Siamo nel 1872, il calcio stava nascendo in Inghilterra.
La partita è Inghilterra-Scozia.
Inglesi schierati con l'1-1-8 e scozzesi più "prudenti" con il loro 2-2-6.
Ebbene si, 22 giocatori in campo e ben 14 attaccanti.
Era un altro calcio, un calcio se vogliamo degli e per "aristocratici", praticato soprattutto a Sud dell'Inghilterra.
Nessuna tattica, tanti giocatori in avanti e classico dribbling game: non esistevano (o comunque erano rari) i passaggi.
Questo almeno in Inghilterra, in Scozia c'era un abozzo di passing football.
Le squadre aristocratiche che dominavano ai tempi erano: Wanderers, Old Etonians, Oxford
University, Royal Engineers ed Old Carthusians.
Nativo di Glasgow, George Burrell Ramsay arrivò a Birmingham giovanissimo, e mentre assisteva ad una partita del neonato Aston Villa notò come il gioco fosse assai poco raffinato: invitato a partecipare, mostrò tali qualità tecniche da impressionare gli entusiasti ma rozzi compagni, che lo invitarono a restare con loro.
Era il 1874.
Ramsay fu prima giocatore del Villa, poi manager e infine segretario: da calciatore fu il regista della squadra, introducendo i compagni a un gioco corale e composto da tanti passaggi che stupì il resto d'Inghilterra, mentre da allenatore guidò il club nei suoi anni migliori, conquistando 6 campionati e 6 coppe nazionali.
Altra squadra inglese che seguiva queste orme erano i Wanderers.
Fedeli al proprio nome non solo gli Wanderers non ebbero mai un proprio stadio, giocando di volta in volta dove meglio gli aggradava, ma portarono anche il verbo del pallone in lungo e largo per l’Inghilterra, istruendo le popolazioni che incontravano nel loro cammino e assicurandosi che in ogni dove germogliasse lo spirito del football.
Conquistatori della prima edizione della FA Cup, i “vagabondi” di Alcock si ripeterono in quattro occasioni, laureandosi così miglior squadra del Paese in un tempo in cui il campionato era ancora soltanto un’idea, ben 5 volte nei primi 7 anni.
Insieme alla nazionale scozzese, forse il primo club a sviluppare un abozzo di gioco collettivo fu il Royal Engineers: si trattava di soldati che con grande coordinazione si occupavano di allestire i macchinari e di occuparsi dei territori minati.
Fu forse proprio metodo militare, l'aiutarsi uno con l'altro a sviluppare questo nuovo modo di giocare.
I numerosi scozzesi che facevano parte del corpo avevano portato il proprio stile basato su rapidi passaggi corti e una difesa più o meno organizzata ed affinato grazie alle lunghe ore trascorse insieme dai giocatori durante la leva e dallo spirito marziale proprio dell’esercito, e questo portò i Royal Engineers sul tetto d’Inghilterra nel 1875, quando conquistarono la loro prima e unica FA Cup.
JACK HUNTER E LA PIRAMIDE DI CAMBRIDGE: 2-3-5
La prima evoluzione fu data dal Blackburn Olympic che si schierava con quello che poi diventerà modulo convenzionale dell'epoca, ovvero il 2-3-5 o detto "Piramide di Cambridge".
Portiere, 2 terzini, 3 mezze punte (o comunque uno dei tre, faceva da regista se vogliamo) e 5 centravanti.
Sotto certi versi, questo nuovo approccio suona più prudente ma in realtà non era molto diverso, almeno in apparenza, a quelle origini.
Al difensore solitario, n'era stato aggiunto un altro e al posto di schierarne 8 in avanti, 3 stavano appena più dietro le 5 punte.
Questo modulo nacque nell’Università di Cambridge, messo appunto per sfidare nel tradizionale varsity match gli eterni rivali di Oxford, decisamente più forti nei fondamentali.
Il battesimo di questa nuova tattica avvenne in occasione della finale della Coppa del Galles datata 30 marzo 1878 che vide il Wrexham superare i fortissimi Druids: “il suo capitano e terzino, Charles Murless, un agente immobiliare del luogo, decise di arretrare E.A. Cross dalla linea d’attacco, a quanto pare perché riteneva che la velocità del centravanti che rimaneva, John Price, fosse sufficiente per coprire qualsiasi mancanza risultante in attacco”.
Era del resto diventato evidente, a chi non affrontava il calcio con il paraocchi della tradizione tipica dei nobili del sud, che il gioco andava evolvendosi sempre più verso un concetto di squadra, di strategia e di gioco corale.
Cioè che in poche parole si passasse dal dribbling game (pur con qualche accenno di passaggi) ad uno stile più moderno, e questo avvenne nel 1883: mentre infatti in Scozia il Dumbarton conquistava la coppa nazionale sconfiggendo il ben più quotato Vale Of Leven, altrettanto avveniva in Inghilterra grazie al Blackburn Olympic di Jack Hunter.
Quest’ultimo era stato un notevole terzino del movimento calcistico del nord del Paese, e arrivato a indossare la maglia della Nazionale aveva visto con i suoi occhi la superiorità del gioco sui passaggi praticato dagli scozzesi e aveva deciso di trasferirlo nell’Olympic, la squadra che lo aveva ingaggiato quando era giunto al termine di un’avventurosa carriera come calciatore: le ultime stagioni da giocatore Hunter le impiegò per assemblare la squadra che avrebbe rivoluzionato il calcio.
Questo schema in fase difensiva garantiva maggiore compattezza di fronte agli attacchi avversari, con i due mediani laterali che potevano occuparsi delle ali lasciando al mediano centrale il compito di dare una mano ai difensori prendendosi cura del centravanti.
Allo stesso tempo, quando la squadra recuperava il possesso del pallone, spettava a questo giocatore fungere da fulcro del gioco: un po’ stopper e un po’ regista.
Velocità, corsa, resistenza, tattica.
Una delle miriadi di ragioni per cui i fans dell'Old Etonians (gli aristocratici citati all'inizio) avrebbero avuto per disprezzare quelli del Blackburn, era sicuramente l'approccio professionale alle partite.
Come detto l'Olympic stava perfezionando il passing football mostrato dalla Scozia nei vari match contro l'Inghilterra, sotto l'allenatore Jack Hunter.
Quest'ultimo introdusse anche diete, sessioni di allenamento per migliorare velocità e fisico.
L'Old Etonians, aveva vinto ben due edizioni della FA Cup ma con l'avvento dell'Olympic erano iniziate ad arrivare anche sonore scoppole...anche se sino all'anno prima (1882) erano riusciti a battere l'altra squadra di Blackburn: i Rovers.
Ma contro l'Olympic era diverso: i loro giocatori erano in forma, veloci e avevano un piano partita.
Per dirla in parole povere, l'Old tirava calci agli avversari e praticava il classico dribbling game, invece l'Olympic il suo veloce passing football.
Giocando in questo modo e unendo a questo una preparazione fisica mirata assolutamente inedita all’epoca, i Blackburn Olympic si fecero largo tra avversari ben più forti, giungendo fino in finale e qui sconfiggendo gli aristocratici Old Etonians di Lord Arthur Kinnaird, in una gara che avrebbe cambiato il calcio per sempre: mai prima di allora una squadra giunta fuori da Londra aveva vinto la FA Cup, mai lo aveva fatto una squadra popolare, sorta senza alcun legame con public schools e università.
Il Blackburn Olympic fu la prima squadra del Nord dell'Inghilterra a vincere la FA Cup nel 1883 e fu anche il primo club a riuscirci con soli giocatori inglesi.
Due furono i convocati nella nazionali inglesi: James Ward e Tommy Dewhurst (che però non vedrà mai il terreno di gioco ed anzi verrà escluso dalla squadra perchè coinvolto in una mega rissa contro il Northwich Victoria).
La squadra poi verrà dissolta per problemi economici e in FA Cup inizierà il dominio dell'altra squadra della città: i Blackburn Rovers (che vinceranno 5 FA Cup nei successivi 9 anni).
Fin dai suoi albori il calcio fu in continua evoluzione dal punto di vista tattico: il primo modulo riconosciuto, paragonabile oggi ad un 2-3-5, fu praticato in modo vincente ad alti livelli dal Blackburn Rovers capace di vincere ben 5 volte la Coppa d'Inghilterra dal 1884 al 1891, con addirittura 3 vittorie consecutive.
L'allenatore dei Rovers fu Thomas Brown Mitchell uno dei primi manager a tutto tondo che il calcio ricordi: scozzese di Dumfries, con la sua sagacia tattica confermò che se era vero che gli inglesi avevano inventato il calcio erano gli scozzesi ad averlo compreso e codificato.
Dopo essersi imposti per due volte sconfiggendo in finale il Queen's Park di Glasgow (a riprova del dominio scozzese negli anni '80 del XVIII° Secolo, confermato anche dalle vittorie dell'Aston Villa del duo scozzese Ramsay-Hunter) i Rovers vinsero il terzo trofeo consecutivo sconfiggendo il West Bromwich Albion nel 1886 e ricevendo per questa "tripletta" un vassoio d'argento dalla Football Association.
Mitchell rimase 12 anni sulla panchina dei Rovers (vincendo altre due FA Cup) per poi passare al Woolwich Arsenal, il moderno Arsenal FC, di cui è considerato il primo manager di sempre.
Anche il Preston North End degli “invincibili” di William Suddell, capace di vincere il primo campionato inglese e la FA Cup nella stessa stagione senza subire alcuna sconfitta, utilizzò questa tattica.
Ok, il calcio stava cambiando e sempre più squadre stavano utilizzando il nuovo schema ma ai tempi, semplicemente, il Preston lo faceva meglio di chiunque altro.
Anche i club ostili di Londra, dovettero adattarsi, non solo allo stile di gioco ma anche ad allenamenti e quindi ad un qualcosa di più professionale.
Il successo del Tottenham nella finale della FA Cup 1901 (primo successo londinese dal 1882), dimostrò che il club di Non League (serie inferiori) aveva adottato con successo lo stile di gioco.
I vecchi tradizionalisti dovettero riflettere molto su quest'evento.
WILLIAM GARBUTT E JIMMY HOGAN
Mentre l'inglese William Garbutt portava il calcio in Italia partendo dalle basi ed insegnando i fondamentali, introducendo sistemi di allenamento innovativi (i pali in fila sul campo che i giocatori dovevano superare palla al piede scartandoli senza farli cadere, o i palloni appesi a una corda e tirati sempre più su per addestrare gli atleti all'elevazione e al colpo di testa) e cementando il gruppo...
fu invece Jimmy Hogan, a diffondere l'insegnamento del calcio in vari paesi europei.
Garbutt utilizzava come modulo il Metodo: 2-3-2-3 (o detto anche WW).
Questo sistema di gioco era nato grazie a Vittorio Pozzo ed era un modulo di gioco molto più difensivo rispetto alla piramide di Cambridge.
Garbutt non disdegnava il lancio lungo (long ball): i difensori effettuavano lanci lunghi con la folta schiera di attaccanti che si avventava sulla palla.
L'esigenza di un nuovo sistema di gioco (cioè dalla Piramide al Metodo, era dovuto alla nuova regola del fuorigioco: si era passati da 3 giocatori a 2. Cioè inizialmente bastava che 1 difensore salisse per mettere gli avversari in fuorigioco, poi si è passati a 2).
Jimmy Hogan era nato nel 1888 in Inghilterra, nel Lancashire, secondo dei tredici figli di un mugnaio cattolico irlandese, e aveva giocato in parecchi club: Nelson, Swindon, Fulham, Burnley e Bolton, ricavandone una buona fama.
Subito dopo se ne era andato in Olanda ad allenare il Dordrecht, poi era tornato in Inghilterra, al Fulham.
Tornava periodicamente in patria, ma la sua meta preferita era l'Austria, e qui per sua sfortuna si trovava allo scoppio della prima guerra mondiale.
Venne internato, ma la sua pratica del pallone nel campo di prigionia gli valse la libertà.
Fu rilasciato a condizione che continuasse in Ungheria il suo lavoro di allenatore e ne facesse regolare periodico rapporto alla polizia.
I metodi di gioco di Hogan erano stati maturati dalla“scuola scozzese”, incentrata su veloci passaggi e un continuo scambio di posizioni in campo, questo modulo di gioco stava aprendo le porte al sistema.
Ad ogni modo Hogan utilizzava ancora il 2-3-5, il suo credo era "più teniamo noi la palla e meno gli avversari possono farci del male".
HERBERT CHAPMAN E IL SISTEMA (WM)
Il nome di Herbert Chapman è notoriamente associato all’Arsenal.
Eppure i suoi primi successi sono da ricercare alla guida dell’Huddersfield Town, club nel quale era giunto nel 1921 come segretario e che dall’anno successivo lo vide protagonista come allenatore.
Chapaman fu capace di forgiare in poco tempo una squadra rivoluzionaria e fortissima, la prima capace nell’impresa di vincere tre campionati consecutivi dal 1924 al 1926: un record da allora raggiunto da altri tre club ma mai superato.
Nonostante l’ultimo di questi trionfi fosse avvenuto l’anno successivo alla partenza del tecnico per Londra, l’Huddersfield patì oltremisura l’addio di Chapman e dopo due secondi posti consecutivi si allontanò sempre più dalle posizioni di vertice prima e dal calcio che conta.
Questi successi giunsero con il "Sistema" il cui scopo era di creare un’alternativa più offensiva al “Metodo” che si stava sviluppando parallelamente in Italia e nell’Europa Centrale; questa disparità di vedute, piuttosto netta, la potremmo definire la prima vera disputa tattica della storia del calcio.
Il coach britannico accolse con vivo interesse l’apparentemente banale suggerimento del suo difensore Charlie Buchan: perché non far retrocedere il centromediano in posizione difensiva per far fronte alla superiorità numerica in attacco che la nuova regola del fuorigioco favoriva?
In questa maniera i due terzini vennero spostati sulle fasce ad occuparsi della ali avversarie mentre il centromediano passò dal centrocampo alla difesa e gli furono assegnati compiti di marcatura sul centravanti avversario: era nato lo stopper, e soprattutto era pronto l’antenato “ufficiale” del 3-4-3, un 3-2-2-3 che in campo assumeva la forma di una WM dall’alto.
In attacco, i due “inside forwards” (che nella piramide giocavano affiancati ai tre attaccanti e nel “Modulo” avevano il compito di scompaginare gli equilibri difensivi avversari) divennero degli autentici rifinitori, pronti ad ispirare i finalizzatori d’area di rigore.
Comunque la differenza sostanziale tra il WM di Chapman e il Metodo di Pozzo era nella zona difensiva del campo.
Pozzo optava per 2 difensori centrali messi proprio di fronte il portiere ed altri 3 giocatori messi davanti a loro, di cui quello in mezzo a tale trio dava qualità sia in attacco che in difesa facendo da perno difensivo.
Chapman, invece, schierava 3 difensori di cui il centrale svolgeva il ruolo di impostare il gioco dalla difesa.
I 4 centrocampisti sono stati cruciali per il piano di gioco di Chapman in quanto partecipavano sia alla fase difensiva che offensiva: andando avanti ed indietro per il campo.
Il Metodo di Pozzo era un adattamento più difensivo del 2-3-5 rispetto al WM di Chapman WM, i 2 centrali per Pozzo dovevano marcare a uomo le punte avversarie, i 3 avanti invece ostacolavano le ali avversarie (quindi si trattava quasi di una difesa a 5).
Era essenzialmente un formazione basata su solide fondamenta difensiva che tentava di ostacolare il gioco degli avversari.
Il WM era più offensivo, dato che Chapman prevedeva giocatori che facessero entrambe le fasi.
Questo modulo di gioco più spregiudicato (almeno rispetto al Metodo in voga in Italia e nell'Europa Centrale) divenne la regola in Inghilterra.
Anche se c'era qualche eccezione come Charlie Spencer, che svoltò il 2-3-5 dei primi del 900 in un 3-2-5 elastico e trasformabile in un 3-3-4.
Spencer allenò Wigan, Grimsby Town e York City.
Da citare anche Fred Pentland che portò tra anni 20 e 30 il "passing football" in Spagna.
Altri quali lo scozzese William Jeffrey che guiderà la nazionale americana schierava un 2-3-4-1.
Walter Winterbottom, molto old school, come commissario tecnico dell'Inghilterra ai mondiali del 1954 scelse il 2-3-5.
THE REVIE PLAN
Il Piano Revie fu un sistema tattico utilizzato negli anni '50 in Inghilterra da Les McDowall, allenatore del Manchester City.
In realtà non fu lui ad "inventare" il sistema.
Il sistema venne chiamato così perchè Don Revie ebbe il ruolo più importante in esso.
Nel 1953, la nazionale inglese era stata battuta 6-3 a Wembley dall'Ungheria.
Il piano Revie probabilmente fu una variazione delle tattiche usate dai magiari (secondo Ken Barnes non fu così), dove Don Revie tornava dietro giocando in una posizione insolita per lui.
Revie retrocedeva centralmente in profondità per ricevere la palla, portando il difensore centrale fuori posizione.
Il sistema è stato implementato in primis dalla squadra riserve del Manchester City, che rimase imbattuta nelle ultime 26 partite della stagione 1953/54.
Prima dell'inizio della stagione 1954/55, il Manchester City chiamò la sua squadra in precampionato con due settimane di anticipo per provare la nuova tattica.
L'esordio fu amaro (5-0), ma i giocatori in seguito si abituarono al sistema ottenendo buoni successi. Utilizzando questo sistema di Manchester City raggiunse la finale di FA Cup 1955, perdendo però 3-1 contro il Newcastle United.
L'anno successivo il City raggiunse di nuovo la finale dove batterono 3-1 il Birmingham City.
Secondo Ken Barnes, questa tattica non solo non derivava dagli Ungheresi ma nacque anche quasi casualmente:
"Johnny Williamson era un Inside Forward che giocava a tutto campo: s'inseriva in attacco in profondità e poi tornava dietro nella sua metà-campo in linea quasi con i difensori.
Essendo un giocatore d'attacco quando Johnny ritornava indietro, gli avversari non sapevano come comportarsi.
Io invece mi spingevo in avanti, cercando di sfruttare la confusione che si era creata negli avversari.
Tradizionalmente una mezz'ala era vista, in primo luogo, come difensore.
Con questo sistema io potevo fare ciò che sapevo fare meglio.
Difensivamente parlando non ero granchè ma in avanti come attaccante sapevo il fatto mio.
Se devo essere onesto, il sistema nacque più per caso che per pianificazione.
Johnny inizialmente venne messo centravanti per via di un infortunio.
Abbiamo adottato questo sistema prima degli Ungheresi, anche se McDowall vedendoci giocare così con le riserve, lo considerava senza senso.
E disse anche che giocando così non l'avremmo mai fatta franca in prima divisione"
BILL NICHOLSON E IL 3-3-4
Bill Nicholson allenò il Tottenham tra il 1958 e il 1975 promettendo una squadra offensiva, se è possibile ancor più della famosa Ungheria che aveva battuto a Wembley l'Inghilterra.
Il modulo che Nicholson utilizzava era basato più o meno sul 2-3-3-2 della grande Ungheria, con la differenza che al posto del trequartista dietro le due punte, Nicholson utilizzava un altro centravanti per quello che era un line-up molto offensivo.
Più propriamente si trattava di un vero e proprio 3-3-4.
La sua prima scelta a centrocampo prevedeva la presenza fisica di Dave Mackay, l'astuzia e la creatività di Danny Blanchflower, infine la velocità e concretezza di John White.
Avanti a questi c'erano le due ali Cliff Jones e Terry Dyson, con Bobby Smith e Les Allen.
Ma la formazione era abbastanza flessibile, potendosi trasformare in un 3-4-1-3 o addirittura in un 3-5-1-2.
Quel Tottenham fu una formazione difficilissima da affrontare, in patria come in Europa.
Basti dire che vinsero una Coppa delle Coppe umiliando 5-1 l'Atletico Madrid nel 1963, vinsero anche una Coppa UEFA nel 1972.
Nicholson disilluso per via del fenomeno sempre più crescente dell'Hooligalismo, di lì a poco abbandonerà il Calcio.
ALF RAMSEY E IL 4-1-3-2 OPERAIO
Un manager che aveva deciso di poter fare a meno delle ali era Alf Ramsey, nominato responsabile del modesto club inglese dell' Ipswich Town nel 1955.
Per lui nessun giocatore deve godere di trattamenti speciale, loro erano tutti, lui compreso, soltanto parti di un bene superiore.
Se infrangevi le regole che Ramsey aveva messo in atto, professionalmente o caratterialmente, rischiavi di essere messo da parte senza se e senza ma.
Nessuno avrebbe fatto eccezione, ipoteticamente neppure il più grande giocatore al mondo.
Basti ricordare quando in un pre-tour del 1964 Jimmy Greaves, Bobby Moore e Bobby Charlton vennero mandati a casa.
Non importava che fossero tre dei protagonisti in Inghilterra e in Europa.
Ramsey prima della sua nomina chiese il controllo totale, quasi a livello dittatoriale.
Già ad Ipswich non giocava con le ali tradizionali, principalmente per la loro scarsa attitudine difensiva.
Come Herrera, Ramsey credeva che la solidità della squadra fosse data dalla difesa.
E pensando ad ali quali Tom Finney e Stanley Matthews (tra gli altri), per il calcio inglese fu una discreta rivoluzione.
Ramsey da giocatore era un terzino destro e giocò nel famoso 3-6 subito dall' Ungheria nel 1953, dove il suo "partner" sul lato destro era Matthews uno che non aveva tra le sue doti quelle difensive,
lasciando irrimediabilmente la retroguardia inglese esposta e vulnerabile.
Ramsey cercò di giocare con un 4-4-2, optando per Alan Ball e Martin Peters come esterni: due in grado di ripiegare indietro e contemporaneamente aiutare i due attaccanti.
Ma il mondiale 1966 venne iniziato con il 4-3-3, anche se in seguito divenne un 4-1-3-2 con Geoff Hurst e Roger Hunt più Bobby Charlton.
Alla stella Bobby Charlton era richiesto di giocare più profondo e creare un collegamento tra attacco e centrocampo (il modulo può essere letto anche come un 4-1-2-1-2).
Fondamentalmente, Nobby Stiles fu spostato indietro agendo come centrocampista difensivo.
La creatività di Alan Ball, così come le capacità difensive di Bobby Moore diedero solidità ed impostazione da dietro alla squadra.
L'altro difensore centrale, Jack Charlton, non era di certo il più talentuoso del paese ma grazie alla sua stazza formava una coppia formidabile con Moore (sempre freddissimo e bravissimo nell'intercettare passaggi e cross avversari.
Come detto Stiles messo davanti alla difesa fu un colpo da maestro di Ramsey, forse fu proprio questa mossa a permettere all'Inghilterra di vincere il torneo.
Infatti l'Inghilterra iniziò con uno 0-0 contro l'Uruguay, subissata dai fischi dei tifosi.
L'Inghilterra era stata prudente, l'Uruguay ancor di più con tutti i giocatori dietro la palla.
Ramsey, tuttavia, fu felice del risultato e della prestazione, dicendo: "non abbiamo vinto, ma non abbiamo neanche perso, possiamo ancora qualificarci, a patto di mantenere la porta inviolata e quindi di non perdere".
Uruguay, Messico e Francia furono affrontate con il 4-3-3.
Tre partite, tre diversi ali: John Connelly, Terry Paine e Ian Callaghan tutti sulla destra a fronte di un tridente che includeva uno dei suddetti giocatori accanto a Roger Hunt e Jimmy Greaves.
Nella fase ad eliminazione diretta si vide il già citato 4-1-3-2.
Il 4-1-3-2 di Ramsey era un derivato maggiormente prudente del 4-3-3 che stava diventando un'opzione sempre più popolare per le squadre di calcio nel corso degli anni 1960 e '70, soppiantando i vecchi moduli e il 4-2-4.
Nella finale poi vinta 4-2 contro la Germania, Stiles ed Alan Ball furono sicuramente tra i migliori in campo, tonto erano stati bravi a dominare il gioco fermando le folate dei tedeschi.
Ramsey aveva vinto una Coppa del Mondo con una squadra energetica, operaia e tosta da affrontare.
Ok c'erano fuoriclasse del calibro di Moore, Greaves e Charlton ma molti dei protagonisti del mondiale 1966 probabilmente non erano neppure le migliori scelte possibili.
Jack Charlton era migliore di Brian Labone?
Roger Hunt era meglio di Joe Baker che aveva segnato 93 gol in 144 presenze con l'Arsenal?
Poi c'era la questione di Jimmy Greaves, infortunatosi e sostituito dal più laborioso Geoff Hurst.
Molti credevano che Greaves avrebbe facilmente recuperato il posto da titolare al suo ritorno, in realtà Ramsey gli preferì Hurst.
Ma se Hurst avesse fallito? Greaves era un grande giocatore e Ramsey sapeva ma Hurst era un giocatore più congeniale per il CT inglese: un giocatore maggiormente in grado di sacrificarsi.
4-4-2 O 4-2-4?
Negli anni 60 era maggiormente in voga il 4-2-4 usato dal Brasile (un 6-0-4 in fase difensiva e 4-0-6 in quella offensiva).
Don Revie ad esempio utilizzava un 4-4-2, anche se non aveva del tutto dimenticato la sua ammirazione per il calcio continentale, adottando per il suo Leeds tra il 1958 e il 1962 alcune caratteristiche del gioco spagnolo ed italiano: perdite di tempo, simulazioni e capannelli intorno all'arbitro per cercare di fargli cambiare idea.
Una particolare immagine che rimarrà per sempre iconica di quel Leeds, era la scritta appesa nello spogliatoio "Keep Fighting".
Il Leeds di Revie quando erano al loro apice erano uno dei team più emozionanti da guardare.
Il Celtic Glasgow di Jock Stein giocava in modo molto offensivo, secondo una filosofia diametralmente opposta a quella catenacciara che imperava in Italia a fine anni ’60.
Il suo era un 4-2-4 in cui uno dei due centravanti (Wallace e Chalmers) arretravano a centrocampo, attirando i marcatori avversari e aprendo spazi in cui si infilavano le due ali Johnstone e Hughes (o Lennox) e a volte anche i poderosi terzini Craig e Gemmell.
In mezzo al campo faceva da diga il gran mediano Murdoch ed Auld (o Brogan) con compiti più prettamente difensivi.
Matt Busby invece per i suoi Busby Babes usava il 4-3-3 con Aston, Kidd e Best più un giocatore offensivo come Bobby Charlton.
Ron Greenwood con Geoff Hurst e Brian Dear di punta vinse una Coppa delle Coppe con il West Ham nel 1965, invece Joe Mercer schierava il Manchester City vittorioso della Coppa Coppe del 1970 con il 4-3-3 (Francis Lee punta centrale).
Dave Sexton del Chelsea giocava con Tommy Baldwin e Peter Osgood.
Come si può vedere, il 4-4-2, pur con tutta la sua presunta prevedibilità, regnò incontrastato in Inghilterra anche negli anni 80 e 90.
Corse, fisicità, lanci lunghi e gioco offensivo.
C'era poco da meravigliarsi, considerando alcune coppie del gol: da Mick Jones e Allan Clarke per il Leeds United, Kevin Keegan e John Toshack per il Liverpool di Bill Shankly, Ted MacDougall e Phil Boyer per il Norwich nel 1970.
In seguito la coppia d'oro del Liverpool divenne Keegan ed Heighway nel 4-4-2 di Bob Paisley, poi Kenny Dalglish e David Fairclough (sostituito da David Johnson nel 1981).
Il Nottingham Forest vinse la Coppa Campioni del 1979 guidato dal 4-4-2 di Brian Clough con Garry Birtles e Tony Woodcock di punta.
L'anno successivo invece era più un 4-5-1, altra vittoria questa volta contro l'Amburgo.
Tony Barton con il suo 4-4-2 portò anche l'Aston Villa a vincere la Coppa Campioni: Gary Shaw e Peter White di punta.
Ma ancora: Alan Sunderland e Frank Stapleton per l'Arsenal, ancora Kenny Dalglish e Ian Rush per il Liverpool, Mark Falco e Steve Archibald per Keith Burkinshaw al Tottenham, Graeme Sharp ed Andy Gray per l'Everton di Howard Kendall e Brian McClair con Mark Hughes al Manchester United nel 1980.
Nomi e coppie del gol indiscutibilmente legate tra di loro, senza che si possa citare uno, dimenticando l'altro.
Oppure il Watford dei miracoli, cioè la squadra guidata da Graham Taylor, capace di portarli in 5 anni dalla quarta divisione alla Premier, passando anche per l'Europa.
4-4-2, 4-2-4, 3-4-3 questi i moduli utilizzati da Taylor, mai troppo amato per il suo gioco aggressivo e per qualche palla lunga di troppo.
Eppure Taylor il suo lavoro sapeva farlo bene, studiando tra l'altro qualsiasi situazione di palla inattiva: corner, rimesse laterali, punizioni e cross.
Nulla era lasciato a caso.
O andando negli anni 90 non sono molte le persone, in grado di ricordare tutta la formazione del Blackburn Rovers che vinse il titolo nel 1994/95 (Mark Atkins e Ian Pearce e chi altro?).
Ma la maggior parte si ricorderà ovviamente della coppia d'oro "SAS": Shearer e Sutton.
49 gol in campionato in 2, oltre 60% dei gol totali segnati.
Dopo Shearer e Sutton, il terzo miglior marcatore di quel Blackburn era Mark Atkins, un centrocampista, che segnò appena 6 reti.
Nessuno comunque si sognò, in quella stagione, di dire che il 4-4-2 di Kenny Dalglish fosse superato.
Si può citare anche George Graham che con l'Arsenal vincerà una Coppa Coppe nel 1994 con Kevin Campbell ed Alan Smith a supporto di Paul Merson.
PIONIERI DEL CALCIO TOTALE OLANDESE
Invece tra i pionieri del calcio totale olandese si possono citare Vic Buckingham che sosteneva che il segreto era mantenere il possesso di palla il più possibile, l'inglese negli anni 60 impose un gioco offensivo e plasmò l'Ajax degli anni a venire.
Dopo Jack Kirwan, in realtà il secondo manager inglese dell'Ajax fu Jack Reynolds a cui è accreditato la costruzione del famoso settore giovanile dell'Ajax.
Lui sosteneva che "la miglior difesa fosse attaccare".
Dava grande importanza al controllo della palla, alla tecnica e al possesso palla.
Inoltre era del parere che settore giovanile e squadra maggiore dovessero giocare con lo stesso modulo o comunque allo stesso modo.
Vincerà ben 8 campionati.
Il calcio totale nascerà da qui a poco.
BOBBY ROBSON E GLENN HODDLE: 3-5-2
Il 3-5-2/5-3-2, conosciuta anche come Piramide Rovesciata, fu lo schema utilizzato da Glenn Hoddle dal 1996 al 1999 con l'Inghilterra.
5 difensori di cui 3 centrali e 2 terzini d'attacco, avanti 3 centrocampisti centrali e 2 punte.
I 3 centrali permettevano ai 2 terzini/esterni di spingere: David Beckham a destra e Graeme La Saux a sinistra.
Questo schema venne considerato rivoluzionario per i tempi ed audace.
Anche un po' folle magari.
In realtà era l'immagine speculare (anche se molto più difensiva ovviamente) del 2-3-5 che si usava in Inghilterra ad inizio 900.
Ai tempi in Premier League si utilizzavano molti 4-4-2/4-2-4, Hoddle invece credeva che il modulo giusto per la nazionale fosse il 3-5-2.
Hoddle cercava di allargare molto il gioco sfruttando le fasce.
Questo significava mantenere il possesso palla e costruire i loro attacchi da dietro, con pazienza e metodo piuttosto che attaccare con foga lanciando le 2 punte.
Questo stesso schema, anche se con pessimi risultati (e gioco) è stato attuato anche dall'olandese Van Gaal una volta andato al Manchester Utd.
Uno dei maggiori critici di questo nuovo modulo per il Manchester Utd è stato Paul Parker, ex manager di Chelmsford City, Welling United e Folkestone Invicta: "la sua insistenza per il 3-5-2 e il giocare con ritmi molto lenti è un rifiuto completo dell'identità che Sir Alex Ferguson
aveva costruito con tanta cura e brillantemente ad Old Trafford negli ultimi 30 anni.
In Premier il 3-5-2 non è stato quasi mai usato, quando ho giocato in Prima Divisione con il QPR nel 1987-88 ci schieravamo con il 3-5-2, ma era più che altro per ragioni difensive/strategiche e per presidiare il centrocampo.
Era un lento, approccio intenzionale.
Invece il loro modo di giocare sotto Van Gaal è stato estraneo ai tifosi dello United".
L'apparente avversione di Parker per il 3-5-2 è insolita se si considera che, come parte del team della Coppa del Mondo del 1990, faceva parte di una squadra che schierava appunto 3 centrali e poco più avanti 1 terzino ed 1 ala.
Questo sistema di gioco fu scelto dopo un deludente 1-1 contro l'Irlanda, con un 4-4-2 tutta corsa e fisico.
L'Inghilterra, sia sotto Bobby Robson che Hoddle giocò con un 3-5-2 che funzionò abbastanza bene dando maggiore creatività alla manovra, malgrado uno 0-0 contro l'Olanda (inglesi che comunque dominarono il gioco).
Stessa squadra ed approccio contro la Germania Ovest in una emozionante semifinale, poi persa ai rigori.
Eppure Paul Parker non è l'unico critico del 3-5-2, stesse considerazioni fece Gary Neville: "Io non sono un fan del 3-5-2 in quanto il ritmo è troppo lento.
Il 3-5-2 incoraggia squadre e giocatori a mantenere il possesso al posto di andare avanti".
Bobby Robson negli anni 80 invece all'Ipswich schierava il 4-3-3 con Alan Brazil, Paul Mariner ed Eric Gates.
TERRY VENABLES E IL SUO 4-3-2-1, KEVIN KEEGAN E LO SPIRITO DI GRUPPO
Terry Venables usò prevalentemente il 3-5-2 durante Euro 1996, con Gareth Southgate o Paul Ince come mediani difensivi.
Venables, ex coach del Barcellona, anticipò anche la formazione a diamante (o albero di natale perchè ricorda un triangolo): il 4-3-2-1.
Venables metteva Alan Shearer come punta con Peter Beardsley e David Platt appena dietro di lui, poi Paul Ince, Paul Gascoigne e Darren Anderton che componevano il trio dietro di loro avanti ai canonici 4 difensori.
Una squadra che con facilità sarebbe potuta passare ad un difensivo 4-5-1 (Shearer ancora una volta l'attaccante solitario con un centrocampo a cinque con Beardsley, Gascoigne, Ince, Platt e Anderton).
Il 4-3-2-1 vedeva dietro la punta il fantasista (Gascoigne), mentre Platt ed Ince dovevano coprire tutte le zone del campo quindi servivano giocatori resistenti ed energetici.
Infine, uno dei 3 centrocampisti centrale avrebbe dovuto saper giocare anche esterno/ala (ruolo ricoperto da Darren Anderton che era agile e veloce).
Venables diede inoltre ai giocatori molta libertà fuori dal campo e li difendeva se criticati dai media.
Egli era riluttante a lodare i giocatori all'intervallo per evitare l'autocompiacimento, e credeva che era importante parlare poco e in tono scanzonato (in modo tale che i giocatori capissero i punti chiave e rimanessero di buon umore per il secondo tempo).
Sempre parlando di nazionale inglese, con Kevin Keegan a fine anni 90 ci fu uno buono spirito di gruppo.
Keegan lasciava ai giocatori pieni "poteri" e libertà di esprimersi.
Purtroppo questo però non portò ai risultati sperati.
Il suo centrocampo sbilanciato con Southgate, Beckham, Scholes e Barmby nella sua ultima partita, la sconfitta 1-0 contro la Germania,ne fu la prova.
LA FLESSIBILITA' DI ALEX FERGUSON
Alex Ferguson, l'allenatore più vincente di tutti i tempi, ha vinto molto con la semplicità di un 4-4-2 in linea, con qualche variante a seconda dei giocatori a disposizione che negli anni sono passati sotto la guida.
Lo United 98/99 (quello del Treble per intenderci) è ben diverso da quello ammirato nelle stagioni del nuovo millennio, l'unica cosa che li accomuna è la disciplina tattica e comportamentale, vera caratteristica del gioco di Ferguson.
Le squadre dello scozzese sono macchine oliate alla perfezione, proprio come quegli invincibili diavoli che prima degli anni 2000 hanno dominato in lungo e largo in patria e in Europa.
In campo la miglior qualità del Ferguson allenatore era la capacità di leggere le partite, che gli permetteva di adattare modulo e interpreti, in base a punti di forza e debolezza degli avversari. Questa sua cura del dettaglio ha fatto sì che il Sir, pur partendo dal suo 4-4-2, abbia schierato una vasta gamma di moduli: il 4-3-3, il 4-2-2-2, il 4-1-4-1, il 4-4-1-1, il 4-2-4 e il 4-2-3-1.
Lo stesso Ferguson a precisa domanda, rivendicò come lui stesso ritenesse il suo 4-4-2 più vicino ad un 4-2-3-1, sottolineando come tutte le sue seconde punte dovessero ripiegare per dar manforte al centrocampo.
Le evoluzioni tattiche di Ferguson sono state sempre innovative, anticipando tutti.
Non ha portato un'evoluzione radicale nel mondo del calcio, ma ha sempre anticipato gli altri, adottando moduli vincenti in base al periodo.
Inizia la sua carriera, nel Manchester United nel 1986 e fin da subito il suo modulo di gioco fu il 4-3-3.
Non era una novità in terra inglese, di fatto quel modulo rappresentava il vero stile british calcistico anni '80: ampiezza del campo, gioco corto.
Ferguson varia il centrocampo, ridisegnandolo con due uomini di pressing ed una mezzala capace di lanciare in velocità gli esterni d'attacco.
Questo permetteva di creare il suo famoso "triangolo" tagliando verso il centro e permettendo la salita dei terzini e le giocate della mezzala o del fantasista.
Di fatto il 4-3-3 in Inghilterra era un gioco orizzontale che si sviluppava verticalmente solo nella fase finale, con l'uno contro uno degli esterni.
Ferguson percepisce che qualcosa andava variato ed infatti arriva prima di tutti sul "triangolo".
Venne messo in dubbio questo modo di giocare e l'idea di Ferguson ma fu solo il preludio alle vittorie dei 90.
Come detto, gli anni 90 portarono le totali variazioni nel gioco di Ferguson, che man mano si sono esternate in tutto il calcio europeo.
Fa il suo ingresso nella storia il Manchester del 4-4-2: Schmeichel, Neville Johnsen,Stam, Irwing, Beckham, Scholes, Keane, Giggs, Yorke, Cole.
Ferguson arriva prima di tutti sul 4-4-2, tende a giocare, con la base del triangolo, un gioco più in linea, che si allarga sugli esterni e sforna un numero ingente di cross per le due arieti d'attacco, che possono andare di testa, difendere la palla e servire al tiro i centrocampisti, o dialogare nello spazio con l'esterno per, appunto, triangolare ed andare in porta.
La squadra ha una linea 4-4-1-1 in fase di non possesso e fin qui tutto negli schemi.
Fin da subito però, Ferguson sente di voler abbandonare il 4-4-2 per portare una diga di due uomini davanti la difesa, gli esterni più alti ed una seconda punta più dinamica a servizio della prima punta, che dovrà dialogare anzichè spalle alla porta, lateralmente al pallone!
Assistiamo fin da subito ad una fase embrionale del modulo del nuovo millennio: il 4-2-3-1.
Dopo la conquista gloriosa del Treble, intuisce che il gioco del Manchester deve essere meno votato al possesso ma più alla verticalizzazione.
Si deve accettare di tener meno la palla ma disporne meglio, ed in velocità, e per farlo ha bisogno di esterni alti e verticalizzazioni veloci.
Il 4-2-3-1 dà il via al suo calcio totale: il Manchester insegna calcio, diverte, e vince, come nella stagione 2008-09, dove vincerà la competizione della Champions.
La squadra vede Ronaldo punta centrale partire sugli esterni, e Rooney a supporto, con Vidic sempre pronto a salire fin sulla linea del centrocampo, con Giggs a volte spostato sull'interno sinistro per dare qualità ed inserimenti con Scholes.
La squadra difende e riparte in blocco, con massimo due tocchi, gestendo le verticalizzazioni come fossero passaggi nel breve.
I giocatori devono liberarsi con idee precise della palla in maniera verticale per poter andare nello spazio, con una squadra corta, che magari concede anche metri agli avversari, ma capace di distendersi con due tocchi massimo.
Adattarsi e raggiungere lo scopo: dalle ali all'impiego di trequartisti, dalle mezzepunte alle sovrapposizioni in fascia passando per i i registi in mezzo al campo, l'importante per Ferguson è sempre stato vincere.
In un modo o nell'altro, al di là dei moduli.
Per approfondire: Migliori Manager Britannici Che Hanno Allenato All'Estero e Allenatori Britannici Vincitori Di Coppe Europee
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