Da quando si è iniziato a scalare l'Everest più di 300 morte sono morte.
Oltre all'oggettiva difficoltà di scalata, il problema principale superati i 7500 metri è l'ossigeno(l'Everest è alto 8848 metri) perchè le cellule umane cominciano a morire.
Ma il problema non è solo l'ossigeno ovviamente.
Pericoli di cadute, valanghe, assideramenti, congelamenti e bufere sono all'ordine del giorno e quindi una minaccia costante.
Molti resti di corpi vengono riportati a valle, ma quelli che si trovano al di sopra degli 8.000 metri in genere sono lasciati in quota.
I DECESSI SULL'EVEREST
Già nel 1921 ci furono 2 vittime, poi 1924 perirono in una valanga 7 persone della Spedizione britannica sull'Everest.
Uno dei partecipanti fu George Mallory.
L'8 giugno dell'anno citato, con il compagno di scalata Andrew Irvine, lasciò la propria tenda sulla parete nord dell'Everest e cominciò il tentativo di ascensione all'ultimo tratto della vetta.
Alle 12.50, in ritardo sulla tabella di marcia, vengono avvistati a circa 240 metri dalla cima dal compagno di scalata Odell, per poi essere nascosti da folate di neve.
Non vi è certezza se i due scalatori abbiano o meno raggiunto la vetta della cima più alta del mondo 29 anni prima di Edmund Hillary e dello sherpa Tenzing Norgay, fatto che costituisce uno principali misteri della storia dell'alpinismo.
Solo nel 1999 verrà ritrovato il corpo di Mallory nei pressi del picco, dove i ricercatori trovarono altri corpi sotto la neve.
Irvine non è stato ancora ritrovato.
Il 5 Aprile 1970 una valanga provocò la morte di 6 persone della Japanese Skiing Expedition, stessa sorte per 6 persone della French Expedition il 9 Settembre 1974.
L'11 Ottobre 1985 quattro scalatori Indiani morirono assiderati, il 17 Ottobre 1988 quattro scalatori Slovacchi scomparvero,mentre il 27 Maggio 1989 a causa di una valanga morirono 5 Polacchi.
Il 7 Maggio 1997 perirono quattro scalatori Russi a seguito di una caduta.
Nel 1998 l'Americana Francys Arsentiev e suo marito Sergei Arsentiev raggiunsero la vetta stremati e di notte non molto lucidi cominciarono la discesa che nelle loro condizioni si rivelò un delirio, infatti esausti e confusi si separarono senza nemmeno accorgersene.
Lui arrivò alla tenda ad 8.200 metri la mattina dopo e solo lì si accorse che la moglie non c’era.
Lei era a 8.600 metri, viva ma confusa, incapace di muoversi per via dei congelamenti.
Il marito Sergei riuscì comunque a raggiungerla ma la mattina del 24 Maggio Sergei era sparito.
Vennero individuate delle orme che finivano sull’orlo dell’abisso della parete ovest, in fondo alla quale l'anno seguente, venne ritrovato il suo corpo.
Francys morì poco dopo, la mattina del 24 Maggio 1998 alle 11.
Il corpo congelato di Francys rimase vicino alla via principale della vetta per nove anni, finché nel 2007 l'alpinista Ian Woodall guidò una spedizione per spostare il corpo dietro una sporgenza fuori dalla vista degli escursionisti.
Nel 2001 morì Babu Chiri uno degli scalatori più esperti.
Il 18 Aprile 2014 una valanga a 5.800 metri provocò la morte di 16 sherpa mentre fissavano delle corde lungo l'itinerario.
Nel 2014 morirono in totale 17 persone sull'Everest, è il singolo anno in cui sono morte più persone nella storia alpinistica dell'Everest.
LA TRAGEDIA DEL 1996
Forse la tragedia più grande, anche se non come numero di decessi, si registrò nel 1996.
Il 10 maggio 1996 durante una delle giornate più nere dell’alpinismo sull’Everest: Scott Fischer, Anatoli Boukreev e Neal Beidleman guidavano loro clienti per raggiungere la cima dell’Everest.
Raggiunta con molta fatica, nel corso della discesa la squadra venne travolta da una forte tempesta di neve(una vera e propria bufera).
Tutti gli alpinisti riuscirono a raggiungere il campo IV sul colle Sud (7.900 metri), ad eccezione di Fischer.
Fischer, che aveva raggiunto la vetta verso le 15.45, ebbe notevoli difficoltà nella discesa.
Con lui c’era il capo sherpa Lopsang Jangbu, ma appena sotto la cima Sud non fu più in grado di continuare e convinse Lopsang a scendere senza di lui.
Lopsang scese da solo con la speranza di riuscire a mandare qualcun altro con delle scorte di ossigeno supplementare per aiutare Fischer a scendere.
Boukreev, dopo essere sceso con i suoi clienti durante la mattinata, fece diversi tentativi per raggiungere Fischer.
Fu però costretto a tornare indietro dopo il secondo tentativo a causa del tempo.
Non lo trovò ma riuscì comunque a salvare molte altre persone difficilmente recuperabili.
Infine, intorno alle 7 dell’11 maggio Boukreev riuscì a raggiungere la posizione di Fischer, ma purtroppo era già troppo tardi.
Molti ipotizzano che Fischer fosse stato colpito da una grave forma di mal di montagna, altri da edema cerebrale o polmonare.
Per Boukreev fu impossibile riportare il corpo del compagno a valle.
Il tumulo memoriale per Scott Fischer si trova in cima ad una collina vicino a Lobuche, sulla cresta del crinale lungo il sentiero che porta al campo base dell’Everest.
Il suo tumulo si trova insieme a quelli di altri alpinisti e sherpa che hanno perso la vita in varie spedizioni sull’Everest nel corso degli ultimi 50 anni.
Solo nel maggio 2010 è stato rinvenuto il corpo di Fischer sulla montagna, ad oltre 8000 metri.
E’ stato Chakra Karki, capo della Extreme Everest Expedition 2010, che voleva riportarlo a valle insieme a quello di altri alpinisti morti sulla montagna e recuperati questa primavera.
Ma la famiglia Fischer ha voluto che il corpo rimanesse dove è stato trovato.
Quel giorno morirono in 8.
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