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giovedì 4 dicembre 2014

La Storia Di Jackie Robinson e La Segregazione Razziale (MLB)

Jackie Robinson nacque in Georgia(USA) nel 1919.
Fu il primo giocatore di colore a giocare in MLB.
Quando Robinson scese in campo per i Brooklyn Dodgers il 15 aprile 1947, si concludevano più di 60 anni di segregazione razziale nella MLB.
È stato il primo giocatore nero riconosciuto ad esibirsi nelle Major Leagues nel ventesimo secolo e continuò a essere il primo a vincere un titolo di battuta, il primo a vincere il premio Most Valuable Player e il primo ad essere inserito nella Hall Of Fame.
Fu tra l'altro il stato il giocatore di baseball, nero o bianco, ad essere raffigurato su un francobollo degli Stati Uniti.
Anche se non era un giocatore difensivamente eccelso, aveva mani sicure, copriva una vasta zona e possedeva buona attitudine.
Per compensare il suo braccio medio usava bene i piedi nei doppi giochi e si sbarazzava della palla rapidamente.
Robinson dimostrò anche la sua versatilità giocando regolarmente in prima base, in terza, e nel campo a sinistra quando le esigenze della squadra lo esigevano.
Sulla corsa sulle basi, però, la stella di Robinson brillò più luminosa.
Era velocissimo, intelligente, audace, furbo.


IL PERIODO STORICO
Era da poco finita la seconda guerra mondiale e gli atleti erano tornati a casa dal fronte.
Non tutti avevano espletato il servizio di leva allo stesso modo: Joe Dimaggio nel 1943 aveva chiesto di essere mandato in combattimento, ma la sua richiesta era stata respinta(era un po' ingrassato).
Fu respinta anche quella di Han Greenberg, prima base dei Detroit Tigers, la prima stella ebrea dello sport.
Una delle poche richieste accettate fu quella di Bob Feller, lanciatore dei Cleveland Indians.
Non appena tolgono l’uniforme da lavoro, tutti rimettono la divisa della squadra.
Il baseball vive il suo momento di gloria: è uno sport molto popolare anche tra gli afroamericani.


ESERCITO, AUTOBUS, NEGRO LEAGUE
Jackie Robinson invece una divisa non l’aveva.
Fu cacciato dall’esercito, dove si era appuntato per guadagnare qualche soldo, confinato al Battaglione 758 in attesa del verdetto della Corte Marziale: era un ufficiale ma aveva rifiutato di obbedire ad un superiore.
Il conducente gli aveva intimato di andare in fondo all’autobus dell’esercito: «Sei nexxo, davanti non ci puoi stare» (ai tempi funzionava così in America, per la verità ciò valeva negli autobus dei civili, non in quelli militari).
Neanche l'arrivo degli ufficiali superiori lo convinsero a lasciare il posto visto che Robinson si oppose con veemenza e venne arrestato.
La Corte Marziale però darà ragione a Jackie che verrà congedato.
Gli Stati Uniti rimasero un Paese profondamente diviso tra “colored” e “white” e, soprattutto, con l’indegno cartello “white only”, “solo per bianchi”, appeso sui muri e sull’eredità culturale dei cittadini.
Non solo: i neri non potevano alloggiare negli hotel con i bianchi, potevano usare la piscina comunale un solo giorno a settimana e via così.
E il baseball professionale, da quando nel 1890 aveva adottato le disposizioni delle leggi di Jim Crow era, per l’appunto, “white only”, malgrado nessuna insegna leggibile lo etichettasse.
Robinson, in quanto non bianco, non poteva stare sul campo, non poteva allenarsi negli stessi impianti utilizzati dai bianchi.
Nel 1945 lo chiamano come giocatore professionista nei Monarchs, squadra della Negro League(lega con solo atleti Afroamericani), con un contratto da 400 dollari al mese(ottimo contratto per i tempi).
Anche se gioca bene, è frustrato dall’esperienza: la disorganizzazione della Negro League, la connivenza con il mondo delle scommesse, il febbrile programma delle trasferte che lo allontana dalla fidanzata Rachel, con cui riesce a comunicare solo per lettera, diventano un peso.
Ma per lui, in realtà, c'erano altri programmi.
Rickey Branch, presidente e manager dei Brooklyn Dodgers, sta inseguendo una sfida che non sarà solo personale. «Il baseball è bianco. Gli spettatori sono neri. I soldi sono verdi».


L'APPRODO NELLE MINOR LEAGUE CON I MONTREAL ROYALS
Nel 1946 nella Major League Baseball giocano 400 atleti, tutti bianchi.
Per l’anno successivo, Branch pianifica di interrompere codesta segregazione.
E Robinson è il candidato più adatto ad essere inserito nel rooster della sua squadra bianca.
Servono eccezionali doti atletiche, certo.
Ma occorre soprattutto un carattere d’acciaio, che contrapponga agli inevitabili insulti del pubblico il silenzio del fuoriclasse.
Almeno, affinché il valore e la legittimità di quel giocatore nero in campo non fossero riconosciuti.
Non sarà quindi Josh Gibson, il migliore della Negro League, ad essere il prescelto.
O Roy Campanella.
Ma Jackie Robinson: 26 anni, al momento impegnato nei Kansan City Monarchs, media di .350 in battuta e, in più, ufficiale dell’esercito americano (anche se comparì alla Corte Marziale).
Nella celebre riunione di tre ore del 28 agosto 1945 avvenuta fra Rickey e Jackie, a un certo punto il presidente chiede a Robinson se sarebbe stato in grado di affrontare gli animi razzisti senza reagire in modo violento.
«Stai forse cercando un giocatore nero che ha paura di reagire?».
«No» risponde Branch «sto cercando un giocatore nero con abbastanza coraggio da non reagire».
Firmano per 600 dollari al mese più un bonus di 3500 dollari, sapendo entrambi d’innescare continue polemiche, in cui Robinson non potrà che porgere l’altra guancia.
Quando Robinson arriva a Daytona Beach, in Florida, per l’allenamento con i Montreal Royals, la squadra della Minor League dei Dodgers, trova Wendell(un giornalista) ad aspettarlo.
È la luna di miele dei Robinson.
Jackie ha fatto la proposta all’indomani del contratto, il reverendo amico li ha sposati a Los Angeles, ma la compagnia aerea si rifiuta di far prendere loro un volo “white only”, devono ripiegare su un autobus. Robinson non può dormire in albergo con il resto della squadra, viene portato a casa di un politico locale ma a causa del colore della sua pelle tutto il team è soggetto a ripercussioni e boicottaggi.
Clay Hopper, manager dei Royals, originario del Mississippi, chiede a Rickey di assegnare Robinson a qualsiasi altra squadra affiliata con i Dodgers, ma Rickey si rifiuta.
Quella linea di segregazione che vigeva nel baseball sarebbe stata molto dura da abbattere.
Molto più di quanto Rickey avesse immaginato.
Intanto Robinson nella sua prima partita con i Montreal Royals mette a segno tre singoli e tre home run.
Nella partita dei Montreal contro Indianapolis, Robinson è costretto da un poliziotto a lasciare il campo. Robinson è davvero solo, anche se il baseball è un gioco di squadra.
Tra gli spettatori, con la macchina da scrivere in grembo, il giornalista Wendell Smith segue e scrive: non gli è permesso sedere nella tribuna della stampa, riservata ai bianchi.
Nella Minor League con i Montreal ruba 40 basi, segna 113 punti, ha una media battuta di .349.
È pronto per i Dodgers, ma loro non sono pronti per lui.


LA PETIZIONE DEI COMPAGNI DI SQUADRA PER ESCLUDERLO
La squadra, che quell’anno si allena all’Havana, firma una petizione per escluderlo.
L’allenatore Leo Durocher, che sta già attraversando una tempesta personale su istigazione di Branch mette in chiaro che Jackie è un compagno di squadra.
La squadra si deve comportare come tale.
«Non m’importa se il ragazzo è giallo o nero, o se ha le strisce come una cazzo di zebra.
Io sono il manager di questa squadra e dico che lui gioca. Inoltre, c’è dell’altro: questo ragazzo ci può rendere tutti ricchi. E se qualcuno di voi non ha bisogno di soldi, farò in modo di cedervi».
A due settimane dalla prima di campionato, Durocher viene sospeso per un anno per un giro di scommesse. Il debutto di Robinson nei Dodgers sembra incontrare solo ostacoli.
Ma avviene.


L'ESORDIO IN MLB
Jackie Robinson esordisce nella Major League del Baseball il 15 aprile 1947 all’Ebbets Field di Brooklyn davanti a ventitremila spettatori.
«Nei primi mesi Jackie tornava dalle partite e dagli allenamenti distrutto, tutti lo attaccavano. Lo sport che lui amava così tanto lo respingeva e gli ricordava in ogni momento che non c’ era posto per lui. I tifosi, i compagni di squadra, gli avversari e persino la polizia. Allora noi chiudevamo la nostra porta e lasciavamo quel mondo fuori, ci facevamo coraggio» ricorda la moglie Rachel al Los Angeles Times nel 2013.
«Per fortuna io di quei momenti ricordo solo i baci e la calma della nostra casa» aggiunge.
Emblematica la scena in cui Jackie, in piedi sul diamante, fissa lo sguardo sul nulla mentre attorno a lui gli spettatori urlano e sputano insulti e saliva.
Raccapricciante anche la ricostruzione in cui Ben Chapman, uomo del sud, coach dei Philadelphia Phillies, il 22 aprile 1947 offende Jackie tutto il tempo dell’incontro.
Sarà troppo tardi riconciliarsi nella partita di ritorno.
Faranno un sorriso alla stampa, stringendo la mazza da baseball come a siglare il segno di pace, ma Chapman, che in passato era stato un buon giocatore degli Yankees nel periodo di Ruth e Gehrig, verrà licenziato, non lavorerà più e sarà consegnato alla storia come l’allenatore razzista che al primo anno di Jackie Robinson nella Major League, mise duramente alla prova i nervi dell’atleta.
«Torna tra i campi di cotone. Non sei degno di portare un numero sulla maglia».
E invece ne sarà talmente degno che nel 1972 il numero 42 verrà ritirato in suo onore da tutte le divise del baseball.
Poterono mantenere quel numero soltanto coloro che già lo indossavano.
Il problema non furono solo i Phillies ma anche le trasferte a Cincinnati(dove ricevette numerose minacce di morte) o quando i St.Louis Cardinals minacciarono di scioperare non presentandosi in campo contro i Dodgers.
Le prestazioni in campo al termine della prima stagione di Robinson rispecchiano le aspettative: suo è il punto decisivo contro i Pirates Pittsburgh, chiude l’annata avendo giocato 151 partite, una media di battute di .297, con 175 valide, 12 home run, 48 punti battuti a casa, 125 punti segnati, 29 basi rubate.
Primatista della National League, con questi numeri in crescendo riceve il premio Rookie Of The Year.
Nel 1948, a seguito della cessione di Eddy Stanky ai Boston Braves, Robinson passa a giocare come seconda base.
Le porte del baseball professionale sono aperte ad altri atleti neri, tra cui Don Newcombe, Roy Campanella, Monte Irvin, Willie Mays e Hank Aaron.
Robinson gioca fino al 1957, sempre con i Dodgers.
Ha 38 anni, ha giocato per sei volte le World Series vincendole nel 1955.
Nel 1949 è il miglior giocatore della National League e dal 1949 al 1955 è selezionato per ben sei volte per l’All Star Game.
Nel 1962 è eletto con il 77.5% di preferenze nella Baseball Hall of Fame.
Si ritira dallo sport, ma non si adagia sugli allori: fino al 1964 ricopre l’incarico di vicepresidente per la “Chock Full o’Nuts”, primo nero a raggiungere tale ruolo in un’azienda americana.
Continua, assieme alla moglie, a combattere per i diritti civili.
Pochi anno dopo il suo ritiro dal baseball, Jackie ammette di soffrire di diabete.
Quando, nel 1972, muore stroncato da un infarto a 53 anni, la moglie crea la Jackie Robinson Foundation che si occupa di scolarizzazione giovanile.


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