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venerdì 29 settembre 2017

L'Analisi Di Antoine Vayer: Standard Power, Watts/Kg, VAM (Doping)

L'indagine condotta dall'ex coach della Festina Antoine Vayer (1995-1998) è molto interessante.
Vayer ha analizzato i valori di standard power dei vincenti del Tour De France dal 1982 in poi.
La WADA etichettò il doping di Lance Armstrong, campione di spogliato dei 7 Tour de France, come il "programma di doping più efficace della storia". Ma a ben vedere non è stato così.

Vayer: "Con la sua media record di 438 watt nel Tour del 2001, il texano si trova solo al sesto posto di questa speciale classifica. I valori raggiunti da Indurain ben difficilmente potranno essere detronizzati, grazie alla sua media di 455 watt nell'edizione 1995. Il fatto che il regno di Armstrong iniziò dopo l'affare Festina nel 1998 e quindi l'introduzione del test per l'EPO lo costrinse a prestare maggiore attenzione: non poteva prendere EPO in modo illimitato come i suoi predecessori degli anni 90"

Poi aggiunge: "Prima del 1990, eravamo nell'era pre-EPO: i corridori stavano flirtando con valori poco superiori a 400 watt grazie ai corticoidi e agli steroidi. Poi c'è stato un salto a 450 watt grazie all'utilizzo massiccio di EPO fino al 1998. Dopo l'introduzione del test per l'EPO, le trasfusioni di sangue hanno fatto il loro grande ritorno: nell'era di Armstrong, i livelli si sono stabilizzati sui 430 watt. Dal 2011 possiamo parlare di una nuova era "mista" in cui comunque ci sono potenze sospette superiori a 410 watt"


SPIEGAZIONE VALORI
Secondo la scala varata da Vayer, ogni valore superiore a 450 cade nella categoria "mutante", mentre quelle tra 430 e 450 sono descritte come "miracolose", da 430 a 410 "sospette" e sotto i 410 "normali".
La classifica è come detto guidata da Indurain (versione 1995) con 455 watt di media, davanti a Bjarne Riis (449) e Marco Pantani (446). Lo stesso Pantani scalò l'Hautacam nel 1994 con una standard power di 465 (7.05 watts/kg). Tra i "miracolosi" sono presenti altri tre vincitori del Tour: Jan Ullrich (441), Alberto Contador nel 2009 (439) e Lance Armstrong nel 2001 (438), 2003 (432) e 2004 (438).


ANNI 80
Alla domanda se i vincitori dei Tour degli anni 80 sono al di là di ogni sospetto, Vayer ha risposto "Greg LeMond sembra aver prodotto performance umane ". 381 watt nel 1986, 408 nel 1989 e 407 nel 1990.
Poi ha aggiunto "con l'arrivo dell'EPO agli inizi degli anni '90, qualsiasi corridore che negli anni 80 riusciva a produrre 400 watt per 20 minuti sarebbe riuscito a produrre 440 watt per 40 minuti! 
Questo è il caso di Bjarne Riis che nel 1993 raggiunse 399 watt, ma ha progredito a 449 watt durante il tour vinto nel 1996 quando aveva 32 anni. Lemond rimase a 410 watt dopo il 1990 e venne facilmente oltrepassato sia da corridori più anziani di lui che più giovani"

Riguardo Laurent Jalabert, sprinter nei suoi primi anni da pro e due volte maglia a Pois al Tour (cioè miglior scalatore), Vayer disse "Durante le Vuelta del 1996 e del 1997, il francese si arrampicò a Lagos de Covadonga, 8,5 km al 9,18%, in meno di 25 minuti, con una potenza rispettivamente di 468 e 478 watt. Al Tour 1995 durante la salita del Col de Mende, Jalabert, fece segnare ben 495 watt!"


ANALISI GLOBALE
Greg Lemond ha raggiunto una media di 5,7 watts/kg nelle salite finali durante due dei tre Tour vinti. Indurain iniziò la carriera con una potenza media di 5,3 watts/kg, seguita da 4,91 watts/kg e poi ha cominciato ad aumentare i giri del suo motore, tanto che quando vinse il suo quinto Tour nel 1995, la sua potenza media sulle salite finali era un'incredibile 6,35 watts/kg.
Riis ha raggiunto la media di 6,47 watts/kg, Ullrich 6,33 watts/kg e poi Marco Pantani ha portato questi valori su un altro pianeta raggiungendo vette disumane di 6,63 watts/kg durante il Tour del 1998. Partendo dal 1982 riporto i watts dei vari vincitori del Tour: 388 per Hinault nel 1982, 383 per Fignon nel 1983, 409 per lo stesso nel 1984 (454 a La Ruchere), non presenti dati globali per il Tour 1985, 381 per Lemond nel 1986, 400 per Roche nel 1987, non presenti dati per il Tour 1988, 408 per Lemond nel 1989, 407 per lo stesso nel 1990, 371 per Indurain nel 1991, 397 l'anno successivo per lo stesso, 407 per lo spagnolo invece nel 1993. Dal 1994 sembra che succeda qualcosa e i valori aumentano esponenzialmente: Indurain vince il quarto Tour con 435 watts (470 ad Hautacam), l'anno successivo il quinto Tour con addirittura 455 di media (470 a Guzet Neige), 449 per Riis nel 1996 (Hautacam 479), 441 per Ullrich nel 1997 (474 ad Arcalis e 494 a Cheubouret), 446 per Pantani nel 1998 (450 a Peyresourde e alle Deux Alpes). Nel 1999, che è stato l'anno dopo il grande scandalo Festina, la potenza è scesa a 5,88 watts/kg e poi ha iniziato una progressiva salita nel 2000 e nel 2001.
Lance Armstrong sull'Alpe d'Huez nel 2004 fece segnare 495 watts per 6,97 watts/ kg (va sottolineato però che non c'erano altre salite nella tappa). La tabella seguente mostra la potenza stimata per Lance Armstrong durante tre vittorie al Tour (tra 1999 e 2001):
Nel 2002 su La Mongie 432 watt e 430 su Les Deux Alpes.
L'anno successivo 446 a Luz Ardiden, nel 2004 invece 462 a La Mongie, nell'ultimo Tour del 2005 a Courchevel 435 e la Bonsacre 453. Riguardo i valori medi figura come "normale" il Tour del 1999 (406 di media), "sospetti" 2000 (428), 2002 (417) e 2005 (425), infine come "miracolosi" 2001 (438), 2003 (432) e 2004 (438). Ovviamente questi valori vogliono dire poco o comunque forse la soglia di "normale" è stata considerata troppo alta se consideriamo che il Tour 2006 vinto da Floyd Landis (poi squalificato per Doping) figurava come "normale" (395 watts di media con 440 sull'Alpe D'Huez e 395 sullo Joux Plane). Nel 2007 invece 423 watt di media per Contador, 415 per Sastre nel 2008, 439 per Contador nel 2009 (etichettata come "miracolosa" con 491 watt a Verbier), 417 sempre per Contador nel 2010, 406 per Evans nel 2011 e 415 per Wiggins l'anno successivo. Nel 2014 invece 417 per Nibali. L'ex coach della Festina descrive come "normale" la media di 406 watt del Tour 2011 di Cadel Evans che si trova nella zona "verde" sotto i 410 watt.
Chris Froome nel 2015 raggiunse una potenza media di 414 watt (5.78 watt per kg ed una VAM di 1602) sulla salita La Pierre St.Martin. Vedendo nel dettaglio le sue prestazioni: potenza nei 4 minuti prima dell'attacco (449 watt con 1777 di VAM), durante l'attacco di 24 secondi (556 watt media), 4 minuti dopo l'attacco (435 watt con 1718 di VAM). Nella tappa 12 di Plateau de Beille, potenza media per 30 minuti di 414 watt, estendendo a 60 minuti invece 373 watt. Questi invece i valori per il Tour 2017:


INTERPRETAZIONI
Greg Lemond e i primi tour di Miguel Indurain sono stati vinti con rendimenti inferiori ai valori sospetti citati, ma dagli anni 90 in poi, qualsiasi valore inferiore a 6 watts/kg non sarebbe stato abbastanza per vincere. Infatti, a partire dalla metà degli anni '90, sembra che il requisito minimo per vincere sia stato di 6,2 watts/kg, a parte l'annata 1999 che figura come valori simili all'epoca pre-EPO (il primo Tour vinto da Armstrong). Fisiologicamente parlando, 6,2 watts/kg per 40 minuti è un qualcosa di abbastanza straordinario. Se un corridore è in grado di sostenere una potenza di 6,3 watts/ kg per 30 minuti, potete concludere che la sua potenza di picco sarà da 7 a 7,5 watts/ kg, cioè incredibilmente elevata. Greg Lemond vinceva i Tour con 5,7 watts/kg, poi entro 5 anni, la potenza è salita del 10% e poi è continuata a salire, al punto che Marco Pantani abbia raggiunto valori del 15% in più rispetto a Lemond.
Questo livello di progresso non è tipico della mera fisiologia, quindi fa riferimento a qualcosa, e quel "qualcosa" naturalmente è il doping. Sicuramente i cambiamenti tecnologici, come la riduzione del peso della bici e componenti migliori, hanno avuto anche la loro importanza ma le differenze rimangono abnormi quindi probabilmente farmacologiche.



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domenica 25 dicembre 2016

L'Inseguimento Di Armstrong A Simeoni (Tour De France 2004)

Filippo Simeoni: "A scuola andavo bene, in camera avevo il poster di Hinault, continuavo a sognare che un giorno avrei vinto il Giro d’Italia, la corsa che mi affascinava di più. 
Mi diplomo ragioniere, ho due fratelli laureati in Economia e commercio, ma la passione per il ciclismo è troppo forte.  Nell’ultimo anno da dilettante mi accorgo che qualcosa non quadrava. 
Mi battevano corridori che fino a pochi mesi prima battevo. 
Vado in Abruzzo dal dottor Santuccione e mi faccio spiegare come funziona l’EPO.  Me lo spiega, ma resisto alla tentazione. Passo professionista con la Carrera di Pantani e Chiappucci. E le cose quadrano ancora meno. A fine ‘96 mi decido e vado dal dottor Ferrari, che in gruppo chiamano dottor Mito, il più bravo allievo del professor Conconi.  Molto celebrati anche dalla stampa. Ferrari mi dice che non ha tempo da perdere con quelli scarsi, può assistermi solo se supero alcuni test, in pratica valuta la mia cilindrata.  Supero i test, posso accedere al trattamento. Ferrari è un grande, nel suo campo. Affascina. Prima del Giro del Trentino e dopo adeguati trattamenti mi dice che posso finirlo nei primi cinque. Finisco quinto. Al Giro d’Italia vado forte ma per una tendinite mi devo ritirare quando sono diciassettesimo in classifica"

"Facevo quello che facevano in tanti, probabilmente tutti. 
E come tutti vedevo l’EPO come medicina, non come doping. 
Veniva a costare sui 10 milioni l’anno, allora non c’era l’euro, più 5 o 6 in farmaci. 
L’EPO funziona a patto di allenarsi intensamente e seguire una dieta ferrea. Una terapia. 
Non percepivo né l’inganno che attuavo né i pericoli che correvo. 
Molte morti sospette di giovani corridori, nel sonno, in quegli anni. 
La molla mi è scattata nel ‘99, quando hanno perquisito la casa del dottor Ferrari e poi, in base alle cartelle cliniche, le case dei corridori che si erano rivolti a lui. 
Anche la mia, all’alba.  Carabinieri che rovistano nel frigorifero, aprono i cassetti, mia madre agitata che mi dice: Filippo, cos’hai combinato? Non mi hanno trovato medicinali, solo appunti su taccuini. 
Avrei potuto cavarmela come altri, ma ho capito che sbagliavo e non si poteva continuare su quella strada.  Con chi mi conosceva non ho avuto problemi, ma per il gruppo ero diventato l’infame, la spia, quello che sputa nel piatto dove ha mangiato"

Filippo Simeoni il 12 febbraio 2002 confessò di aver comprato sostanze dopanti dal suo medico, Michele Ferrari, lo stesso che seguiva Lance Armstrong (e molti altri corridori).
Allo statunitense, che sulla questione lo aveva definito "mentitore assoluto", rispose con una querela. Simeoni prese una squalifica pari a 24 mesi per aver fatto uso di doping.

Simeoni: "Fui ascoltato come persona informata sui fatti. Io non feci altro che essere onesto con gli inquirenti. Mi avevano sequestrato delle agende in cui annotavo tutti i particolari sul mio passato di doping e sulla relazione con Ferrari. Ho confermato che ero andato dal dottore per chiedergli consigli sulla preparazione e lui mi espresse chiaramente il concetto che se volevo puntare a migliorarmi dovevo utilizzare certe sostanze. Io non ho fatto altro che confermare ciò che gli inquirenti già sapevano. La cosa buffa è che sono stato attaccato da Armstrong senza che io l’avessi mai nominato. Mi ha detto che ero un mentitore assoluto e una persona poco credibile"

"Io avevo scardinato il sistema pagando sulla mia pelle quelle dichiarazioni, non mi aspettavo di venir squalificato come chi invece era reticente a parlare, come chi si na­scondeva dietro al silenzio. Una squalifica peraltro arrivata nel 2002, quando io avevo iniziato a collaborare nel 1999, confermando tutto nel corso del processo"

Il 23 luglio 2004 al Tour si corre la 18esima, che sembra di puro trasferimento.
Montagna dura il giorno prima (vinta da Lance Armstrong che stacca Ullrich e batte Kloden), cronometro impegnativa il giorno dopo. Gli uomini di classifica si risparmiano. Gli altri provano la fuga. Si va da Annemasse a Lons-le-Saunier, 166 chilometri.
Il gruppo o, meglio, gli uomini di classifica lasciano fare. Dopo una trentina di km parte una fuga che può essere quella buona. Sono in sei: Flecha, Fofonov, Mercado, Joly, Garcia Acosta e Lotz.
Quando il loro vantaggio è di un minuto dal gruppo esce una maglia della Domina Vacanze: è Filippo Simeoni che prova a rientrare. Alla ruota di Simeoni c’è incredibilmente la maglia gialla, il leader della classifica generale, Lance Armstrong. Dopo 14 km d’inseguimento, con Simeoni che tira ed Armstrong a ruota, la strana coppia raggiunge i primi (con gruppo, tifosi e telecronisti esterrefatti).
"Bravo Simeoni, bel numero, mi dice Armstrong per sfottere. Poi va a parlottare con gli altri, in particolare con Garcia Acosta che è il più anziano. 
E poi Garcia Acosta si lascia scivolare al mio fianco: se Armstrong resta qui la nostra fuga è condannata.  Lui dice che se ti stacchi tu si stacca anche lui, il gruppo vi ripiglia e a noi ci lascia andare.  Mi sono staccato per non danneggiare dei colleghi, è finita che ha vinto Mercado e il gruppo è arrivato a 11 minuti. Potevo vincere io, o almeno provarci, e Armstrong me l’ha impedito"

Armstrong gli rinfacciò di aver testimoniato contro il dottor Ferrari, prima lo definì un totale mentitore in un’intervista a Le Monde, poi dovette incassare la querela di Simeoni.
Questo per chiarire la situazione che pesava su quel 23 luglio.
"Una volta che ci eravamo staccati, Armstrong mi disse che avevo sbagliato due volte, mettendo in mezzo Ferrari e poi querelando lui per diffamazione: ho tanti soldi e tanti bravi avvocati, posso rovinarti quando voglio. E poi, quando il gruppo ci riprese, mi fece il gesto della bocca cucita.
Ma non è questo che mi ha fatto più male. Sono stati gli insulti pesantissimi dei colleghi italiani. Guerini s’è scusato quasi subito, Nardello dopo un po’, Pozzato mai. Servi dell’imperatore, questo sono stati. Quella sera ho pensato di ritirarmi, poi ci ho ripensato. Ero la vittima, non il colpevole. E ho il mio orgoglio: nell’ultima tappa, quella sì di trasferimento per tradizione, ho attaccato quando Armstrong stava facendo le foto coi bicchieri di Champagne, in testa al gruppo. E i suoi si sono tirati il collo per venirmi a prendere. Poi Ekimov mi ha fatto il gesto delle corna, ma io ero soddisfatto, la provocazione era riuscita. Ci ho provato anche dopo, sui Campi Elisi, sempre per provocare, per far vedere che ero vivo, ma sapevo che per me ci sarebbe stato disco rosso"


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domenica 1 marzo 2015

La Storia Dell'US Postal e Di Lance Armstrong

Eddie Borysewicz, ex ciclista ed allenatore polacco, emigrò negli USA nel 1976 e divenne allenatore della nazionale americana sino al 1987. Alle Olimpiadi del 1984 di Los Angeles gli americani fanno incetta di medaglie, anche se poi si scoprirà che diversi atleti erano stati trattati con steroidi e trasfusioni di sangue. Nel 1988, Eddie fondò una squadra amatoriale negli Stati Uniti, dopo aver lasciato il posto da allenatore della squadra nazionale. La squadra era sponsorizzata dalla Sunkyong, società coreana del settore elettronico, che però non prolungò la sponsorizzazione.
Borysewicz convinse Thom Weisel, presidente e direttore generale della Montgomery Securities, a finanziare la sua squadra. Weisel era un appassionato di ciclismo e sognava di avere una squadra che partecipasse al Tour de France. La squadra Montgomery-Avenir venne creata nel 1989.


SUBARU 1990
Nel 1990 si aggiunse un nuovo sponsor, quello della casa automobilistica Subaru.
Borysewicz guidava una squadra di 15 corridori, tra cui il campione olimpico Steve Hegg, il campione statunitense Bart Bowen ed il giovane Lance Armstrong. La squadra divenne professionista nel 1991, salvo Armstrong che preparava i Giochi del 1992. Eccetto qualche corsa in Europa in aprile ed agosto, il calendario era costituito da competizioni sul suolo americano. Con il passare degli anni il budget a disposizione della squadra cresceva e con questo crescevano anche le ambizioni.
La squadra venne profondamente rinnovata e cominciò a disputare alcune corse europee.
Nel 1993 il budget era di circa 2 milioni di dollari, l'obiettivo era chiaro: partecipare al Tour de France.
La squadra Subaru-Montgomery salì al ventunesimo posto della classifica FICP, che le permise di partecipare alle prove della Coppa del mondo e di beneficiare di un invito al Tour.
Gli organizzatori del Tour proposero alla Subaru-Montgomery di partecipare alla loro corsa con una squadra mista con la francese Chazal, che era ad un livello inferiore.
La direzione della Subaru-Montgomery declinò l'offerta e la squadra non partecipò alla Grande Boucle. Alla fine della stagione, la Subaru decise di terminare la sponsorizzazione.


US POSTAL SERVICE 1996
La squadra non venne organizzata nel 1994.
Weisel conservò tuttavia le sue ambizioni e Montgomery continuò il suo lavoro.
Con un investimento personale di Weisel e la sponsorizzazione di una industria manifatturiera, la squadra Montgomery Bell fu attiva nel 1995, dotata di un budget modesto.
Mentre Borysewicz dirigeva la squadra nelle competizioni americane, Gorski assisteva Dan Osipow nella ricerca di un nuovo sponsor per il 1996. Durante l'estate venne trovata la sponsorizzazione della United States Postal Service con un contratto di tre anni e con una previsione di aumentare il budget per la seconda e terza stagione. L'obbietivo era quello di partecipare al Tour de France 1998.
La stagione 1996 doveva permettere di formare e far progredire il gruppo di giovani corridori che formavano la squadra. L'effettivo comprendeva gli americani Tyler Hamilton e Marty Jemison, già presenti nel 1995. Vennero aggiunti i polacchi Dariusz Baranowski e Tomasz Brozyna, insieme ad Andrew Hampsten. L'US Postal partecipò nei Paesi Bassi al Teleflex Tour. Hamilton vinse la corsa ed una tappa; anche Teutenberg vinse una delle frazioni. Qualche settimana più tardi, Eddy Gragus divenne campione degli Stati Uniti. Alla fine dell'anno, Borysewicz lasciò la squadra.
Il russo Vjačeslav Ekimov diventò il leader della squadra, rimpiazzando Hampsten.
Altri corridori reclutati furono George Hincapie e Jean-Cyril Robin.
Ekimov si classificò quarto alla Paris-Nice, vincendo la cronometro finale.
La sua prestazione al Critérium du Dauphiné Libéré assicurò alla squadra un invito per il Tour de France: terminò ottavo dopo aver vinto due tappe ed essere stato leader della corsa per quattro giorni.
Nell'ottobre del 1997, Weisel reclutò il campione del mondo e vincitore di una tappa al Tour de France Lance Armstrong che, guarito da un cancro, aveva appena ripreso l'attività dopo che la Cofidis non aveva creduto in lui. Armstrong aveva vinto, tra le altre cose, la Clasica di San Sebastian ed una tappa al Tour del 1993 e del 1995(quella tristemente famosa e dedicata alla memoria di Fabio Casartelli, suo compagno di squadra, morto in corsa per una caduta). Era stato anche campionale nazionale nel 1993 e campione del mondo ad Oslo. Nel 1996 gli venne diagnosticato un tumore ai testicoli. Armstrong tornò alle corse solo nel 1998. Durante il suo periodo di chemio, lo stesso texano ammise davanti a medici ed altri conoscenti di aver fatto uso di EPO, steroidi e trasfusioni di sangue.


L'ARRIVO DI JOHAN BRUYNELL E I 7 SUCCESSI DI ARMSTRONG
Nel 1999, Johan Bruyneel, ex professionista belga, diventò il nuovo direttore sportivo.
Quello stesso anno Lance Armstrong ottenne la sua prima vittoria al Tour de France.
A partire da quest'anno la squadra l'accompagnò in tutte e sei le sue vittorie al Tour assumendo il soprannome di « Train bleu ». Negli anni seguenti (2000, 2001, 2002, 2003, 2004, 2005), Armstrong rivinse la Grande Boucle. Nel 1999, insieme ad Hamilton, Vande Velde ed Hincapie, correva con loro anche Livingston che rimarrà 2 anni. Nel 2000 arrivarono Levi Leipheimer e Cédric Vasseur, mentre la stagione successiva Armstrong fece arrivare Roberto Heras, Victor Hugo Peña e José Luis Rubiera.
Nel 2002 Hamilton, Leipheimer e Vasseur se ne andarono, mentre arrivarono Floyd Landis, Pavel Padrnos ed il giovane belga Tom Boonen, che terminò al terzo posto la Paris-Roubaix.
Nel 2004 Heras lasciò ed arrivò José Azevedo. Se si esclude il 2003, in cui Armstrong precedette Jan Ullrich per solo un minuto, il texano ha sempre battuto i suoi principali contendenti, come Joseba Beloki e lo stesso Ullrich, con notevole distacco. In totale ha indossato 83 volte la maglia gialla.
Nella corsa francese ha vinto spesso le frazioni a cronometro (12 vittorie su 19 gare individuali, compresi i prologhi, fra il 1999 e il 2005).


DISCOVERY CHANNEL (2005) E IL RITIRO DI ARMSTRONG
Nel 2005 la squadra cambiò nuovamente sponsor (fu la volta della televisione americana Discovery Channel) ed entrò a far parte del nuovo circuito mondiale UCI ProTour, assumendo una delle venti licenze disponibili. Arrivarono Yaroslav Popovych e Paolo Savoldelli, che vinse il Giro d'Italia.
Lo stesso anno, Lance Armstrong vinse il settimo Tour de France, ritirandosi poi al termine della stagione. Nel novembre 2006 l'italiano Ivan Basso venne ingaggiato come nuovo leader della squadra per la stagione 2007, con l'obiettivo di vincere Giro e Tour de France, malgrado l'implicazione nell'Operacion Puerto. L'8 dicembre, il UCI ProTour decise di bandire la squadra dal circuito a causa dell'arrivo di Basso. Il 30 aprile successivo, due giorni prima di comparire davanti al Comitato olimpico italiano, Ivan Basso lasciò la squadra ed il nuovo leader divenne Levi Leipheimer.
Alla fine della stagione 2007 la Discovery Channel venne smantellata: Johan Bruyneel annunciò il 10 agosto 2007 la dissoluzione della squadra.A causa dei sospetti di doping, il manager belga non riuscì a trovare nuovi sponsor in grado di assicurare la continuazione dell'attività.


IL RITORNO DI ARMSTRONG CON L'ASTANA
Nel settembre del 2008 fu annunciato il ritorno alle corse ciclistiche a partire dal Tour Down Under 2009 con l'Astana, con l'obiettivo di vincere l'ottavo Tour De France.
Il 13 ottobre 2008, fu ufficializzata anche la partecipazione di Armstrong al Giro d'Italia 2009, quello del centenario; all'evento italiano lo statunitense non aveva mai partecipato.
Giro che lo ha visto concludere al nono posto nella classifica generale.
Ha partecipato poi al Tour de France 2009, il vero obiettivo, con l'Astana diretta da Bruyneel, comprendente corridori come Levi Leipheimer, Andreas Kloeden, Yaroslav Popovych e Alberto Contador. Nonostante i 38 anni e i tre di assenza dalla Grande Boucle, nella prima settimana Armstrong ha sfiorato la maglia gialla, per soli 40 centesimi rimasta a Fabian Cancellara; nella seconda settimana ha perso terreno dal compagno di squadra Contador nelle salite di Andorra e di Verbier; nella terza ed ultima settimana ha recuperato un iniziale svantaggio accusato sulle salite del Piccolo San Bernardo e del Mont Ventoux, mentre nella tappa a cronometro ha limitato i danni, riuscendo così ad arrivare sul podio degli Champs-Élysées come terzo in classifica generale dietro Alberto Contador ed Andy Schleck. Nel 2010, in preparazione del Tour De France, corre il Tour De Suisse chiudendo al secondo posto nella classifica generale. Inizia il Tour de France con ambizioni di classifica, dopo il terzo posto ottenuto l'anno precedente. Nell'ottava tappa, però, crolla ed esce di classifica. Conclude il Tour al ventitreesimo posto. Il 23 gennaio 2011 si ritira dalle gare internazionali, in modo definitivo.


LE IMPRESE PIU' BELLE DI ARMSTRONG
Sono innumerevoli le imprese compiute dal texano, in salita così come a cronometro.
Si ricordi ad esempio la prima vittoria al Tour 1999 a Sestriere (precedendo Zuelle di 31 secondi e di 1 minuto e mezzo Escartin) o le incredibili cronometro a Mets (56.5 km) e Futuroscope (57 km) svolte a cadenze di pedalata assolutamente assurde (tra i 110 e 120 RPM al minuto).
Nella cronometro di Metz riuscirà anche a raggiungere Olano (campione mondiale a cronometro partito prima). Armstrong vincerà anche il prologo iniziale di 6.8 km.
Presa la maglia gialla nell'ottava tappa riuscirà a conservarla sino a Parigi rifilando nella classifica generale 7 minuti e 37 secondi a Zuelle secondo ed oltre 10 minuti ad Escartin terzo.
Nel Tour 2000 Armstrong prende la maglia alla decima tappa (Hautacam; si ricordi la scena rimasta nella memoria di tutti dove si volta, guarda negli occhi Pantani e scatta. Il pirata poi quel giorno sprofonderà con quasi 6 minuti di distacco, Ullrich invece poco meglio) e la porta sino a Parigi.
La squadra è comunque fenomenale con Tyler Hamilton e Kevin Livinston a condurre le danze su tutte le salite, il texano comunque riuscirà a vincere solo la crono finale a Mulhouse (58.5 km).
Storica anche la tappa Carprentas-Mont Ventoux, dove a seguito di uno scatto assolutamente pazzesco e salendo come un missile sul gigante della Provenza (Mont Ventoux) va a prendere Pantani in salita e poi gli lascia vincere la tappa sul traguardo. A Parigi arriverà con 6 minuti e 2 secondi su Ullrich ed oltre 10 minuti su Beloki.
Nel Tour 2001 furono 4 le vittorie di tappa: le due crono di 32 e 61 km (Chamrousse e Saint Armand Montrond), poi Saint Lary Soulan ed ovviamente sull'Alpe D'Huez. Proprio nella tappa dell'Alpe D'Huez, nelle salite che precedono l'ascesa finale, Ullrich mette in testa tutta la sua squadra per un ritmo assolutamente infernale. Armstrong è in coda al gruppetto e pare in grande difficoltà: pare staccarsi. Tuttavia quando inizia l'Alpe D'Huez Armstrong risale il gruppetto e si porta in testa: stava bleffando! Anche qui successe qualcosa di simile alla tappa di Hautacam dell'anno precedente: Armstrong si volta, guarda Ullrich negli occhi e scatta lasciandolo sul posto (il tedesco al traguardo arriverà con 1 minuto e 59 secondi di distacco). Ullrich nella generale finale arriverà a 6 minuti e 44, Beloki terzo a 9 minuti e 5 secondi.
Nel Tour 2002, Armstrong vince subito il prologo di 7 km, la maglia gialla definitiva la prende all'undicesima tappa quando vince a La Mongie. Il giorno dopo vince anche su Plateau De Beille, poi fa sua la crono individuale di Macon (50 km). I vecchi gregari Hamilton e Livingston hanno cambiato squadra ma all'US Postal, oltre al fidatissimo George Hincapie, si aggiunge anche il fortissimo passista scalatore Floyd Landis. Stavolta nella generale arriverà secondo Beloki a 7 minuti e 7 secondi, Rumsas terzo ad oltre 8 minuti.
L'edizione più difficile per Armstrong fu sicuramente quella del Tour 2003, malgrado il texano riesca a prendere la maglia gialla all'ottava tappa portandola sino a Parigi ma mai come in questo Tour la sua egemonia fu a rischio. Il giorno dopo (nona tappa di Gap) si ricordi la caduta di Beloki con Armstrong che per evitare di finire a sua volta a terra è costretto a tagliare per i campi di grano sino a giungere ad un fossato dove è costretto a scendere dalla bicicletta. Nella crono individuale, per la prima volta, rimedia una sonora scoppola da Ullrich perdendo 1 minuto e 36 (gli altri staccatissimi con distacchi abissali di oltre 3 minuti). L'impressione, anche nelle tappe successive, è che Armstrong possa abdicare. Tuttavia la resurrezione avviene nella 15esima tappa del Tourmalet (dove Kaiser Jan attacca due volte) e dell'arrivo su Luz Ardiden, quando Armstrong cade (nella classifica generale aveva solo 15 secondi di vantaggio su Ullrich). Ullrich lo aspetta, Armstrong riesce a rientrare nel gruppo, gli si presenta un altro problema meccanico (salto di catena) ma comunque poi stacca tutti (anche un combattivo Mayo) e va a vincere in solitaria. Sarà l'unico successo di tappa dell'edizione (la crono finale di 56 km verrà vinta dall'inglese David Millar), oltre alla cronosquadra.
Al traguardo finale di Parigi Ullrich, secondo nella generale, sarà staccato solo di 1 minuto e 1 secondo (mai così vicino a battere Lance).
Nel Tour 2004, contrariamente alle aspettative, Ullrich non sarà l'avversario principale del cowboy americano. Saliranno in cattedra Kloden e soprattutto Basso. Armstrong prenderà momentaneamente la maglia gialla nella crono-squadra di Arras dominando una lunga crono di 65 km.
Il giorno dopo, quinta tappa, perderà deliberatamente la maglia gialla in favore dell'idolo di casa Voeckler protagonista di una "fuga bidone" con O'Grady che invece vincerà la tappa.
Nel disinteresse generale dell'US Postal di Armstrong, la fuga a 5 uomini raggiungerà oltre 17 minuti di vantaggio sul gruppo che poi al traguardo arriverà con oltre 12 minuti di distacco.
Voeckler indosserà la maglia di leader sino alla 15esima tappa, giorno in cui Armstrong vince a Villard de Lans. Nel mentre, qualche giorno prima, aveva di nuovo vinto a Plateau De Beille (partiva con oltre 5 minuti da recuperare al francese). Armstrong poi farà sue anche altre tre tappe: la cronoscalata dell'Alpe D'Huez (dove finalmente riesce ad infliggere pesanti distacchi anche ad Ivan Basso, partito 2 minuti prima e raggiunto durante la crono da Lance a -3km dall'arrivo), l'arrivo in salita a Le Grand Bornard, infine la crono finale di 60 km a Besancon. Nella tappa di Le Grand Bornard, si ricorda anche il ritmo infernale impresso dall'US Postal di Armstrong con Floyd Landis a fare la selezione.
Rimasero solo Armstrong, Landis, Andreas Klöden (terzo assoluto della generale), il suo compagno di squadra Jan Ullrich (4°) e Ivan Basso (2°) della CSC. Mentre il quintetto giungeva verso il traguardo, Landis attaccò a -2 km chilometri dal traguardo. Raggiunto però da Ullrich, poi Kloden contrattaccò ad 1 km dal traguardo. Sembrava che il campione nazionale tedesco si fosse assicurato la vittoria, ma Landis continuò a tirare per lanciare Armstrong che con un incredibile scattò riuscì a togliere la vittoria a Kloden. Quest'edizione sarà anche ricordata per quello che successe alla terz'ultima tappa che arrivava a Lons Le Saunier (tappa di pianura).
La tappa sarà vinta da Mercado ma si ricordi la diatriba Armstrong-Simeoni, quando quest'ultimo che aveva fatto dichiarazioni poco carine nei confronti di Armstrong e del ciclismo in generale (per via del Doping e dell'omertà che regna nel gruppo) non venne lasciato andare in fuga.
Quando Simeoni provò a scattare, Armstrong si portò subito alla sua ruota raggiungendolo.
Ovviamente una fuga con la maglia gialla nel drappello di testa non potrebbe mai andare in porto (le squadre del secondo e terzo della generale sarebbero state costrette ad inseguire Armstrong e quindi indirettamente gli altri fuggitivi), per questo motivo Simeoni fu convinto/costretto a rialzarsi e a tornare nel gruppo. Armstrong ovviamente fece lo stesso, rialzandosi e facendosi riassorbire dal gruppo. Comunque a Parigi, Kloden chiuderà secondo ad oltre 6 minuti (grazie alla crono riuscirà a superare Basso nella generale), Basso terzo a 6 minuti e 40, Ullrich a quasi 9 minuti.
Nel Tour 2005 Armstrong rischiò di battere l'ennesimo record della sua carriera prendendo la maglia gialla alla quarta tappa e portandola sino a Parigi. Non gli riuscirà perchè nella nona tappa la maglia passerà a Voigt. Il giorno dopo (decima tappa con arrivo a Courchevel) Armstrong prende la maglia di leader e la porta sino a Parigi. Vincerà solo due tappe in quest'edizione: la crono-squadra di 67.5 km a Blois (con la sua Discovery Channel, ex US Postal) e poi la crono individuale a St.Etienne di 55.5 km.
In classifica generale Basso sarà staccato di 4 minuti e 40, Ullrich terzo di 6 minuti e 21 secondi.
Nella crono iniziale di 19 km si ricordi anche lo smacco inflittò ad Ullrich, raggiunto durante la crono (che però verrà vinta da Zabriskie). Dopo il ritiro dalle corse agonistiche, tornerà al Giro 2009 chiudendo nono nella generale e terzo al Tour dello stesso anno.
Nel 2010 torna al Tour e chiude 23esimo, prima del definitivo ritiro.


LE ACCUSE DI DOPING
Pare che già nel 1999 ci fu una presunta positività dello statunitense all'EPO, che secondo L'Équipe era presente nelle urine prelevate durante il Tour del 1999. A seguito di quest'inchiesta, l'Agenzia antidoping francese Afld propose ad Armstrong di rianalizzare alcuni campioni di urina prelevati dall'atleta nel 1999 e conservati nel laboratorio di Châtenay-Malabry, ma Armstrong si rifiutò di dare il proprio consenso. Altri elementi a suo carico sono state le confessioni dei suoi ex compagni di squadra, la allora US Postal, successivamente al centro di un'inchiesta e la collaborazione del ciclista con il medico Michele Ferrari, accusato di frode sportiva e doping, a sua volta inibito a vita dall'esercizio della professione sportiva per violazione del regolamento antidoping nell'ambito delle indagini sulla squadra ciclistica, la US Postal.

Tyler Hamilton: “Era il ’98 e io e Lance instaurammo un rapporto di fiducia, al punto che discutevamo di quanta EPO ci facevamo e con quale frequenza.  Lance aveva l'ossessione che altre squadre usufruissero di sistemi più avanzati.  Divenne paranoico quando scoprì che nel 2001 Ullrich andò ad allenarsi in Sudafrica, dove avevano appena inventato un sangue sintetico, l’Hemopure.

”Ferrari era il nostro dottore, il nostro dio e trainer.  Lance non parlava altro che di lui, lo citava costantemente.  Ferrari era fissato sulla questione peso.  Qualcuno pensa che fosse una sorta di mago della chimica, invece insisteva soprattutto su tabelle, numeri e il fatto che dovessimo dimagrire. 
Quando al Tour 2000 venne introdotto il controllo sull’EPO, a Ferrari ci vollero cinque minuti per trovare la soluzione: ci saremmo iniettati "Edgar" in dosi ridotte e in vena anziché sottocute. 
Così invece di 2000 unità al 3° o 4° giorno della settimana, ne avremmo fatto 300-400 ogni sera. 
Era importante non mancare la vena”

“Dopo lo scandalo Festina del 1998, dovevamo trovare un nuovo sistema per portare le fiale di EPO alle gare.  Lance affidò il delicato incarico di corriere a Philippe, il suo giardiniere della villa a Nizza.  Philippe fu soprannominato il motociclista, perché seguiva le tappe in moto. Lo chiamavamo su un cellulare segreto.  Al traguardo, approfittando della confusione, faceva la sua consegna. 
Ma solo a noi tre scalatori: io, Lance e Kevin Livingston.  Trovavamo le siringhe nel camper, per evitare il rischio di una perquisizione in hotel.  Ci bastavano 30 secondi: Del Moral ci iniettava, mettevamo le siringhe nelle lattine di coca, poi il dottore sgattaiolava fuori nella mischia con le lattine schiacciate, come fossero spazzatura, nello zaino”

Nel libro «George Hincapie: The Loyal Leutenant», Hincapie spiega di aver fatto uso di EPO a partire dal 1996 ma di aver smesso nel 2006. Racconta di aver iniziato quando vide nel frigo del compagno di stanza Frankie Andreu un termos con la scritta EPO. Chiese spiegazioni e apprese che per rifornirsi bastava entrare in qualsiasi farmacia svizzera e ordinare una scatola di Epirex.

Hincapie decise di piantarla con il doping dopo aver eluso per un pelo un controllo il mattino seguente essersi iniettato EPO. Riuscì a evitarlo con uno stratagemma, ma lo scampato pericolo lo convinse a smettere. Quando lo disse a Floyd Landis e cercò di persuaderlo a tornare nella legalità, la risposta che ottenne fu: "Vaffanc…George. Io voglio vincere il Tour de France". 
Cosa che realmente successe nel 2006, anche se poi Landis fu squalificato e declassato.

Ha poi destato alcune polemiche la notizia del 2010, rivelata dal presidente dell'UCI Pat McQuaid, di una donazione di 100 000 euro che Armstrong ha versato alla stessa UCI nel 2000.
Il 24 agosto 2012 l'USADA (United States Anti-Doping Agency) ufficializza la decisione di squalificare a vita Lance Armstrong, a cui toglie tutti i risultati sportivi ottenuti dal 1998 in poi, compresi i sette Tour de France. L'agenzia antidoping sostiene di avere prove schiaccianti e accusa il corridore di aver fatto sistematico uso di sostanze dopanti (EPO, testosterone e corticosteroidi) durante la sua carriera; nonostante ciò, Armstrong rinuncia ufficialmente a difendersi di fronte alle accuse.
All'agenzia antidoping statunitense si sono uniformate dapprima l'UCI, che il 22 ottobre 2012 gli ha ufficialmente tolto tutti i successi conseguiti dal 1º agosto 1998 e in seguito anche il CIO, che il 17 gennaio 2013 gli ha revocato il bronzo a cronometro conquistato nel 2000 ai Giochi di Sydney.
Nel frattempo, il 5 settembre era uscito negli Stati Uniti il libro biografico dell'ex-compagno di squadra Tyler Hamilton, dal titolo The Secret Race: in esso, con l'aiuto del giornalista Daniel Coyle, si descrivono dettagliatamente le pratiche dopanti adottate nella US Postal ai tempi delle vittorie di Armstrong. Il 17 gennaio 2013, durante un'intervista con Oprah Winfrey, il texano ammette per la prima volta di aver fatto uso di sostanze dopanti sia durante il periodo in cui vinse i suoi sette Tour de France, sia durante il periodo precedente al cancro.

"Il doping era talmente diffuso nel periodo in cui correvamo che ci trovammo di fronte a un bivio: giocare con le stesse regole o andare a casa. Io e George, così come altri nella nostra squadra, abbiamo oltrepassato la linea della legalità tutti assieme"

In seguito son arrivate le richieste di risarcimento degli sponsor che avevano siglato accordi con il texano ed altre decine di cause intentate contro l'ex ciclista (tra cui lo spergiuro, ovvero aver mentito sotto giuramento) ma questa è tutta un'altra storia.


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venerdì 27 giugno 2014

Floyd Landis e Lo Scandalo Doping (Tour De France 2006)

Il caso doping Floyd Landis scoppia alla fine del Tour De France 2006. Dopo le numerose defezioni al Tour de France 2006 per lo scandalo doping, Landis era considerato uno dei favoriti per la vittoria finale. In maglia gialla con 10" di vantaggio su Pereiro, lo statunitense accusò un crollo nella sedicesima tappa, da Bourg d'Oisans a La Toussuire, terminando a 8'10" dallo spagnolo.
Il giorno successivo Landis partì in una fuga solitaria verso Morzine-Avoriaz, e dopo 125 km vinse con 7'08" sul rivale Pereiro. Il suo distacco in classifica generale dallo spagnolo scese a 30" (Landis era terzo poiché Carlos Sastre seguiva in classifica il connazionale Pereiro a 12").
I distacchi rimasero invariati fino alla penultima tappa, una cronometro individuale di 57 km da Le Creusot a Montceau-les-Mines. Nella crono Landis staccò di 1'29" Pereiro e di 3'31" Sastre.
Il giorno dopo la passerella sugli Champs Élysées incoronò il quasi trentunenne statunitense, che salì sul podio assieme a Pereiro (secondo a 57") e al tedesco Andréas Klöden (terzo a 1'29").


UN CORRIDORE POSITIVO
Il 26 luglio del 2006, a pochi giorni dalla chiusura del Tour, il quotidiano danese Ekstra Bladet e l'anti-doping francese annunciarono che un corridore ben posizionato in classifica era stato trovato positivo a un controllo delle urine nella tappa di Morzine. Il giorno dopo la Phonak Cycling Team annunciò che un test delle urine di Landis era risultato positivo. Landis ovviamente negò le accuse, la Phonak dichiarò che sarebbe stato licenziato se la positività fosse stata confermata alle contranalisi.
L'esito venne confermato e Landis fu sospeso dal ciclismo professionistico e licenziato dalla sua squadra. Dopo il test positivo, Landis suggerì che i risultati erano stati manomessi o che comunque ci fosse stato qualcosa d'irregolare. Il 1 ° agosto del 2006, i media dissero che il testosterone sintetico era stata rilevato nel campione A, utilizzando il rapporto di prova isotopico del carbonio, CIR, condotto presso il LNDD. La presenza di testosterone sintetico significa che una parte del testosterone nel corpo di Landis provenivano da una fonte esterna e non era stata prodotto naturalmente dal proprio organismo. Questi risultati andavano in conflitto con l'affermazione pubblica di Landis che si trattava di un evento naturale. Il test CIR viene utilizzato per distinguere tra testosterone prodotto naturalmente dal corpo dell'atleta e testosterone sintetico introdotto da una fonte esterna. Venne anche suggerito che Landis potrebbe aver usato testosterone per lungo tempo ma era stato bravo a mascherarlo o diluirlo per evitare il rilevamento. Il 9 agosto 2006, il presidente UCI Pat McQuaid respinse la richiesta, dicendo: "Abbiamo agito correttamente. Abbiamo informato la squadra, il ciclista e la federazione che c'era stata un'irregolarità. Poi abbiamo pubblicato un comunicato stampa dicendo che un ciclista, senza farne nome, era stato trovato positivo al Tour".


IL WHISKY
"Spiegheremo al mondo perché questo non è un caso di doping ma un evento naturale in quanto prodotto dal mio organismo". Secondo Landis ciò era dovuto al consumo di whisky.
Il prof.Christiane Ayotte, direttore del laboratorio antidoping di Montreal, dichiarò che "In 25 anni di esperienza di test sul testosterone, un aumento tale del livello non poteva essere spiegato da eventuali fattori naturali. Landis in seguito fece marcia indietro: "L'idea di whisky non era mia ed è stata un'ipotesi formulata dagli avvocati".


L'APPELLO ALL'USADA
In data 11 settembre 2006 Landis chiese all' US Anti-Doping Agency (Usada) di riesaminare i campioni e quindi respingere le accuse di doping contro di lui. La richiesta di Landis venne effettuata sulla base del fatto che i campioni di urina dalla tappa 17 del Tour de France non soddisfarono i criteri dell'Agenzia Mondiale Anti-Doping (WADA). L'avvocato di Landis disse: "L'analisi è piena di errori grossolan e il risultato positivo sul campione B proveniva da un numero di campione non di Landis.


L'ATTACCO INFORMATICO
Un pirata informatico entrò nei computer del laboratorio antidoping francese di Chatenay-Malabry.
Da lì, l' hacker inviò messaggi di posta elettronica a diverse istituzioni sportive (tra cui il Comitato olimpico internazionale, l' unione ciclistica internazionale e l' agenzia mondiale antidoping) sottolineando l' inaffidabilità delle analisi realizzate dal laboratorio. A Chatenay-Malabry, periferia di Parigi, sono state rilevate, fra le altre, la positività di Lance Armstrong (retrodatata al 1999) ed appunto quella, nel luglio scorso, di Floyd Landis riscontrata nella 17ª tappa della Grande Boucle.
La polizia francese individuò uno dei responsabili: ovvero una persona dell' entourage dello stesso Landis, il quale per difendersi dalle accuse di doping aveva affidato proprio a Internet la sua memoria difensiva di trecento pagine, incentrata anche sulla fallibilità del laboratorio parigino.


LA CONFERMA E LA SQUALIFICA
Il 20 settembre 2007 l'accusa di doping  venne confermata da un collegio arbitrale e Landis venne squalificato per due anni. In risposta a questo, l' Unione Ciclistica Internazionale lo spogliò anche formalmente del Tour de France 2006 assegnato ad Óscar Pereiro. Al termine di ciò la Phonak si dissolve ed abbandona il ciclismo ritirando la sponsorizzazione.
Dopo questo verdetto, Landis tentò di ribaltare questa decisione presso il Tribunale Arbitrale dello Sport. Il 20 giugno del 2008, l'appello venne respinto.


IL RITORNO AL CICLISMO NEL 2009 E LA CONFESSIONE DEL 2010
Scaduto il periodo di stop, nel 2009 rientrò nel mondo delle corse accasandosi all'Unitedhealthcare-Maxxis, team del circuito continentale americano. In una mail datata 30 aprile 2010 spedita ai vertici del ciclismo Usa e mondiale, Landis ammise l'uso di sostanze proibite e raccontò come ai tempi della US Postal il direttore Johan Bruyneel lo istruì all'uso di EPO sintetica, steroidi e trasfusioni di sangue per sfuggire ai controlli. A spiegargli come funzionava il processo, aggiunse, era stato il sette volte vincitore del Tour Lance Armstrong. Il texano dichiarò, però, la sua innocenza, sottolineando la mancanza di prove di tali dichiarazioni. A gennaio 2011 decide di ritirarsi dalla carriera agonistica.


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giovedì 16 maggio 2013

Confessione Di Lance Armstrong (Intervista Italiano Oprah)

L'intervista integrale condotta da Oprah Winfrey a Lance Armstrong nel tuo talk show, sull'utilizzo da parte di sostanza vietate del texano nella sua carriera.

Rispondi si o no. Hai mai preso sostanze proibite per migliorare le tue prestazioni? "Sì".

Epo? "Sì".

Emotrasfusioni? "Sì".

Altre, come il testosterone? "Sì".

In tutti i tuoi sette Tour vincenti avevi preso sostanze? "Sì".

Pensi sia possibile vincere sette volte di fila il Tour senza doparsi? "No, non penso. Non in questa generazione ciclistica. Non ho inventato io questa cultura. Ma non ho fatto nulla per fermarla".

Per 13 anni non hai semplicemente negato il doping, ti sei ostinato a respingere sfacciatamente tutto quello che hai appena ammesso. Perché? "Questa è la domanda più azzeccata e la più logica. Ma non so se so rispondere. La maggior parte delle persone penserà che sia troppo tardi. E probabilmente ha ragione. E' tutta colpa mia. E' stata una grande menzogna che ho ripetuto tantissime volte".

Eri sfacciatamente convinto delle tue posizioni, davi dei bugiardi agli altri. "Lo so, me ne rendo conto. La verità è che tutta questa cosa era un'immagine costruita, una storia perfetta, quella dell'eroe che sconfigge il cancro, vince sette Tour de France, ha un matrimonio perfetto ed è padre di famiglia. Mi sono perso in questa immagine. Sicuramente altri avrebbero potuto gestirla, ma io non sono stato in grado. Era tutto falso".

Mi hai detto prima che non è possibile vincere senza doping. "Si e lo ripeto. Non è possibile, almeno in questa generazione, non voglio parlare di altri tempi. Come dicevo non ho inventato questa cultura ma non ho fatto nulla per fermarla e questa è una mia colpa, di questo mi devo scusare. Perché tutto lo sport paga le conseguenze del mio comportamento. Comunque non è vero che avevo accesso a sostanze che non erano disponibili per gli altri".

Il report di 164 pagine diffuso dall’Usada dice che tu e la US Postal avevate messo a punto il più sofisticato sistema di dopaggio mai visto. È così? "Non credo. Era certamente professionale, era decisamente intelligente, se così si può definire, ma era molto conservativo. Non volevamo prendere rischi, sapevamo di che cosa si trattava, veniva messo a punto di gara in gara. Ma dire che il nostro programma era più grande di quello della Germania Est degli anni Settanta e Ottanta mi pare esagerato".

Ma com’era questa cultura? Ce lo puoi spiegare? "Io non voglio accusare nessun altro, non voglio parlare di nessun altro. Ci sono gli errori figli delle mie decisioni e sono qui per parlarne e chiedere scusa. La cultura era quella che era".

Si dopavano tutti? Questo è quello che abbiamo sentito. Lo facevano tutti? "Non so se tutti, non vivevo né mi allenavo con tutti. Posso dire questo: c’era gente che mi diceva che su 200 ciclisti del circuito ce n’erano forse cinque che non si dopavano, cinque eroi insomma, che avevano ragione".

Come ti dopavi? Spiegami. Pillole, sangue, frigoriferi segreti, come funzionava? "Era molto semplice, c’erano dei sistemi di ossigenazione del sangue. Il mio cocktail dopante era fatto di EPO, ma non troppo, trasfusioni e testosterone".

Temevi di essere trovato positivo? Nel 1999 non esisteva neppure un test per l’EPO. "No. Ora i controlli si sono evoluti. Ma una volta non ti piombavano in casa e non esistevano controlli lontano dalle competizioni per cui la possibilità di essere trovati positivi era minima perché prima delle gare facevi un lavoro di pulizia per risultare inattaccabile. Era tutta questione di programmare con cura le cose. Io non sono un fan dell’Uci ma devo dire che l’introduzione del passaporto biologico ha funzionato. Ne sto pagando il prezzo e me lo merito. Il mio desiderio era di vincere a tutti i costi e ho pagato le conseguenze della mia ambizione e della mia arroganza".

Quando ti sei piazzato terzo, nel 2009, eri dopato? "No, l’ultima volta che mi sonmo dopato è stato nel 2005".

Quindi non avevi fatto trasfusioni sanguigne e non avevi assunto sostanze nel 2009 e nel 2010? "Assolutamente no".

Eri tu il capo anche per quanto riguarda il doping? "Io ero il ciclista più forte, il leader della squadra".

Se qualcuno faceva qualcosa che a te non era gradito lo potevi licenziare? "No. Forse avrei potuto ma non l’ho mai fatto. Ero il leader della squadra e in quanto tale davo l’esempio. Non c’è mai stato un ordine diretto, eravamo tutti uomini e facevamo le nostre scelte. C’erano compagni di squadra che non si dopavano".

Un tuo ex compagno di squadra, Christian Vande Velde, ha detto all’Usada che tu avevi minacciato di buttarlo fuori se non si fosse conformato a quelle che erano le pratiche della squadra. "Questo non è vero. C’era un livello di competitività da soddisfare. Volevamo dei ragazzi che fossero in grado di gareggiare ad un certo livello. L’unica cosa che ci interessava era quella ma non è mai successo che io spingessi qualcuno a doparsi".

Eri un prepotente? "Si, ero un prepotente. Nel senso che pretendevo di avere sempre sotto controllo la situazione e se qualcuno diceva qualcosa che a me non piaceva gli rispondevo".

È nella tua natura di partire all’attacco quando qualcuno dice qualcosa che a te non va bene. È sempre stato così, fin da quando eri bambino? "Si, da sempre. Però prima della diagnosi del cancro ero un concorrente che non si tirava indietro. Però il cancro mi ha trasformato in un vero combattente, qualcosa di buono in fin dei conti. Solo che ho portato questa filosofia del vincere a tutti i costi anche nel ciclismo e questo non è stato positivo".

Quanto era importante vincere per te e cosa intendi quando dici che eri disposto a fare qualsiasi cosa per vincere? "Esattamente fare ogni cosa per vincere. Ripeto, quando mi hanno diagnosticato la malattia mi sono detto che avrei fatto di tutto per batterla. Ho portato questa attitudine nel ciclismo e questo è stato un male. Certo, mi dopavo anche prima, ma non ero così prepotente".

Per continuare a vincere eri disposto ad assumere sostanze vietate in modo continuativo. Era una pratica comune? "Si, e non sono sicuro che questa sia una risposta accettabile, ma il doping per noi era come mettere l’aria nelle gomme o l’acqua nelle nostre borracce. Si trattava, a mio modo di vedere, di qualcosa che faceva parte del nostro lavoro".

Quando ripensi a questo ti senti in imbarazzo, ti vergogni, come ti senti? "Questa è la seconda volta nella mia vita in cui non sono padrone della situazione. La prima è stata con la malattia. La cosa che fa impressione riguardo ai sette Tour de France vinti è che io sapevo già che avrei vinto".

C’era felicità nel vincere sapendo che lo stavi facendo grazie a delle sostanze dopanti? "C’era più felicità nel processo che portava alla vittoria, nella preparazione, nella messa a punto dell’operazione. La vittoria in sé era quasi scontata".

Non ti sembrava di stare barando nell’assumere sostanze dopanti? "Al tempo no. Mi sento dire che sono un imbroglione, un baro. Ho guardato il significato di queste parole e il vocabolario dice che una persona così è qualcuno che si avvantaggia su in rivale con un metodo scorretto di cui altri non possono disporre. Io la vedo diversamente, credo fosse una battaglia tra pari".

Hai mai offerto doping ai compagni di squadra, hai ma suggerito loro di incontrare il dottor Michele Ferrari? "Ci sono persone in questa storia che hanno fatto degli errori ma non sono dei mostri. Io vedevo il dottore Ferrari come una brava persona e lo penso ancora".

Era lui il capo e l’artefice del programma di doping a te legato? Come definiresti il suo ruolo in questa questione? "No. Ma a me non piace parlare di altra gente".

Cosa puoi dirmi della storia legata ad Emma O'Reilly (massaggiatrice della squadra di Armstrong durante le campagne al Tour de France e una della prime accusatrici, n.d.r.) che ha raccontato di un certificato post datato che ti permetteva di assumere cortisone? "Era come diceva lei".

Cosa ti senti di dire di Emma O'Reilly? L’avevi denunciata? "Emma O'Reilly è una di quelle persone con le quali mi devo scusare. L’abbiamo travolta e maltrattata".

Ma l’hai denunciata? "Ad essere onesti Oprah, abbiamo denunciato tanta di quella gente... Comunque sicuramente sì..."

Quando la gente, e parlo della O’Reilly ma anche di Betsy Andreu (moglie dell’ex compagno di squadra Frankie Andreu, che aveva parlato delle pratiche che erano state portate avanti nel 1996 in un’ospedale dell’Indiana nel periodo in cui Lance era ricoverato, n.d.r.), sollevavano dei dubbi sulla tua condotta tu li hai aggrediti e denunciati anche se sapevi che stavano dicendo la verità. Come la mettiamo? "Quando penso a questo mi rendo conto che c’è gente che non mi crederà mai più. Lo capisco. Uno dei passi del mio processo di scuse è dire semplicemente che io avevo torto e voi ragione".

Hai chiamato Betsy Andreu? Ti ha risposto? "Non abbiamo fatto pace. Era troppo ferita, una telefonata di 40 minuti non può bastare".

Tu a Emma O’Reilly hai dato della "puttana". Come ti senti a pensarci adesso? "Non mi sento per niente bene. Il territorio era minacciato, la mia squadra era minacciata, dovevo reagire e ho reagito ancora una volta attaccando".

Hai ricordato moltissime volte nelle interviste che non hai mai fallito un controllo antidoping. Hai una risposta diversa oggi? "No. Io non ho effettivamente mai fallito un controllo. Retroattivamente posso dire di averne fallito uno, ma da centinaia di controlli sono uscito indenne".

E cosa possiamo dire del Giro di Svizzera del 2001? "Quella storia è falsa. Non ci fu alcun meeting segreto con il responsabile del laboratorio e l’Uci, di cui, ripeto, non sono un fan non fece sparire quel test".

Tu hai fatto una donazione all’Uci e hai detto che quella donazione era per aiutare gli sforzi che si stavano facendo per la lotta al doping. Ovviamente non era così. Perché hai fatto quella donazione? "Non era certo un modo per ricambiare un aiuto ricevuto. Mi avevano chiamato e mi avevano detto che non avevano molti soldi. Io li avevo e quindi mi chiesero una donazione. Io la feci senza avere nulla in cambio".

In molti dicono che il punto di svolta nella tua vicenda è stata la decisione del tuo ex compagno di squadra Floyd Landis di uscire allo scoperto e confessare. "Il mio ritorno non fu ben accetto da Floyd, ecco tutto".

Ti ricordi dove ti trovavi quando hai sentito che Floyd, tuo ex compagno di squadra e protetto, aveva intenzione di parlare? "Mi trovavo in una camera di albergo. Floyd mi scrisse dei messaggi sulla sua intervista. Alla fine gli dissi di fare quello che voleva e lui andò al Wall Street Journal con la sua storia".

Quello fu un momento chiave. Un altro è stato il tuo ritorno. Ti sei pentito di essere tornato? "Si. Non saremmo seduti qui e non fossi tornato".

L’avresti fatta franca se non fossi tornato? "Impossibile da dire. Però c’erano delle possibilità".

Non hai mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato? Non hai mai pensato che prima o poi saresti stato scoperto, visto che in tanti sapevano? "Sapevo che questa storia sarebbe andata avanti così per parecchio tempo. Siamo qui perché c’è un’indagine che è aperta da due anni".

Quando l’indagine federale si è conclusa senza esito hai pensato di avercela fatta? Hai creduto di poter respirare, che i lupi si erano allontanati? "A quel punto pensavo di averla fatta franca".

Quale è stata la tua reazione quando ha saputo che l’Usada stava per prendere in mano il caso e aveva intenzione di aprire un’inchiesta su di te? "Il mio istinto è stato quello di combattere. Farei qualunque cosa per poter tornare indietro. Non combatterei, non denuncerei. Ascolterei. Avevano tutte le prove e le testimonianze. Sono arrivati e mi hanno chiesto cosa avessi intenzione di fare. Io avrei dovuto dice che avevo bisogno di tre giorni, di chiamare la mia famiglia, mia mamma, gli sponsor e la fondazione. Mi piacerebbe poter tornare indietro ma purtroppo non posso".

Hai intenzione di cooperare con l’Usada per aiutare a fare pulizia nello sport del ciclismo? "Io amo il ciclismo ma so che la gente mi vede come qualcuno che ha gettato discredito su questo sport e sul colore giallo. Ora mi sento di dire che se ci saranno i presupposti per collaborare, se esisterà una commissione di riconciliazione e potrò farne parte sarò contento e sarò felice di essere il primo a sedermi intorno al tavolo".

Quando hai saputo che il tuo ex compagno di squadra George Hincapie era stato chiamato a testimoniare dall’Usada come ti sei sentito? "Ho capito che il mio destino era segnato. Se George non avesse detto quello che sapeva la gente avrebbe detto che era d’accordo con me. George era il più credibile di tutti, lo conosco da quando aveva 16 anni e siamo ancora grandi amici. George conosce questa storia meglio di chiunque altro".

Ogni articolo che leggo su di te e ogni articolo che ho dovuto scrivere su di te inizia con le parole "In disgrazia". Ti senti in disgrazia? "Certamente, ma mi sento anche umiliato e mi vergogno. Non è piacevole"

Quale è stato il momento più umiliante che ti ha costretto a un esame di coscienza? "Credo il mercoledì in cui mi ha chiamato dalla Nike e mi hanno detto che si ritiravano. E poi hanno chiamato gli altri: Trek, Giro, Anheuser-Bush…"

Nello stesso giorno o in pochi giorni? "Sì, in pochi giorni. Tutti via. Non è stato un bel periodo però a dire il vero non è stato il più umiliante".

E ti ha colpito duro questa cosa? "Sì, certo. Però sapevo che prima o poi saremmo arrivati a questo punto. Stavo perdendo il controllo della situazione, stava accadendo il peggiore dei miei incubi però avevo un luogo della mia mente in cui avevo già immaginato che tutti se ne sarebbero andati. Quello che non mi sarei mai aspettato è quello che è successo con la Fondazione Livestrong. Quello è stato il momento peggiore, il più umiliante. Ricevere la prima telefonata, in cui mi chiedevano di lasciare la presidenza e mettermi da parte era già stato molto duro. Ma alla gente e ai sostenitori non bastava più. E allora è arrivata la seconda telefonata, in cui mi hanno chiesto di lasciare del tutto quello che consideravo un figlio, la Fondazione. Mi hanno proprio detto così: "abbiamo bisogno che lasci". Questo mi ha fatto davvero pensare tanto. Ho sempre considerato la Fondazione come il mio sestogenito e lasciarla è stato molto duro. E’ stata la cosa migliore per l’organizzazione ma mi ha ferito terribilmente. Quello è stato il momento peggiore".

Può Livestrong vivere senza il tuo coinvolgimento? "Spero proprio di sì".

Siccome la tua storia è andata oltre lo sport e ha dato speranza a tanta gente che si è trovata a fronteggiare il cancro, ho con me questa e-mail che mi ha mandato un amico dopo aver saputo che avrei condotto questa intervista con te. Dice: "Ho sentito che è stato un vero coglione, ma io avrò sempre gratitudine per Lance. Mi ha dato speranza in un momento molto difficile. Al mio primogenito era stata appena diagnosticata la leucemia, mancavano due settimane al suo primo compleanno. Ero in terapia intensiva con mio figlio che faceva fatica anche solo a respirare e mio fratello mi fece avere l’ultimo libro di Lance "It’s Not About the Bike" ("Non solo ciclismo. Il mio ritorno alla vita")". Lo lessi dall’inizio alla fine in una sola notte e mi fece capire che c’era speranza per il mio bambino, una speranza non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare, di svilupparsi e di diventare grande. Ho fatto una scelta quella notte, su come combattere la malattia di mio figlio e guidarlo, insegnargli come è fatto il mondo e come è fatta la vita. La mia preghiera è per Lance, che mentre sta combattendo i suoi demoni non si scordi che la vita non è solo ciclismo". "Amen".

Stai combattendo i tuoi demoni? "Assolutamente sì. Si tratta di un percorso e siamo solo all’inizio di questo tragitto".

Dal punto di vista finanziario quanto è stata pesante questa vicenda? Hai perso tutto? "Ho certamente perso gli incassi futuri. Pensa al giorno e mezzo in cui la gente (gli sponsor) mi ha lasciato, Mi chiedi il costo. Non mi piace pensare a queste cose però è stato un giorno da 75 milioni di dollari. Tutti andati, in un soffio, senza probabilmente tornare mai più".

Ti ha colpito duramente questa cosa? "Sono stato in un posto buio in cui non sapevo se avrei vissuto un mese, sei mesi, un anno, cinque o dieci. E adesso questo mi aiuta. Questi non sono bei tempi per me, ma non sto vivendo la peggior parte della mia vita. Non puoi comparare questo con la diagnosi di un cancro in fase avanzata. Questo fissa il limite. E’ difficile, certo, ma sono un ottimista e guardo con fiducia al futuro. Ciò che mi ha ferito è che questa vicenda mi ha costretto a guardarmi indietro: è una cosa che non amo fare. Sono come mia madre, non ci piace parlare del passato, non abbiamo mai parlato del mio padre biologico, per esempio".

Però sei tornato al passato (rientrando alle corse) e non credevi che fosse possibile vincere sette Tour de France senza doping. Sei tornato senza avere intenzione di doparti, ma contando di vincere ancora? "Sì, perché ho pensato, e lo penso ancora, che lo sport ora sia molto pulito. Ci fu un rilevante giro di vite nella disciplina quando è stato introdotto il passaporto biologico. Ho ritenuto che si potesse competere alla pari senza doping. Al Tour del 2009 non mi aspettavo di arrivare terzo. Mi aspettavo di vincere come ho sempre fatto, ma alla fine sono stato battuto da due ragazzi più forti di me. Però forse non riesco a fare intendere quello che vorrei dire".

C’era gente a te vicina che sapeva di tutta la questione e voleva che tu smettessi di mentire e di doparti? "Sì". C’era qualcosa che avrebbero potuto fare o dire? "Probabilmente no. Potrei fare un nome: Kristin (ex moglie e madre dei primi tre figli; ndr). Lei è una persona perbene, una persona molto coscienziosa che crede nell’onestà, nell’integrità morale e nella verità. E crede che nella verità si possa trovare la libertà. La vediamo in modo diverso su molte cose, ma abbiamo tre bambini insieme. E loro si meritano la verità e di vedere nel loro padre una persona che dice la verità".

C’è qualcuno che sapeva la verità dall’inizio alla fine? "Sì".

Torniamo a Kristin. Avete mai parlato insieme di smettere o di uscire da questo circolo vizioso? "L’ho vista al parco giochi due giorni fa e le ho chiesto, se queste cose fossero venute fuori, se ne potevo parlare. Lei mi ha detto di sì. Non era così curiosa, forse non voleva proprio conoscere niente anche se sapeva più o meno quello che sarebbe accaduto. Io dal canto mio ho preferito tenerla al riparo da queste vicende. Per quanto riguarda lei, il mio doping e il mio ritorno è lei la persona a cui ho chiesto se lo potevo fare, se potevo tornare a correre. Era una decisione importante, avevo bisogno della sua benedizione. E lei mi disse che potevo farlo ma a una condizione: che non avessi mai più fatto uso di quella roba (le sostanze dopanti e le trasfusioni, ndr). E io glielo ho promesso, assicurandole che non sarei mai venuto meno a quella parola. Era una richiesta seria. La risposta fu seria. Mi ha dato la sua benedizione. Se lei mi avesse detto no, ma non ci voglio neanche pensare, non l’avrei fatto. Ma lei me la diede e quindi ho ripreso".

Tu e Kristin avete tre figli insieme. Cosa dirai a Luke, che ha 13 anni. Hai combattuto contro chi ti accusava di doping tutta la durata della sua vita. Cosa dirai a lui e alle bambine? "Sanno molto loro. Lo sentono in giro che si parla di me. A scuola i loro compagni li hanno aiutati tanto. Perdi il controllo dei figli quando vanno fuori da questi spazi controllati, quando vanno su Instagram, su Facebook, su Twitter…"

Ma quando glielo hai detto? "Prima ti voglio raccontare cosa è successo. Quando tutta questa storia è cominciata, ho visto mio figlio difendermi, dire che quello che gli altri ragazzi gli raccontavano su di me non era vero. In quel momento ho capito che dovevo dirglielo. Lui non mi aveva chiesto niente, non ha mai messo in dubbio che fosse vero quello che gli avevo raccontato. Mi credeva…" (e si commuove per la prima volta).

E che cosa gli hai spiegato? "Lì per lì niente, ma era chiaro che era arrivato il momento di dirgli qualcosa. Ho sentito che mi difendeva, che ci stava male e a quel punto ho capito che la situazione mi stava sfuggendo di mano. Dovevo parlargli e l’ho fatto durante le vacanze di Natale".

Quali parole hai usato? "Gli ho spiegato che c’erano molti dubbi sul suo papà e sulla sua carriera, sul fatto che forse mi ero dopato nonostante avessi sempre negato e avessi controbattuto e attaccato a proposito, come avete visto. Tutto questo ha reso la situazione ancora più triste, ma gli ho detto che purtroppo era tutto vero. Poi c’erano le bambine, che hanno 11 anni, e non hanno avuto molto da ridire. Hanno accettato la questione così com’era. Ho anche detto a Luke di smettere di difendermi, che dicessero quello che volevano".

Come l’ha presa? "E’ stato straordinariamente calmo, risultando decisamente maturo. Gli ho spiegato che se qualcuno gli avesse detto qualcosa su di me non avrebbe dovuto più difendermi, ma solo dire che il suo papà si scusava. Lui mi ha risposto dicendomi che mi voleva bene perché ero suo padre e che non sarebbe cambiato nulla. Mi sarei aspettato dell’altro".

Ti aspettavi odio, distanza, rabbia, delusione? "Grazie a Dio è più simile a Kristin che a me".

Cosa mi dici di tua madre? "Era ed è a pezzi ma non è il tipo che chiama e ti dice che lo è. Mi ha chiamato il mio patrigno dicendomi che stava attraversando un momento terribile. Io ho pensato che lei era una donna forte e che aveva attraversato momenti anche più difficili. Poi ci siamo visti con i bambini e ho visto mia mamma veramente a pezzi. Ho dovuto vederla con i miei occhi per capire che l’avevo veramente ferita".

Un sacco di gente pensa che tu stia facendo questo per poter tornare nel mondo dello sport. "Se mi chiedi se vorrei competere ancora, la mia risposta è certamente sì. Io sono un tipo a cui piace competere, è quello che ho fatto per tutta la mia vita. Mi piace allenarmi, mi piace gareggiare, mi piace arrivare al limite".

Vuoi gareggiare ancora? "Non al Tour de France, ci sono un sacco di altre cose che potrei fare, ma non posso a causa di questa punizione (la squalifica a vita, ndr). Se ci fosse uno spiraglio in questa sanzione mi piacerebbe correre la maratona di Chicago a 50 anni? Mi piacerebbe molto, ma non posso. Non posso competere in nessun evento che è regolato da una federazione. Mi piacerebbe molto avere l’opportunità di gareggiare, però non è questa la ragione per cui sto rilasciando questa intervista. Potrà non essere l’affermazione più gettonata del momento, ma io mi merito di poter gareggiare, magari non subito. Quando però vedi l’entità della punizione… Avrei compreso una punizione di sei mesi, invece io mi ritrovo con una condanna a morte. Non posso competere. Non voglio dire che è scorretto però…".

E tu speri che questa conversazione, le tue ammissioni il fatto di aver detto che avresti voluto fare le cose diversamente con l’Usada, possano convincere i responsabili ad alleggerire la tua squalifica a vita? "Egoisticamente si, ma realisticamente non credo che succederà e credo che dovrò convivere con questa cosa".

Si è fatto un gran parlare su quello che avresti detto. Qual è il tuo intento, qual è la speranza, come pensi di gestire questa situazione? "Il mio intento, che è anche la più grande speranza, è quello di migliorare la condizione dei miei bambini. I più grandi non devono convivere con questo macigno legato alla mia vita. Non è giusto quello che ho fatto a loro. Per quanto riguarda i più piccolini, loro hanno 2 e 3 anni e ovviamente non hanno idea di quello che sta succedendo. Ma lo impareranno. Questa intervista vivrà per sempre così come quello stupido tweet con le maglie gialle lo farà. Dovevo fare la cosa giusta per loro, prima che entrino nella parte principale della loro vita".

Pensi di avere avuto quello che ti meritavi? Per un bel pezzo hai accusato gli altri di condurre una caccia alle streghe nei tuoi confronti. Pensi, considerato quanto sei stato grande e quanto il tuo nome e il tuo brand contavano, che sia giusto quello che ti è stato inflitto? "Certamente meritavo di essere punito. Ma non con la pena di morte".

Quindi ammetti che quel tweet di te con le maglie gialle è stato qualcosa di impertinente, arrogante e cretino? "Certamente, quello è stato un altro errore".

I lupi erano alla porta di casa e tu hai twittato quello. Cosa intendevi dimostrare? "Era un’ulteriore forma di disprezzo. E quello che fa impression è che ho pensato fosse una buona idea..."

Davvero? "Al tempo sì".

Ma dimmi, dopo questa cosa spropositata che è accaduta nella tua vita, come è cambiato il modo di vederti? "Non completamente, ma ovviamente questa situazione è pesante e incasinata e non è che puoi far finta di niente e conviverci dicendo che va tutto bene".

Sei attualmente in cura da un analista? "Sì. Durante il corso della mia vita mi è capitato di tanto in tanto. Solo che un tipo come me non ne avrebbe bisogno solo di tanto in tanto. Ho avuto una vita incasinata, ma niente scuse. Si tratta di un lungo percorso da compiere".

Hai rimorso? C’è del vero rimorso o è più il dispiacere di essere stato "beccato"? "Chiunque venga scoperto è depresso per esserlo stato. Ho appena cominciato il mio percorso e questo provocherà altri effetti onda. La gente presto sentirà cose ancora differenti. Se ho rimorsi? Assolutamente sì. Se aumenteranno? Assolutamente sì. Questo è il primo passo e queste sono le azioni che sto facendo. Sto pagando un prezzo alto, ma me lo merito".

Credi di dovere delle scuse al giornalista del Sunday Times, David Walsh? "Questa è una buona domanda".

Credi di dovergli delle scuse per una storia che segue da 13 anni e che ha scritto sul Times? Lui adesso ha scritto un libro sulla tua vicenda e su tutto quello che è accaduto. "Mi scuso con David".

Cosa ti senti di dire alla donna che ha scritto l’e-mail che ho letto prima e a quei milioni di persone colpite dal cancro che credevano in te? "Posso dirle che comprendo la loro rabbia e il loro sentirsi traditi. Mi avete sempre sostenuto attraverso tante traversie e io vi ho mentito. Mi dispiace sinceramente e farò di tutto per poter fare ammenda".

Riesci a vederti oltre il chiedere scusa? Incominci a renderti conto di come hai rovinato le vite degli altri? "Sì, sì, sì. E non ho bisogno di tornare qui per capire quante cose ho dato per scontate e quanto ho abusato della mia posizione privilegiata… Se uno dei miei figli si comportasse come mi sono comportato io sarei furioso".

Sappiamo tutti che quando una persona è famosa la gente adora vederne l’ascesa, ma si esalta anche a vederla inciampare e cadere. Riuscirai a rialzarti? "Non lo so. Non lo so. Io non so cosa succederà. Sto convivendo bene con questa nuova situazione che in passato mi avrebbe fatto diventare pazzo. Sono qui, la sto vivendo su me stesso e ho bisogno di continuare a farlo. Sono profondamente dispiaciuto per quello che ho fatto, posso dirlo migliaia di volte ma non sarà mai abbastanza per far tornare le cose indietro".

Mercoledì scorso, Travis Tygarty dell’Usada, ha detto alla trasmissione "60 Minutes Sports" che qualcuno del tuo entourage offrì all’Usada una donazione di 150.000 dollari che non venne accettata. Stavi cercando di "comprare" l’Usada? "No. Questo non è vero".

Non è vero? "Non è vero. Nelle 1000 pagine di report che hanno diffuso c’erano un sacco di cose, c’era tutto su di me. Come mai non si diceva niente di quella storia? Come mai? Oprah, non è vero niente". Nessuno che ti rappresentava… "Nessuno. Io non sapevo niente ma ho chiesto a tutti del mio entourage. Nessuno. Non è vero".

E tu sei Lance Armstrong, tu conduci le danze intorno a te e quindi se qualcuno avesse offerto 150.000 dollari tu lo avresti saputo? "Mi pare che si fosse parlato di 250.000, era questo il numero. Ma poi l’hanno abbassato. Sono un sacco di soldi. Lo avrei saputo".

E quindi confermi che non è vero? "Non è vero".

Sei un uomo migliore oggi dopo tutto quello che è successo? Ti ha aiutato tutto questo a diventare una persona diversa? "Senza dubbio, lo ripeto, è una situazione che mi è successa solo due volte nella mia vita. Quando mi è stato diagnosticato il cancro sono stato messo alla prova e sono uscito migliore di come ero. Ora ho perso il controllo della mia vita per la seconda volta. È facile stare qui e dire che mi sento meglio, ma non posso perdere di nuovo la mia vita. Solo io la tengo sotto controllo, però non posso fare promesse. Scivolerò ancora e la sfida principale della mia vita sarà cercare di non scivolare più e di non perdere di vista la strada da percorrere. Una sfida epica".

Una storia epica. Qual è la morale di questa storia? "Non ho una gran risposta in questo caso. Posso guardare a quello che ho fatto, ingannare per vincere gare di ciclismo, mentire su questo, essere prepotente con la gente. Ovviamente queste cose non si devono fare, non è certo quello che vorresti insegnare ai bambini. Questo è facile da dire. Ma c’è un’altra morale di questa storia che vedo riguardando la mia vita, prima in ascesa e poi intrappolato dentro tutte queste questioni: è un crimine tradire le persone che ti supportano e ti sono vicine, è un crimine mentire a loro".

Sai quale penso che sia la morale? E’ quello che ti ha detto Kristin: la verità ti libererà. "Sì, lei me lo continua a dire…".


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Lance Armstrong Perde I 7 Tour De France

Lance Armstrong non è più il vincitore dei sette Tour De France.
L’ex ciclista statunitense è stato radiato dall’agenzia antidoping statunitense per il ricorso sistematico a sostanze illecite. L'Uci, in una conferenza stampa affollatissima, ha infatti revocato tutti i titoli conquistati nella sua carriera, compresi i successi nella Grande Boucle. Inoltre, Pat McQuaid ha annunciato che non ci sarà alcun ricorso nei confronti dell'Usada, che, inoltre, aveva radiato a vita il texano. "E' un giorno importante e decisivo per il ciclismo" ha ribadito il presidente dell'UCI (Unione Ciclistica Internazionale).
Questo sport sta attraversando un momento difficile, ma ha un futuro. Abbiamo più volte dovuto affrontare il passato e momento difficili, ma tutti possono stare tranquilli ed il ciclismo ha un futuro. Non faremo ricorso contro l'Usada e ringraziamo tutti quelli che hanno testimoniato per questo caso".
E sui premi in denaro? "Il prossimo venerdì ci riuniremo nuovamente per parlare di altre questioni, tra cui queste. Dobbiamo cambiare anche la gestione a livello economico dei premi". L'Uci per ora non parla di altri possibili corridori coinvolti: "Abbiamo preferito prima concludere questo caso, poi vedremo se ci saranno altre situazioni da verificare".
La chiusura con una frase forte: "Lance Armstrong non ha più un posto nel ciclismo".
Al di là della sentenza e del probabile uso di sostanze illecite da parte del texano, la cosa che fa più rabbrividire è il trattamento/accanimento che lo stesso Lance Armstrong ha ricevuto.
Il ciclismo non è nuovo a questi scandali.
Tommy Simpson non fu il solo a collassare sul Ventoux nel 1967. Da Coppi a Contador, da Pantani ad Ullrich, da Merckx ad Anquetil, da Simoni a Virenque, etc sono stati trovati tutti positivi o hanno ammesso di aver fatto uso di sostanze illecite. Riis, il corridore danese della Telekom, ha ammesso di aver vinto un Tour (quello del 1996) grazie al doping. Eppure bisognerebbe chiedere all'UCI perchè figura ancora nell'albo d'oro. Probabilmente non lo sapremo mai.



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Comunicato UCI Riguardo Lance Armstrong

L'UCI, ha terminato il suo esame della decisione dell'Usada nel caso Armstrong e confermato che non farà appello Al Tribunale di Arbitrato dello Sport e che che riconoscerà la sanzione imposta dall'Usada. La decisione dell'Usada chiarisce come i corridori dell'US Postal Service non fossero disposti a comunicare tutto ciò che sapevano fino a quando erano chiamati dagli investigatori federali o citati in giudizio.
Questi corridori hanno parlato del loro passato, raccontato le loro storie e i conti del loro passato forniscono una visione shock all'interno del Team USPS, dove l'espressione "vincere a tutti i costi" è stata rivista in termini di inganno, intimidazione, coercizione ed evasione.
La loro testimonianza conferma che le strutture antidoping che esistevano a quel tempo erano insufficienti e inadeguate per rilevare le pratiche che aveano spazio all'interno del team.
L'UCI è sempre stata la prima federazione sportiva internazionale di abbracciare nuovi sviluppi nella lotta contro il doping e si rammarica che l'infrastruttura antidoping che esiste oggi non fosse disponibile a quel tempo in modo da rendere tale inganno impossibile.
L'UCI ha testato Tyler Hamilton 40 volte e lo ha trovato positivo.
E testato Floyd Landis 46 volte e lo ha trovato positivo come vincitore del Tour de France.
La lista dei corridori che ha trovato positivo non finisce qui...
L'UCI ha testato Lance Armstrong 218 volte: se Armstrong è stato in grado di battere il sistema, la responsabilità resta non solo con l'UCI, ma anche con la WADA e tutte le altre agenzie antidoping che hanno accettato i risultati.

Quindi per tutti gli altri vincitori che in passato l'hanno fatta franca che si fa?



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US Postal: Tour De France Squads (1999-2005)

Lance Armstrong 1999-2005: Disgraced former Tour de France winner, former husband, former boyfriend, former respected member of the peloton. Since banned for life, stripped of his Tour de France titles, and now revealed as being at the centre of the biggest sporting conspiracy of all time. Still competes, beating up on kids and amateurs in unsanctioned triathlon races while all the time protesting his innocence. What he doesn’t realise is everyone stopped listening long ago.

Kevin Livingston 1999: Named in Dr Ferrari’s papers but never prosecuted. Makes a living renting the basement of Lance’s bicycle shop for his training centre and working with race organisers putting on Livestrong Events. Named by Hamilton of being present during, and having taken part in, tranfusions.

Frankie Andreu 1999, 2000: One of the first to speak out about doping at US Postal while at the same time admitting his own doping during his time on the team. Has spent the last ten years being hassled, ridiculed, and accused of being a liar – along with his wife, Betsy.

Tyler Hamilton 1999, 2000, 2001: Twice banned, and now author of the whistle-blowing “The Secret Race.” For many years denied doping, but when he finally spilt the beans there was no shutting him up.

George Hincapie 1999-2005 : Best known as being Lance’s most loyal lieutenant, having a gorgeous French wife, and never winning Paris-Roubaix. Most said that when Hincapie confessed the game would be over for Lance. Hincapie confessed. The game is over.

Peter Meinert Nielsen 1999:  Little-known Danish rider who tested positive in 1993 while riding for the TVM squad. Joined Postal in 1997 and rode in Lance’s first victory in 1999.

Christian Vande Velde 1999, 2000, 2001:  The quietly spoken American avoided controversy throughout his career despite riding for Postal, Liberty Seguros and CSC. Turned over a new leaf by spending the four years since on Jonathan Vaughters’ anti-doping Garmin team. Confessed to doping in testimonies to the federal enquiry and to USADA.

Jonathan Vaughters 1999:  Now the Owner-Manager of the Garmin-Sharp team. Finally confessed in 2012, after years of speculation, to doping while at US Postal before leaving for Credit Agricole and retiring a few years later.

Benoit Joachim 2000, 2002: Joined US Postal in 1999 and raced with them, Discovery, and Astana through to 2008.  He tested positive for nandrolone in 2000 but a friendly Luxembourg Cycling Organisation allowed him to escape on a technicality and 6 months later he was re-signed by US Postal.

Cedric Vasseur 2000:  Joined US Postal in 2000 and rode the Tour, but after being left off of the squad in 2001 he threw his toys out of the pram and left to join Cofidis, citing personal differences with Armstrong as being one of the key factors. Was later arrested along with the rest of the Cofidis team in 2004, banned from the 2004 Tour before later being cleared and claiming evidence was tampered with.

Roberto Heras 2001, 2002, 2003:  Joined US Postal from Kelme in 2001 and went straight into the Tour squad. Left Postal in 2004 and quickly, like so many other riders to leave the team, tested positive for EPO after winning the Vuelta of 2005. That win was given to Dennis Menchov, but bizarrely in 2011 Heras successfully appealed that disqualification in a civil court of Castilla y León.

Floyd Landis 2002, 2003: Has won the same number of Tours de France as Lance Armstrong. Convicted of doping, banned, protested innocence, came back, didn’t get an invite to the Tour of California, sent a load of emails, and promptly confessed all. Has created over 500 twitter accounts without testing positive.

Pavel Padrnos 2002, 2003, 2005:  Was arrested in the 2001 San Remo doping raids and immediately identified as a suitable rider for US Postal. Rode for the American team from 2002 to 2007. Amassed an impressive palmares of a single win in the Rokycany criterium between 1996 and retirement in 2007.

Manuel Beltrán 2003, 2005:  Rode for renowned clean teams Mapei and Banesto and after a brief diversion to Team Coast joined US Postal in 2003. Left the team in 2007 and within a year, like so many others, had tested positive for EPO and was banned.

Yaroslav Popovych 2005: Named by Floyd Landis and then had his house raided in 2010 by Federal officials who discovered doping products, drug testing documents, medical supplies, and evidence of links to controversial Italian doctor Michele Ferrari. Popovych denied the allegations although it’s not clear if he denied the raid, denied the results of the raid, or simply denied. Appears to have escaped scot free and now rides for RadioShack-Nissan.

Pascal Derame 1999: Previously rode for Gan before joining US Postal and riding in the 1998 and 1999 Tours before leaving the team in 2000. Retired in 2002 suffering from “burnout.” Says he was never part of Armstrong’s inner circle.

Victor Hugo Peña 2001, 2002:  The Mr. Teflon of cycling. Has succesfully ridden for four of the dodgiest teams in the sport, US Postal, Phonak, Unibet, and Rock Racing, all the while hanging out with his best friend Santiago Botero and never once tested positive. Peña was mentioned briefly in the USADA report on 10th October as having worked with Michele Ferrari. Outside contender for new head of the UCI.


Viatcheslav Ekimov 2000, 2002, 2003:  Rode for Postal in two stints, 1997-98 and 2000 until his retirement in 2006. Never tested positive, in fact he was the lucky recipient of the Olympic Gold Medal after Tyler Hamilton was stripped of his. Was on the 2000 Tour team investigated for use of Actovigen after French media spotted a team worker dumping doping equipment in a bin. Ekimov is the new boss of the Katusha Cycling Team.

Steffen Kjaergaard 2001: Norwegian time triallist who was a pro for a matter of years and spent four years at Postal. Current  head of Sports at the Norwegian Cycling Federation

Jose Azevedo 2004, 2005: Rode for ONCE from 2001 to 2003 before joining US Postal in 2004. Currently a sports director on the RadioShack-Nissan team.

Jose Luis Rubiera 2001, 2002, 2003, 2005:  Strong rider who spent the bulk of his career at Postal/Disco, Astana before ending his career at RadioShack. Reported in the USADA decision of October 10th, 2012 of having made a payment (or a payment being made in his name) to Michele Ferrari of  $15,000 in 2002.

Benjamin Noval 2004, 2005: Rode for Postal/Disco and then Astana before joining SaxoBank in 2011

Paolo Savoldelli 2005: Rode the 2005 Tour with Lance despite claiming to only ever have ridden with him in a training camp with him in Tenerife once. Openly critical of the USADA investigation.



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