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lunedì 15 marzo 2021

I Pericoli Della Vendee Globe: Tempeste, Cicloni, Iceberg, Kelp, Punto Nemo

La Vendee Globe (giro del mondo in barche a Vela istituito nel 1989) prevede la circumnavigazione del mondo in solitaria, senza scalo ed assistenza.
La gara generalmente si svolge da novembre a febbraio in modo di affrontare i Mari Antartici durante l'estate australe. Si parte da Les Sables d’Olonne in Francia, per poi dirigersi nell’Atlantico nelle calme equatoriali (dette "Doldrums") e nelle alte pressioni delle Azzorre e di Sant’Elena. Poi si doppia Capo di Buona Speranza e inizia una cavalcata senza respiro negli oceani del Sud (ci si dirige verso Est attorno all'Antartide). Più ci si spinge a Sud-Est e più aumentano i rischi (per via di iceberg, mari gelidi, depressioni e tempeste fortissime. Il problema degli iceberg è soprattutto di notte perchè uno scontro potrebbe essere fatale, presenti anche blocchi galleggianti chiamati growler). Tra i 40° e i 50° di latitudine Sud ci sono molte depressioni che caratterizzano l’area. Tra la Nuova Zelanda e Capo Horn le barche passeranno anche per il cosiddetto "Punto Nemo", il punto in oceano lontano circa 2800 km da qualsiasi terraferma (diventato anche il cimitero dei satelliti). 
Punti obbligatori sono un passaggio situato a sud del Sudafrica, un passaggio a sud ovest dell'Australia, un passaggio a sud est dell'Australia e un passaggio nell'Oceano Pacifico.
Doppiato Capo Horn si risale l’Atlantico per ritornare al porto di partenza e chiudere l’incredibile avventura.


CAPO HORN
Per i concorrenti ,il passaggio forse più rischioso è quello di Capo Horn (punto di incontro tra Oceano Atlantico e Pacifico). Si può notare, sotto la superficie dell’acqua, la conformazione del fondale che passa verticalmente da oltre 4000 metri di profondità a meno di poche centinaia in corrispondenza della piattaforma continentale. Oltre Capo Horn con meteo avverso tutta la forza delle lunghe onde dell’Oceano Pacifico viene disturbata da questo muro verticale portando le onde a divenire ripide e frangersi pericolosamente. 
Inoltre il moto ondoso incontra in corrispondenza di Capo Horn una strettoia, un vero collo di bottiglia, il Passaggio di Drake dove con brutto tempo le onde superano frequentemente i 10 metri. Altri luoghi ugualmente temuti sono i banchi di Terranova al largo del Canada (che si affrontano durante una OSTAR) e il Golfo di Guascogna (dove faranno rientro i concorrenti del Vendee Globe per arrivare a Les Sables D’Olonne). Doppiata l’isola si può navigare verso lo stretto di Le Maire, il passaggio fra la Tierra del Fuego e la Isla de los Estados, o passare a est di quest’ultima. Lo stretto di Le Maire è molto ampio, oltre 10 miglia e con fondali profondi che consentono solitamente un facile passaggio ma le acque sono soggette a forti correnti di marea che si alternano ogni sei ore prima verso sud poi verso nord (in caso di vento forte e contrario si possono incontrare condizioni di mare davvero avverse). 
Nonostante nell’emisfero australe si corra in estate, le temperature nella zona della Tierra del Fuego sono molto rigide (godendo dell’influenza delle acque calde della Corrente del Golfo, hanno temperature medie molto più basse). 


ISOLE FALKLANDS
Lasciati i mari del Sud alle spalle, gli skipper potranno passare a Est o a Ovest delle isole Falklands. La scelta di solito è dettata dalla situazione meteorologica che ogni concorrente incontra e il timing rispetto alla formazione, sviluppo e dislocazione delle depressioni che si originano in Patagonia è di volta in volta diverso.
Passare troppo vicino alle Falklands presenta un rischio aggiuntivo, quello di incappare in rami di kelp, alghe molto lunghe che crescono verticalmente e hanno l’aspetto di liane di circa 20-25 metri che vengono strappate dalle mareggiate e si trovano in abbondanza alla deriva intorno a queste isole. Il kelp è un’alga il cui tronco raggiunge vari centimetri di diametro ed è molto resistente, una barca che si trovasse a raccogliere dei rami di kelp intorno alla chiglia sarebbe sicuramente costretta a faticosi tentativi di manovra a vela per liberarsi.


NAVIGAZIONE VERSO NORD
Superata la latitudine delle Falklands abbiamo un rapido aumento della temperatura, tuttavia durante la fase di transizione dai 40 Ruggenti all’Aliseo di Sud-Est abbiamo una zona di venti prevalentemente contrari, specie all’altezza di Rio de Janeiro dove l’Aliseo solitamente curva in senso antiorario. 
La navigazione verso Nord, una volta agganciato l’Aliseo, sarà rapida e facile ma gli skipper dovranno scegliere con cautela dove attraversare la zona di convergenza intertropicale, il famoso dolldrum inglese. 
La rotta per Les Sables è guidata da due principali fenomeni meteorologici, le depressioni che si formano negli Stati Uniti e attraversano il Nord Atlantico e la posizione dell’Anticiclone delle Azzorre (dove si formano tempeste tropicali molto forti in depressioni poco profonde; a volte le depressioni si trasformano in cicloni), che replicano in modo speculare in questo emisfero le depressioni della Patagonia e l’Anticiclone di Sant’Elena.
La fase di transizione dai profondi fondali dell’Atlantico ai fondali relativamente bassi della piattaforma continentale può generare anche qui mare molto agitato e pericoloso.
Altri rischi sono eventuali collisioni con navi commerciale e soprattutto con barche da pesca nell’ultima mezza giornata di navigazione. Proprio quando tutto sembra finito, si attraversa infatti una delle zone più densamente trafficate dell’intera regata.


ALCUNE TRAGEDIE
Durante la Vendee Globe tanti sono gli episodi pazzeschi. Basta pensare alla storia di Bertrand de Broc, che nell’edizione del 1993 fu colpito violentemente al volto dalla scotta della randa, procurandosi una ferita alla lingua ed un'emorragia. Essendo da solo in mezzo all’Oceano Atlantico de Broc si ricucì da solo la lingua assistito dai medici via radio, per proseguire poi la regata. C'è anche chi, una volta subiti danni, cerca rifugio in qualche baia di qualche isola sperduta, e si mette all’ancora cercando di effettuare le riparazioni senza assistenza per poter proseguire la gara senza essere squalificato.
Ci sono stati vari salvataggi avvenuti nelle varie edizioni, perché quando si è sperduti nell’oceano i primi che possono accorrere in caso di necessità sono proprio gli altri concorrenti. Cadere in mare è sempre l’ipotesi più pericolosa, come nel caso di Gerry Roufs, il cui beacon satellitare ha smesso di trasmettere la posizione 397 miglia a sud del "Punto Nemo" nel 1997. 
La barca fu ritrovata nelle coste del Cile 7 mesi più tardi, deserta, il suo skipper disperso in mare. E come lui altri due skipper non sono tornati a casa, Mike Plant e Nigel Burgess. 


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mercoledì 12 dicembre 2018

La Scala Beaufort e Le Regate Più Tragiche Di Tutti I Tempi

"Nessuno dovrebbe mai regatare nel Nord Atlantico in dicembre, navigare con una barca senza zattera di salvataggio o tuffarsi per salvare un uomo caduto fuori bordo"

Visto che le peggiori tragedie (sportive) in mare sono avvenute molto probabilmente sulle coste inglesi, riporto alcuni dati: nel 1864, ad affondare furono 1741 navi e 516 persero la vita (tra navi di linea, appassionati, petroliere, etc).
Nel 1880 persero la vita 2100 persone, nel 1909 invece ben 4738 persone.
Uno dei posti peggiori per i naufragi è l'arcipelago delle isole di Scilly, 28 miglia fuori da Land's End  con tempeste violente e correnti confuse (senza considerare che sino ad 1 secolo fa non c'erano fari in zona).
Nel suo libro British Weaver Disaster, Ingrid Holford descrive 39 catastrofi naturali che hanno devastato l'Inghilterra dal 1648 in poi, di queste solo 7 avvennero tra luglio ed agosto.
A livello di regate molto difficile anche la Sydney Hobart che parte dall'Australia ed arriva su un'isola della Tasmania, Hobart appunto.
Sono circa 1150 km (stessa distanza della Fastnet che si corre nella manica) e la regata come da tradizione parte durante il Boxing Day (26 dicembre).
Ciò che contraddistingue questa regata è lo Stretto di Bass che separa la Tasmania dall'Australia.
Si tratta di un imbuto molto stretto sito nell'Oceano Pacifico (che già di per sè è un oceano molto pericoloso). I venti soffiano da Est ad Ovest e raggiungo profondità importanti (oltre 2 km), mentre lo Stretto di Bass ha profondità assolutamente inferiori (50 m) ciò provoca l'effetto imbuto.
Ciò si ripercuote in forti venti, onde gigantesche e bassi fondali insidiosi.


SCALA BEAUFORT
Secondo il The West Coasts Of England And Wales Pilot, tempeste Forza 8 o superiori si verificano sulle coste inglesi con una probabilità del 10-20 % in gennaio e solo del 2-5 % in luglio.
Quasi l'80% tra ottobre e marzo, il rimanente negli altri mesi.
Nella scala Beaufort del vento, Forza 4 va dagli 11 ai 16 nodi, Forza 7 e 8 (burrasca) dai 28 ai 40 nodi, Forza 10 sino a 55 nodi con onde da 9 a 12 metri e venti sui 100 km/h (si parla di tempeste).
Forza 11 sono etichettate come tempeste violente (sino a 63 nodi e 16 metri di altezza d'onde massimo), si parla infine di uragani superati i 64 nodi con velocità oltre i 117 km/h (oltre 33 metri al secondo).


DEPRESSIONI MARINE
Durante uragani e tempeste molto importante è la velocità con cui si muovono.
Le differenze nella pressione atmosferica creano il tempo e il vento: venti caldi ed umidi sono meno densi di quelli freschi ed asciutti. L'aria meno densa ha una pressione minore di quella più densa e crea depressioni. In queste precipita l'aria più densa e fredda delle alte pressioni: più profonda è la depressione più ripido sarà il solco. Più ripido sarà il solco e più velocemente si muoverà l'aria quindi ci sarà più vento (i flussi di alta e bassa pressione non sono diritti nè costanti in quanto governati dalla rotazione della terra e dall'effetto Coriolis). Più è profonda la depressione e più veloce è il vortice all'interno (il flusso è anisotropo, cioè ha direzioni diverse nella spirale).
Un'altra caratteristica delle depressioni marine è che si muovono spinte da O verso E dai venti creati dalla rotazione terrestre.
Se le depressioni sono lente sono poco pericolose ma se hanno alta velocità sono ben più pericolose di quanto dicano le differenze di pressione atmosferica.
Ovvero una depressione poco profonda ma molto veloce può essere più pericolosa di una più profonda ma lenta.
Inoltre i venti nella parte a Sud delle depressioni veloci che si muovono verso Est, saranno più violenti dei venti della parte alta (infatti il "quadrante pericoloso" di una tempesta è la parte bassa a destra).


REGATE SPORTIVE TRAGICHE
Transatlantica 1866 (6 morti)
Transatlantica 1925 (3 morti)
Fastnet 1931 (1 morto)
Transatlantica 1936 (vento sino a 55 nodi, tempesta Forza 10)
Fastnet 1957
Regata a Triangolo a Marsiglia 1967 (7 morti)
Regata a Bermuda 1972 (quasi 60 nodi di vento)
Fastnet 1979 (vento Forza 11; 19 morti), qui per approfondire: La Fastnet Race e La Tragedia Del 1979
R.O.R.C. Florida 1979 (2 morti)
Sydney Hobart 1977
Sydney Hobart 1993 (venti sino a 70 nodi con 12 metri di onde; di 104 partenti, solo 38 hanno portato a termine la gara)
Sydney Hobart 1998 (raffiche sino a 80 nodi, ci sono stati 6 morti)



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sabato 18 luglio 2015

La Storia Di Crowhurst: L'Inganno, La Follia e Il Suicidio (Golden Globe Race 1969)

La Golden Globe Race fu una gara molto ricca(a livello di premi in denaro) organizzata dal Sunday Times per la prima volta nel 1969.
In poche parole si trattava del giro del mondo in barca a vela in solitario (e senza scalo).
Infatti più di quarant’anni fa, mentre l’uomo stava andando sulla Luna, una delle poche grandi sfide rimaste da tentare sul nostro pianeta era la circumnavigazione a vela del globo, in solitario e senza scalo.
L’anno prima, 1967, Francis Chichester ricevette onori grandiosi quando completò il periplo e al rientro in patria venne insignito del titolo di Sir, Baronetto dell’Impero.
Fu così che venne istituito il Golden Globe ma soprattutto un premio di 5000 sterline, per colui che avesse compiuto il giro del mondo in solitario nel minor tempo possibile.
Questo Trofeo esiste ancora oggi ma ha cambiato nome: si chiama Vendée Globe.
Questa è la storia di Donald Crowhurst e della folle regata del 1969.


IL PERCORSO
Secondo gli organizzatori i velisti avrebbero passato tra i 9 mesi e l’anno, in mare aperto, soli e senza aiuti.
Il percorso quasi obbligato per via della direzione dei venti, prevedeva di percorrere l’Oceano Atlantico, verso sud dall’Inghilterra, superando il Capo di Buona Speranza presso Città del Capo, in Sudafrica, percorrere tutto l’Oceano Indiano verso l’Australia, oltrepassarla, proseguire lungo l’Oceano Pacifico meridionale, doppiando Capo Horn, punta meridionale fra Cile ed Argentina, e poi risalire l’Atlantico per far ritorno in Inghilterra.


I PARTECIPANTI
I partenti furono 9: John Ridgway, 29 anni, scozzese, capitano dell'esercito britannico.
Nigel Tetley, 45 anni, inglese d’adozione e capitano della Marina britannica.
Bernard Moitessier, 45 anni, navigatore francese.
Robin Knox-Johnston, 28 anni, capitano della Marina mercantile britannica ed esperto di vela.
Alex Carozzo, 36 anni, navigatore italiano, con all'attivo un attraversamento del Pacifico in solitario.
Chay Blyth, 27 anni, scozzese, ex sergente dell'esercito britannico, senza alcuna esperienza di vela (imparerà sul campo l’arte di navigare).
Bill King, 57 anni, irlandese, agricoltore ed ex comandante di sottomarini della Marina britannica.
Loic Fougeron, 42 anni, francese, manager di una ditta di motociclette a Casablanca.
Donald Crowhurst 36 anni, inglese, elettricista che decise di partecipare alla competizione per il premio in denaro messo a disposizione(a causa delle gravi difficoltà economiche in cui versa la sua famiglia e la sua azienda).
Indebitato fino al collo, dovette ipotecare la casa e persino la sua stessa barca che aveva costruito tramite i soldi di uno sponsor.


LA GARA
Dopo qualche settimana di navigazione, tutti si accorsero di quanto fosse difficile questa traversata.
Ridgway sbarcò dopo 6 settimane a Recife, in Brasile, a causa dell’inadeguatezza del mezzo, e si arrese per primo.
Blyth andò già in difficoltà poco dopo la partenza: durante le tempeste si rintanava nella sua cuccetta pregando e leggendo un manuale sulle navigazioni oceaniche.

"Era come trovarsi all'inferno e leggere le istruzioni per l'uso!". 

Nonostante la sua preparazione approssimativa fu comunque la barca a cedere prima di lui al largo del Sudafrica.
Carozzo fu il terzo in ordine di tempo a lasciare la regata, ma fu quello ad aver coperto meno miglia di tutti: al largo del Portogallo fu colpito da un malore e si ritirò approdando a Lisbona.
King disalberò al largo del Sud Africa e fu il quarto a lasciare la regata.
Fougeron abbandonò nei pressi dell’Isola di Sant’Elena, nell’atlantico meridionale, con la barca in avaria. Tetley riuscì a percorrere tutto il tragitto nonostante i problemi alla barca, e risalire l'Atlantico in vantaggio, dopo aver superato indenne i punti più pericolosi, ma sentì via radio le posizioni di Crowhurst che si avvicinava progressivamente (informazioni errate, date dallo stesso Crowhurst e riportate dai media) e decise di spingere al limite il suo Victress(trimarano di 12 m), già danneggiato dagli Oceani meridionali.
Naufragò così per via di una violenta tempesta il 21 maggio a sole 1000 miglia dall'arrivo vicino alle Azzorre, ottenendo però il primato della circumnavigazione del globo su un trimarano.
Tra parentesi, 3 anni dopo, mentre si apprestava a riprovare l'impresa verrà trovato impiccato nei pressi di Dover.
Bernard Moitessier invece prese una decisione sconvolgente: ad un certo punto della gara decise di girare la prua della sua barca, riprendere il sud e ripercorrere un altro mezzo giro del mondo per attraccare nelle isole del pacifico, abbandonando (temporaneamente) moglie e figli in Francia.


IL PIANO DIABOLICO DI CROWHURST
Donald Crowhurst, marinaio improvvisato, non portò mai a termine la regata: infatti il suo trimarano (imbarcazione veloce ma difficile da gestire) venne costruito da lui stesso in modo rocambolesco.
Alla prima uscita Crowhurst si ribaltò più volte in mare e la barca vibrava talmente tanto che i bulloni sembrava ballassero.
Ma Donald assicurò che avrebbe fatto dei miglioramenti in corso di navigazione.
Nella foga dei preparativi, dimenticò svariate parti di ricambio e delle provviste, e si lasciò spesso sfuggire che la barca non era affatto pronta.
In compenso portò con sè un registratore, una telecamera e l'immancabile diario di bordo.
Crowhurst sin dalla partenza ebbe diversi problemi nel gestire la barca e nel spiegare le vele.
Si mostrava sorridente vicino alla telecamera ma sul suo diario annotava i suoi veri pensieri: ovvero che avesse non più del 50% di sopravvivere alla traversata.
Accortosi subito dell'impossibilità di affrontare i tempestosi mari del sud con una barca varata in ritardo(fu anche l'ultimo partecipante ad unirsi alla gara, il 31 ottobre 1968) e già danneggiata, dopo aver inizialmente fornito via radio posizioni false con coordinate fasulle, interruppe ogni tipo di comunicazione con la terraferma dopo qualche settimana e fece rotta verso le coste del Brasile(era il febbraio del 1969).
Secondo i suoi piani, lì, avrebbe dovuto attendere l’arrivo degli altri concorrenti, con l’intenzione a quel punto di virare e riprendere rotta verso nord in mezzo al gruppo.
Insomma non lasciò mai l'Atlantico.
Nel frattempo teneva aggiornato un falso diario di bordo con improbabili dati di navigazione come un record di 243 miglia marine percorse in un giorno solo.
Cadde però vittima delle sue stesse menzogne: durante la lunga sosta nelle acque brasiliane (dopo qualche mese dalla partenza), la barca andò in avaria e necessitò di urgenti riparazioni.
Così fu costretto ad attraccare in Argentina per procurarsi i pezzi necessari a riprendere il mare.
Rendendosi conto che a quel punto qualcuno certamente avrebbe riferito di averlo visto a terra in Sud America(cioè ancora all'inizio quando gli altri invece erano già ad oltre metà percorso), cominciò a delirare; risalito in barca tentò un’ultima disperata mossa: ritornare a casa da “piazzato” (nelle ultime posizioni), in modo che i giudici non avrebbero prestato caso a riesaminare il percorso da lui tenuto (o non tenuto), e richiedere magari una ricompensa per il record di velocità della barca (le fasulle 243 miglia percorse in un giorno).
L'unico problema era riuscire a falsificare il diario di bordo affinchè fossero plausibili miglie e rotta.
Cominciò a gironzolare lungo le coste del Sud America, stando ben attendo a non farsi beccare dalla guardia costiera.
Il ritiro di Tetley però, mandò a monte anche questo piano, perché a questo punto sarebbe comunque giunto in Inghilterra con la vittoria in pugno (a quel punto della gara, per i motivi visti in precedenza, erano finiti tutti fuori gara eccetto Robin Knox-Johnston ch’era però in evidente ritardo).
Ad attenderlo ci sarebbero stati 100mila persone e la sua famiglia: tutti ad accoglierlo come trionfatore.
Il fatto è che, dopo aver riesaminato il suo percorso, i giudici si sarebbero accorti della truffa (ovvero che non si era mai mosso da lì).
Fu in quel momento che la sua mente già provata per il lungo tempo passato in mare vagando senza una meta precisa, collassò definitivamente.
Ormai era troppo tardi per completare realmente il percorso(e ciò lo avrebbe portato comunque a morte certa), dall'altro lato invece aspettando l'unico concorrente rimasto e tagliando il traguardo i giudici si sarebbero accorti che era un imbroglione e non un eroe.
Cominciò quindi a scrivere ed annotare su un diario personale tutti i suoi deliri, con frasi senza senso, citazioni filosofiche e calcoli numerici improbabili, finché i sensi di colpa che lo laceravano da dentro, gli soffocarono l’anima.
L'ultima trasmissione radio è datata 29 giugno 1969 (aveva ripreso le trasmissioni radio poche settimane prima, dopo averle sospese come detto a febbraio dello stesso anno).
La sua barca(Teignmouth Electro) fu ritrovata alla deriva il 10 luglio del 1969(nei pressi dell'isole delle Bermude), con dentro tutti i suoi diari, lui non verrà più ritrovato.
Colto da pazzia, probabilmente si suicidò, gettandosi in mare a causa anche delle menzogne raccontate.
Infatti sulla sua barca si lesse una nota con la decisione di suicidarsi datata 1 luglio 1969 come conclusione di un lungo saggio prosastico, vagamente ispirato alla Relatività di Einstein, scritto da Crowhurst nei suoi ultimi schizofrenici giorni di vita.

“Sono diventato un essere cosmico di seconda generazione”
Gli esseri cosmici giocano con i mortali.
Ogni umano è impegnato per tutta la vita in una partita a scacchi con il diavolo.
Non esiste il bene nè il male. Solo la verità.
E’ la fine della mia partita.
La verità è stata rivelata, e ora si compirà quello che la mia famiglia mi chiede di fare”

Dopo diverse vicissitudini, la Teignmouth Electron(l’imbarcazione di Donald), venne abbandonata sulla spiaggia di un’isola caraibica.
Come detto il suo corpo non verrà più ritrovato.
Robin Knox-Johnston, fu così l’unico concorrente (nonché il primo uomo) a completare il giro del mondo in barca a vela in solitario e senza scali.
Ci mise 313 giorni e donò le 5000 sterline del premio alla famiglia di Crowhurst.


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mercoledì 29 aprile 2015

La Volvo Ocean Race, Capo Horn e I Pirati

La Volvo Ocean Race è considerata come il più importante evento velico oceanico al mondo, si basa sul motto “nulla è grande e facile”: è un’eccezionale prova di marineria, costruita sullo spirito degli abili navigatori del passato, uomini senza paura che  solcavano gli oceani del pianeta più di un secolo fa e il cui valore si ritrova negli equipaggi di oggi.
Un mix unico di competizione, avventura e tecnologia dove si uniscono il fascino delle località toccate con il dramma e la resistenza dell’uomo agli elementi naturali.
Ognuno dei partecipanti ha una squadra velica composta da 11 membri d’equipaggio che possono gareggiare giorno e notte per più di 20 giorni alla volta in alcune tappe.
Ciascuno di essi assume diversi compiti a bordo della barca, e in cima a questi ruoli ci sono due marinai con formazione medica, un velaio, un ingegnere e un apposito membro dell'equipaggio dedito alle comunicazioni.


PERCORSO
Anche se il percorso è cambiato per adattarlo a vari porti di scalo, la gara parte in genere dall'Europa nel mese di ottobre, e nelle ultime edizioni ha avuto 9 o 10 tappe.
Il percorso per la gara 2008-2009 è stato modificato rispetto agli anni precedenti per includere per la prima volta scali in India ed in Asia.
Durante i nove mesi della Volvo Ocean Race 2011-12, le squadre hanno regatato le oltre 39.000 miglia nei più pericolosi mari del mondo, toccando Città del Capo, Abu Dhabi, Sanya, Auckland, passando da Capo Horn a Itajai, Miami, Lisbona e Lorient.


LA NASCITA
La “leggenda” vuole che tutto sia nato davanti una birra, su un bancone di un pub di Portsmouth.
Nel 1969 Robin Knox-Johnston vinse il Sunday Times Golden Globe Race entrando nella storia della vela: è stato il primo uomo a compiere una circumnavigazione in solitario del pianeta.
Pare che proprio la sua impresa colpì due personaggi chiave per la Volvo Ocean Race, Guy Pierce e Anthony Churchill, noti per le loro imprese in solitario e considerati i “padri” di questa competizione, convinti del potenziale di una regata simile a quella di Knox-Johnston ma affrontata in equipaggio.
All’epoca non esisteva una competizione simile e cominciarono a cercare uno sponsor che appoggiasse la loro idea, finché non la illustrarono alla Royal Naval Sailing Association.
Nel 1971, in quel famoso pub di Portsmouth, il colonnello Bill Whitbread e l’ammiraglio Otto Steiner della RNSA incontrarono Pierce e Churchill e tutto ebbe inizio.


I PERICOLI DEL MARE: TEMPESTE, DISPERSI E PIRATI
La prima competizione si è disputata nel 1973 e si chiamava Whitbread Race.
Vi parteciparono 17 imbarcazioni a vele quadre con a bordo 167 velisti che l’8 settembre partirono da Solent alla volta di Città del Capo.
La maggior parte erano semplici avventurieri “paganti” o marinai con poca esperienza: solo gli skipper erano pagati e avevano l’esperienza adeguata a questo tipo di navigazione.
All’epoca, inoltre, non esistevano le tecnologie odierne ed era tutto molto più spartano, qualità che rendeva la regata ancora più avvincente perché era probabilmente l’evento sportivo più lungo, difficile e pericoloso esistente.
E il pericolo fu subito evidente, visto che proprio in quella prima edizione tre velisti scomparsero in mare durante tempeste terribili.
Naturalmente ci fu chi subito chiese che la regata non venisse mai più ripetuta, ma il desiderio di avventura e di competizione ebbe la meglio e l’evento continuò ad esistere e a svolgersi ogni quattro anni.
Per oltre un trentennio la regata ha prodotto incredibili campioni, uno fra tutti il leggendario Peter Blake, lo skipper neozelandese che fu tragicamente assassinato dai pirati durante una missione di ricerca sul Rio delle Amazzoni, nel 2001.
I pirati gli spararono, uccidendolo, a bordo del suo veliero "Seamaster".
Ai tempi Sir Peter Blake, aveva 53 anni ed era stato il navigatore neozelandese del Team New Zealand vittorioso nelle due ultime Amarica's Cup, skipper nel 1995 a San Diego e presidente del team nel 2000 a Auckland.
La polizia brasiliana spiegò che a compiere l'omicidio era stato un gruppo di pirati conosciuti nella regione come "ratos da agua", topi di fiume: armati e mascherati sono saliti a bordo del veliero di soppiatto, di notte. La rapina è finita con una sparatoria.
Due membri dell'equipaggio di Blake sono stati feriti in modo serio e trasportati in ospedale.
Sempre secondo la polizia Blake ha reagito.
E' stato ucciso sul colpo.
I "topi di fiume" sono poi fuggiti rubando il motore del veliero e un orologio.
Nella prima edizione della Whitbread, Blake era imbarcato su Burton Cutter, ma fu solo in occasione della sesta edizione che fu incoronato come il campione più grande grazie alla vittoria in tutte le sei tappe dell’evento con Steinlager 2 (1989).
Altri nomi che hanno fatto la storia del giro del mondo, e della vela in generale, e che hanno partecipato alla “grande sfida” sono Dennis Conner, Paul Cayard, Chris Dickson, Eric Tabarly e Grant Dalton.
Nel tempo sono cambiate diverse cose.
Nel 2001-2002 il marchio Volvo acquistò l’evento, che fu ribattezzato Volvo Ocean Race, e portò una nuova forma di professionalità e un ruolo sempre più rilevante della vela come veicolo promozionale.
Gli equipaggi sono composti da 11 velisti professionisti (molti dei quali olimpici), la cui abilità, resistenza fisica e spirito agonistico vengono messi alla prova notte e giorno per oltre 30 giorni, in alcune delle tappe.
A bordo sono stati introdotti GPS, dissalatori e vari comfort nelle cabine e nella cambusa.
Nel 2008-09 l’evento è stato seguito in televisione da un miliardo e 300 milioni di persone.
La Volvo Ocean Race 2011-12 è stata l’11a edizione dell’evento, partita dal porto spagnolo di Alicante per finire a Galway, in Irlanda, nel luglio 2012.
Nel 2015 in corso la nuova edizione.


RACE CONTROL
Il cuore tecnologico della regata è il Race Control, ad Alicante, che ha tre scopi principali: la sicurezza delle barche, la gestione dei dati di posizionamento e la comunicazione con gli equipaggi, inclusa la trasmissione di una imponente massa di dati che vanno dalle e-mail personali, alle immagini fotografiche, testi, audio e video.
Quando la flotta è in navigazione, un gruppo di “ufficiali” gestisce l’operatività del Race Control costituendo il primo punto di contatto con le barche.
In eventuali situazioni critiche, il loro compito è quello di contattare il personale medico, il ceo della regata, il direttore e il servizio di soccorso in mare, il Rescue Coordination Centre, di Falmouth, nel Regno Unito.
Gli ufficiali monitorano e comunicano con la flotta attraverso uno speciale sistema detto Race Management System (RMS), mentre un enorme schermo mostra le immagini fotografiche e video provenienti dalle barche e un race tracker (sistema di posizionamento) ne indica la posizioni su una carta Google Earth.
Il centro ha otto posizioni di controllo, ognuna delle quali riporta dati differenti: meteo, posizione, temperatura dell’acqua, altezza delle onde etc.
Il monitoraggio della flotta è reso possibile dalla tecnologia satellitare.
Ogni barca è dotata di due unità di tracking, una collegata all’impianto elettrico (batteria/motore) usata come back up e in caso d’emergenza, e una portatile che può essere eventualmente utilizzata sulla zattera di salvataggio.
Nel caso in cui gli ufficiali di guardia non ricevano la posizione, questo sistema secondario può essere usato con una frequenza che va dall’ora fino a cinque minuti, per la gestione della crisi.
Grazie alla tecnologia satellitare, la flotta è in grado di connettersi al server della Volvo Ocean Race per scaricare le previsioni due volte al giorno.
I file contengono mappe e diagrammi meteo, immagini satellitari della copertura nuvolosa, mappe isobariche, del vento e dei fronti.
Gli equipaggi possono utilizzare tali dati con i software di navigazione che permettono loro di comparare e avere conferma delle situazioni meteo con le previsioni.
Il Race Control funziona anche da tramite fra il media team e la flotta, su ognuno degli scafi è infatti imbarcato un componente dell’equipaggio (media crew member) responsabile di produrre immagini foto e video della vita di bordo e di inviarle a terra.


OCEANO PACIFICO E TEMPERATURE
Le temperature scendono, compaiono coperte, a bordo si effettuano ispezioni approfondite ad albero e sartiame e si mettono in sicurezza gli effetti personali in vista del deteriorarsi delle condizioni meteo.
Segnali che richiamano il profondo sud, ma prima, per gli equipaggi, l’imperativo è stare concentrati sul raggiungimento del cancello posto a 36 gradi di latitudine sud, primo mark della frazione che assegnerà punti pesanti ai fini della classifica generale.
Wouter Verbraak, navigatore di Green Dragon: “Mi fa piacere vedere che tutti stanno prendendo sul serio l’aspetto sicurezza: dentro noi c’è ancora il ricordo della morte di Hans Horrevoets, finito in mare nel corso dell’ultima Volvo da bordo di ABN Amro Two.
Guillermo Altadill ha esortato tutti ad indossare le cinture di sicurezza, ricordando che il salvagente garantisce solo di poter galleggiare anche da morti.
Alle velocità raggiunte da queste barche, non c’è tempo per tornare indietro prima che l’ipotermia abbia completato il suo lavoro. E’ una realtà da tenere bene a mente”.


OCEANO INDIANO E RISCHIO PIRATI
Gli organizzatori della regata avevano annunciato nell' agosto 2011 che il percorso della seconda e terza tappa sarebbe stato ridisegnato a causa dell’aumentato rischio di attacchi di pirateria nell’Oceano Indiano(vicino la Somalia).
A pochi giorni dalla partenza della seconda tappa da Città del Capo, Jack Lloyd (direttore di regata) rese pubbliche parti del piano.
Le misure di sicurezza furono molto severe: la prima prevedeva una zona di esclusione che non permetteva alle barche di navigare in acque pericolose; la seconda prevedeva che gli scafi si dirigessero verso un porto sicuro per essere caricati su una nave che li ha trasportati verso la costa settentrionale degli Emirati, seguendo una rotta il più possibile sicura.
Da quella località, le barche hanno navigato in regata fino ad Abu Dhabi, con una prova sprint.
Per la terza tappa si ripete il processo ma in maniera inversa, le barche partono da Abu Dhabi e sono poi caricate su una nave per raggiungere un porto sicuro e di lì riprendono la terza tappa con destinazione Sanya, in Cina.


LO SVILUPPO DELLA PIRATERIA NELL'OCEANO INDIANO
La pirateria soprattutto nelle zone della Somalia e dell'Indonesia si sviluppò nei primi anni 90.
Per contrastare questa minaccia è stata creata una task force navale internazionale denominata Combined Task Force 150, che si assume il compito di contrastare militarmente l'azione dei pirati.
Nel 2006 si registrò un lieve calo della pirateria in seguito all'attività dell'Unione delle Corti Islamiche. Tuttavia in seguito alla guerra in Somalia, sempre nel 2006 c'è stato un ulteriore incremento degli attacchi.
Nel maggio 2008 i guerriglieri islamici che si oppongono al Governo Federale di Transizione somalo hanno attaccato i pirati.
Nel giugno 2008 il governo somalo ha inviato una lettera con la quale richiedeva l'aiuto della comunità internazionale nell'affrontare atti di pirateria contro le navi che passano al largo delle coste somale.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato varie risoluzioni sulla pirateria somala, tramite le quali viene consentito alle nazioni che hanno preso accordi con il governo federale transitorio somalo, di entrare nelle acque territoriali somale per inseguire i pirati.
La Russia nel settembre 2008 ha annunciato di voler contribuire allo sforzo internazionale nella lotta contro la pirateria.
Nonostante il grande dispiegamento di forze da parte delle varie marine nazionali interessate, il fenomeno nel 2009 si è spostato verso le acque più profonde, minacciando navi a centinaia di km al largo delle coste somale.
Il 25 aprile 2009 al largo delle coste somale un'imbarcazione di pirati tenta di abbordare una nave da crociera italiana, la MSC Melody, con 991 passeggeri a bordo, ma il comandante Ciro Pinto riesce con delle manovre evasive a sfuggire, nonostante i pirati sparino con i Kalašnikov.
Nel 2010 un cargo con bandiera panamense ma con proprietà negli Emirati Arabi Uniti hanno reagito con successo ad un attacco e successivamente allertato una nave di pattuglia nella zona, il cui elicottero ha trovato l'imbarcazione attaccante con sette uomini a bordo, uno dei quali ucciso dal fuoco di armi leggere.
L'8 febbraio 2011 la petroliera italiana Savina Caylin da 105.000 t è stata sequestrata da pirati somali 500 miglia al largo delle coste africane, a metà strada con la costa indiana.
La nave è stata rilasciata solo a fine dicembre 2011.
Il 27 dicembre è stata sequestrata la nave Enrico Ievoli.
Altro attacco il 15 gennaio 2012 alla cisterna italiana Valdarno, sventato da una squadra della Marina Militare italiana dopo che l'equipaggio aveva dato l'allarme via radio e si era rifugiato nella cittadella (il locale blindato della nave) in attesa dei soccorsi.
Nell'incidente del 15 febbraio 2012, a circa 20 miglia nautiche dalla costa dell'India meridionale, nello Stato di Kerala, il distaccamento di protezione naviglio (DPN) a bordo della petroliera NM Enrica Lexie ritiene di aver sventato un tentativo di abbordaggio, sparando e mettendo in fuga un battello avvicinatosi alla nave.
L'attacco tipico dei pirati somali mostra che, anche se gli attacchi possono avvenire in qualsiasi momento, la maggior parte di essi si verifica durante il giorno, spesso nelle prime ore.
L'attacco inizia con piccole ed agili barche che possono raggiungere una velocità massima di 25 nodi.
Con l'aiuto di imbarcazioni d'appoggio, che includono barche da pesca e imbarcazioni mercantili precedentemente catturate, il raggio di azione dei pirati è aumentato di gran lunga fino ad estendersi all'Oceano Indiano.
Nel 2011, su 437 incidenti in cui erano coinvolti pirati (abbordaggi, dirottamenti e spari contro navi mercantili) 257 avvennero a largo delle coste della Somalia.
Nel 2013, nelle stesse acque, ci sono stati soltanto 11 incidenti (mentre sono stati 216 in tutto il mondo).
Secondo il Dipartimento di Stato americano, che ha una divisione che si occupa in modo specifico della lotta alla pirateria, ci sono diverse ragioni per spiegare la diminuizione degli attacchi da parte della pirateria somala.
La prima: le società di navigazione hanno cominciato ad adottare varie pratiche per proteggere le loro navi dagli attacchi dei pirati.
Manovre ad alta velocità, in modo da generare onde così alte da danneggiare le imbarcazioni inseguitrici, idranti posizionati intorno alla nave che sparano getti in grado di affondare piccole imbarcazioni.
Oppure: aree della nave sigillate e impenetrabili, dove l’equipaggio può ritirarsi, dopo aver spento i motori, in attesa che arrivino i soccorsi.
Alcune società hanno anche dotato le navi di una scorta armata: una misura che protegge dai pirati con molta efficacia.
La seconda: il grande dispiegamento di navi da guerra lungo le coste somale da parte delle marine di 25 paesi diversi.
La terza: l’approccio sempre più deciso con cui i vari governi hanno perseguito i pirati una volta arrestati che spesso in passato veniva rilasciati subito dopo l’arresto per via di una serie di complicazioni del diritto marittimo.
Comunque generalmente una nave attaccata viene affrontata di fianco e sono usate armi di piccolo calibro per intimidire l'operatore di macchina affinché rallenti e consenta l'attracco.
Vengono utilizzate scale pieghevoli per salire a bordo, poi i pirati cercano di ottenere il controllo del ponte per prendere il controllo operativo della nave.


MARE PERICOLOSI
I tratti di mare pericolosi per la navigazione sono tanti in tutto il mondo.
Alcuni Oceani sono rinomati per le violente e frequenti tempeste ma ci sono almeno quattro punti critici, rinomati in tutto il mondo e fin dall’antichità.


CAPO HORN
Capo Horn (in spagnolo Cabo de Hornos) viene indicato convenzionalmente come il punto più meridionale del Sudamerica.
Situato nell'arcipelago della Terra del Fuoco, nell'isola detta di capo Horn, non è in realtà il punto più meridionale del Sud America continentale che è rappresentato invece da Capo Froward.
A circa 100 km a sud-ovest di Capo Horn si trovano poi le piccole Isole Diego Ramirez, anch'esse considerate uno dei punti più a meridione del'America del sud.
Venne doppiato per la prima volta dagli europei il 26 gennaio 1616.
A scoprirla, nel 1616, furono due coraggiosi marinai olandesi, Schouten e Le Maire i quali non potevano raggiungere il Pacifico attraverso lo stretto di Magellano, scoperto quasi un secolo prima, perchè questo era riservato solo alle navi della Compagnia delle Indie.
Così prima di partire da Hoorn, la loro città natale da cui il nome dato all'isola e inglesizzato successivamente togliendo una o, le autorità dissero loro:
"Cari giovanotti, se scoprite una nuova rotta per andare nel Pacifico, allora potete commerciare liberamente, altrimenti...".
Altrimenti la galera perchè a quell' epoca nessuno poteva sfidare la Onorevole Compagnia, più potente di tutte le multinazionali di oggi messe insieme.
E galera fu perchè quando la loro nave arrivò nell' attuale Indonesia, Le Maire era misteriosamente morto e Schouten fu arrestato, mandato ad Amsterdam in catene e solo qualche anno dopo riabilitato.
Nessuno aveva creduto alla sua scoperta.
Comunque dal Capo si può scegliere di passare in mare aperto, dal canale di Drake, oppure nello Stretto di Magellano, attraverso le isole della Terra del Fuoco, che però offrono un passaggio lento e ricco di insidie.
In ogni caso Capo Horn va affrontato nella stagione estiva, quando le giornate durano circa 20 ore e le temperature sono un po meno proibitive.
Capo Horn è noto per le spesso avverse condizioni climatiche che rendono difficile il doppiarlo con imbarcazioni a vela.
Le acque aperte del Canale di Drake, a sud del capo, offrono ampi spazi di manovra, mentre lo stretto di Magellano, attraverso le isole della Terra del Fuoco, può offrire un passaggio lento e difficoltoso.
Il capo si trova nelle acque territoriali del Cile e la Marina di quel paese è rappresentata dal guardiano del faro che vi abita con la famiglia e che sovrintende la zona.
Il terreno è completamente privo di alberi, anche se la vegetazione è comunque presente grazie alle frequenti precipitazioni (il capo è spesso avvolto nella foschia e nella nebbia, essendo il tasso d'umidità dell'atmosfera sempre compreso tra il 70 % ed il 95 %).
Il motivo delle violenti tempeste che si infrangono su Capo Horn risiede nella costante presenza di vento da Ovest, che corre lungo l’Oceano australe, unita ad un repentino abbassamento della profondità del mare. Nello stretto di Drake il fondale passa improvvisamente da 4.000 m ad appena 100 m e questo causa la formazione di onde estremamente violente.
Questa impressionante differenza di profondità marina, unitamente alla forza dei venti circumpolari crea onde che spesso hanno il carattere della micidiale onda anomala, ragion per cui Capo Horn è considerato un "cimitero di navi".
Sotto capo Horn lo schiacciamento dovuto al basso fondale accorcia la lunghezza e aumenta l' altezza dell' onda con effetti disastrosi dovuti al rotolamento delle creste.
Non per niente ai timonieri delle navi impegnate a Capo Horn si ordinava di non guardare mai indietro. Come avrete capito, se le onde e i venti vanno da ovest a est, quella è anche la direzione più facile (si fa per dire!) in cui navigare.
Per chi invece vuole andare dall'Atlantico al Pacifico, Capo Horn può rivelarsi impossibile.
La navigazione controvento in quelle condizioni è una sfida mortale.
Questa è una delle ragioni per cui dopo la scoperta, Capo Horn fu poco frequentato dai velieri dei secoli passati.
L' ammiraglio inglese Lord Anson partito con otto navi nel 1741 arrivò nel Pacifico con tre soli vascelli perdendo un migliaio di uomini.
Capo Horn diventò celebre e frequentato solo verso la metà del secolo scorso quando la scoperta dell' oro in California spinse moltissimi velieri su quella rotta che era anche l' unica per collegare le due coste degli Stati Uniti.
Molti emigranti raggiunsero San Francisco ma molti altri riposano sotto Capo Horn.
Il primo yacht a vela a doppiare il capo è stato nel 1911 il Pandora di 11 metri dell' australiano Smeeton che però naufragò subito dopo e insieme ai sui tre compagni di sventura venne ripescato da una nave al largo delle Falkland.
Il primo navigatore solitario cui riuscì l' impresa fu invece l' argentino Vito Dumas che vi passò nel 1943 con una barca di appena nove metri.
I suoi venti terribili, soffiano tra i 160 km/h ed i 220 km/h e la grande massa d'acqua che vi confluisce fa scontrare le correnti atlantiche con quelle pacifiche.
I forti venti sono dovuti alle correnti d'aria da Ovest che corrono lungo l'Oceano australe, che poi colpiscono la catena delle Ande in Cile e sono forzate ad accelerare intorno a capo Horn, una roccia dalla forma semilunare ben definita, che cresce a picco dalle acque gelide, in altezza, avvicinandovisi progressivamente.
Esso segna il confine Nord del Passaggio di Drake, un braccio di mare tra Antartide e Terra del Fuoco, largo 440 miglia nautiche (quasi 815 km) che si abbassa drasticamente di profondità, così da creare un varco stretto tra il Sud America e l'Antartide.
I venti, come detto, sono spesso accompagnati da onde spaventose, che qui diventano ancora più impressionanti per la grande estensione dell'Oceano del Sud, che spesso è spinta da un regime di venti da Ovest a forzare attraverso il Passaggio di Drake.
La Marina ha registrato qui onde con altezze superiori ai 20 metri e non sono rari gli iceberg alla deriva.
La temperatura dell'aria è di 12 °C in estate (a gennaio) e di - 5 °C in inverno (a luglio).
La temperatura dell'acqua, invece, è sempre prossima allo zero.


PASSAGGIO A NORD-OVEST
Il leggendario Passaggio a Nord-Ovest è una rotta di circa 5.000 miglia, che va dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, attraversando l’arcipelago artico del Canada.
I primi tentativi di esplorazione risalgono al XV-XX secolo, quando gli europei iniziarono a cercare possibili rotte commerciali.
Il primo a completare il passaggio (in tre anni) fu il norvegese Roald Amundsen con un ex-peschereccio di 47 tonnellate.
Il passaggio a Nord-Ovest, una volta considerato quasi impossibile, si sta in realtà aprendo progressivamente per effetto del surriscaldamento globale.
I ghiacci si sono ritirati di diversi km, tanto da aprire la via anche alle grandi navi commerciali.
Nonostante ciò, resta uno dei tratti di mare più pericolosi da percorrere, a causa della costante presenza di ghiacci, che possono ancora bloccare il passaggio in ogni momento.


CAPO DI BUONA SPERANZA
Il Capo Di Buona Speranza, estremità meridionale del continente Africano, è un altro dei leggendari tratti di mare più pericolosi al mondo.
In realtà il punto più a sud e il punto d’incontro tra le acque del Oceano Atlantico e dell’Oceano Indiano sarebbe Capo Agulhas ma, chissà per quale motivo, la fama è toccata al Capo di Buona Speranza.
Il primo a doppiare questo angolo di mondo fu Bartolomeo Diaz, nel 1487, che lo chiamò “Capo tempestoso”.
Capo di Buona Speranza è infatti un altro di quei punti davvero critici per la navigazione.
Anche in questo caso si sommano l’incontro delle acque con differenti temperature e correnti, un abbassamento repentino del fondale, il forte vento da Ovest e le temperature antartiche.
Sono innumerevoli i naufragi documentati in questo tratto di mare, sia di barche da diporto che di navi commerciali.
Sicuramente conoscerete la leggenda dell’Olandese Volante, che aveva giurato di navigare in eterno pur di riuscire a doppiare il capo e che affondò ancora prima di  passarlo.


CAPO LEEUWIN
Capo Leeuwin è considerato erroneamente il punto più a sud dell’Australia e il punto d’incontro tra l’Oceano Indiano e l’Oceano Glaciale Antartico.
Il nome gli fu assegnato nel 1801 dal navigatore inglese Matthew Flinderscapo, in onore del vascello olandese “Leeuwin” che per primo lo doppiò, nel 1622.
Pur non essendo il punto più meridionale dell’Australia Capo Leeuwin fa parte delle “boe” naturali, utilizzate dalla maggior parte delle regate intorno al mondo (come la Vendée Globe)
Assieme agli altri due capi nominati fa parte della fascia di latitudine dei “Quaranta ruggenti“, così denominata proprio per indicare alcuni dei tratti di mare più pericolosi al mondo.


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martedì 28 aprile 2015

La Fastnet Race e La Tragedia Del 1979

La Fastnet Race è una gara fra imbarcazioni che si disputa al largo delle coste della Gran Bretagna.
Viene disputata ogni due anni ed è lunga 608 miglia nautiche.
Il percorso inizia al largo del porto di Cowes sull'isola di Wight, raggiunge lo scoglio di Fastnet vicino alla costa di sud-ovest dell'Irlanda e girato attorno ad esso si dirige verso Plymouth passando a sud dell'isola di Scilly.
Il Trofeo assegnato al vincitore è la Fastnet Challenge Cup.
La prima edizione della Fastnet venne vinta dall'imbarcazione britannica Jolie Brise nel 1925.
La International Offshore Rule (IOR) venne introdotta nel 1973 con le imbarcazioni che iniziarono ad esibire sponsorizzazioni.
La gara si svolge sempre lungo un percorso oceanico con acque agitate e venti molto forti.
Una delle edizioni passate alla storia per la sua tragicità fu quella del 1979.


FASTNET 1979
L’importante competizione, aveva preso il via, puntualissima, alle 13:30 di due giorni prima, sabato 11 agosto.
Approfittando della bella giornata di sole, migliaia di persone erano convenute nei pressi del porto di Cowes, nell’isola di Wight, per assistere alle affascinanti procedure della partenza.
Le oltre trecento imbarcazioni iscritte costituivano un vero e proprio record e un innegabile successo organizzativo.
Oltre alle cinquantasette partecipanti all’Admiral’s Cup, al via erano infatti presenti anche una sessantina di barche di quinta classe e circa duecento scafi indipendenti.
In gara c’erano quasi tremila uomini, la maggior parte dei quali semplici appassionati.
Un numero enorme, spiegabile solo grazie alle particolari condizioni meteorologiche in cui di norma si svolgeva la regata: mare calmo, venti leggeri e temperature miti.
Così, una dopo l’altra, le sei classi in cui erano stati inseriti i regatanti, presero il via.
La favorevole corrente presente nel Solent, lo stretto canale che separa l’isola di Wight dalla terraferma, spinse in poco tempo tutti i partecipanti oltre i bianchi bastioni dei Needles e, quindi, nel canale della Manica dove, a causa di un buon vento da sud-ovest, adottarono una tranquilla e obbligata navigazione di bolina.
Ma la Fastnet Race non è mai stata una gara semplice, anzi.
Dopo aver lasciato Cowes, le barche devono infatti costeggiare le coste della Cornovaglia, attraversare il mare d’Irlanda, doppiare il Fastnet Rock e, infine, rientrare nel porto di Plymouth.
In totale poco più di seicento miglia nautiche, di cui oltre la metà in pieno Oceano.
Sullo sfondo, a completare il quadro, la possibilità di incontrare insidie ambientali di una certa pericolosità.
Come avvenne quella volta.
Due giorni dopo, infatti, a ovest della Cornovaglia, le condizioni meteo subirono svariati mutamenti, tutti concentrati in poche ore: prima la nebbia, quindi la bonaccia e il tramonto infuocato, infine il giro e il rinforzo del vento.
Dunque la Fastnet Race del 1979 è tristemente nota come la più tragica regata di tutti i tempi, segnò un punto di svolta dal punto di vista delle azioni da compiere per incrementare la sicurezza in regata.
Un’insolita tinta rossa, attraversata da lunghe striature arancioni, infiammò l’intera volta, riflettendosi sulle onde che restituivano bagliori e riflessi inconsueti.
Un tramonto vagamente inquietante, sicuramente spettacolare.
Di sera, poi, il tempo cambiò ancora: il vento, che ora soffiava a venticinque nodi, ruotò verso sud-ovest, spingendo contro gli scafi che avevano già doppiato il faro di Land’s End, in Cornovaglia, onde sempre più grandi e nuvole che non promettevano nulla di buono.
Nel tardo pomeriggio di lunedì 13 agosto 1979 il cielo cominciò ad assumere una colorazione strana.
È vero che il meteo britannico aveva escluso la possibilità di una tempesta, ma l’evidenza diceva un’altra cosa.
Tutti, anche gli skipper più esperti, pretesero allora di essere rassicurati sull’evoluzione delle condizioni del tempo.
La Guardia Costiera, contravvenendo alle regole che vietavano ogni forma di assistenza, ebbe il compito di tranquillizzare i regatanti: per quel tratto di mare la BBC, che ogni sei ore emetteva un bollettino meteorologico, aveva sì individuato un vortice di bassa pressione in rapido transito, ma aveva anche escluso precipitazioni importanti.
Il suo minimo depressionario, di 1.010 millibar, non poteva infatti costituire un rischio reale per le imbarcazioni.
Raffiche sostenute (fino a trentatré nodi), alimentate da un vento forza sei/sette, erano previste soltanto nell’area circostante il faro di Fastnet.
Condizioni sicuramente difficili, ma niente di veramente pericoloso.
La ritrovata tranquillità da parte della maggior parte dei concorrenti durò tuttavia ben poco.
Negli stessi momenti, il mare, sollecitato da un vivace vento da nord-est, iniziò ad aumentare d’intensità.
La brezza, che aveva accompagnato fino a quel mattino le imbarcazioni in gara, era solo un ricordo, così come la strana cappa di nebbia, con relativa bonaccia, che subito dopo aveva avvolto i concorrenti.
La corsa verso il Fastnet Rock, lo scoglio irlandese da sempre boa naturale di metà percorso della prestigiosa Fastnet Race, era stata fortemente rallentata.
Appena calato il buio, infatti, il vento raddoppiò velocemente di intensità, mandando fuori scala gli anemometri.
Quando, poi, i barometri di bordo registrarono un crollo verticale della pressione atmosferica, fu chiaro a tutti che la tempesta che la BBC aveva così frettolosamente escluso stava invece per scoppiare.
Le condizioni del tempo e del mare si fecero subito molto difficili, tanto da spingere molti skipper ad ammainare anche le piccole e resistenti vele tormentine, che fin dal tramonto avevano sostituito gli spinnaker, i genoa e i fiocchi issati nel pomeriggio.
Servì a poco, anzi, a posteriori questa decisione si rivelò un errore.
Privati anche della velatura più robusta, che avrebbe almeno garantito una propulsione minima, ma sufficiente per governare meglio la situazione, quasi tutti gli scafi, soprattutto i più piccoli, si trovarono ben presto in balia degli elementi.
Molti alberi maestri e timoni furono distrutti dalla forza del vento e scaraventati in mare da autentici muri d’acqua che, in qualche caso, ghermirono anche alcuni sventurati marinai.


MORTI E SUPERSTITI
Le operazioni di recupero cominciarono quella notte stessa e coinvolsero circa quattromila uomini a bordo di mezzi navali britannici, irlandesi e olandesi.
A partire dalle prime luci dell’alba di martedì, con i venti calati sotto i quaranta nodi, poterono intervenire anche alcuni elicotteri Sea King che trassero in salvo centinaia di persone.
Di quindici marinai non si ebbero invece mai più notizie.
Alla fine, delle oltre trecento imbarcazioni iscritte, se ne ritirarono centonovantaquattro, quasi tutte appartenenti alle classi inferiori, cinque affondarono e ventiquattro vennero abbandonate in mare.
Per la cronaca la gara la vinse il Tenacious, uno scafo di proprietà del miliardario Ted Turner, che all’alba di martedì aveva doppiato il Fastnet Rock sommerso da onde alte venti metri.
Il veliero americano non fu tuttavia salutato dal consueto entusiasmo riservato al vincitore.
Gli spettatori presenti all’arrivo, infatti, decisero che, quella volta, la Fastnet Race l’avrebbe vinta ogni equipaggio che sarebbe riuscito a rientrare sano e salvo a Plymouth.
Migliaia di occhi commossi rimasero così in attesa a scrutare l’orizzonte.
Al termine della regata solo 85 yacht, la maggior parte delle classi maggiori, portarono a termine la sfida che stando alla cronache dell’epoca non fu neanche stilata ufficialmente.
In totale ci furono 15 morti e ben 24 equipaggi dovettero lasciare le loro barche.
Molte colarono a picco insieme ai membri degli equipaggi, mentre otre 130 persone furono miracolosamente salvate dalla morte grazie all’eroico intervento delle squadre di soccorso inglesi e bretoni che si mobilitarono in tempo per rendere meno tragico il numero delle perdite.

La tempesta fu talmente furiosa che si registrarono onde alte anche 20/25 metri che frangendosi  sulle barche le spazzarono via.
Velocità di oltre 70 nodi (125 km/h).
Insomma condizioni da uragano tropicale, amplificate dai bassi fondali dei Western Approaches.
A registrare le perdite maggiori furonoovviamente le piccole imbarcazioni molto leggere e non certo adatte ad affrontare simili condizioni meteo marine.
Le regole IOR dell’epoca permettevano infatti la partecipazione di molti scafi dal dislocamento medio leggero e con poca stabilità iniziale così che le onde li capovolsero più volte sbattendo fuori bordo i marinai.


QUALCHE NUMERO E GLI ERRORI COMMESSI
Delle 303 barche partite, 235 rimasero nella tempesta.
In generale:
46 barche cercarono di fuggire.
26 preferirono mettersi alla cappa con la tormentina a riva(molte di queste sono state ribaltate).
86 barche ammainarono le vele, rifugiandosi all'interno.
Complessivamente 76 barche si sono capovolte e 5 sono affondate con 24 equipaggi che hanno abbandonato le barche cercando di fuggire con delle zattere(sulle imbarcazioni ormai imperversavano le onde con alberi maestri distrutti, oggetti spostati da una parte all'altra e soprattutto gelo).
Più vittime sono state riscontrate negli equipaggi che si sono messi a cappa e soprattutto tra coloro che hanno abbandonato le barche rifugiandosi sulle zattere(molte si sono capovolte, altre sono state sommerse dalle onde per la rottura delle vele con gli equipaggi che sono rimasti al gelo).
24 barche sono state trovate quasi integre, anche se vuote dagli equipaggi.
Furono 15 le vittime con 6 dispersi in mare.
Centinaia i semi-assiderati recuperati in mare, 138 invece furono recuperati dai vari elicotteri.


ABBANDONATI NELLA TEMPESTA
Molti sopravvissuti alla tempesta negli anni hanno narrato le loro disavventure in vari libri, ma tra quelli in vendita il più bello e commovente è senz’altro quello scritto da Nick Ward: “Abbandonati Nella Tempesta” Nick, insieme ad altri cinque compagni di avventura, faceva parte dell’equipaggio del Grimalkin, un quinta classe che si trovò praticamente nell’occhio del ciclone dove la pressione scese fino a 979 millibar e si sollevarono onde alte come palazzi.
In quella notte di terrore Nick Ward si risvegliò in acqua dopo aver perso coscienza.
Per sua fortuna la cintura di sicurezza resistette alla forza delle onde e si ritrovò solo sul Grimalkin con Gerry Winks che moribondo lo lasciò dopo poco averlo riportato a bordo della barca ormai completamente alla deriva.
Gli altri membri dell’equipaggio, Matt Sheahan, Mike Doyle e Dave Wheeler, se n’erano andati su una zattera convinti che i due superstiti fossero morti come il padre di Matt mai più ritrovato.
La narrazione cruda ed aspra di quei momenti prima del salvataggio, avvenuto alle 20:45 del 14 agosto, rendono questo libro unico e coinvolgente tanto che sembra quasi di rivivere i tragici eventi.
Per oltre quindici di ore, Nick Ward sopravvisse sulla barca disalberata che, per sua fortuna, non voleva affondare.
Gerry gli morì tra le braccia e lui ne raccolse le ultime parole in ricordo della moglie adorata.
Secondo quanto emerge dal testo fu proprio il cadavere di Gerry, a cui Nick Ward si aggrappò per resistere, a dargli la forza di non morire.
Per ore e ore gli parlò, s’immaginò le sue risposte, arrivo persino ad insultarlo e buttarlo fuori bordo.
Il racconto di quel folle delirio notturno è certamente la parte più angosciosa ma anche più bella del libro.


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