E’ una storia infinita quella che riguarda i Washington Redskins e chi vorrebbe che il nome della squadra di football americano della capitale statunitense cambiasse.
Il club trasse spunto dall’allenatore William "Lone Star" Dietz che vantava origini Sioux.
Fu in suo onore che nel 1933 i Boston Braves assunsero il nome di Redskins, che fu mantenuto anche quando la squadra si trasferì a Washington.
Una prima causa, per cambiare nome alla squadra, fu intentata nel 1992 e si chiuse senza risultato nel 2009.
Negli anni successivi varie organizzazioni e gruppi, tra cui l’American Indian Movement organizzarono massicce proteste, per lo più in occasione di partite della compagine, come avvenuto nel 1994 durante il match contro i Buffalo Bills.
Proteste che sono proseguite fino ad oggi, intensificandosi nell’ultime stagioni, in cui dei comitati di rappresentanza dei nativi americani si sono presentati ad ogni appuntamento sportivo della squadra.
La più importante a Minneapolis, nello scorso novembre, che ricevette l’approvazione dell’allora sindaco della città R.T. Rybak.
Ma in realtà le prime polemiche risalgono già agli anni 70.
I Redskins sono sempre stati oggetto di una “venerazione quasi religiosa”, scrive Rich Lowry sul New York Post, che ricorda che da 70 anni c’e un inno di “guerra”, “Hail the Redskins”, con tanto di banda e di “Redskinnettes”, le cheerleaders, o ragazze in maschera che sfilano prima delle partite.
POLEMICHE
Nello scorso febbraio(2013) Robert Holden, vice direttore del National Congress Of American Indians, commentò duramente per l’ennesima volta: “Non vogliamo questi onori”.
I Redskins si sono sempre opposti a scegliere una nuova denominazione e un sondaggio del 2002 fra i nativi americani ha riscontrato che la maggioranza non si sente insultata dal nome della squadra.
La traduzione italiana di Redskins è pellerossa, e questo termine, secondo chi ha spedito la missiva, rappresenta una sorta di insulto razzista per i nativi americani.
Ad Agosto 2013, David Plotz su Slate, spiegava che quello sarebbe stato l’ultimo articolo scritto da lui con il nome dei Washington Redskins ancora completo.
”Cambiate nome, non dovete offendere i nativi americani”.
E’ il senso della lettera che 10 membri del Congresso degli Stati Uniti inviarono lo scorso anno ai Washington Redskins.
La lettera è stata spedita a Daniel Snyder, presidente della squadra, allo sponsor principale del team, al presidente della NFL Roger Goodell e alle altre 31 franchigie della lega.
Recentemente, in un’intervista a Usa Today, Snyder ha chiarito che non ha nessuna intenzione di modificare il nome del club: "Non lo cambieremo mai, è semplice. MAI. Potete scriverlo tutto a lettere maiuscole".
La dirigenza della franchigia non vuole affatto privarsi di quel nome perchè dietro c’è una storia secolare, iniziata nel 1933 a Boston, città da cui poi la squadra sarebbe migrata a Washington quattro anni dopo. All’epoca si chiamavano "Braves", i coraggiosi, ma il proprietario George Preston Marshall propose di passare appunto al termine "Redskins" per rifarsi al coraggio e allo spirito fiero dei nativi americani. L’intento, ovviamente, non era insultare quelle popolazioni, bensì esaltarne le virtù guerriere.
Quel nome, poi, rappresentava anche un omaggio a William Dietz, che di lì a poco sarebbe diventato head coach della squadra: ex giocatore, Dietz rivendicava orgogliosamente le sue origini Sioux (anche se secondo qualcuno era un bianco che si fingeva indiano).
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