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domenica 25 dicembre 2016

L'Inseguimento Di Armstrong A Simeoni (Tour De France 2004)

Filippo Simeoni: "A scuola andavo bene, in camera avevo il poster di Hinault, continuavo a sognare che un giorno avrei vinto il Giro d’Italia, la corsa che mi affascinava di più. 
Mi diplomo ragioniere, ho due fratelli laureati in Economia e commercio, ma la passione per il ciclismo è troppo forte.  Nell’ultimo anno da dilettante mi accorgo che qualcosa non quadrava. 
Mi battevano corridori che fino a pochi mesi prima battevo. 
Vado in Abruzzo dal dottor Santuccione e mi faccio spiegare come funziona l’EPO.  Me lo spiega, ma resisto alla tentazione. Passo professionista con la Carrera di Pantani e Chiappucci. E le cose quadrano ancora meno. A fine ‘96 mi decido e vado dal dottor Ferrari, che in gruppo chiamano dottor Mito, il più bravo allievo del professor Conconi.  Molto celebrati anche dalla stampa. Ferrari mi dice che non ha tempo da perdere con quelli scarsi, può assistermi solo se supero alcuni test, in pratica valuta la mia cilindrata.  Supero i test, posso accedere al trattamento. Ferrari è un grande, nel suo campo. Affascina. Prima del Giro del Trentino e dopo adeguati trattamenti mi dice che posso finirlo nei primi cinque. Finisco quinto. Al Giro d’Italia vado forte ma per una tendinite mi devo ritirare quando sono diciassettesimo in classifica"

"Facevo quello che facevano in tanti, probabilmente tutti. 
E come tutti vedevo l’EPO come medicina, non come doping. 
Veniva a costare sui 10 milioni l’anno, allora non c’era l’euro, più 5 o 6 in farmaci. 
L’EPO funziona a patto di allenarsi intensamente e seguire una dieta ferrea. Una terapia. 
Non percepivo né l’inganno che attuavo né i pericoli che correvo. 
Molte morti sospette di giovani corridori, nel sonno, in quegli anni. 
La molla mi è scattata nel ‘99, quando hanno perquisito la casa del dottor Ferrari e poi, in base alle cartelle cliniche, le case dei corridori che si erano rivolti a lui. 
Anche la mia, all’alba.  Carabinieri che rovistano nel frigorifero, aprono i cassetti, mia madre agitata che mi dice: Filippo, cos’hai combinato? Non mi hanno trovato medicinali, solo appunti su taccuini. 
Avrei potuto cavarmela come altri, ma ho capito che sbagliavo e non si poteva continuare su quella strada.  Con chi mi conosceva non ho avuto problemi, ma per il gruppo ero diventato l’infame, la spia, quello che sputa nel piatto dove ha mangiato"

Filippo Simeoni il 12 febbraio 2002 confessò di aver comprato sostanze dopanti dal suo medico, Michele Ferrari, lo stesso che seguiva Lance Armstrong (e molti altri corridori).
Allo statunitense, che sulla questione lo aveva definito "mentitore assoluto", rispose con una querela. Simeoni prese una squalifica pari a 24 mesi per aver fatto uso di doping.

Simeoni: "Fui ascoltato come persona informata sui fatti. Io non feci altro che essere onesto con gli inquirenti. Mi avevano sequestrato delle agende in cui annotavo tutti i particolari sul mio passato di doping e sulla relazione con Ferrari. Ho confermato che ero andato dal dottore per chiedergli consigli sulla preparazione e lui mi espresse chiaramente il concetto che se volevo puntare a migliorarmi dovevo utilizzare certe sostanze. Io non ho fatto altro che confermare ciò che gli inquirenti già sapevano. La cosa buffa è che sono stato attaccato da Armstrong senza che io l’avessi mai nominato. Mi ha detto che ero un mentitore assoluto e una persona poco credibile"

"Io avevo scardinato il sistema pagando sulla mia pelle quelle dichiarazioni, non mi aspettavo di venir squalificato come chi invece era reticente a parlare, come chi si na­scondeva dietro al silenzio. Una squalifica peraltro arrivata nel 2002, quando io avevo iniziato a collaborare nel 1999, confermando tutto nel corso del processo"

Il 23 luglio 2004 al Tour si corre la 18esima, che sembra di puro trasferimento.
Montagna dura il giorno prima (vinta da Lance Armstrong che stacca Ullrich e batte Kloden), cronometro impegnativa il giorno dopo. Gli uomini di classifica si risparmiano. Gli altri provano la fuga. Si va da Annemasse a Lons-le-Saunier, 166 chilometri.
Il gruppo o, meglio, gli uomini di classifica lasciano fare. Dopo una trentina di km parte una fuga che può essere quella buona. Sono in sei: Flecha, Fofonov, Mercado, Joly, Garcia Acosta e Lotz.
Quando il loro vantaggio è di un minuto dal gruppo esce una maglia della Domina Vacanze: è Filippo Simeoni che prova a rientrare. Alla ruota di Simeoni c’è incredibilmente la maglia gialla, il leader della classifica generale, Lance Armstrong. Dopo 14 km d’inseguimento, con Simeoni che tira ed Armstrong a ruota, la strana coppia raggiunge i primi (con gruppo, tifosi e telecronisti esterrefatti).
"Bravo Simeoni, bel numero, mi dice Armstrong per sfottere. Poi va a parlottare con gli altri, in particolare con Garcia Acosta che è il più anziano. 
E poi Garcia Acosta si lascia scivolare al mio fianco: se Armstrong resta qui la nostra fuga è condannata.  Lui dice che se ti stacchi tu si stacca anche lui, il gruppo vi ripiglia e a noi ci lascia andare.  Mi sono staccato per non danneggiare dei colleghi, è finita che ha vinto Mercado e il gruppo è arrivato a 11 minuti. Potevo vincere io, o almeno provarci, e Armstrong me l’ha impedito"

Armstrong gli rinfacciò di aver testimoniato contro il dottor Ferrari, prima lo definì un totale mentitore in un’intervista a Le Monde, poi dovette incassare la querela di Simeoni.
Questo per chiarire la situazione che pesava su quel 23 luglio.
"Una volta che ci eravamo staccati, Armstrong mi disse che avevo sbagliato due volte, mettendo in mezzo Ferrari e poi querelando lui per diffamazione: ho tanti soldi e tanti bravi avvocati, posso rovinarti quando voglio. E poi, quando il gruppo ci riprese, mi fece il gesto della bocca cucita.
Ma non è questo che mi ha fatto più male. Sono stati gli insulti pesantissimi dei colleghi italiani. Guerini s’è scusato quasi subito, Nardello dopo un po’, Pozzato mai. Servi dell’imperatore, questo sono stati. Quella sera ho pensato di ritirarmi, poi ci ho ripensato. Ero la vittima, non il colpevole. E ho il mio orgoglio: nell’ultima tappa, quella sì di trasferimento per tradizione, ho attaccato quando Armstrong stava facendo le foto coi bicchieri di Champagne, in testa al gruppo. E i suoi si sono tirati il collo per venirmi a prendere. Poi Ekimov mi ha fatto il gesto delle corna, ma io ero soddisfatto, la provocazione era riuscita. Ci ho provato anche dopo, sui Campi Elisi, sempre per provocare, per far vedere che ero vivo, ma sapevo che per me ci sarebbe stato disco rosso"


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mercoledì 21 dicembre 2016

Campionato Scozzese Posto Peggiore Dove Giocare? Indagine FIFPro

Secondo un'indagine di FIFPro, la Federazione Internazionale che controlla le varie associazioni di calciatori professionisti, oltre un terzo dei calciatori militanti in Scozia ha affermato di ricevere pesanti insulti dagli spalti durante le partite (insulti riguardanti razza, religione ed orientamento sessuale).
L’indagine è stata condotta su 14.000 calciatori, dislocati in 54 paesi diversi.
Celtic e Rangers non erano tra le 9 squadre scozzesi sorteggiate a caso da FIFPro per porre interviste anonime ai tesserati.
Tra i dati emersi dal rapporto inerente 169 giocatori, troviamo che:

- Il 41% dei calciatori non viene pagato nei termini stabiliti dal contratto (un aspetto che lascia gli atleti più vulnerabili in riferimento alla possibilità di combine di un match, secondo FIFPro).
- Il 34% dei calciatori militanti in Scozia ha raccontato di aver ricevuto pesanti offese e minacce sui campi dove si è recato a giocare. Si tratta di oltre tre volte in più della media globale.
- Il 20% dei calciatori in Scozia è stato discriminato per razza, sessualità o religione.
- Un calciatore ha l’11% di possibilità di venire avvicinato per poter ‘truccare’ una partita durante la propria carriera.
-Circa il 10% dei calciatori nel mondo è risultato vittima di violenze (fisiche o psicologiche), principalmente da parte dei tifosi.

Barry Ferguson, ex leggenda sul campo dei Glasgow Rangers ed attuale allenatore del Clyde (club scozzese militante in seconda divisione): “Avendo disputato la maggior parte della mia carriera in Scozia, posso testimoniare che i problemi riguardanti soprattutto le religioni diverse si fanno sentire quando sei sul campo. Non sono per nulla sorpreso dalle statistiche emerse anche se, di certo, tutto ciò è molto triste.
Insulti e minacce dalle tribune c’erano, purtroppo ma ovviamente, anche in Inghilterra ma non nella misura presente qui in Scozia. 
Diversi compagni avuti nella mia carriera sono rimasti colpiti dal livello di violenza verbale, e talvolta non solo, che hanno trovato in questa terra rispetto a quella da dove provenivano. Posso dire, inoltre, che non si tratta unicamente di un problema Celtic e Rangers, come in molti vogliono far credere. Bisogna fare qualcosa”

Fraser Wishart, presidente dell’associazione dei calciatori in Scozia, ha affermato:
“Siamo quasi nel 2017 e non è possibile che non si capisca ancora quanto sia importante mantenere un certo standard di correttezza non soltanto in campo ma pure sugli spalti. E’ giunto il momento di insegnare l’educazione a chi non ne è in possesso”

Inoltre è emerso che lo stipendio medio in Scozia parta da un minimo di 800 pounds e non supera le 1.600, Theo Van Seggelen, segretario di FIFPro General: "un'evidenza che l'industria dello sport abbia bisogno subito di una riforma. Ingaggi sottopagati, sedute di allenamento solitarie punitive e trasferimenti forzati sono cose che appartengono ormai al passato".


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giovedì 15 dicembre 2016

Gli Eccessi ed Arresti Del Kicker Jeff Reed (NFL)

"Jeff" Montgomery Reed nato il 9 aprile 1979 firmò come kicker per i New Orleans Saints (free agent undrafted) nel 2002.
In realtà la sua carriera inizierà con i Pittsburgh Steelers con i quali giocherà sino al 2010, prima di trasferirsi ai San Francisco 49ers e poi l'anno successivo ai Seattle Seahawks.
1.80 m per 102 kg.
La sua occasione agli Steelers viene quando s'infortunia Todd Peterson, Reed finì la stagione con 100 punti, portando la squadra in postseason.
Durante gli AFC Divisional Playoff 2005 contro i New York Jets, Reed colpì da 33 yard dopo che Doug Brien dei Jets sbagliò due calci.
Durante i playoff dell'anno successivo, dove gli Steelers vinsero il Super Bowl XL, Reed calciò con successo tutti e tre i tentativi.
Nel Super Bowl XLIII, Reed realizzò entrambi gli obiettivi del campo e 3 su 3 sul PAT nel 27-23 contro gli Arizona Cardinals.


GLI ARRESTI
Jeff è noto per essere eccentrico e per i suoi eccessi.
Spesso fotografato quasi nudo con belle ragazze e perennemente ubriaco.
Basti citare anche i suoi tentativi di sbiancamento dei capelli, così come l'indossare abiti fucsia per abbinare il vestito della sua ragazza (durante una sfilata annuale al fine di raccogliere fondi per la lotta contro il cancro al seno).
Durante un training camp, Reed si portò in giro volontariamente uno zaino rosa in quanto la squadra non aveva rookies delle squadre speciali (che di solito hanno il compito di portare in giro gli zaini).
Dopo la vittoria degli Steelers nel Super Bowl XLIII, Reed lasciò cadere nel cerimoniale il puck prima della partita tra Pittsburgh Penguins e Tampa Bay Lightning il 4 febbraio 2009.
Per l'occasione, indossava una rara maglia color oro usata dai Penguins negli anni 80.
Parlando invece di problemi con la legge, Reed venne citato dalla polizia la notte del 14 febbraio 2009 per vandalismo, dopo aver distrutto un porta asciugamani di carta igienica di un bagno (in un negozio a New Alexandria in Pennsylvania).
Questo perchè a suo dire nel bagno degli uomini mancavano gli asciugamani di carta.
Si dichiarò colpevole e venne multato di 543,50 dollari.
La crisi definitiva di Reed con gli Steelers ha avuto inizio il 18 ottobre 2009 dopo che la sua squadra sconfisse i Cleveland Browns.
L'incidente in realtà coinvolse principalmente il suo compagno Matt Spaeth citato per aver urinato in pubblico.
Reed non rispettò gli ordini della polizia di tornare dentro il suo SUV.
Jeff venne rilasciato il 16 novembre 2010, diventando free agent.
Rifiutò i Bengals e poi si trasferì come detto in California ai 49ersin seguito ai Seattle Seahawks.


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sabato 10 dicembre 2016

Doping Di Stato: Dalla Germania Est Alla Russia, Passando Per L'Italia

Tra il 1971 e il 1990, la Germania Est mise a punto il cosiddetto “Piano Di Stato 14.25” per la somministrazione di Steroidi Anabolizzanti, Testosterone, Anfetamine, GH ed altre sostanze proibite agli atleti scelti per entrare nel programma: tutto merito del ruolo di primaria importanza assunto dall’industria e dalla ricerca farmaceutica nella DDR.
Il farmaco più utilizzato fu l' Oral Turinabol (uno Steroide Anabolizzante)prodotto dalla Jenapharm. In prima approssimazione, la cosa più importante fu rendere non rilevabili le sostanze proibite ai controlli anti-doping.
Fu Manfred Ewald, maggior dirigente sportivo del Paese, condannato nel 2000 per le sue malefatte, a ideare negli anni '60 l'organizzazione del sistema tendente a dimostrare la superiorità di una nazione e il trionfo della metodologia germanica.
Il rigidissimo programma in cui erano inquadrati gli atleti prevedeva allenamenti pesantissimi (con attrezzature tecnologicamente avanzate e mantenute segrete), somministrazione sistematica e obbligatoria delle sostanze, privacy azzerata.
Secondo un meccanismo terribile, venivano testati gli effetti dei farmaci sul fegato dei malcapitati: chi tollerava meglio il cocktail tossico proseguiva il percorso agonistico.
Sportivi ed allenatori venivano tenuti sotto osservazione per la maggior parte del tempo.
La DDR ha preso parte ad appena 5 edizioni dei Giochi Olimpici estivi tra il 1968 ed il 1988, boicottando Los Angeles 1984.
Ma le cifre riguardanti gli allori conquistati sono spaventose e rendono l’idea della portata dell’atroce bugia: 153 ori, 129 argenti e 127 bronzi, per un totale di 409 medaglie che la collocano all’ 11° posto del medagliere di tutti i tempi.
Il doping era incentrato sul potenziamento di forza e velocità: atletica leggera, nuoto, sollevamento pesi, canottaggio, ginnastica, ciclismo.
Venne trovata positiva solo la lanciatrice del peso Ilona Slupianek, nel 1977.
Dopo quell’episodio, i tedeschi orientali si fecero ancora più furbi.
Prima di inviare qualcuno in giro per il mondo a gareggiare, ne analizzavano i valori in laboratorio; chi rientrava nei limiti consentiti, partiva.
I forfait dell’ultimo momento venivano imputati a falsi infortuni in allenamento.
Le prime denunce furono fatte da atleti fuggiti all'Ovest, come l'olimpionico del salto con gli sci Georg Aschenbach o Christiane Knacke (100 farfalla), e soprattutto da Brigitte Berendonk (ex-discobola).
Il sistema era controllato dalla Stasi (la polizia) attraverso una fitta rete di spie all’interno del mondo sportivo, attraverso un vero e proprio “doping di Stato”, che iniziò a scricchiolare di fronte alle confessioni degli atleti fuggiti altrove.
In quella notte del 9 novembre 1989 con i mattoni del Muro crollarono anche i segreti di una nazione che aveva eletto lo sport a mezzo per essere accettata agli occhi del Mondo.
Un piccolo Paese, con soli 17milioni di abitanti capace di vincere, come detto, 160 medaglie d'oro olimpiche fra il 1972 e il 1988.
Si stima che oltre 10.000 atleti abbiano riportato danni fisici o psicologici irreversibili: il caso più noto è senza dubbio quello di Heidi Krieger, campionessa europea 1986 nel lancio del peso.
Gli steroidi assunti dai 16 anni in poi ne hanno modificato drasticamente il fisico, tanto da rendere inevitabile il passaggio chirurgico da Heidi ad Andreas.
La Jenapharm è stata costretta a risarcire centinaia di vittime, ma nonostante tutto è ancora in attività, proprio come molti allenatori dell’allora Germania Est in giro per il mondo.


DOPING NELLA GERMANIA OVEST
Invece nell'altra Germania, il doping era principalmente una scelta privata (non era di stato quindi), tant’è vero che coach ed atleti erano quasi sempre a conoscenza del fatto che lo sportivo stava per essere dopato.
I medici implicati ricevevano del denaro dalle tasse dei cittadini, soldi che erano per lo più destinati alla ricerca, e li utilizzavano per sviluppare ed incentivare il doping.
Dai documenti risulta che alcuni atleti sono stati addirittura utilizzati come cavie umane, a cui sono state somministrate sostanze ancora in fase sperimentale.
Lo stato in questo caso non aveva un ruolo attivo, non incitava gli atleti a doparsi, ma tollerava e chiudeva gli occhi.
A testimonianza di questo c’è il fatto che molti istituti e centri di ricerca, che poi si sono scoperti implicati nel doping, erano subordinati al Ministero degli Interni.
Tra i medici che non esitarono a somministrare sostanze dopanti emergono due nomi in particolare: Joseph Keul e Wilder Hollmann.
Anche la nazionale tedesca di Calcio, a quanto si è saputo in anni recenti, ne era coinvolta.
Nel corso degli anni, i tedeschi occidentali hanno provato più volte a difendersi sostenendo che il doping occidentale nacque come reazione a quello orientale.
Sebbene, almeno inizialmente, la RFT e alcuni suoi esponenti di spicco, tra cui Wolfgang Schäuble, si mostrarono tolleranti nei confronti dell’uso di sostanze dopanti, come ad esempio gli steroidi anabolizzanti, la sempre crescente autonomia tra sport e politica favorí la nascita ed il diffondersi di controlli anti-doping.
Conseguenza fu che nella Germania Ovest i danni furono, almeno in parte, limitati.


ALTRI DOPING DI STATO: FINLANDIA, ITALIA, USA, SPAGNA E PAESI COMUNISTI
Spionaggio, pedinamenti, controlli, costrizioni e doppi giochi, rigorosamente in bianco e nero e in ambienti freddi e rarefatti.
I primi anabolizzanti per migliorare le prestazioni sportive circolano nel libero mercato statunitense già dagli anni 50.
Anche in Cecoslovacchia e in Finlandia, pianificarono nei laboratori le numerose vittorie negli sport di eccellenza (lo Sci Di Fondo per la Finlandia ad esempio).
A quanto emerso, l'80% degli atleti cechi ai mondiali di atletica leggera '83 a Helsinki avrebbe fatto uso di sostanze dopanti.
Le testimonianze fanno a pezzi lo sport nazionale finlandese, miti del Grande Nord come Juha Mieto, oro nella 50 km del 1973 e vincitore di ben 5 medaglie olimpiche, senza parlare dei tecnici.
Uno su tutti: Jarno Punkkinen.
A lungo allenatore dello squadrone finlandese, ha diretto la nazionale italiana dal 1984 al 1990.
E l'incrocio tra la sua attività (e la sua fama) con la squadra azzurra produce testimonianze inquietanti.
Puliè, argento nella staffetta di Albertville '92, racconta di come i fondisti azzurri avrebbero fatto ricorso alla pratica dell'autoemostrasfusione fino al 1988, nonostante fosse vietata dal 1985.
Barco, già reo confesso, ammette di essersi ripulito il sangue, e di non averlo fatto da solo, ma anche di aver fatto un passo indietro di fronte all'assunzione della famigerata EPO da laboratorio.
L'Unione Sovietica, non era da meno: all'inizio degli anni '70 compì in gran segreto uno studio completo sugli effetti dell'uso degli anabolizzanti sugli atleti, aprendo così la via al sistematico doping di Stato.
Il doping ematico nasce invece in Italia, con la supervisione dello stato e del Coni.
Erano i primi anni 80 quando il Governo e il Coni presieduto da Franco Carraro decidono di finanziare il Centro Studi Biomedici di Francesco Conconi per “migliorare le prestazioni degli atleti”. L’autoemotrasfusione porta gli azzurri a vincere medaglie in serie, da Los Angeles 1984 alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer 10 anni dopo: ma l’Italia è un passo avanti, i controlli ancora non guardano all’ematocrito per cercare l’EPO e gli azzurri la fanno franca.
Sci di Fondo, Ciclismo, finanche Calcio.
Nel 2004 una lunghissima inchiesta giudiziaria condotta tra Bologna e Ferrara riconosce l’uso di doping sistematico, la maggior parte degli imputati se la cava con la prescrizione: tra questi un certo Michele Ferrari, che negli anni 80 permetteva a Moser di battere il record dell'ora.
La lista dei dopati sotto Ferrari e Conconi è lunghissima: da Pantani ad Indurain, passando per Moser, Chiappucci, Fondriest, Di Centa ed Armstrong.
Per approfondire: Scandalo Doping Conconi (DBLAB) Pantani e Il Doping (Carriera).
Passiamo quindi agli USA, una decina di anni fa un report dell’Agenzia Antidoping ha rivelato che la maggior parte delle positività trovate negli Usa dal 1984 fino a Sidney 2000 (le ultime Olimpiadi prese in considerazione dal dossier) sono state coperte o nascoste: le prove e le provette distrutte.
Si ricordi ad esempio Marion Jones (5 medaglie a Sidney) e il laboratorio della Balco rimandano un’atmosfera a colori, edonista e piena di spot pubblicitari.
Che non si è certo esaurito, se si pensa che l’USADA (antidoping americano) in un dossier di mille pagine ha definito quello dell' US Postal e Di Lance Armstrong “il più grande sistema doping del mondo”.
E cosa dire dell’Operacion Puerto esplosa in Spagna nei primi anni 2000, che si è concentrata soprattutto sul Ciclismo ma che copre un lasso di tempo in cui la Spagna comincia a vincere sorprendentemente in tutti gli sport: calcio, tennis, basket e così via.
E siccome siamo ovviamente in epoca di globalizzazione, ecco che tra i clienti del dottor Eufemiano Fuentes troviamo sportivi di tutto il mondo, compresi molti atleti italiani.


DOPING DI STATO IN RUSSIA
Alla vigilia delle Olimpiadi di Rio 2016, scoppia il caso della Russia.
100 pagine che inchiodano la Russia.
I laboratori di Mosca e Sochi coprirono una serie di atleti russi risultati positivi durante i Giochi Olimpici invernali di Sochi nel 2014.
L'accusa è pesantissima e viene dalla WADA(agenzia mondiale antidoping).
Il doping sistematico riguarda 312 casi, quindi tutto lo sport russo.
Un sistema iniziato a Vancouver nel 2010 e proseguito a Londra 2012, ai mondiali di atletica di Mosca 2013 ed a quelli di nuoto di Kazan 2015.
Secondo Evgenia Pecherina il 99 % degli olimpionici russi usò sostanze dopanti.
Un sistema quindi.
Hanno parlato Yuliya Stepanova, ex ottocentista squalificata per l’alterazione del passaporto biologico nel 2013, e suo marito Vitaliy Stepanov, che alla RUSADA lavorava.
Raccontano di tecniche per eludere i controlli, di discorsi molto chiari sul come puntare al podio e di come la federazione abbandoni gli atleti non di primo piano trovati positivi.
Non accadrebbe lo stesso con chi è affermato o ritenuto potenzialmente da medaglia.
In questo caso racconta Stepanov il ministero è pronto a insabbiare.
Stepanov allarga poi il raggio del suo attacco: "Contatti con altri atleti russi? Appena parli sei bandito da tutto e tutti: dallo sport, dai club, dall'esercito, dalla Gazprom. Chi parla perde tutto e deve ricominciare da zero".
"Se ci succede qualcosa tutti devono sapere che non sarà stato un incidente".
In un video mostrato nell’inchiesta di Seppelt, si vedeva Stepanova ricevere da un suo allenatore delle pillole di Oxandrolone, uno steroide di sintesi derivato dal testosterone, vietato dal Comitato Olimpico Internazionale.

"Devi doparti, così è come funzionano le cose in Russia. I funzionari e gli allenatori ti dicono chiaramente che non puoi andare avanti con le tue capacità naturali. Per vincere delle medaglie devi avere dell’aiuto. E quell’aiuto è il doping"

E torna in mente Viktor Chegin, indagato e sospeso dall’agenzia antidoping russa, ma tranquillamente ai bordi del tracciato della 20 chilometri di marcia durante gli ultimi Europei.
Il tecnico, allenatore di molti marciatori russi, ha il poco invidiabile record di 18 suoi atleti squalificati per doping.
Il capo della federazione Valentin Balakhnicev era stato categorico circa l’impossibilità che Chegin facesse parte della delegazione, invece era in Svizzera e i suoi uomini sono stati protagonisti
Conclusioni che hanno spinto la WADA a chiedere l'esclusione della Russia da tutte le competizioni internazionali, compresi ovviamente i Giochi di Rio.

"Tutti i dirigenti pubblici accusati nel rapporto WADA di essere coinvolti nello scandalo doping saranno temporaneamente sospesi dai loro incarichi fino alla fine delle indagini"
Putin: "La comunità internazionale è testimone di una pericolosa ricomparsa della politica che interferisce con lo sport"

Il report, presentato in una conferenza stampa a Toronto, è stato condotto dal professore canadese Richard McLaren.
McLaren sostiene che la denuncia "è supportata da prove" e che delle pratiche illecite veniva costantemente informato, in occasione dei Giochi di Sochi, il viceministro dello Sport, Yuri Nagornykh.
In pratica "Non poteva non essere a conoscenza della cosa, viste le dimensioni del fenomeno".
Oltre alla collaborazione del centro nazionale di preparazione del Team Russia c'è anche quello dei servizi di sicurezza (l'FSB).
La commissione sospetta inoltre che sia stato usato un “laboratorio parallelo”, situato nei dintorni di Mosca, per aiutare a coprire l’uso massiccio di doping, esaminando gli atleti prima dei controlli ufficiali: in questo modo, chi risultava “pulito” veniva mandato ai laboratori antidoping riconosciuti dalla WADA, mentre chi veniva trovato positivo al doping veniva fermato e coperto dal “sistema”.
Il laboratorio parallelo sarebbe controllato dall’amministrazione comunale di Mosca, e questo, insieme al possibile coinvolgimento del ministro dello sport, potrebbe aggravare la situazione della Russia, in quanto anche alcuni organi statali erano a conoscenza delle irregolarità.
Agli atleti risultati positivi durante i test anti doping nel laboratorio parallelo, venivano estorti anche dei soldi, spesso con ricatti, per coprire le tracce di positività: ARD sostiene che la vincitrice delle ultime due maratone di Chicago Lilija Šobuchova abbia pagato circa mezzo milione di euro per evitare un test anti doping.
L'FSB, si legge nel rapporto, ha creato una vera e propria "banca delle urine pulite".
Gli atleti scelti dovevano raccogliere il liquido lontano dai periodi di utilizzo delle sostanze dopanti, poi avveniva il trasporto al congelatore sistemato nell'edificio della stessa agenzia a Sochi, pronta per attingervi quando c'era da scambiare il campione.
Per assicurarsi che il peso specifico del campione "pulito" corrispondesse a quello dell'originale, si aggiungeva sale da cucina per aumentarne la densità, o acqua distillata per diluirla.
A esempio tra il 10 settembre e il 10 dicembre 2013 i campioni che venivano conservati a Mosca sono stati modificati.
E per quanto riguarda quelli dei Mondiali di atletica a Mosca, nel 20013, "i tappi delle provette sono stati aperti e l’urina alterata sostituita con una «pulita» prima che le provette venissero inviate ad altri laboratori, su istruzione della IAAF".
"Il personale del laboratorio non aveva scelta" riguardo alla trasparenza del sistema, recita ancora il rapporto.
A insabbiare, bruciare documenti e distruggere prove sarebbe stata addirittura la FSB, i servizi segreti russi che hanno preso il posto del KGB e che sarebbero stati chiamati in causa per operazioni di questo tipo per ben 25 volte.
Una accusa dettagliata, resa possibile anche dalle dichiarazioni dall'ex direttore del laboratorio antidoping russo, Grigory Rodchenkov, fuggito negli USA dopo la morte in circostanze poco chiare di due colleghi.
Kamaiev, capo della RUSADA era stato stroncato da un infarto nello scorso febbraio, mentre pochi giorni prima, Viaceslav Siniov, che era stato leader del comitato esecutivo, aveva perso la vita in circostanze misteriose.


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lunedì 5 dicembre 2016

I Seattle Pilots e Miguel Fuentes Sparato In Un Bar (MLB)

I Seattle Pilots, franchigia di MLB, durarono una sola stagione: 1969 (sesti nell'AL West).
Poi si trasferirono nel Wisconsin e divennero Milwaukee Brewers.
Una squadra perdente in uno stadio malmesso, di fronte a pochissimi spettatori..
Questa franchigia quindi è principalmente ricordata per la tragedia che colpì il giovane pitcher Miguel Fuentes Pinet: ferito a morte in un bar.
Nato e morto a Loiza Aldea, Portorico.
Si trattava di un top prospect pitcher nell'organizzazione dei Seattle Pilots durante la già citata stagione 1969 di regular season (in Class A, aveva un record di 8-2 con 1.46 di ERA in 26 apparizioni al piatto. ERA più bassa tra tutti i lanciatori che avevano disputato 40 inning o più).
Il suo debutto nella lega maggiore è datato il 1 settembre 1969.
Chiuderà la sua carriera con un record di 1-3, 14 K e 5.19 di ERA.
Contro i White Sox realizzò un complete game, segnando anche 1 Run.
Lanciò anche l'inning finale della storia dei Pilots, il 2 ottobre 1969 contro Oakland.
Fuentes ritorna a casa a Porto Rico per la offseason, nella sua città natale (Loiza Aldea a 20 miglia da St.Juan).
Mentre si trovava in un bar a bere con alcuni amici, ci fu un problema idraulico nel bagno, il giovane lanciatore barcollando ed ubriaco uscì fuori per urinare.
Qualcuno pensò che stava espiando i suoi bisogni troppo vicino alla loro jeep.
Non si sa cosa successe nè se l'urina colpì qualche pneumatico.
L'unica cosa risaputa è che un uomo tirò fuori una pistola e lo uccise.
Fuentes venne colpito tre volte: all'addome, alla mano destra e alla coscia sinistra.
Sappiamo che morì a 24 anni, fissando il tetto di una macchina (venne subito portato in ospedale in stato di shock ma morì poco dopo).
Miguel Fuentes, un ragazzo che non è mai cresciuto.


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giovedì 1 dicembre 2016

Darren Sharper Accusato Di Aver Violentato 16 Donne (NFL)

Darren Sharper, l’ex safety di Green Bay Packers, Minnesota Vikings e New Orleans Saints, si è ritirato nel 2010.
14 stagioni nella NFL, ha partecipato a due Super Bowl con i Packers da rookie e poi con i Saints, e in 5 occasioni era stato selezionato al Pro Bowl.
In seguito è diventato un analista di spicco di NFL Network, prima che uno scandalo di proporzioni gigantesche lo colpisse.
Nel 2014 si costituì a Los Angeles dopo che su di lui pendeva un mandato di arresto con l’accusa di aver violentato due donne l'anno precedente.
All’inizio di febbraio (sempre 2014), gli erano stato mosse accuse simili dalla contea di Los Angeles.
Due donne, infatti, lo avevano accusato di averle prima drogate, poi violentate dopo una serata passata in un locale trendy di LA.
La ricostruzione delle ragazze era più o meno sempre le stesse: bevevano con Sharper e la mattina si accorgevano di aver subito abusi sessuali (evidentemente addormentate).
Secondo le autorità Sharper è un violentatore seriale, visto che inoltre era sotto indagine, per crimini a sfondo sessuale, anche in Florida, Nevada e Arizona.
Inizialmente considerata la giurisdizione dei differenti Stati, per Sharper, subito sospeso da NFL Network, si prospettava un lungo iter processuale, con accuse pesantissime.
E così è stato.
Tanto per gradire, un verdetto di colpevolezza dalla procura di New Orleans sarebbe costato l’ergastolo all’ex giocatore, mentre in California Sharper avrebbe rischiato fino a 30 anni di reclusione.
Al procedimento a inizio febbraio a Los Angeles i legali di Darren Sharper avevano negato con forza l’ipotizzata violenza sessuale.

L'avvocato di Sharper Leonard Levin disse “Le due donne erano assolutamente consenzienti volevano solamente la sua compagnia”
“Non ci sono prove che suggeriscano una violenza sessuale” si limitò invece a dire l’avvocato Nandi Campbell.
Il verdetto invece è arrivato ad agosto 2016.
Sharper è stato condannato a 18 anni di carcere, accusato di aver drogato e stuprato ben 16 donne in quattro stati.
I pubblici ministeri avevano suggerito un periodo di reclusione di 9 anni per Sharper sotto un patteggiamento ma il giudice ha respinto la pretesa, considerandola troppo indulgente nel mese di giugno.
Sharper stato anche multato $ 20.000.
Sharper si è dichiarato colpevole in tribunale federale a tre capi di accusa: tra i quali utilizzo di farmaci per favorire lo stupro.
Lui e il suo amico Brandon Licciardi avevano messo farmaci anti-ansia o sedativi in ​​bevande delle donne in modo che loro potessero stuprarle.
Il giudice Milazzo ha diramato la condanna anche per Licciardi e un secondo co-imputato di New Orleans, Erik Nunez.
Le accuse ufficiali riguardano lo stupro di 9 donne ma secondo le indagini sarebbero 16.
Licciardi è stato condannato a 17 anni, Nunez a 10.


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