Il continente più freddo, ventoso, alto e asciutto della Terra: l’Antartide presenta come detto le condizioni meteorologiche più avverse che si possano immaginare.
La temperatura più bassa al mondo, -94,7°C, è stata registrata proprio qui, e i venti che sferzano l’Antartide possono raggiungere i 320 km/h.
I rischi più grandi, oltre ai classici (congelamento, ipotermia, crepacci, tempeste di neve) sono:
1) Il fenomeno del Whiteout che si verifica quando, a causa della luce e delle condizioni meteorologiche, è impossibile distinguere fra cielo e neve.
Non si riesce a intravedere l’orizzonte e non ci sono punti di riferimento.
Senza riferimenti visivi è impossibile valutare la distanza e la direzione.
Ciò provoca un forte senso di disorientamento che, nello sconfinato territorio dell’Antartide, può portare a conseguenze mortali.
2) La cecità da neve è una dolorosa patologia dell’apparato visivo che si verifica in seguito all’esposizione prolungata ai raggi UV.
Negli ambienti polari, ghiaccio e neve riflettono la componente ultravioletta della luce che, senza occhiali da sole o altre protezioni adeguate, colpisce ripetutamente la cornea fino a provocarne l’infiammazione.
I sintomi includono una sensazione fastidiosa negli occhi, occhi iniettati di sangue e la contrazione incontrollata delle palpebre.
Alle volte gli occhi si gonfiano a tal punto che è impossibile aprirli.
A rendere le cose ancora peggiori, la cecità da neve può insorgere anche quando la superficie della cornea gela o si asciuga a causa del vento secco dell’Antartide.
I due più grandi esploratori del Polo Sud furono Amundsen e Scott.
Il primo raggiunse il Polo Sud geografico per la prima volta nella storia dell’uomo. il secondo morì insieme ai propri compagni di spedizione dopo aver raggiunto qualche giorno dopo il medesimo obiettivo.
LA SPEDIZIONE DI ROALD AMUNDSEN AL POLO SUD (1912)
Amundsen nacque in Norvegia (vicino Oslo), il 16 luglio del 1872.
Prese parte ad alcune spedizioni nell’Artico e, tra un viaggio e l’altro, si diede da fare per perfezionare le proprie capacità con lo sci di fondo nel clima freddo e ostile della Norvegia settentrionale.
Nel 1898 Amundsen si imbarcò sulla nave Belgica per partecipare a una spedizione in Antartide.
La nave rimase intrappolata per quasi un anno nel mare di Bellingshausen, al largo della Penisola Antartica, condizione che rese l’equipaggio il primo a trascorrere un intero inverno nelle acque dell’Antartide.
L’inconveniente forgiò la tempra di Amundsen e servì per approfondire le sue conoscenze sugli effetti fisici e psicologici per i partecipanti a una spedizione così estrema, elementi che gli sarebbero tornati molto utili per le sue successive esplorazioni.
La vicenda della Belgica, che si concluse nel 1899, fece aumentare notevolmente l’interesse degli esploratori per l’Antartide aprendo un ciclo di numerose spedizioni verso la zona organizzate da Germania, Francia e Regno Unito.
Tornato in Norvegia, Amundsen parve però disinteressarsi al Polo Sud, dimostrandosi più interessato alla conquista dell’Artico e del Polo Nord.
Tra il 1903 e il 1906 portò a termine l’impresa di attraversare l’intricata e pericolosissima zona del Passaggio a Nordovest.
Nel novembre del 1908 Amundsen annunciò di aver organizzato una spedizione nell’Artico verso il Polo.
Disse che avrebbe utilizzato la Fram, la nave che aveva progettato apposta Nansen per resistere ai ghiacci e alle intemperie durante le proprie spedizioni.
I giornali pubblicarono articoli sulla conquista del Polo Nord da parte di due spedizioni, quella di Cook nell’aprile del 1908 e quella di Peary l’anno seguente.
I due si contendevano questo nobile primato, ma ad Amundsen non interessava, la sua preoccupazione era un’altra: con il Polo Nord già conquistato la sua missione sarebbe diventata marginale, di scarso interesse e più difficile da finanziare.
Quindi segretamente si mise al lavoro per cambiare radicalmente i suoi piani e occuparsi del Polo Sud.
Non disse nulla anche perché sapeva che l’esploratore britannico Robert Falcon Scott si stava preparando per la conquista dell’Antartide.
Dichiarare subito pubblicamente la nuova missione, inoltre, avrebbe spaventato qualche finanziatore e probabilmente il Parlamento avrebbe ritirato il proprio appoggio, nel timore di fare uno sgarbo al Regno Unito.
Amundsen confidò le sue nuove intenzioni a pochi intimi, tenendo all’oscuro il resto dell’equipaggio che sarebbe dovuto partire con lui per la missione.
Nell’agosto del 1910 la Fram salpò dalla Norvegia per raggiungere Madeira nell’Oceano Atlantico. L’imbarcazione era equipaggiata per affrontare le rigide temperature polari: furono caricate pellicce, pelli di foca e grandi quantità di cibo e alcolici, che all’occorrenza sarebbero serviti per disinfettare le ferite.
I cani da slitta sarebbero serviti per gli spostamenti, ma anche come risorsa per sfamarsi durante la traversata dell’Antartide.
E questa era forse la più grande differenza rispetto alla spedizione di Scott, che aveva scelto di usare slitte a motore.
Ai primi di settembre Amundsen decise infine di comunicare all’equipaggio il cambiamento dei piani: niente Polo Nord, avrebbero viaggiato verso sud fino all’Antartide.
L’annuncio sorprese tutti i membri della spedizione, ma nessuno decise di tirarsi indietro.
La notizia fece molto scalpore in Norvegia e non mancarono le critiche, per quello che in molti ritennero fosse un imbroglio.
Nel Regno Unito, dove ci si apprestava a seguire la spedizione di Scott, la notizia fu male accolta e aspramente criticata.
La Fram raggiunse la Baia delle Balene, quindi la zona ghiacciata della barriera di Ross ed entro la fine di gennaio 1911 l’equipaggio terminò la costruzione della Framheim, la base della spedizione. Mentre parte degli esploratori aveva costruito la piccola baita, il resto dell’equipaggio si era dato da fare per procacciarsi quantità sufficienti di cibo: circa 200 foche.
Il 3 febbraio quelli della Fram videro una nave in lontananza: era la Terra Nova di Scott di passaggio nella Baia delle Balene.
Una delegazione raggiunse la nave dei norvegesi per un pasto insieme, che fu poi ricambiato.
Nelle settimane seguenti per la spedizione di Amundsen iniziò il lavoro di esplorazione e collocamento dei depositi di cibo lungo il tragitto verso il Polo.
L’operazione consisteva nel caricare le slitte con viveri e strumentazioni, viaggiare per diversi chilometri lungo la Barriera e lasciare il materiale.
Questo sistema avrebbe poi consentito di partire più leggeri per la missione finale e di avere basi di appoggio per ogni eventuale problema.
Il 21 aprile il Sole tramontò per l’ultima volta sul Framheim per i successivi quattro mesi.
Era arrivato il lungo e buio inverno antartico.
Consapevole degli effetti di una lunga permanenza tra i ghiacci come era avvenuto sulla Belgica, Amundsen organizzò rigidamente il lavoro alla base per tenere gli uomini sempre occupati ed evitare malumori.
Il lavoro non mancava mai: c’erano da sistemare le slitte, bisognava accudire i cani, fare manutenzione e occuparsi delle pelli e delle pellicce per proteggersi dal freddo.
I giorni passavano e man mano che si avvicinava la primavera, Amundsen diventava sempre più ossessionato dal timore di arrivare secondo al Polo, battuto in velocità da Scott e dalle sue slitte a motore.
Il 24 di agosto, quando un primo timido Sole si rifece vivo all’orizzonte, decise di partire nonostante le critiche di uno dei suoi compagni di viaggio, Hjalmar Johansen, che gli fece notare quanto fosse ancora troppo freddo per tentare la conquista con temperature intorno ai -58 °C.
Amundsen si convinse a rimandare di qualche giorno e infine partì con la sua squadra l’8 di settembre, con -27 °C.
Inizialmente le cose andarono abbastanza bene: i cani erano in forma e trainavano veloci le slitte sul ghiaccio consentendo di coprire una media di 15 chilometri al giorno.
Le condizioni ambientali peggiorarono nei giorni seguenti con temperature intorno ai -56 °C. Dormire di notte era quasi impossibile e ad alcuni cani si gelarono le zampe.
Amundsen si rese conto di aver fatto un errore e decise di fare ritorno alla base per non mettere ulteriormente in pericolo i suoi uomini e i cani.
Lasciò parte dell’equipaggiamento in uno dei depositi lungo la strada per muoversi ancora più velocemente con le slitte.
Il 16 settembre raggiunse il Framheim con un primo gruppo di uomini, mentre Johansen arrivò diverse ore dopo perché era rimasto indietro.
Accusò Amundsen di averlo punito lasciandolo indietro.
Tra i due ci fu un litigio e Amundsen, preoccupato dall’episodio, decise di non portare più con sé Johansen per la conquista del Polo.
Per non correre altri rischi, Amundsen si rassegnò ad attendere che le temperature diventassero meno rigide.
Partì il 19 ottobre con altri quattro uomini e 52 cani per trainare le quattro slitte della spedizione. Dopo circa un mese di viaggio a tappe forzate, il gruppo raggiunse il margine della Barriera e iniziò ad affrontare la sfida più difficile della spedizione: l’attraversamento dei monti Transantartici, la catena montuosa che divide l’Antartide occidentale da quella orientale con elevazione massima oltre i 4.500 metri.
Non poche furono le difficoltà con continui cambi di percorso, crepacci e nevai profondi che mettevano a dura prova la resistenza dei cani.
Raggiunsero una cresta del ghiacciaio a 3.200 metri e si preparano per l’ultima fase del tragitto verso il Polo Sud.
I cani da una 50ntina si erano ridotti diventando meno della metà: alcuni erano morti stremati o per congelamento, altri erano serviti per sfamare il gruppo e i cani più in salute.
Amundsen decise di creare un nuovo deposito.
Vi lasciò parte della strumentazione e alcune carcasse di cane per il ritorno.
Il gruppo decise anche di abbandonare una slitta e di proseguire con tre, alleggerite per gli ultimi giorni di marcia.
All’inizio della seconda settimana di dicembre gli uomini superarono il punto dove era arrivata la spedizione di Ernest Shackleton due anni prima, conquistando un nuovo record per il punto più a sud della Terra mai raggiunto dall’uomo.
Il 13 dicembre arrivarono a 89° 45′ S, ad appena 28 chilometri dal Polo.
Alle tre del pomeriggio del giorno seguente, Amundsen e i suoi compagni di spedizione si fermarono: avevano raggiunto il Polo Sud.
Piantarono una bandiera della Norvegia a testimonianza della loro conquista e nei due giorni seguenti fecero decine di misure e rilevazioni per essere certi di essere arrivati nel posto giusto.
Vi piantarono una piccola tenda, lasciando al suo interno delle strumentazioni per Scott e una lettera indirizzata al re Haakon, con la preghiera per l’esploratore britannico di portargliela.
Recuperate le forze, il 18 dicembre la spedizione riprese il cammino verso il Framheim.
Amundsen aveva nuovamente premura: voleva arrivare il prima possibile per comunicare la riuscita della sua impresa, prima che Scott potesse fare altrettanto nell’ipotesi fosse riuscito a raggiungere il Polo dopo di lui.
Verso la fine della prima settimana di gennaio del 1912 raggiunsero il deposito lungo la Barriera e decisero di aumentare il numero di chilometri da coprire ogni giorno.
Alle quattro del mattino del 25 gennaio arrivarono al Framheim dopo un viaggio durato 99 giorni con 3.440 chilometri coperti tra andata e ritorno. Con loro c’erano 11 cani sopravvissuti sui 52 con cui erano partiti a ottobre e due delle quattro slitte.
Il 30 la Fram lasciò la Baia delle Balene facendo rotta verso la Tasmania dove vi arrivò dopo cinque settimane di viaggio.
Arrivati a terra, Amundsen predispose l’invio di alcuni telegrammi in Norvegia, per avvisare familiari, Nansen e il re del successo ottenuto.
La notizia si diffuse rapidamente in tutto il mondo. Amundsen ricevette le congratulazioni personali anche di re Giorgio V d’Inghilterra, che riconobbe il risultato ottenuto, mentre di Scott non si avevano ancora notizie.
LA MORTE DI ROBERT SCOTT AL POLO SUD (1912)
A circa un anno di distanza, nel febbraio del 1913, Amundsen venne a conoscenza della morte dell’esploratore britannico e dei membri della sua spedizione in Antartide.
I loro corpi erano stati ritrovati nel novembre del 1912 dopo la fine dell’inverno antartico.
Scott aveva raggiunto il Polo Sud il 17 gennaio del 1912, ma il viaggio di ritorno si rivelò estremamente difficile e il 29 marzo morì tra i ghiacci dell’Antartide.
Il destino sembrava essersi messo contro la spedizione fin dall'inizio.
Il 17 gennaio il luogotenente Henry Bowers, Edward Wilson, il sottufficiale Edgar Evans, il capitano Lawrence Oates e Robert Scott raggiunsero il Polo Sud, solo per scoprire che il norvegese Roald Amundsen li aveva battuti arrivando un mese prima di loro.
Infatti sul Polo Sud trovarono eretta una tenda.
Amundsen era stato molto accorto e aveva persino lasciato una lettera per Scott con una relazione del suo viaggio.
I Norvegesi avevano determinato esattamente la posizione del Polo e avevano indicato il suo punto con un pattino di slitta infisso nella neve.
Scott mise nella tenda un documento che dava notizia del suo viaggio e di quello dei suoi compagni; issò la bandiera inglese e quindi ripiegò per il ritorno.
Le condizioni del tempo e del terreno si fecero cattive e sempre peggiori e il cibo cominciava a scarseggiare in conseguenza del troppo tempo impiegato.
Il 17 gennaio erano stati al Polo ora incalzavano i giorni, le ore, dovendosi infatti coprire 1500 chilometri per raggiungere l'accampamento.
Le loro forze erano quasi esaurite e tuttavia non si poteva far altro che diminuire le razioni e proseguire la marcia.
Il gruppo si era messo dunque sulla strada del ritorno, ostacolato da terribili tempeste di neve.
La prima vittima, a metà febbraio, fu Evans, seguito il 17 marzo da Oates, che abbandonò di sua volontà i compagni consapevole del fatto che con i suoi geloni stava rallentando la marcia di tutti.
"Il povero Titus se n'è andato era in uno stato terribile. Il resto di noi continua a procedere e a immaginare di avere una possibilità di farcela, ma il clima gelido non molla".
Scott e i suoi compagni morirono a poche miglia dalla base che stavano cercando di raggiungere, bloccati da una tempesta di neve.
"Penso che la nostra ultima possibilità sia sfumata. Abbiamo deciso di non ucciderci, ma di lottare fino alla fine per arrivare alla base, ma grazie a questa lotta avremo una fine priva di dolore, perciò non ti preoccupare".
"Alla mia vedova, carissimo tesoro abbiamo grossi problemi e dubito che ce la faremo. Nelle brevi ore per il pranzo utilizzo quel poco di calore per scrivere lettere in vista di una possibile fine".
Negli anni seguenti, la vicenda dell’esploratore britannico mise in secondo piano l’impresa compiuta da Amundsen.
Molti non perdonarono al norvegese di aver mentito sulla sua effettiva meta prima della spedizione. Scott divenne l’esempio positivo dell’uomo che rischia giocando seguendo le regole, Amundsen quello di chi ottiene risultati con l’inganno.
Dopo dispute e diatribe, la maggior parte degli esperti concorda ormai nel dire che Amundsen aveva preparato meglio la propria spedizione, con uomini capaci e determinati.
Scott comunque fu sicuramente meno fortunato.
LA MORTE DI AMUNDSEN NEL MARE DI BARENTS (1928)
Terminata l’impresa in Antartide, Amundsen tornò alla sua passione iniziale per il Polo Nord.
Il 12 maggio del 1926 lo sorvolò a bordo del dirigibile Norge.
Morì in missione, nel 1928, nelle acque del mare di Barents, mentre cercava di andare in soccorso di un’altra spedizione di Nobile.
Il suo corpo non fu mai ritrovato e nemmeno i rottami dell’aereo che lo stava trasportando.
Uno dei crateri nel polo meridionale della Luna si chiama Amundsen.
Poco più in là, alla giusta distanza, c’è anche quello di Scott.
RICHARD EVELIN BYRD SORVOLA IL POLO SUD (1929) E L'OPERAZIONE HIGHJUMP (1946)
L’Ammiraglio della Marina Americana Richard Evelin Byrd è stato tra i più noti esploratori antartici.
Nel 1926 tentò di sorvolare il Polo Nord e dichiarò di averlo raggiunto, non riuscendo però a portare valide prove della sua affermazione.
Nel 1928, organizzò la prima spedizione nell’Antartico con due navi e tre aerei, riuscendo a sorvolare il Polo Sud il 29 Novembre 1929, primo nella storia umana.
La più importante spedizione antartica fu la quarta, l’Operazione Highjump.
Nel 1946, il Segretario della Marina Forrestal organizzò la più imponente spedizione Antartica mai realizzata fino ad allora ed anche in seguito nessuna ha mai raggiunto l'imponenza dell'operazione Highjump, tanto da far pensare ad un'operazione militare.
C’era la portaerei Philippine Sea e 13 navi appoggio, con decine di aerei, idrovolanti, elicotteri.
I partecipanti erano più di 4500.
L'armada era divisa in tre gruppi, orientale, centrale e occidentale.
Il gruppo centrale giunse nel Mare di Ross il 30 dicembre 1946, e iniziò ad effettuare le esplorazioni previste.
La spedizione terminò bruscamente alla fine del febbraio 1947 e rientrò sei mesi prima della data prevista anche a causa di alcuni gravi incidenti tra cui la caduta di due elicotteri, senza conseguenze per gli equipaggi..
Il più grave avvenne il 30 dicembre 1946.
Dalla USS Pine Island partì per l'ennesima ricognizione fotografica uno dei sei idrovolanti Martin PBM-5A Mariner in dotazione, il George One, che dopo un pò di tempo, venne a trovarsi in una zona a visibilità zero urtando un iceberg.
Dallo squarciò fuoriscì il carburante e ciò ne provocò l'esplosione, evento non infrequente negli aerei di questo tipo.
Dopo lunghe ricerche, i superstiti vennero ritrovati dal George Two nel 1947.
Sei membri si erano salvati, tre erano morti.
L’11 Febbraio 1947 venne scoperta la cosiddetta oasi di Bunger, in quel giorno il comandante di un idrovolante PBM Mariner, David Eli Bunger, dichiarò di aver visto uno spettacolo stupefacente: una grande zona scura di terra in mezzo ai ghiacci polari.
Gli uomini nella cabina di guida videro improvvisamente un punto scuro sopra l'orizzonte bianco ed, avvicinatisi, non poterono credere i loro occhi.
Avevano trovato una vera e propria oasi.
L’ammiraglio Byrd raccontò di essersi addentrato nei cieli di un territorio verdeggiante, un ambiente totalmente diverso da quello artico che ci si sarebbe aspettati.
A terra era possibile osservare una vegetazione lussureggiante e rigogliosa, tipica di territori con temperature medie molto superiori a quelle che caratterizzano il rigido clima polare.
Le osservazioni dell’ammiraglio non si limitarono alla sola flora: nel diario di bordo annotò di aver osservato un animale dalla stazza notevole, simile ai mammut dell’età preistorica, che si muoveva nella vegetazione sottostante.
Bunger ed i suoi, dopo aver controllato con attenzione la regione, fecero ritorno alla USS Pine Island per fare rapporto su ciò che avevano visto.
Vi tornarono successivamente e riuscirono ad ammarare in uno dei laghi.
L'acqua era dolce e calda per l'Antartide, circa 30°, e all'interno gli uomini trovarono alghe rosse, blu e verdi che davano ai laghi il loro colore caratteristico.
Il paesaggio sembrava vecchio di migliaia di anni, quando la terra emergeva dai ghiacci dell'ultima glaciazione, Byrd successivamente descrisse tale scoperta "di gran lunga la più importante", della spedizione.
Byrd decise per il 19 Febbraio 1947 di ripercorrere la rotta di Bunger.
Come d’abitudine prendeva appunti precisi e costanti sul diario di bordo.
Poco tempo dopo il volo di Byrd, l'intera spedizione rientrò in patria.
L’unico articolo in grado di spiegare il fenomeno fu quello del prestigioso quotidiano cileno El Mercurio di Santiago del 5 marzo 1947.
L'articolo di Lee van Atta riportava "che l'ammiraglio Richard E. Byrd riferiva sull’importanza strategica dei Poli" dalla Mount Olympus.
Concludeva con la seguente dichiarazione: “L'ammiraglio Byrd ha dichiarato oggi che è di importanza fondamentale per gli Stati Uniti attuare misure difensive contro la possibile invasione del paese di mezzi aerei in partenza dai Poli.”
Secondo alcuni occultisti egli si riferiva in realtà ad UFO ed oggetti volanti non umani in grado di volare a grandissima velocità da un Polo all’altro, con cui era venuto in contatto.
Si trattava di un'operazione non geologica, come affermato, ma miliare, il cui scopo segreto era attaccare le Forze Naziste insediatesi segretamente in Antartide dopo la spedizione "Neuschwabenland" (Nuova Svevia)?
Nel 1949 il Segretario della Marina Americana Forrestal ebbe un collasso nervoso e fu trovato morto in quello che allora venne ritenuto uno strano suicidio.
Forrestal temeva che ci fosse in atto una cospirazione tesa al suo omicidio.
Le scoperte più importanti dell’ Operazione Highjump vennero, comunque, tenute nascoste.
Tutto venne confermato dalla figlia, Pauline Byrd, la quale asserì:
"Mio padre ha sempre tenuto accuratamente dei diari sui suoi viaggi e assolutamente un diario personale che manca.
Non è per caso quello che è stato ritrovato tra gli effetti personali, in possesso dell'Università dell'Ohio? Voglio sapere se questo presunto diario è il suo. Io penso che la Terra sia cava, ma non lo so. Sin da quando questo volo del Febbraio del 1947 non è stato svelato, la mia famiglia è stata esposta a molte minacce. Voglio sapere la verità!"
Byrd trascrisse le parti più importanti della spedizione tra le pagine bianche del suo diario del 1926, conservato successivamente, insieme a grandi quantità di altro materiale delle spedizioni polari di Byrd nel Polar Byrd Research Center dell'Università di Columbus, Ohio e lì scoperte da Goerler, capo archivista.
"Devo scrivere questo diario di nascosto e in assoluta segretezza. Riguarda il mio volo antartico del 19 febbraio dell'anno 1947. Verrà il tempo in cui la razionalità degli uomini dovrà dissolversi nel nulla, e si dovrà allora accettare l'ineluttabilità della Verità. Io non ho la libertà di diffondere la documentazione che segue, forse non vedrà mai la luce, ma devo comunque fare il mio dovere e riportarla qui con la speranza che un giorno tutti possano leggerla, in un mondo in cui l'egoismo e l'avidità di certi uomini non potranno più sopprimere la Verità.
Diversi anni dopo la sua scomparsa (avvenuta nel 1957 dopo aver sorvolato ancora una volta il Polo Sud), il diario di volo dell’ammiraglio Byrd venne reso pubblico permettendo a numerosi ricercatori di trovare risposte alle loro domande.
Nel diario di bordo, Byrd scrisse che il suo aereo fu affiancato da mezzi volanti sconosciuti che lo “costrinsero” ad un atterraggio forzato presso una base aerea non presente sulle mappe ufficiali. Sceso dal suo velivolo l’ammiraglio venne accolto con rispetto e premura da un personaggio autorevole che gli rivelò i motivi di quella “convocazione”.
L’uomo, descritto con tratti delicati e capelli biondi, rivelò a Byrd l’esistenza di una progredita civiltà negli ignoti territori del mondo sotterraneo, oltre all’esistenza di due aperture nei poli che permettevano l’entrata a tale regno.
Il misterioso interlocutore profetizzò a Byrd l’approssimarsi di nubi oscure sul futuro dell’umanità e chiese all’ammiraglio di farsi portavoce di tali rivelazioni.
Disse di essere molto preoccupato dei destini dell’umanità, soprattutto in seguito alla scoperta e all’utilizzo delle armi nucleari durante la II° Guerra Mondiale.
Nonostante il compito di diffondere tali avvertimenti, l’ammiraglio Byrd non poté assolvere la missione assegnatagli in quanto fu obbligato al silenzio da parte dei suoi superiori.
I racconti dell’ammiraglio Byrd sono una pietra miliare per chiunque si interessi al tema della “Terra Cava”.
Tale mito è presente nei testi sacri delle più antiche culture orientali e medio-orientali dove non sono rari i racconti di contatti tra gli uomini e gli abitanti del regno presente nelle viscere della Terra.
La tradizione buddhista tibetana descrive il regno di Agarthi e la sua mitica capitale Shambhala.
Secondo tale credenza a capo del regno sotterraneo vi è il Re del Mondo, che risiede nel Tempio della Scienza Sacra e al cui comando vi sono gerarchie di esseri celesti provenienti dalle stelle.
Essi governano ed influenzano l’andamento delle vicende umane che avvengono in superficie presiedendo all’evoluzione della nostra specie.
Negli antichissimi testi Uphanishad, appartenenti alla tradizione indiana, si narra del regno di Agarthi e del suo divino sovrano, chiamato Sanat Kumara, anch’esso al comando di una legione di esseri divini discesi in un’isola del mare di Gobi (oggi deserto di Gobi) a bordo di un’astronave fiammeggiante proveniente dalla stella bianca di Sirio.
L’ultima apparizione in superficie del sovrano del regno di Agharti risalirebbe al 1923 in India, quando si manifestò agli occhi degli increduli spettatori assiso su di un meraviglioso trono trainato da elefanti bianchi.
Nel suo tragitto benediceva la folla recando in mano il simbolo di una mela d’oro sormontata da un anello sul quale era inciso un simbolo ben conosciuto da tutti: la svastica.
Il leggendario regno sotterraneo di Agarthi si configurerebbe dunque come la dimora terrena di popoli che visitarono i nostri cieli, con i loro prodigiosi mezzi volanti, nella notte dei tempi.
Si tratterebbe della centrale di coordinamento della loro presenza sulla Terra, il centro logistico della loro missione sul nostro pianeta.
Sebbene possa apparire una semplice credenza mitologica, confutata dalle attuali conoscenze scientifiche, la teoria che la Terra possa ospitare al suo interno una civiltà a noi sconosciuta rimane un’idea affascinante che non ha mancato di interessare, nel corso della storia, scienziati che vi hanno dedicato anni di ricerca e di studi.
SIR EDMUND HILLARY E I TRATTORI IN ANTARTIDE (1958)
L’impresa di Sir Edmund Hillary fu quella di raggiungere per primo il Polo Sud a bordo di tre trattori Ferguson nel 1958.
In generale fu il terzo uomo a mettere i piedi sul Polo Sud dopo appunto Amundsen e Scott.
Neozelandese nato ad Auckland nel 1919, morirà nel 2008 all'età di 88 anni.
Tra le altre sue imprese quelle dell'Everest e dell'Himalaya.
L'ATTRAVERSATA SENZA MEZZI MOTORIZZATI ED ANIMALI: MESSNER E FUCHS (1989)
Nel 1990 Reinhold Messner ed Arved Fuchs sono i primi uomini ad attraversare l'Antartide a piedi e con gli sci, passando per il Polo Sud, senza l'ausilio di mezzi motorizzati o animali (in imprese precedenti erano stati utilizzati i cani da slitta).
Cento giorni senza cani, senza motoslitte, senza il supporto di rifornimenti aerei, con viveri ed equipaggiamento ridotti al minimo: è la traversata a piedi perpetrata da Reinhold Messner ed Arved Fuchs.
Un viaggio contro il tempo, per arrivare prima della lunga notte dell' inverno antartico.
Come detto non era mai stata tentata prima di allora la traversata a piedi dell' Antartide.
Partiti dalla punta estrema del Cile, Messner e Fuchs vengono lasciati da un aereo ai margini della Barriera di Ronne, sulla costa antartica settentrionale: la meta, distante 3372 chilometri, sarà la Barriera di Ross, dall' altra parte dell' Antartide.
Il tutto con una slitta da trascinare a mano, usata per trasportare i viveri, poi sci ai piedi e cibo liofilizzato.
Le cattive condizioni atmosferiche impediscono il volo, la partenza viene rinviata a tal punto da rendere necessario un ridimensionamento del progetto.
Alla fine, il 13 novembre 1989 iniziano la traversata sulla costa occidentale antartica, cioè circa 500 km più all’interno del tavolato di Ronne.
Sono previsti due punti di rifornimento, il primo tra i monti di Thiel, il secondo al Polo Sud, presso la base americana.
Questa viene raggiunta il 31 dicembre.
Il 13 febbraio 1990 arrivano alla base di Scott, dopo aver percorso 2800 km in 92 giorni.
Ognuno di loro era dotato di due vele, di diversa dimensione, del tipo di quelle da parapendio.
Le slitte erano trainate tramite una specie di barra a manubrio collocata all’altezza delle anche. Avevano alimenti per poco più di 4000 KCal al giorno (il doppio di quante ne consuma un individuo normale).
I cibi erano suddivisi in sacchetti giornalieri che contenevano, ben riconoscibili, le diverse confezioni per la colazione, per la merenda e per la cena.
In mancanza a quel tempo del telefono satellitare, solo l’apparecchio Argos riferiva la loro posizione serale, giorno per giorno.
Un particolare assai importante è raccontato da Messner, raggiunto Gateway, il punto in cui termina il continente sul Mare di Ross, Fuchs voleva a tutti i costi interrompere.
In fin dei conti il continente era stato traversato.
Messner invece voleva raggiungere il mare, 700 km più a nord.
A parte i costi supplementari di un recupero aereo non previsto, Messner sentiva che la loro impresa non avrebbe avuto corpo se non concludendola al mare, in una base abitata.
L'ATTRAVERSATA SENZA SUPPORTI MECCANICI E LOGISTICI DI BORGE OUSLAND (1997)
La sfida di traversare l’Antartide senza supporto né meccanico né logistico, da costa a costa via Polo Sud, fu raccolta nel 1995 da Børge Ousland che però, dopo essersi rifornito alla base statunitense, dovette comunque abbandonare per congelamenti.
Nella stagione seguente 1996-97, completò la traversata da solo senza ricevere alcun rifornimento. Cominciò il 15 novembre da Berkner Island nel Mare di Weddel e raggiunse la base McMurdo sul Mare di Ross il 17 gennaio.
Aveva impiegato 64 giorni e coperto un distanza di 2845 km, con temperature fino a –56° e con una slitta dal peso iniziale di 178 kg.
Nel 2001 Mike Horn compie la sua traversata in solitaria dell’Artico: 20.000 chilometri e 20 mesi di viaggio a temperature comprese tra i -15 e i -70 gradi centigradi.
L'ATTRAVERSATA SOLITARIA E' FATALE A HENRY WORSLEY (2016)
Nel 2016 ad Henry Worsley è fatale il tentativo di completare l'attraversata (a piedi) in solitaria del Polo Sud.
Dopo 71 giorni di cammino (degli 80 previsti) di cui 1469 km senza alcun aiuto con temperature di -44°, l'allora 55enne esploratore inglese si è dovuto arrendere chiamando i soccorsi.
Esausto e disidratato, l'ex tenente colonnello dell'esercito britannico è stato trasportato all'ospedale Clinica Magallanes di Punta Arenas, in Cile, ma le sue condizioni erano ormai compromesse.
A causarne il decesso è stata una peritonite batterica che ha danneggiato diversi organi interni.
Worsley aveva cominciato il suo viaggio a novembre e sarebbe stato il primo uomo a completare la traversata dell'Antartico in completa solitudine.
L'iniziativa, oltre ad ispirarsi alla spedizione mai finita di Ernest Shackleton, stava raccogliendo denaro da destinare a un’organizzazione che aiuta i reduci di guerra.
Nel suo ultimo messaggio dall’Antartide, Worsley aveva comunicato: "Il progressivo crollo della mia resistenza fisica, alla fine, oggi mi ha presentato il conto, ed è con tristezza che dichiaro finito questo viaggio. Così vicino alla mia meta".
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