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venerdì 30 gennaio 2015

La Storia Del Tourist Trophy Sull'Isola Di Man: Percorso, Incidenti e Morti

"Motorsport can be dangerous"

Il Tourist Trophy che si svolge sull' Isola Di Man non è una semplice gara.
E' una sfida che l'uomo decide di affrontare pur sapendo di rischiare la vita nei 60 chilometri che formano il circuito.
Negli oltre 100 anni di storia del TT sono morti oltre 250 piloti su una pista che non è mai cambiata, se non nelle medie di percorrenza che oggi superano i 200 km/h sfiorando marciapiedi, muretti, pali e burroni.
Si parla di 258 morti, a cui vanno aggiunti 5 spettatori, 2 commissari ed 1 poliziotto.
Partono uno alla volta, a distanza di dieci secondi.
Non c’è dunque gara più controversa del TT.
Non c’è competizione più amata.
Non c’è circuito più pericoloso.
Lo percepisci in griglia prima della partenza, c'è una tensione forte che colpisce lo stomaco.
Per questo al TT i piloti, dal primo all'ultimo, vengono applauditi dalla gente perchè arrivare al traguardo è già di per sè una vittoria.
L'Isola Di Man è situata nel mar d'Irlanda tra le coste irlandesi ed inglesi con una superficie di 572 km quadrati. La capitale è Douglas, circa 89mila abitanti.


STORIA E TIPOLOGIA DI GARA
Va in scena dal 1907 lungo un percorso di 37.73 miglia (60.720 km), denominato Mountain Course, che si snoda lungo l’isola, situata tra l’Inghilterra e l’Irlanda.
Si tratta di un circuito stradale, cioè strade normalmente aperte al traffico, che vede competere i piloti, suddivisi in categorie, con medie incredibili (oltre i 200 km/h).
Il TT dura in totale ben due settimane.
La prima è dedicata alle prove, che si svolgono tutti i giorni nel tardo pomeriggio, mentre la seconda settimana viene dedicata alle gare, che si svolgono in tarda mattinata e nel primo pomeriggio, a giorni alterni (salvo, ovviamente, meteo avverso).
Durante le prove i piloti prendono il via a due alla volta, ogni coppia a distanza di 10 secondi l’una dall’altra, mentre per la gara la partenza è singola, con i piloti sempre distanziati di 10 secondi l’uno dall’altro.
Il 1907 è l’anno in cui si disputò la prima gara del TT, corsa sul tracciato chiamato St.John, il 1911 è il primo anno in cui il TT si è corso sul tracciato denominato Mountain, che poi è quello attuale, il 1920 è l’anno in cui, definitivamente, il TT si trasferisce sul Mountain Circuit.
Inserito nel calendario del Motomondiale come Gran Premio di Gran Bretagna dal 1949 al 1976, ha visto al via tutti i grandi campioni del passato.
Joey Dunlop, leggendaria icona del “road racing”, è il primatista assoluto di vittorie, con 26 successi: la sua incredibile striscia di primi posti è stata interrotta dal tragico incidente del 2000, a Tallin, in Estonia, lontano dalle familiari strade del TT.
La due settimane del TT ospitano le qualificazioni alle varie categorie (Senior TT, Superbike, Superstock, Supersport, Newcomers, Lightweight, Sidecar, TT Zero Challenge), compresa quella dedicata ai veicoli elettrici e le gare.


IL CIRCUITO
I circuiti che l’isola offriva erano più di uno, tra cui il “Clypse Course”, utilizzato tra il 1954 e il 1959 per le classi Junior ma quello più estremo, quello della leggenda, è lo “Snaefell Mountain Corse”, il cosiddetto circuito della montagna, utilizzato in gara per la prima volta nel 1911.
Rimasto praticamente invariato fino ai giorni nostri, si divide in una serie di tratti storici riconoscibili e in alcuni casi molto temuti dai piloti.
Una sessantina di curve in tutto il circuito, sulle oltre duecento totali, sono dedicate ai piloti che vi hanno compiuto le maggiori imprese o che, in incidenti di gara, vi hanno lasciato la vita.
L’anello stradale misura 60 chilometri e 720 metri e viene ripetuto per sei volte nelle classi principali e per tre o quattro in quelle minori.
Le strade utilizzate sono aperte alla viabilità convenzionale per tutto l’anno e chiuse al traffico (non sempre è stato così, perlomeno durante le prove) in occasione della gara.
Quando questo ancora non accadeva, erano ancor più numerosi gli incidenti mortali che coinvolgevano la popolazione.
La “Birkins Bend”, ad esempio, è una curva intitolata ad Archie Birkins, pilota che morì nel 1927 scontrandosi con un furgone che trasportava pesce.
In oltre sessanta chilometri di strada, il paesaggio è mutevole.
Il tratto maggiormente suggestivo è quello montano nei pressi di Brandywell, dove si tocca la massima altitudine, sullo Snaefell, a quota 422 metri.
Il giro parte da Douglas, la capitale dell’isola, sul lungo rettilineo in discesa di Bray Hill nel centro dell’abitato, in cui i bolidi di oggi superano i 300 chilometri all’ora.
Si arriva in staccata ad una curva verso destra posta sulla rotonda dell’incrocio di Quarter Bridge e ci si avvia verso il tortuoso tratto di Glen Helen, dove la strada è in alcuni punti incassata tra le rocce.
L’attraversamento del villaggio di Kirk Michael è uno dei tratti da sempre più pericolosi: quattro curvoni in successione permettono alle moto di superare in piega i 200 chilometri orari.
A Ballaugh Bridge c’è uno dei punti più spettacolari, dove le moto, seppure in un tratto lento, volano su un’impressionante dosso, ancora oggi cinto della stessa ringhiera metallica dei primi del Novecento.
Si passa poi nell’abitato di Ramsey prima di inoltrarsi nel paesaggio lunare di Verandah, dove la montagna disegna scenari e strapiombi tanto affascinanti quanto pericolosi.
Una volta scollinato lo Snaefell, il tracciato scende in picchiata verso Douglas, non senza un ultimo brivido sul Governors Bridge, posto a pochi metri dal rettilineo d’arrivo in cui bisogna decelerare bruscamente per rimanere in carreggiata.


MORTI ED INCIDENTI
La spettacolarità dell’evento e la convinzione che si tratti dell’unica gara “vera”, un confronto alla pari tra le insidie del percorso e l’abilità dei piloti, fa del TT la competizione più amata da molti motociclisti.
Molti altri, però, ne contestano l’eccessiva pericolosità, che ha chiesto negli anni un eclatante tributo di sangue: sono oltre 250, infatti, i morti nella storia della corsa, che ogni anno è immancabilmente funestata da incidenti, che coinvolgono i piloti e in qualche caso i commissari di percorso.
Da cosa è data l'eccessiva pericolosità? Ovviamente dal fatto che i piloti sfrecciano tra case, muri, alberi e pali della luce.
La media è di 218 km/h con punte di 320 km/s e passaggi da brivido tra le abitazioni.
Il primo morto risale già al 1911 (Victor Surridge) finito in un canale contro un terrapieno.
Tra gli altri si ricordano il campione del mondo delle 500 nel 1949 (Leslie Graham) e delle 125 nel 1961 (Tom Phillis).
Si ricordano anche gli italiani Gilberto Parlotti nel 1972 e Marco Fattorelli nel 1989.
O Rob Vine Fund nel 1985.
La morte di Parlotti fece desistere Giacomo Agostini dal partecipare.
Dal 1973 tutti i piloti del motomondiale si rifiutarono di partecipare al TT, gara che verrà estromessa dal calendario dalla federazione motociclistica internazionale solo nel 1977 (faceva parte del mondiale dal 1949).
Il 2003 è l’anno che segna la morte, proprio qui a Man, di un grande pilota, che prometteva grandi cose per il futuro.

Agostini: "Ho lottato per farla togliere dal mondiale perchè non credevo fosse giusto correre perchè si è obbligati. Lì ma anche in piste come Abbazia e Spa si avvertiva il pericolo: ogni 10 giorni moriva un pilota. Dovevamo interrompere questa serie. Ritengo che il TT sia la gara più pericolosa al mondo oltre che una delle più affascinanti ma sono anche liberale: corre chi lo desidera"

Nei decenni successivi altre morti illustre si susseguono.
David Jefferies, perderà la vita di giovedì pomeriggio, schiantandosi con la sua Suzuki 1000cc, contro un muro a Crosby, ad una velocità probabilmente superiore alle 155 Mph (250 Km/h).
Gli incidenti, peraltro, appaiono inevitabili, considerate le medie elevatissime tenute dai piloti più competitivi, oltre alle caratteristiche del circuito, che passa letteralmente tra le case, sfiorando marciapiedi e lampioni.
La velocità massima rilevata è stata stabilita da Keith Amor che, in sella alla sua Honda 1000cc, nel rettifilo di Sulby ha toccato le 192.80 Mph (310.28 Km/h).
A dir la verità, Cameron Donald in sella ad una Suzuki MotoGp, durante un giro d’onore, ha toccato le 202 Mph (325.09 Km/h), ma il record non è stato ufficializzato.
E' proprio il rischio di gravi incidenti che ha sconsigliato tutti i piloti attualmente protagonisti in MotoGP e in Superbike dalla partecipazione al TT, rinunciando a un’occasione unica di dimostrare il proprio talento anche nelle competizioni stradali.
Il Mountain Course, nonostante che per molti anni sia stato oggetto dell’ostracismo dei media, continua a rappresentare al meglio la filosofia senza compromessi del road racing, disciplina che guadagna consensi in tutto il mondo.
I vincitori del TT assurgono a eroi, sopravvissuti al percorso terribile, reso ancor più difficile da condizioni meteorologiche quasi sempre ostili.


THE INTERNATIONAL NORTH WEST 200 IN NORD IRLANDA
Di solito “The International North West 200”(che si corre in Nord Irlanda) anticipa di poche settimane il TT dell’Isola di Man.
Si corre lungo un tracciato chiamato “The Triangle” (il triangolo), lungo 14.3 km e caratterizzato da velocità massime elevatissime (record nel 2012 con 335 km/h).
L’indicazione numerica si riferiva alla lunghezza della gara, 200 miglia (322 km), ridotta in seguito a distanze inferiori (tra 4 e 6 giri).
Questo è forse solo l'antipasto ma anche questo circuito, come pericolosità, non scherza affatto.


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