampione del mondo Paolo Bettini, dal velocista  Alessandro Petacchi a Mario Cipollini, ecc.
Tornando al medico spagnolo, bisogna dire che, nel 2005, Fuentes annunciò il suo ritiro dal ciclismo, motivando questa scelta con la voglia di riprendere la ricerca sulla retino blastoma, una patologia oculare di cui è affetta sua figlia.
Una delle dichiarazioni più importanti e significative del dott.Fuentes fu: ”Da me non venivano solo ciclisti ma pure tennisti, atleti e calciatori. Però a finire in mezzo sono stati solo i ciclisti, è una cosa che m'indigna. Tra laltro ho visto implicati nomi di gente che non è mai venuta da me. E, al contrario, altri atleti, gente che oggi se ne sta tranquillamente al Tour de France, è stata coperta. Nomi non ne posso fare, c'è il segreto professionale”.
Manolo Sainz è sicuramente il protagonista più conosciuto dell’Operación Puerto,venne arrestato ma subito rimesso in libertà senza nessuna cauzione. Laureato in educazione fisica, alla fine degli anni ’80 entrò a far parte dello staff della squadra ONCE. Ha diretto corridori che complessivamente gli hanno permesso di vincere ben 5 Vueltas a España, conquistare due podi al Tour de France (nel 2001 e 2002 con Joseba Beloki), oltre numerosissime altre corse, tra cui la Vuelta del 2005 vinta da Heras, il quale però fu squalificato subito dopo in quanto risultò positivo all’EPO in un test antidoping.
La squadra cambiò più volte sponsorizzazione, passando da chiamarsi ONCE, a Liberty Seguros, fino a Würth Team e poi Astana. Il 23 maggio 2006 Manolo Saiz e il medico Eufemiano Fuentes vennero arrestati dalle autorità spagnole con l'accusa di detenzione e somministrazione di prodotti dopanti. Due giorni dopo la società Liberty Seguros decise di ritirare la sponsorizzazione. La squadra divenne allora Würth Team, prima di essere rifondata con il nome di Astana Team.



LE PRIME SQUALIFICHE
Già dal 25 maggio ci fu il primo risvolto dell’Operación Puerto, in quanto la Liberty, compagnia d’assicurazioni spagnola e sponsor principale della squadra di Manolo Sainz, decise di ritirare la sponsorizzazione per i danni causati al suo nome ed al ciclismo.Il 13 giugno, meno di 20 giorni prima della partenza del Tour de France, il direttore generale della corsa francese decide di ritirare l’invito concesso alla squadra Comunidad Valenciana, in quanto il secondo direttore sportivo è un certo Ignacio Labarta, implicato nell’Operaciòn Puerto.
Il 25 giugno va in atto una protesta dei corridori. Il campionato spagnolo su strada viene interrotto dagli stessi ciclisti per protestare contro il reportage fatto da El Pais in cui venivano svelati i nomi e tutti i dati dell’Operación Puerto.Il 30 giugno, alla vigilia del Tour de France, Ivan Basso, insieme ad altri corridori tra cui il tedesco Jan Ullrich e gli spagnoli Oscar Sevilla e Francisco Mancebo, viene escluso dalla corsa in base al codice etico delle squadre del ProTour. Il nome del varesino della Csc è sospettato di autoemotrasfusione attraverso quanto trapelato dalle carte dell'inchiesta. Gli inquirenti arrivano a Ivan Basso attraverso l’etichetta con scritto“Birillo” (nome del cane di Basso)presente su alcune sacche di sangue,ma anche attraverso un fax spedito dallo stesso Fuentes.
Il 12 ottobre la procura antidoping del Coni chiede l’archiviazione per Basso, il quale può tornare immediatamente alle gare. La ragione determinante di questa frettolosa archiviazione è stata il rifiuto della magistratura spagnola di estendere i documenti dell'inchiesta alle autorità sportive internazionali e nazionali.Il 16 febbraio 2007 l’Istituto nazionale di tossicologia di Madrid, dopo aver analizzato le sacche di sangue rinvenute negli appartamenti di Fuentes, dichiara che le stesse non sono nocive per la salute.Il 26 febbraio il corridore tedesco Jan Ullrich decide di ritirarsi dall’attività agonistica con un tempismo eccezionale, pochi giorni dopo infatti, verrà alla luce che, grazie alle analisi, le sacche di sangue con le etichette “numero 1”, “jan” o “Hijo Rudicio”, cioè figlio di Rudicio(Rudy Pevenage, team manager della tedesca Telekom, scopritore e mentore di Jan Ullrich) appartenevano proprio a lui.Il 12 marzo 2007 il giudice del tribunale di Madrid, Antonio Serrano, archivia l'inchiesta penale per un vizio formale: “Contrariamente a quanto previsto in Italia e Francia,- spiega il giudice - all'epoca deifatti in Spagna non c’era una legge che puniva penalmente le pratich elegate al doping”.
Il 7 aprile Ivan Basso ammette le sue responsabilità e confessa di essere coinvolto nell’Operación Puerto.
Il 15 giugno viene squalificato per due anni.
Tornerà alle corse il 24 ottobre 2008 alla Japan Cup.
Il 1° luglio anche il ciclista tedesco Jörg Jaksche ammette di essere coinvolto nell’Operación Puerto. Era soprannominato “Bella".
Il 14 febbraio 2008 l’Operación Puerto viene riaperta grazie al tribunale provinciale spagnolo che respinge la richiesta di archiviazione e decide di riesaminare il caso dopo che il magistrato Antonio Serrano aveva chiuso le indagini senza emettere alcuna accusa. L'Operación Puerto, di fatto, torna ad essere una questione aperta fino al 1° ottobre quando il giudice Serrano archivia definitivamente l’indagine.



I DOCUMENTI E LE INTERCETTAZIONI
Come precedentemente detto, l’indagine dell’Operación Puerto, portò alla luce numerosi documenti conservati negli appartamenti del dott.Fuentes.
Vediamo qui di seguito i tratti più importanti di queste prove recuperate dalla Guardia Civil spagnola e racchiuse nel suo dossier.Nell’attestato della polizia n°99/06 si dichiara che Santiago Botero, corridore della Phonak e campione mondiale a cronometro nel 2002, venne visto entrare in compagnia di Fuentes e Labarta nel laboratorio di analisi cliniche del dott.Bartes in data 4 maggio. Nello stesso giorno venne avvistato nello stesso posto anche un altro corridore, Costantino Zaballa Gutierrez.
Confrontando questa data con quelle scritte sulle sacche di sangue, possiamo notare che, tra quelle rinvenute nell’appartamento in Calle Alonso Cano, ne esistono due etichettate “4NO SIB 04/05/06”.
Sempre nello stesso atto della polizia si dichiara che il corridore Oscar Sevilla, tesserato per la tedesca T-Mobile (ex Telekom) e vincitore della maglia bianca di miglior giovane al Tour de France del 2001, fu visto entrare nell’appartamento di Eufemiano Fuentes in Calle Caidosde la Division Azul il 13 maggio, ed a lui furono ricondotte le quattro sacche di sangue ritrovate nel medesimo appartamento etichettate “5NO SIB 13/05/06”. Con le stesse modalità il giorno seguente fu avvistato anche il corridore dell’allora Liberty Seguros-Wurth, Jorg Jaksche, ed a lui furono ricondotte le tre sacche di sangue etichettate “20 BELLA14/05/06 NO SIB”, “20 BELLA ? 14/05/06” e “20 14/05/06”. Questa fu la prima volta che venne alla luce il metodo degli pseudomini, come possiamo notare infatti Jaksche era soprannominato BELLA (nome del suo cane, pratica utilizzata anche altre volte dal dott.Fuentes).Analizzando i documenti 109, 114 e 115 ritrovati nell’appartamento di Calle Caidos de la Division Azul, infatti, possiamo delineare un quadro completo di questo metodo: erano presenti dei numeri dall’1 al 20 ed a fianco di queste cifre corrispondevano dei nomi non appartenenti a persone reali.

Questi i dati:
1- JAN; 2- BIRILLO; 3- SANSONE; 4-NICOL 5- SEVILLANO; 6- SANTI-P; 7- 1AI: 8- ATR; 9- URKO; 10-ROSA; 11- 4142; 12- GUTI: 13- ALCALDE; 14- RH; 15- CÉSAR; 16-VCS; 17- GOKU, 18- VAL. (PITI) y 20- VAINS.

Tornando ad analizzare i documenti ritrovati nell’appartamento di Calle Caidosde la Division Azul, possiamo notare che nei documenti 86 e 106 si parla della pianificazione dell’assunzione dei farmaci.Fuentes usava una determinata simbologia che si riferiva a diversi tipi di medicine ed estrazioni: l’asterisco o GH si riferisce all’ormone della crescita, HM all’ormone gonadotropina, il punto nero all’EPO, il cerchio agli anabolizzanti e così via.
Come confermato dai documenti ogni ciclista aveva una sua tabella denominata con delle sigle e, come vedremo meglio in seguito parlando del singolo caso di Jorg Jaksche, la programmazione annuale di allenamenti ed assunzione di medicine.Inoltre anche in altri documenti possiamo ritrovare delle tabelle simili.E’ il caso del documento n°1 ritrovato nell’appartamento di Calle Caidos de la Division Azul, il quale si divide in tre colonne scritte in italiano, nelle quali una serie di medicine come l’actovegin e l’insulina sono riferite a delle precise date ed a corridori come Botero e a “losazules”(gli azzurri, probabilmente riferito alla squadra Liberty Seguros le cui maglie sono appunto azzurre). Nel documento n°65, inoltre, c’è l’intestazione della Biomedi Sport Canarias S.A., società amministrata dallo stesso Fuentes, nel cui retro contiene una lista di “collaboratori e partecipanti al festival che si tiene nel mese di maggio” i cui nomi sono: Alberto Leon, Ivan Basso, Marcos Serrano, Michele Scarponi, Josè Enrique Gutierrez e Jan Ullrich. Analizzando la lista partenti del Giro d’Italia 2006 possiamo notare che tutti questi corridori fecero parte della corsa rosa, motivo per cui si può ricondurre il “festival che si tiene nel mese di maggio” proprio al Giro d’Italia.
Come abbiamo precedentemente visto, le intercettazioni telefoniche sono state degli elementi fondamentali nell’Operación Puerto, senza le quali difficilmente si sarebbero scoperti i piani di Fuentes. Con la telefonata del 12 maggio alle 20:12 possiamo scoprire che le relazioni tra il medico spagnolo e la squadra Comunidad Valenciana non si sono mai interrotte anche dopo il suo abbandono dall’attività di medico della squadra stessa. Nella conversazione con Belda, il direttore della Comunidad Valenciana, infatti, si parla della preparazione dei ciclisti per il Tour de France di quell’anno.
Nelle intercettazioni possiamo trovare anche dei risvolti simpatici. Uno di questi è la pessima opinione che il clan Fuentes aveva del direttore sportivo Manolo Sainz, tanto che, durante una telefonata con Labarta,il medico spagnolo lo appellò come “El Gordo”, cioè il ciccione.
Tra i documenti ritrovati nel secondo appartamento, quello di Calle Alonso Cano n°53, di fondamentale importanza per l’indagine fu proprio il documento n°1. Nel suo retro, infatti, era presente un quadro con una serie di date dei mesi di Lugilo, Agosto e Settembre e nomi di corridori come: Llorente (Javier PASCUAL LLORENTE), Blanco (DavidBLANCO), Eladio (Eladio JIMÉNEZ), P. Rodríguez (Javier PASCUAL RODRÍGUEZ), Bernabéu (David BERNABÉU), Rubén (Rubén PLAZA),Latasa (David LATASA), Carlos (Carlos GARCÍA QUESADA), Cabello(Francisco CABELLO), Martínez (José Luis MARTÍNEZ). Questi corridori facevano parte della squadra Kelme (poi divenuta ComunidadValenciana) nel 2005. Nel documento n°111 inoltre, c’era un titolo“Prevision 2005” con una serie diversa di simboli che, come abbiamo visto prima, identificavano diverse sostanze, come l’EPO, l’ormone della crescita, ecc. Nel retro di questo documento è presente una lista di medicine corrispondenti ad “azules, “verdes” e “mios”, cioè azzurri(squadra Kelme), verdi (Liberty Seguros) ed altri ciclisti che Fuentesgestiva personalmente ed indipendentemente dalle loro squadre(es:Ivan Basso).Come possiamo notare quindi nell’Operación Puerto oltre a molti corridori di primo livello, sono implicate anche intere squadre ciclistiche.La Liberty Seguros diretta da Manolo Sainz in primis. Precedentemente si chiamava ONCE e divenne poi Astana. I corridori della Liberty Seguros implicati nell’Operación Puerto furono: Allan Davis(a cui si riferiva il documento n°23 che lo accusava di assunzione di EPO, ormone della crescita e IGF-1. Poi rimosso dall’accusa dalla corte spagnola), Joseba Beloki(a cui si riferiva il documento n°28, con annotazioni di uso di HMG-LEPORI, IGF-1, testosterone, ormone della crescita, EPO ed anabolizzanti, oltre ad una programmazione di estrazioni e trasfusioni sanguigne ma anche lui fu rimosso dall’accusa. Dopo il 2003 non è più riuscito a confermarsi ai livelli precedenti, tanto che dopo tre podi consecutivi al Tour de France (2000, 2001, 2002) nel 2005 arrivò solo 75°), Alberto Contador(nominato del documento n°31, intitolato “Individualizacion”, in cui si identificavano i corridori della squadra Liberty Seguros tramite le iniziali, fu comunque rimosso dall’accusa), David Etxebarría(a cui si riferisce il documento n°27 con annotazioni sull’uso di EPO, IGF-1, ormone della crescita, oltre a trasfusioni sanguigne), Isidro Nozal(a cui si riferisce il documento n°9 con annotazioni di trasfusioni, EPO e IGF-1, fu rimosso dall’accusa), Unai Osa( soprannominato UNO, il suo nome venne fatto anche nelle telefonate tra Fuentes e Labarta), Sérgio Paulinho, Michele Scarponi(Zapatero), Marcos Serrano(Alcade, Serrano o MS), Anguel Vicioso(VCS), Roberto Heras(RH o HRS).
L’altra squadra completamente implicata nell’Operación Puerto fu la Comunidad Valenciana, precedentemente chiamata Kelme. Fu proprio Jesus Marzano, il ciclista pentito, che dichiarò la pratica di doping di squadra. Questo team d’altronde ebbe come medico lo stesso dott.Fuentes e come team manager Vincente Belda, ex ciclista dopato e soprattutto persona in continuo contatto con il discusso medico spagnolo. Nella storia di questa squadra hanno corso fortissimi corridori, da Alejandro Valverde a Roberto Heras, da Aitor González a Oscar Sevilla, da Santiago Botero ad Ángel Casero e Fernando Escartín. Marzano inoltre accusò Valverde di aver assunto del testosterone durante la Vuelta del 2002. Tutta la squadra però fu assolta dall’Operación Puerto il 28 luglio 2006.




I CORRIDORI COIVOLTI
Jan o Hijo Rudicio – Jan Ullrich(numero 1)
Il talentuoso corridore tedesco, vincitore di un Tour de France oltre a ben cinque podi nella corsa francese, fu l’unico ciclista a cui vennero analizzate le sacche di sangue trovate negli appartamenti del dott.Fuentes. I test del DNA confermarono che le nove sacche etichettate come “Jan”, “numero 1” o “Hijo Rudicio” (figlio di Rudy Pevenage, suo scopritore) appartenevano proprio al corridore tedesco.Un’altra prova schiacciante fu il ritrovamento di un fax (documento n°65), inviato dal medico spagnolo ad un certo Nelson, in cui vi era scritto: "Nelson, così come d'accordo t'iinvio la lista dei collaboratori e dei partecipanti al festival che si terrà in maggio", aggiungendo poi diversi nomi di ciclisti, tra cui quello del tedesco JanUllrich. Kaiser Jan, così com’era chiamato nel mondo del ciclismo per la sua potenza, dopo questo scandalo si ritirò ancora giovane dall’attività agonistica, dichiarando sempre di non aver mai imbrogliato e di non essersi mai dopato.

Birillo – Ivan Basso(numero 2)
Le prove della relazione di Ivan Basso con le pratiche effettuate dal dott.Fuentes sono numerose. Già dalla prima intercettazione telefonica tra il medico spagnolo ed Ignacio Labarta, come abbiamoprecedentemente visto, viene fatto il nome o meglio il soprannome del corridore varesino. Oltre alle intercettazioni telefoniche esistono anche veri e propri documenti in cui spunta il nome di Basso per ben cinque.
Nel documento n°65, infatti, Ivan Basso viene inserito nella lista di partecipanti al festival di maggio (Giro d’Italia). Nel documento n°91, inoltre, c’è scritto che: “Birillo: lleva (porta) 2 x plasma; 3x HM(gonadotropina); 10 parches (cerotti di testosterone); codigo cuentasuiza (codice conto svizzero)”. Il soprannome “Birillo” è dato dal nome del cane di Ivan Basso, pratica usata come vedremo in seguito anch eper creare pseudonimi di altri corridori. Ivan Basso inizialmente si dichiarò assolutamente estraneo alla vicenda, ma poi, costretto come abbiamo visto da prove schiaccianti, ammise le sue colpe, dichiarando però che le sacche di sangue ritrovate negli appartamenti di Fuentes ed appartenenti a lui, dovevano essere usate solamente al Tour de France, corsa a cui poi non partecipò, ma che al Giro d’Italia dello stesso anno, da lui vinto, non fece uso di nessuna pratica illecita.

Nicol – Santiago Botero(numero 4)
Le prove della relazione tra Santiago Botero ed Eufemiano Fuentessono numerose. Tra queste è presente anche un’intercettazione telefonica del 17 maggio, in cui il medico spagnolo parla proprio con il corridore colombiano, il quale implica Yolanda Fuentes, sorella di Eufemiano, come partecipe delle attività del medico e colei che gli ha somministrato determinate medicine. Inoltre il ciclista fu visto entrare nel laboratorio di analisi cliniche del dott.Marino Batres il 4 maggio e, proprio con quella data, furono etichettate due sacche di sangue. Molte altre prove inchiodano Botero, come ad esempio il documento n° 127,nel cui retro ci sono scritte delle date (03/01/02; 07/01/02; 13/01/02)ed a fianco indicazioni che fanno intendere che il corridore ha ricevuto EPO, Aranesp ed altri prodotti.

Sevillano – Oscar Sevilla(numero 5)
Le prove della relazione di questo corridore spagnolo dell’allora tedesca Telekom con il dott.Fuentes sono molteplici. Il 13 maggio ’06 fu visto entrare nell’appartamento di Calle Caidos de la Division Azuln°20 e proprio in questo luogo furono rinvenute quattro sacche di sangue etichettate con la data di quel giorno. Il documento n°33 inoltre, nel suo retro presentava la scritta a mano “PROZAC SEVILLA¿quien pone I-3? ¿Y TGN? ¿Y HM?”che si riferiva ai trattamenti di insulina e HMG-LEPORI.
Inoltre in un ennesimo documento c’è la chiara prova di una quota versata dallo stesso corridore spagnolo al clan di Fuentes.
Nel 2008 firmò per la discussa squadra creata da Mario Cipollini, la Rock Racing.

1AI- Unai Osa(numero 7)
Allora corridore della discussa squadra Liberty Seguros, il suo nome uscì per la prima volta nell’intercettazione della telefonata tra Fuentes e Labarta del 14 maggio alle 21:46. Inoltre, anche nel documento n°164, si fa riferimento ad UNO (pseudonimo di Unai Osa). Nel retro di questo documento, infatti, sono presenti una serie di simboli relazionabili a diversi prodotti dopanti con alla fine la frase “resto lleva Ignacio”, cioè il resto lo porta Ignacio(Labarta). E’ presente anche una data (23/01/02) in cui si annota “ING le da 125.000 pesetas + 5 xIG=640 (3.840 €)”, in cui la sigla ING probabilmente si riferisce ad Ignacio Labarta. Nell’Operación Puerto fu implicato anche suo fratello Aitor Osa, con lo pseudonimo ATR ed il numero 8.
Si è ritirato dal ciclismo dopo questa vicenda.

4142 - Tyler Hamilton (numero 11)
Tornando ad analizzare i documenti ritrovati nell’appartamento di Calle Caidos de la Division Azul, possiamo notare che nel documento n°125 è presente una possibile relazione dell’allora corridore della Phonak Tyler Hamilton con il dott.Fuentes. Già nel 2004, anno in cui Hamilton fu trovato positivo per una trasfusione omologa di sangue, vennero riferite possibili relazioni con il discusso medico. Queste relazioni sembrano essere confermate proprio dal documento n°125, nel cui retro c’è un’annotazione scritta a mano che riporta la località natale del corridore statunitense:“Haven Hmltn 6801 Sunshine CanyonBoulder (Colorado) 80.302 USA”. Nello stesso documento si associa allo pseudonimo HMLTN il numero 4142. Come possiamo facilmente notare, la sigla HMLTN corrisponde alle sole consonanti del cognome Hamilton. Nel documento 113, inoltre si parla di un “Fax to HeavenParchinski”, nome della moglie del corridore.

Bufalo o Guti - Enrique Gutierrez Cataluña(numero 12)
Le relazioni tra il corridore spagnolo ed il dott.Fuentes ci vengono fornite immediatamente dalla prima intercettazione telefonica. Il 13maggio, infatti, alle 20:02 Labarta chiamò il medico spagnolo avvisandolo che il Bufalo era arrivato quarto nella tappa del Giro d’Italia. Durante tutta la sua carriera, Gutierrez Cataluña, riuscì a vincere ben poche corse ma, nel Giro del 2006, proprio quello a cui si riferiscono le intercettazioni, raggiunse addirittura il podio, arrivando secondo dietro ad Ivan Basso, altro personaggio illustre implicato nell’Operación Puerto.
Il nome di Josè Enrique Gutierrez risulta anche in un’altra intercettazione telefonica, quella del 14 maggio 2006 sempre tra Labarta e Fuentes, ed in molti documenti. Nel documento n°32, ritrovato nell’appartamento di Calle Caidos de la Division Azul, ad esempio, è relazionato al prodotto IGF-1, osservando le annotazioni scritte a mano possiamo notare che il corridore per questo prodotto doveva 300€ in data 03/05/’05 presumibilmente ad Ignacio Labarta.Inoltre anche nel documento n°24 si identifica Gutierrez con il numero12 ed è presente una tabella con la programmazione di medicazioni con anabolizzanti, EPO, HMG-LEPORI, insulina ed ormone della crescita, oltre alla programmazione di estrazioni e trasfusioni di sangue. Esiste anche un SMS ricevuto da Fuentes da parte di Labarta che incastra Gutierrez ed il cui testo è: ”Fammi un favore. Dì a Guti che mi chiami al numero 4762 a partire dalle 21:15, che è quando arrivo a Madrid. Grazie”.
Alle 00:20 del 23 maggio, inoltre, Fuentes venne visto entrare in un’auto alla cui guida c’era Ignacio Gutierrez Cataluña, anche lui ciclista e soprattutto fratello del più famoso Enrique, il quale quel giorno era impegnato nel Giro d’Italia. Ignacio inoltre fu accusato da Manzano, il ciclista pentito, di essere colui che, durante Vuelta a Portugal del 2003, assunse ormone della crescita datogli da un medico della loro squadra, l’allora Kelme.
Dopo il podio al Giro d’Italia del 2006, il corridore spagnolo non ottenne più nessun risultato degno di nota.

Serrano, Alcalde o MR - Marcos Antonio Serrano(numero 13)
Il corridore spagnolo faceva parte dei famosi “los azules”, cioè era tesserato per la discussa squadra Liberty-Seguros. Nel documento n°103 è presente l’annotazione “libertis-rh-alcade” ed una data 04/05/’04. L’annotazione si riferisce alla squadra Liberty Seguros ed ai corridori Roberto Heras e Marcos Serrano. Il suo nome, come quello di molti suoi compagni di formazione, spunta in quasi tutti i documenti che attestano le relazioni tra il clan Fuentes e la squadra spagnola.

RH or HRS - Roberto Heras(numero 14)
Il caso del formidabile scalatore spagnolo ripercorre a grandi linee lo stesso di Marcos Antonio Serrano e dei suoi compagni di squadra.Inoltre a Roberto Heras è riferito anche il documento n°10 con la programmazione del consumo di EPO, ormone della crescita, IGF-1 edanabolizzanti.

VCS – Angel Vicioso(numero 16)
Anche lui corridore della discussa Liberty Seguros, la sua storia è molto simile a quella dei suoi compagni di squadra. Il suo nome si può ritrovare in tutte le carte che si riferiscono ai “los azules”. Inoltre ildocumento n°8 presenta annotazioni di estrazioni e trasfusioni disangue e, in data 31/01/’05, la scritta “le doy 10xAVR + 1 x IG + 10PHC= 660€ me debe”. L’unico prodotto non identificato fu l’AVR, mentre gli altri,  si possono ricondurre all’ormone della crescita, IGF-1, e testosterone.

Valv-Piti – Alejandro Valverde(numero 18)
Il caso del forte corridore murciano fu uno dei più chiacchierati e contestati dell’Operación Puerto. Partiamo dicendo che Valverde non fu mai squalificato e partecipò anche all’edizione del Tour de France del 2006. Il corridore spagnolo inoltre corse per squadre molto discusse quali: la Kelme dal suo passaggio al professionismo fino al 2003, e la Comunidad Valenciana dal 2003 fino all’abbandono del ciclismo della stessa squadra in seguito allo scandalo dell’Operación Puerto. Un interessante aneddoto è quello che successe alla conferenza stampa prima della partenza del Tour 2007. Un gruppo di giornalisti francesi e tedeschi, infatti, ricordò al corridore del suo presunto coinvolgimento nell'affaire Puerto, e si chiesero perché corridori come Ivan Basso e JanUllrich siano stati esclusi dall'edizione 2006, anche se coinvolti allora solo in indagini, ed invece vi sia un trattamento di favore verso Valverde. Il corridore non seppe rispondere, ed i giornalisti stizziti si alzarono ed abbandonarono la sala stampa in segno di protesta. Altri indizi molto importanti della presunta correlazione tra Valverde e l’Operación Puerto furono: sacche di sangue e plasma, riferite all’anno 2004, contrassegnate con il numero 18 e con "Valv-Piti". Una sacca di plasma, così come altre 7 delle 99 esaminate, contrassegnata con il 18 conteneva anche Epo, Valverde ha un cane che si chiama Piti e, come abbiamo visto, il nome dei cani è stato usato spesso, caso principale Ivan Basso-Birillo, nel 2004 Valverde correva per la Kelme, di cui Eufemiano Fuentes era medico. Tra i due quindi c’erano rapporti, cosa confermata dallo stesso Valverde che però ha escluso motivi di doping; al momento dell’arresto, il 23 maggio 2006, Fuentes aveva nelle tasche dei pantaloni un biglietto scritto di suo pugno con i nomi: Ale, Manc, Vino, Popo y Valverde.Il ciclista spagnolo fu anche protagonista di una discussione tra laf ederazione spagnola e l’Unione ciclistica internazionale. Il 29 agosto 2007, infatti, l'UCI, dopo aver analizzato il dossier dell’Operación Puerto, decide di non consentire la partecipazione di Valverde ai Campionati del mondo ed invita la federazione e la giustizia spagnola ad indagare su di lui. Due giorni dopo arriva il comunicato ufficiale della federazione spagnola, la quale non ha alcuna intenzione di avviare indagini sul corridore. Inoltre ufficializza la partecipazione del corridore ai mondiali. L'8 settembre però lUCI manifesta di voler continuare per la sua strada, pertanto conferma che a Valverde non sarà consentito di partecipare ai mondiali. La federazione spagnola non demorde minacciando ricorsi legali e addirittura di disertare i campionati. Infine il giorno prima della prova in linea, il 29 settembre,grazie alla sentenza del Tas di Losanna gli viene permesso di correre per la propria nazionale. Gareggia ma ottiene scarsi risultati.

Bella – Jorg Jaksche(numero 20)
Le prove della colpevolezza di questo corridore tedesco sono numerose. Oltre a quelle riferite alla sua squadra di appartenenza ne hanno rinvenute molte altre che appartengono direttamente a Jorg.Innanzitutto il 14 maggio fu visto entrare nell’appartamento di Fuentes nel quale furono ritrovate tre sacche di sangue appartenenti al ciclista della Liberty Seguros e con su scritto “20 BELLA 14/05/06 SIB”, “20BELLA? 14/05/06”e “20 14/05/06”. Inoltre, nel documento n° 124, c’è un’annotazione che si riferisce al pagamento di una somma a Josè Luis Merino Bartes, “le doy 1500 a MERINO”. Altro documento incriminato,ritrovato in Calle Alonso Cano, è il n°24. Questa prova rappresenta un calendario, riferito proprio a Jaksche, in cui ci sono una serie diannotazioni di un programma di consumo di EPO, anabolizzanti, Ormone della Crescita.

Sansone - Michele Bartoli(numero 3)
In un articolo apparto su La Gazzetta dello sport il 25 maggio 2007, si attribuiva questo pseudonimo ad un ex ciclista italiano, Michele Bartoli.Come abbiamo visto fin qui, la tecnica di usare il nome del cane come soprannome è molto usata dal clan Fuentes. Il corridore, per sua stessa ammissione (in un intervista alla Gazzetta dello sport del 23 maggio 1998 ndr), ha un cane, un incrocio tra un pastore tedesco e un pastore belga, che si chiama proprio Sansone. E’ contrassegnato col numero 3.

ATR: Aitor Osa Eizaguirre
Ci son numerose prove che relazionano questo corridore spagnolo a Fuentes. E’ anche il fratello di Unai Osa, al quale portò delle medicine durante il Giro d’Italia. Contrassegnato con il numero 8.


PTNI: Marco Pantani
Il documento che si riferisce principalmente a questo pseudonimo è il n°131, ritrovato nell’appartamento di Calle Alonso Cano. Nel retro di questo documento ci sono due date (24/03 e 29/04), con riferimento a diverse sostanze proibite quali EPO, ormone della crescita, insulina, Levothroid ed IGF-1. La sigla PTNI, inoltre, è relazionata all’anno 2002 e la programmazione sembra molto simile al documento riferito a Tyler Hamilton.

Maria: Mario Cipollini
''Il processo 'Operacion Puerto' - scrive la Gazzetta - sta permettendo di sollevare pietre sinora mai toccate. Nel 2007 e 2008 sono stati identificati e squalificati, tra gli altri, Basso, Scarponi, il tedesco Ullrich, lo spagnolo Valverde. Coinvolti 58 corridori, in gran parte della Spagna. Al centro, 206 sacche di sangue, conservate nei frigoriferi madrileni dell'ematologo Merino. Di queste, 99 da identificare.
Nei giorni scorsi ci si e' avvicinati al calcio, con la sigla Rsoc e i pagamenti a Fuentes denunciati da un ex presidente della Real Sociedad: due milioni di euro pagati al medico, in 6 anni di doping, dal 2002 al 2007. Oggi tocca a Mario Cipollini. Ma le sorprese non sono finite. Nelle oltre 7mila pagine dei 23 tomi che compongono gli atti giudiziari ci sono documenti che in questi anni non sono mai venuti alla luce. I fogli di Cipollini dimostrano chiaramente l'attivita' dopante della banda Fuentes''.
Dalle carte del processo "Operacion Puerto" emergerebbe il coinvolgimento dell'ex ciclista toscano con tanto di tabelle del doping datate 2002 (l'anno d'oro di Cipollini) con il numero di fax dell'abitazione di Cipollini.
I documenti, che la Gazzetta dello Sport pubblica in esclusiva sembrano ''svelare", per la prima volta, il trattamento dopante mese dopo mese di Cipollini, con carichi impressionanti di Epo, ormoni e anabolizzanti, piu' le indicazioni sui pagamenti a Fuentes.

Urko: Oscar Pereiro Sio(numero 9)

Goku: Francisco Mancebo Perez(numero 17)

Falla: Constontino Zaballa Gutierrez(numero 19)

Huerta: Luis Leon Sanchez(numero 26)

MZD; Eddy Mazzoleni




NON ANCORA IDENTIFICATI
Sancti-petri(numero 6)
Non identificato

Rosa(numero 10)
Sembra riferito alle stagioni 2003-2004, classificato con il numero 10 ma non identificato.

Cesar(numero 15)
Sembra riferito alle stagioni 2004-2005, classificato con il numero 15 ma non identificato.

Classicomano Luigi(numero 24)
Forse il famigerato Classicomano Luigi più volte citato è Cancellara.
In un primo momento il nome era stato collegato a Dekker.

Amigo de Birillo(numero 25)
Ricordiamo che Birillo è lo pseudonimo di Ivan Basso.
Secondo un'inchiesta di ottobre 2012 ci si riferisce al lussemburghese Frank Schleck.

Classicomano(numero 33)
Ce ne sono due, il numero 33 e il 24(Luigi).

101(numero 101)

Pavarotti
Forse Mario Cipollini.
Non si hanno prove certe ma in un articolo apparso su La Repubblica(nel 2006), il giornalista Eugenio Capodacqua attribuì questo pseudonimo a Mario Cipollini. Il velocista italiano fu tirato in ballo anche da Michele Scarponi, durante la sua ammissione.


Altri pseudonimi: Cowboy, Panticosa, Pepito, Obelix, LAS, Mari, Gemma, ANA,




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Confessione Di Lance Armstrong (Intervista Italiano Oprah)

L'intervista integrale condotta da Oprah Winfrey a Lance Armstrong nel tuo talk show, sull'utilizzo da parte di sostanza vietate del texano nella sua carriera.

Rispondi si o no. Hai mai preso sostanze proibite per migliorare le tue prestazioni? "Sì".

Epo? "Sì".

Emotrasfusioni? "Sì".

Altre, come il testosterone? "Sì".

In tutti i tuoi sette Tour vincenti avevi preso sostanze? "Sì".

Pensi sia possibile vincere sette volte di fila il Tour senza doparsi? "No, non penso. Non in questa generazione ciclistica. Non ho inventato io questa cultura. Ma non ho fatto nulla per fermarla".

Per 13 anni non hai semplicemente negato il doping, ti sei ostinato a respingere sfacciatamente tutto quello che hai appena ammesso. Perché? "Questa è la domanda più azzeccata e la più logica. Ma non so se so rispondere. La maggior parte delle persone penserà che sia troppo tardi. E probabilmente ha ragione. E' tutta colpa mia. E' stata una grande menzogna che ho ripetuto tantissime volte".

Eri sfacciatamente convinto delle tue posizioni, davi dei bugiardi agli altri. "Lo so, me ne rendo conto. La verità è che tutta questa cosa era un'immagine costruita, una storia perfetta, quella dell'eroe che sconfigge il cancro, vince sette Tour de France, ha un matrimonio perfetto ed è padre di famiglia. Mi sono perso in questa immagine. Sicuramente altri avrebbero potuto gestirla, ma io non sono stato in grado. Era tutto falso".

Mi hai detto prima che non è possibile vincere senza doping. "Si e lo ripeto. Non è possibile, almeno in questa generazione, non voglio parlare di altri tempi. Come dicevo non ho inventato questa cultura ma non ho fatto nulla per fermarla e questa è una mia colpa, di questo mi devo scusare. Perché tutto lo sport paga le conseguenze del mio comportamento. Comunque non è vero che avevo accesso a sostanze che non erano disponibili per gli altri".

Il report di 164 pagine diffuso dall’Usada dice che tu e la US Postal avevate messo a punto il più sofisticato sistema di dopaggio mai visto. È così? "Non credo. Era certamente professionale, era decisamente intelligente, se così si può definire, ma era molto conservativo. Non volevamo prendere rischi, sapevamo di che cosa si trattava, veniva messo a punto di gara in gara. Ma dire che il nostro programma era più grande di quello della Germania Est degli anni Settanta e Ottanta mi pare esagerato".

Ma com’era questa cultura? Ce lo puoi spiegare? "Io non voglio accusare nessun altro, non voglio parlare di nessun altro. Ci sono gli errori figli delle mie decisioni e sono qui per parlarne e chiedere scusa. La cultura era quella che era".

Si dopavano tutti? Questo è quello che abbiamo sentito. Lo facevano tutti? "Non so se tutti, non vivevo né mi allenavo con tutti. Posso dire questo: c’era gente che mi diceva che su 200 ciclisti del circuito ce n’erano forse cinque che non si dopavano, cinque eroi insomma, che avevano ragione".

Come ti dopavi? Spiegami. Pillole, sangue, frigoriferi segreti, come funzionava? "Era molto semplice, c’erano dei sistemi di ossigenazione del sangue. Il mio cocktail dopante era fatto di EPO, ma non troppo, trasfusioni e testosterone".

Temevi di essere trovato positivo? Nel 1999 non esisteva neppure un test per l’EPO. "No. Ora i controlli si sono evoluti. Ma una volta non ti piombavano in casa e non esistevano controlli lontano dalle competizioni per cui la possibilità di essere trovati positivi era minima perché prima delle gare facevi un lavoro di pulizia per risultare inattaccabile. Era tutta questione di programmare con cura le cose. Io non sono un fan dell’Uci ma devo dire che l’introduzione del passaporto biologico ha funzionato. Ne sto pagando il prezzo e me lo merito. Il mio desiderio era di vincere a tutti i costi e ho pagato le conseguenze della mia ambizione e della mia arroganza".

Quando ti sei piazzato terzo, nel 2009, eri dopato? "No, l’ultima volta che mi sonmo dopato è stato nel 2005".

Quindi non avevi fatto trasfusioni sanguigne e non avevi assunto sostanze nel 2009 e nel 2010? "Assolutamente no".

Eri tu il capo anche per quanto riguarda il doping? "Io ero il ciclista più forte, il leader della squadra".

Se qualcuno faceva qualcosa che a te non era gradito lo potevi licenziare? "No. Forse avrei potuto ma non l’ho mai fatto. Ero il leader della squadra e in quanto tale davo l’esempio. Non c’è mai stato un ordine diretto, eravamo tutti uomini e facevamo le nostre scelte. C’erano compagni di squadra che non si dopavano".

Un tuo ex compagno di squadra, Christian Vande Velde, ha detto all’Usada che tu avevi minacciato di buttarlo fuori se non si fosse conformato a quelle che erano le pratiche della squadra. "Questo non è vero. C’era un livello di competitività da soddisfare. Volevamo dei ragazzi che fossero in grado di gareggiare ad un certo livello. L’unica cosa che ci interessava era quella ma non è mai successo che io spingessi qualcuno a doparsi".

Eri un prepotente? "Si, ero un prepotente. Nel senso che pretendevo di avere sempre sotto controllo la situazione e se qualcuno diceva qualcosa che a me non piaceva gli rispondevo".

È nella tua natura di partire all’attacco quando qualcuno dice qualcosa che a te non va bene. È sempre stato così, fin da quando eri bambino? "Si, da sempre. Però prima della diagnosi del cancro ero un concorrente che non si tirava indietro. Però il cancro mi ha trasformato in un vero combattente, qualcosa di buono in fin dei conti. Solo che ho portato questa filosofia del vincere a tutti i costi anche nel ciclismo e questo non è stato positivo".

Quanto era importante vincere per te e cosa intendi quando dici che eri disposto a fare qualsiasi cosa per vincere? "Esattamente fare ogni cosa per vincere. Ripeto, quando mi hanno diagnosticato la malattia mi sono detto che avrei fatto di tutto per batterla. Ho portato questa attitudine nel ciclismo e questo è stato un male. Certo, mi dopavo anche prima, ma non ero così prepotente".

Per continuare a vincere eri disposto ad assumere sostanze vietate in modo continuativo. Era una pratica comune? "Si, e non sono sicuro che questa sia una risposta accettabile, ma il doping per noi era come mettere l’aria nelle gomme o l’acqua nelle nostre borracce. Si trattava, a mio modo di vedere, di qualcosa che faceva parte del nostro lavoro".

Quando ripensi a questo ti senti in imbarazzo, ti vergogni, come ti senti? "Questa è la seconda volta nella mia vita in cui non sono padrone della situazione. La prima è stata con la malattia. La cosa che fa impressione riguardo ai sette Tour de France vinti è che io sapevo già che avrei vinto".

C’era felicità nel vincere sapendo che lo stavi facendo grazie a delle sostanze dopanti? "C’era più felicità nel processo che portava alla vittoria, nella preparazione, nella messa a punto dell’operazione. La vittoria in sé era quasi scontata".

Non ti sembrava di stare barando nell’assumere sostanze dopanti? "Al tempo no. Mi sento dire che sono un imbroglione, un baro. Ho guardato il significato di queste parole e il vocabolario dice che una persona così è qualcuno che si avvantaggia su in rivale con un metodo scorretto di cui altri non possono disporre. Io la vedo diversamente, credo fosse una battaglia tra pari".

Hai mai offerto doping ai compagni di squadra, hai ma suggerito loro di incontrare il dottor Michele Ferrari? "Ci sono persone in questa storia che hanno fatto degli errori ma non sono dei mostri. Io vedevo il dottore Ferrari come una brava persona e lo penso ancora".

Era lui il capo e l’artefice del programma di doping a te legato? Come definiresti il suo ruolo in questa questione? "No. Ma a me non piace parlare di altra gente".

Cosa puoi dirmi della storia legata ad Emma O'Reilly (massaggiatrice della squadra di Armstrong durante le campagne al Tour de France e una della prime accusatrici, n.d.r.) che ha raccontato di un certificato post datato che ti permetteva di assumere cortisone? "Era come diceva lei".

Cosa ti senti di dire di Emma O'Reilly? L’avevi denunciata? "Emma O'Reilly è una di quelle persone con le quali mi devo scusare. L’abbiamo travolta e maltrattata".

Ma l’hai denunciata? "Ad essere onesti Oprah, abbiamo denunciato tanta di quella gente... Comunque sicuramente sì..."

Quando la gente, e parlo della O’Reilly ma anche di Betsy Andreu (moglie dell’ex compagno di squadra Frankie Andreu, che aveva parlato delle pratiche che erano state portate avanti nel 1996 in un’ospedale dell’Indiana nel periodo in cui Lance era ricoverato, n.d.r.), sollevavano dei dubbi sulla tua condotta tu li hai aggrediti e denunciati anche se sapevi che stavano dicendo la verità. Come la mettiamo? "Quando penso a questo mi rendo conto che c’è gente che non mi crederà mai più. Lo capisco. Uno dei passi del mio processo di scuse è dire semplicemente che io avevo torto e voi ragione".

Hai chiamato Betsy Andreu? Ti ha risposto? "Non abbiamo fatto pace. Era troppo ferita, una telefonata di 40 minuti non può bastare".

Tu a Emma O’Reilly hai dato della "puttana". Come ti senti a pensarci adesso? "Non mi sento per niente bene. Il territorio era minacciato, la mia squadra era minacciata, dovevo reagire e ho reagito ancora una volta attaccando".

Hai ricordato moltissime volte nelle interviste che non hai mai fallito un controllo antidoping. Hai una risposta diversa oggi? "No. Io non ho effettivamente mai fallito un controllo. Retroattivamente posso dire di averne fallito uno, ma da centinaia di controlli sono uscito indenne".

E cosa possiamo dire del Giro di Svizzera del 2001? "Quella storia è falsa. Non ci fu alcun meeting segreto con il responsabile del laboratorio e l’Uci, di cui, ripeto, non sono un fan non fece sparire quel test".

Tu hai fatto una donazione all’Uci e hai detto che quella donazione era per aiutare gli sforzi che si stavano facendo per la lotta al doping. Ovviamente non era così. Perché hai fatto quella donazione? "Non era certo un modo per ricambiare un aiuto ricevuto. Mi avevano chiamato e mi avevano detto che non avevano molti soldi. Io li avevo e quindi mi chiesero una donazione. Io la feci senza avere nulla in cambio".

In molti dicono che il punto di svolta nella tua vicenda è stata la decisione del tuo ex compagno di squadra Floyd Landis di uscire allo scoperto e confessare. "Il mio ritorno non fu ben accetto da Floyd, ecco tutto".

Ti ricordi dove ti trovavi quando hai sentito che Floyd, tuo ex compagno di squadra e protetto, aveva intenzione di parlare? "Mi trovavo in una camera di albergo. Floyd mi scrisse dei messaggi sulla sua intervista. Alla fine gli dissi di fare quello che voleva e lui andò al Wall Street Journal con la sua storia".

Quello fu un momento chiave. Un altro è stato il tuo ritorno. Ti sei pentito di essere tornato? "Si. Non saremmo seduti qui e non fossi tornato".

L’avresti fatta franca se non fossi tornato? "Impossibile da dire. Però c’erano delle possibilità".

Non hai mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato? Non hai mai pensato che prima o poi saresti stato scoperto, visto che in tanti sapevano? "Sapevo che questa storia sarebbe andata avanti così per parecchio tempo. Siamo qui perché c’è un’indagine che è aperta da due anni".

Quando l’indagine federale si è conclusa senza esito hai pensato di avercela fatta? Hai creduto di poter respirare, che i lupi si erano allontanati? "A quel punto pensavo di averla fatta franca".

Quale è stata la tua reazione quando ha saputo che l’Usada stava per prendere in mano il caso e aveva intenzione di aprire un’inchiesta su di te? "Il mio istinto è stato quello di combattere. Farei qualunque cosa per poter tornare indietro. Non combatterei, non denuncerei. Ascolterei. Avevano tutte le prove e le testimonianze. Sono arrivati e mi hanno chiesto cosa avessi intenzione di fare. Io avrei dovuto dice che avevo bisogno di tre giorni, di chiamare la mia famiglia, mia mamma, gli sponsor e la fondazione. Mi piacerebbe poter tornare indietro ma purtroppo non posso".

Hai intenzione di cooperare con l’Usada per aiutare a fare pulizia nello sport del ciclismo? "Io amo il ciclismo ma so che la gente mi vede come qualcuno che ha gettato discredito su questo sport e sul colore giallo. Ora mi sento di dire che se ci saranno i presupposti per collaborare, se esisterà una commissione di riconciliazione e potrò farne parte sarò contento e sarò felice di essere il primo a sedermi intorno al tavolo".

Quando hai saputo che il tuo ex compagno di squadra George Hincapie era stato chiamato a testimoniare dall’Usada come ti sei sentito? "Ho capito che il mio destino era segnato. Se George non avesse detto quello che sapeva la gente avrebbe detto che era d’accordo con me. George era il più credibile di tutti, lo conosco da quando aveva 16 anni e siamo ancora grandi amici. George conosce questa storia meglio di chiunque altro".

Ogni articolo che leggo su di te e ogni articolo che ho dovuto scrivere su di te inizia con le parole "In disgrazia". Ti senti in disgrazia? "Certamente, ma mi sento anche umiliato e mi vergogno. Non è piacevole"

Quale è stato il momento più umiliante che ti ha costretto a un esame di coscienza? "Credo il mercoledì in cui mi ha chiamato dalla Nike e mi hanno detto che si ritiravano. E poi hanno chiamato gli altri: Trek, Giro, Anheuser-Bush…"

Nello stesso giorno o in pochi giorni? "Sì, in pochi giorni. Tutti via. Non è stato un bel periodo però a dire il vero non è stato il più umiliante".

E ti ha colpito duro questa cosa? "Sì, certo. Però sapevo che prima o poi saremmo arrivati a questo punto. Stavo perdendo il controllo della situazione, stava accadendo il peggiore dei miei incubi però avevo un luogo della mia mente in cui avevo già immaginato che tutti se ne sarebbero andati. Quello che non mi sarei mai aspettato è quello che è successo con la Fondazione Livestrong. Quello è stato il momento peggiore, il più umiliante. Ricevere la prima telefonata, in cui mi chiedevano di lasciare la presidenza e mettermi da parte era già stato molto duro. Ma alla gente e ai sostenitori non bastava più. E allora è arrivata la seconda telefonata, in cui mi hanno chiesto di lasciare del tutto quello che consideravo un figlio, la Fondazione. Mi hanno proprio detto così: "abbiamo bisogno che lasci". Questo mi ha fatto davvero pensare tanto. Ho sempre considerato la Fondazione come il mio sestogenito e lasciarla è stato molto duro. E’ stata la cosa migliore per l’organizzazione ma mi ha ferito terribilmente. Quello è stato il momento peggiore".

Può Livestrong vivere senza il tuo coinvolgimento? "Spero proprio di sì".

Siccome la tua storia è andata oltre lo sport e ha dato speranza a tanta gente che si è trovata a fronteggiare il cancro, ho con me questa e-mail che mi ha mandato un amico dopo aver saputo che avrei condotto questa intervista con te. Dice: "Ho sentito che è stato un vero coglione, ma io avrò sempre gratitudine per Lance. Mi ha dato speranza in un momento molto difficile. Al mio primogenito era stata appena diagnosticata la leucemia, mancavano due settimane al suo primo compleanno. Ero in terapia intensiva con mio figlio che faceva fatica anche solo a respirare e mio fratello mi fece avere l’ultimo libro di Lance "It’s Not About the Bike" ("Non solo ciclismo. Il mio ritorno alla vita")". Lo lessi dall’inizio alla fine in una sola notte e mi fece capire che c’era speranza per il mio bambino, una speranza non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare, di svilupparsi e di diventare grande. Ho fatto una scelta quella notte, su come combattere la malattia di mio figlio e guidarlo, insegnargli come è fatto il mondo e come è fatta la vita. La mia preghiera è per Lance, che mentre sta combattendo i suoi demoni non si scordi che la vita non è solo ciclismo". "Amen".

Stai combattendo i tuoi demoni? "Assolutamente sì. Si tratta di un percorso e siamo solo all’inizio di questo tragitto".

Dal punto di vista finanziario quanto è stata pesante questa vicenda? Hai perso tutto? "Ho certamente perso gli incassi futuri. Pensa al giorno e mezzo in cui la gente (gli sponsor) mi ha lasciato, Mi chiedi il costo. Non mi piace pensare a queste cose però è stato un giorno da 75 milioni di dollari. Tutti andati, in un soffio, senza probabilmente tornare mai più".

Ti ha colpito duramente questa cosa? "Sono stato in un posto buio in cui non sapevo se avrei vissuto un mese, sei mesi, un anno, cinque o dieci. E adesso questo mi aiuta. Questi non sono bei tempi per me, ma non sto vivendo la peggior parte della mia vita. Non puoi comparare questo con la diagnosi di un cancro in fase avanzata. Questo fissa il limite. E’ difficile, certo, ma sono un ottimista e guardo con fiducia al futuro. Ciò che mi ha ferito è che questa vicenda mi ha costretto a guardarmi indietro: è una cosa che non amo fare. Sono come mia madre, non ci piace parlare del passato, non abbiamo mai parlato del mio padre biologico, per esempio".

Però sei tornato al passato (rientrando alle corse) e non credevi che fosse possibile vincere sette Tour de France senza doping. Sei tornato senza avere intenzione di doparti, ma contando di vincere ancora? "Sì, perché ho pensato, e lo penso ancora, che lo sport ora sia molto pulito. Ci fu un rilevante giro di vite nella disciplina quando è stato introdotto il passaporto biologico. Ho ritenuto che si potesse competere alla pari senza doping. Al Tour del 2009 non mi aspettavo di arrivare terzo. Mi aspettavo di vincere come ho sempre fatto, ma alla fine sono stato battuto da due ragazzi più forti di me. Però forse non riesco a fare intendere quello che vorrei dire".

C’era gente a te vicina che sapeva di tutta la questione e voleva che tu smettessi di mentire e di doparti? "Sì". C’era qualcosa che avrebbero potuto fare o dire? "Probabilmente no. Potrei fare un nome: Kristin (ex moglie e madre dei primi tre figli; ndr). Lei è una persona perbene, una persona molto coscienziosa che crede nell’onestà, nell’integrità morale e nella verità. E crede che nella verità si possa trovare la libertà. La vediamo in modo diverso su molte cose, ma abbiamo tre bambini insieme. E loro si meritano la verità e di vedere nel loro padre una persona che dice la verità".

C’è qualcuno che sapeva la verità dall’inizio alla fine? "Sì".

Torniamo a Kristin. Avete mai parlato insieme di smettere o di uscire da questo circolo vizioso? "L’ho vista al parco giochi due giorni fa e le ho chiesto, se queste cose fossero venute fuori, se ne potevo parlare. Lei mi ha detto di sì. Non era così curiosa, forse non voleva proprio conoscere niente anche se sapeva più o meno quello che sarebbe accaduto. Io dal canto mio ho preferito tenerla al riparo da queste vicende. Per quanto riguarda lei, il mio doping e il mio ritorno è lei la persona a cui ho chiesto se lo potevo fare, se potevo tornare a correre. Era una decisione importante, avevo bisogno della sua benedizione. E lei mi disse che potevo farlo ma a una condizione: che non avessi mai più fatto uso di quella roba (le sostanze dopanti e le trasfusioni, ndr). E io glielo ho promesso, assicurandole che non sarei mai venuto meno a quella parola. Era una richiesta seria. La risposta fu seria. Mi ha dato la sua benedizione. Se lei mi avesse detto no, ma non ci voglio neanche pensare, non l’avrei fatto. Ma lei me la diede e quindi ho ripreso".

Tu e Kristin avete tre figli insieme. Cosa dirai a Luke, che ha 13 anni. Hai combattuto contro chi ti accusava di doping tutta la durata della sua vita. Cosa dirai a lui e alle bambine? "Sanno molto loro. Lo sentono in giro che si parla di me. A scuola i loro compagni li hanno aiutati tanto. Perdi il controllo dei figli quando vanno fuori da questi spazi controllati, quando vanno su Instagram, su Facebook, su Twitter…"

Ma quando glielo hai detto? "Prima ti voglio raccontare cosa è successo. Quando tutta questa storia è cominciata, ho visto mio figlio difendermi, dire che quello che gli altri ragazzi gli raccontavano su di me non era vero. In quel momento ho capito che dovevo dirglielo. Lui non mi aveva chiesto niente, non ha mai messo in dubbio che fosse vero quello che gli avevo raccontato. Mi credeva…" (e si commuove per la prima volta).

E che cosa gli hai spiegato? "Lì per lì niente, ma era chiaro che era arrivato il momento di dirgli qualcosa. Ho sentito che mi difendeva, che ci stava male e a quel punto ho capito che la situazione mi stava sfuggendo di mano. Dovevo parlargli e l’ho fatto durante le vacanze di Natale".

Quali parole hai usato? "Gli ho spiegato che c’erano molti dubbi sul suo papà e sulla sua carriera, sul fatto che forse mi ero dopato nonostante avessi sempre negato e avessi controbattuto e attaccato a proposito, come avete visto. Tutto questo ha reso la situazione ancora più triste, ma gli ho detto che purtroppo era tutto vero. Poi c’erano le bambine, che hanno 11 anni, e non hanno avuto molto da ridire. Hanno accettato la questione così com’era. Ho anche detto a Luke di smettere di difendermi, che dicessero quello che volevano".

Come l’ha presa? "E’ stato straordinariamente calmo, risultando decisamente maturo. Gli ho spiegato che se qualcuno gli avesse detto qualcosa su di me non avrebbe dovuto più difendermi, ma solo dire che il suo papà si scusava. Lui mi ha risposto dicendomi che mi voleva bene perché ero suo padre e che non sarebbe cambiato nulla. Mi sarei aspettato dell’altro".

Ti aspettavi odio, distanza, rabbia, delusione? "Grazie a Dio è più simile a Kristin che a me".

Cosa mi dici di tua madre? "Era ed è a pezzi ma non è il tipo che chiama e ti dice che lo è. Mi ha chiamato il mio patrigno dicendomi che stava attraversando un momento terribile. Io ho pensato che lei era una donna forte e che aveva attraversato momenti anche più difficili. Poi ci siamo visti con i bambini e ho visto mia mamma veramente a pezzi. Ho dovuto vederla con i miei occhi per capire che l’avevo veramente ferita".

Un sacco di gente pensa che tu stia facendo questo per poter tornare nel mondo dello sport. "Se mi chiedi se vorrei competere ancora, la mia risposta è certamente sì. Io sono un tipo a cui piace competere, è quello che ho fatto per tutta la mia vita. Mi piace allenarmi, mi piace gareggiare, mi piace arrivare al limite".

Vuoi gareggiare ancora? "Non al Tour de France, ci sono un sacco di altre cose che potrei fare, ma non posso a causa di questa punizione (la squalifica a vita, ndr). Se ci fosse uno spiraglio in questa sanzione mi piacerebbe correre la maratona di Chicago a 50 anni? Mi piacerebbe molto, ma non posso. Non posso competere in nessun evento che è regolato da una federazione. Mi piacerebbe molto avere l’opportunità di gareggiare, però non è questa la ragione per cui sto rilasciando questa intervista. Potrà non essere l’affermazione più gettonata del momento, ma io mi merito di poter gareggiare, magari non subito. Quando però vedi l’entità della punizione… Avrei compreso una punizione di sei mesi, invece io mi ritrovo con una condanna a morte. Non posso competere. Non voglio dire che è scorretto però…".

E tu speri che questa conversazione, le tue ammissioni il fatto di aver detto che avresti voluto fare le cose diversamente con l’Usada, possano convincere i responsabili ad alleggerire la tua squalifica a vita? "Egoisticamente si, ma realisticamente non credo che succederà e credo che dovrò convivere con questa cosa".

Si è fatto un gran parlare su quello che avresti detto. Qual è il tuo intento, qual è la speranza, come pensi di gestire questa situazione? "Il mio intento, che è anche la più grande speranza, è quello di migliorare la condizione dei miei bambini. I più grandi non devono convivere con questo macigno legato alla mia vita. Non è giusto quello che ho fatto a loro. Per quanto riguarda i più piccolini, loro hanno 2 e 3 anni e ovviamente non hanno idea di quello che sta succedendo. Ma lo impareranno. Questa intervista vivrà per sempre così come quello stupido tweet con le maglie gialle lo farà. Dovevo fare la cosa giusta per loro, prima che entrino nella parte principale della loro vita".

Pensi di avere avuto quello che ti meritavi? Per un bel pezzo hai accusato gli altri di condurre una caccia alle streghe nei tuoi confronti. Pensi, considerato quanto sei stato grande e quanto il tuo nome e il tuo brand contavano, che sia giusto quello che ti è stato inflitto? "Certamente meritavo di essere punito. Ma non con la pena di morte".

Quindi ammetti che quel tweet di te con le maglie gialle è stato qualcosa di impertinente, arrogante e cretino? "Certamente, quello è stato un altro errore".

I lupi erano alla porta di casa e tu hai twittato quello. Cosa intendevi dimostrare? "Era un’ulteriore forma di disprezzo. E quello che fa impression è che ho pensato fosse una buona idea..."

Davvero? "Al tempo sì".

Ma dimmi, dopo questa cosa spropositata che è accaduta nella tua vita, come è cambiato il modo di vederti? "Non completamente, ma ovviamente questa situazione è pesante e incasinata e non è che puoi far finta di niente e conviverci dicendo che va tutto bene".

Sei attualmente in cura da un analista? "Sì. Durante il corso della mia vita mi è capitato di tanto in tanto. Solo che un tipo come me non ne avrebbe bisogno solo di tanto in tanto. Ho avuto una vita incasinata, ma niente scuse. Si tratta di un lungo percorso da compiere".

Hai rimorso? C’è del vero rimorso o è più il dispiacere di essere stato "beccato"? "Chiunque venga scoperto è depresso per esserlo stato. Ho appena cominciato il mio percorso e questo provocherà altri effetti onda. La gente presto sentirà cose ancora differenti. Se ho rimorsi? Assolutamente sì. Se aumenteranno? Assolutamente sì. Questo è il primo passo e queste sono le azioni che sto facendo. Sto pagando un prezzo alto, ma me lo merito".

Credi di dovere delle scuse al giornalista del Sunday Times, David Walsh? "Questa è una buona domanda".

Credi di dovergli delle scuse per una storia che segue da 13 anni e che ha scritto sul Times? Lui adesso ha scritto un libro sulla tua vicenda e su tutto quello che è accaduto. "Mi scuso con David".

Cosa ti senti di dire alla donna che ha scritto l’e-mail che ho letto prima e a quei milioni di persone colpite dal cancro che credevano in te? "Posso dirle che comprendo la loro rabbia e il loro sentirsi traditi. Mi avete sempre sostenuto attraverso tante traversie e io vi ho mentito. Mi dispiace sinceramente e farò di tutto per poter fare ammenda".

Riesci a vederti oltre il chiedere scusa? Incominci a renderti conto di come hai rovinato le vite degli altri? "Sì, sì, sì. E non ho bisogno di tornare qui per capire quante cose ho dato per scontate e quanto ho abusato della mia posizione privilegiata… Se uno dei miei figli si comportasse come mi sono comportato io sarei furioso".

Sappiamo tutti che quando una persona è famosa la gente adora vederne l’ascesa, ma si esalta anche a vederla inciampare e cadere. Riuscirai a rialzarti? "Non lo so. Non lo so. Io non so cosa succederà. Sto convivendo bene con questa nuova situazione che in passato mi avrebbe fatto diventare pazzo. Sono qui, la sto vivendo su me stesso e ho bisogno di continuare a farlo. Sono profondamente dispiaciuto per quello che ho fatto, posso dirlo migliaia di volte ma non sarà mai abbastanza per far tornare le cose indietro".

Mercoledì scorso, Travis Tygarty dell’Usada, ha detto alla trasmissione "60 Minutes Sports" che qualcuno del tuo entourage offrì all’Usada una donazione di 150.000 dollari che non venne accettata. Stavi cercando di "comprare" l’Usada? "No. Questo non è vero".

Non è vero? "Non è vero. Nelle 1000 pagine di report che hanno diffuso c’erano un sacco di cose, c’era tutto su di me. Come mai non si diceva niente di quella storia? Come mai? Oprah, non è vero niente". Nessuno che ti rappresentava… "Nessuno. Io non sapevo niente ma ho chiesto a tutti del mio entourage. Nessuno. Non è vero".

E tu sei Lance Armstrong, tu conduci le danze intorno a te e quindi se qualcuno avesse offerto 150.000 dollari tu lo avresti saputo? "Mi pare che si fosse parlato di 250.000, era questo il numero. Ma poi l’hanno abbassato. Sono un sacco di soldi. Lo avrei saputo".

E quindi confermi che non è vero? "Non è vero".

Sei un uomo migliore oggi dopo tutto quello che è successo? Ti ha aiutato tutto questo a diventare una persona diversa? "Senza dubbio, lo ripeto, è una situazione che mi è successa solo due volte nella mia vita. Quando mi è stato diagnosticato il cancro sono stato messo alla prova e sono uscito migliore di come ero. Ora ho perso il controllo della mia vita per la seconda volta. È facile stare qui e dire che mi sento meglio, ma non posso perdere di nuovo la mia vita. Solo io la tengo sotto controllo, però non posso fare promesse. Scivolerò ancora e la sfida principale della mia vita sarà cercare di non scivolare più e di non perdere di vista la strada da percorrere. Una sfida epica".

Una storia epica. Qual è la morale di questa storia? "Non ho una gran risposta in questo caso. Posso guardare a quello che ho fatto, ingannare per vincere gare di ciclismo, mentire su questo, essere prepotente con la gente. Ovviamente queste cose non si devono fare, non è certo quello che vorresti insegnare ai bambini. Questo è facile da dire. Ma c’è un’altra morale di questa storia che vedo riguardando la mia vita, prima in ascesa e poi intrappolato dentro tutte queste questioni: è un crimine tradire le persone che ti supportano e ti sono vicine, è un crimine mentire a loro".

Sai quale penso che sia la morale? E’ quello che ti ha detto Kristin: la verità ti libererà. "Sì, lei me lo continua a dire…".


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