Un mix unico di competizione, avventura e tecnologia dove si uniscono il fascino delle località toccate con il dramma e la resistenza dell’uomo agli elementi naturali.
Ognuno dei partecipanti ha una squadra velica composta da 11 membri d’equipaggio che possono gareggiare giorno e notte per più di 20 giorni alla volta in alcune tappe.
Ciascuno di essi assume diversi compiti a bordo della barca, e in cima a questi ruoli ci sono due marinai con formazione medica, un velaio, un ingegnere e un apposito membro dell'equipaggio dedito alle comunicazioni.
PERCORSO
Anche se il percorso è cambiato per adattarlo a vari porti di scalo, la gara parte in genere dall'Europa nel mese di ottobre, e nelle ultime edizioni ha avuto 9 o 10 tappe.
Il percorso per la gara 2008-2009 è stato modificato rispetto agli anni precedenti per includere per la prima volta scali in India ed in Asia.
Durante i nove mesi della Volvo Ocean Race 2011-12, le squadre hanno regatato le oltre 39.000 miglia nei più pericolosi mari del mondo, toccando Città del Capo, Abu Dhabi, Sanya, Auckland, passando da Capo Horn a Itajai, Miami, Lisbona e Lorient.
LA NASCITA
La “leggenda” vuole che tutto sia nato davanti una birra, su un bancone di un pub di Portsmouth.
Nel 1969 Robin Knox-Johnston vinse il Sunday Times Golden Globe Race entrando nella storia della vela: è stato il primo uomo a compiere una circumnavigazione in solitario del pianeta.
Pare che proprio la sua impresa colpì due personaggi chiave per la Volvo Ocean Race, Guy Pierce e Anthony Churchill, noti per le loro imprese in solitario e considerati i “padri” di questa competizione, convinti del potenziale di una regata simile a quella di Knox-Johnston ma affrontata in equipaggio.
All’epoca non esisteva una competizione simile e cominciarono a cercare uno sponsor che appoggiasse la loro idea, finché non la illustrarono alla Royal Naval Sailing Association.
Nel 1971, in quel famoso pub di Portsmouth, il colonnello Bill Whitbread e l’ammiraglio Otto Steiner della RNSA incontrarono Pierce e Churchill e tutto ebbe inizio.
I PERICOLI DEL MARE: TEMPESTE, DISPERSI E PIRATI
La prima competizione si è disputata nel 1973 e si chiamava Whitbread Race.
Vi parteciparono 17 imbarcazioni a vele quadre con a bordo 167 velisti che l’8 settembre partirono da Solent alla volta di Città del Capo.
La maggior parte erano semplici avventurieri “paganti” o marinai con poca esperienza: solo gli skipper erano pagati e avevano l’esperienza adeguata a questo tipo di navigazione.
All’epoca, inoltre, non esistevano le tecnologie odierne ed era tutto molto più spartano, qualità che rendeva la regata ancora più avvincente perché era probabilmente l’evento sportivo più lungo, difficile e pericoloso esistente.
E il pericolo fu subito evidente, visto che proprio in quella prima edizione tre velisti scomparsero in mare durante tempeste terribili.
Naturalmente ci fu chi subito chiese che la regata non venisse mai più ripetuta, ma il desiderio di avventura e di competizione ebbe la meglio e l’evento continuò ad esistere e a svolgersi ogni quattro anni.
Per oltre un trentennio la regata ha prodotto incredibili campioni, uno fra tutti il leggendario Peter Blake, lo skipper neozelandese che fu tragicamente assassinato dai pirati durante una missione di ricerca sul Rio delle Amazzoni, nel 2001.
I pirati gli spararono, uccidendolo, a bordo del suo veliero "Seamaster".
Ai tempi Sir Peter Blake, aveva 53 anni ed era stato il navigatore neozelandese del Team New Zealand vittorioso nelle due ultime Amarica's Cup, skipper nel 1995 a San Diego e presidente del team nel 2000 a Auckland.
La polizia brasiliana spiegò che a compiere l'omicidio era stato un gruppo di pirati conosciuti nella regione come "ratos da agua", topi di fiume: armati e mascherati sono saliti a bordo del veliero di soppiatto, di notte. La rapina è finita con una sparatoria.
Due membri dell'equipaggio di Blake sono stati feriti in modo serio e trasportati in ospedale.
Sempre secondo la polizia Blake ha reagito.
E' stato ucciso sul colpo.
I "topi di fiume" sono poi fuggiti rubando il motore del veliero e un orologio.
Nella prima edizione della Whitbread, Blake era imbarcato su Burton Cutter, ma fu solo in occasione della sesta edizione che fu incoronato come il campione più grande grazie alla vittoria in tutte le sei tappe dell’evento con Steinlager 2 (1989).
Altri nomi che hanno fatto la storia del giro del mondo, e della vela in generale, e che hanno partecipato alla “grande sfida” sono Dennis Conner, Paul Cayard, Chris Dickson, Eric Tabarly e Grant Dalton.
Nel tempo sono cambiate diverse cose.
Nel 2001-2002 il marchio Volvo acquistò l’evento, che fu ribattezzato Volvo Ocean Race, e portò una nuova forma di professionalità e un ruolo sempre più rilevante della vela come veicolo promozionale.
Gli equipaggi sono composti da 11 velisti professionisti (molti dei quali olimpici), la cui abilità, resistenza fisica e spirito agonistico vengono messi alla prova notte e giorno per oltre 30 giorni, in alcune delle tappe.
A bordo sono stati introdotti GPS, dissalatori e vari comfort nelle cabine e nella cambusa.
Nel 2008-09 l’evento è stato seguito in televisione da un miliardo e 300 milioni di persone.
La Volvo Ocean Race 2011-12 è stata l’11a edizione dell’evento, partita dal porto spagnolo di Alicante per finire a Galway, in Irlanda, nel luglio 2012.
Nel 2015 in corso la nuova edizione.
RACE CONTROL
Il cuore tecnologico della regata è il Race Control, ad Alicante, che ha tre scopi principali: la sicurezza delle barche, la gestione dei dati di posizionamento e la comunicazione con gli equipaggi, inclusa la trasmissione di una imponente massa di dati che vanno dalle e-mail personali, alle immagini fotografiche, testi, audio e video.
Quando la flotta è in navigazione, un gruppo di “ufficiali” gestisce l’operatività del Race Control costituendo il primo punto di contatto con le barche.
In eventuali situazioni critiche, il loro compito è quello di contattare il personale medico, il ceo della regata, il direttore e il servizio di soccorso in mare, il Rescue Coordination Centre, di Falmouth, nel Regno Unito.
Gli ufficiali monitorano e comunicano con la flotta attraverso uno speciale sistema detto Race Management System (RMS), mentre un enorme schermo mostra le immagini fotografiche e video provenienti dalle barche e un race tracker (sistema di posizionamento) ne indica la posizioni su una carta Google Earth.
Il centro ha otto posizioni di controllo, ognuna delle quali riporta dati differenti: meteo, posizione, temperatura dell’acqua, altezza delle onde etc.
Il monitoraggio della flotta è reso possibile dalla tecnologia satellitare.
Ogni barca è dotata di due unità di tracking, una collegata all’impianto elettrico (batteria/motore) usata come back up e in caso d’emergenza, e una portatile che può essere eventualmente utilizzata sulla zattera di salvataggio.
Nel caso in cui gli ufficiali di guardia non ricevano la posizione, questo sistema secondario può essere usato con una frequenza che va dall’ora fino a cinque minuti, per la gestione della crisi.
Grazie alla tecnologia satellitare, la flotta è in grado di connettersi al server della Volvo Ocean Race per scaricare le previsioni due volte al giorno.
I file contengono mappe e diagrammi meteo, immagini satellitari della copertura nuvolosa, mappe isobariche, del vento e dei fronti.
Gli equipaggi possono utilizzare tali dati con i software di navigazione che permettono loro di comparare e avere conferma delle situazioni meteo con le previsioni.
Il Race Control funziona anche da tramite fra il media team e la flotta, su ognuno degli scafi è infatti imbarcato un componente dell’equipaggio (media crew member) responsabile di produrre immagini foto e video della vita di bordo e di inviarle a terra.
OCEANO PACIFICO E TEMPERATURE
Le temperature scendono, compaiono coperte, a bordo si effettuano ispezioni approfondite ad albero e sartiame e si mettono in sicurezza gli effetti personali in vista del deteriorarsi delle condizioni meteo.
Segnali che richiamano il profondo sud, ma prima, per gli equipaggi, l’imperativo è stare concentrati sul raggiungimento del cancello posto a 36 gradi di latitudine sud, primo mark della frazione che assegnerà punti pesanti ai fini della classifica generale.
Wouter Verbraak, navigatore di Green Dragon: “Mi fa piacere vedere che tutti stanno prendendo sul serio l’aspetto sicurezza: dentro noi c’è ancora il ricordo della morte di Hans Horrevoets, finito in mare nel corso dell’ultima Volvo da bordo di ABN Amro Two.
Guillermo Altadill ha esortato tutti ad indossare le cinture di sicurezza, ricordando che il salvagente garantisce solo di poter galleggiare anche da morti.
Alle velocità raggiunte da queste barche, non c’è tempo per tornare indietro prima che l’ipotermia abbia completato il suo lavoro. E’ una realtà da tenere bene a mente”.
OCEANO INDIANO E RISCHIO PIRATI
Gli organizzatori della regata avevano annunciato nell' agosto 2011 che il percorso della seconda e terza tappa sarebbe stato ridisegnato a causa dell’aumentato rischio di attacchi di pirateria nell’Oceano Indiano(vicino la Somalia).
A pochi giorni dalla partenza della seconda tappa da Città del Capo, Jack Lloyd (direttore di regata) rese pubbliche parti del piano.
Le misure di sicurezza furono molto severe: la prima prevedeva una zona di esclusione che non permetteva alle barche di navigare in acque pericolose; la seconda prevedeva che gli scafi si dirigessero verso un porto sicuro per essere caricati su una nave che li ha trasportati verso la costa settentrionale degli Emirati, seguendo una rotta il più possibile sicura.
Da quella località, le barche hanno navigato in regata fino ad Abu Dhabi, con una prova sprint.
Per la terza tappa si ripete il processo ma in maniera inversa, le barche partono da Abu Dhabi e sono poi caricate su una nave per raggiungere un porto sicuro e di lì riprendono la terza tappa con destinazione Sanya, in Cina.
LO SVILUPPO DELLA PIRATERIA NELL'OCEANO INDIANO
La pirateria soprattutto nelle zone della Somalia e dell'Indonesia si sviluppò nei primi anni 90.
Per contrastare questa minaccia è stata creata una task force navale internazionale denominata Combined Task Force 150, che si assume il compito di contrastare militarmente l'azione dei pirati.
Nel 2006 si registrò un lieve calo della pirateria in seguito all'attività dell'Unione delle Corti Islamiche. Tuttavia in seguito alla guerra in Somalia, sempre nel 2006 c'è stato un ulteriore incremento degli attacchi.
Nel maggio 2008 i guerriglieri islamici che si oppongono al Governo Federale di Transizione somalo hanno attaccato i pirati.
Nel giugno 2008 il governo somalo ha inviato una lettera con la quale richiedeva l'aiuto della comunità internazionale nell'affrontare atti di pirateria contro le navi che passano al largo delle coste somale.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato varie risoluzioni sulla pirateria somala, tramite le quali viene consentito alle nazioni che hanno preso accordi con il governo federale transitorio somalo, di entrare nelle acque territoriali somale per inseguire i pirati.
La Russia nel settembre 2008 ha annunciato di voler contribuire allo sforzo internazionale nella lotta contro la pirateria.
Nonostante il grande dispiegamento di forze da parte delle varie marine nazionali interessate, il fenomeno nel 2009 si è spostato verso le acque più profonde, minacciando navi a centinaia di km al largo delle coste somale.
Il 25 aprile 2009 al largo delle coste somale un'imbarcazione di pirati tenta di abbordare una nave da crociera italiana, la MSC Melody, con 991 passeggeri a bordo, ma il comandante Ciro Pinto riesce con delle manovre evasive a sfuggire, nonostante i pirati sparino con i Kalašnikov.
Nel 2010 un cargo con bandiera panamense ma con proprietà negli Emirati Arabi Uniti hanno reagito con successo ad un attacco e successivamente allertato una nave di pattuglia nella zona, il cui elicottero ha trovato l'imbarcazione attaccante con sette uomini a bordo, uno dei quali ucciso dal fuoco di armi leggere.
L'8 febbraio 2011 la petroliera italiana Savina Caylin da 105.000 t è stata sequestrata da pirati somali 500 miglia al largo delle coste africane, a metà strada con la costa indiana.
La nave è stata rilasciata solo a fine dicembre 2011.
Il 27 dicembre è stata sequestrata la nave Enrico Ievoli.
Altro attacco il 15 gennaio 2012 alla cisterna italiana Valdarno, sventato da una squadra della Marina Militare italiana dopo che l'equipaggio aveva dato l'allarme via radio e si era rifugiato nella cittadella (il locale blindato della nave) in attesa dei soccorsi.
Nell'incidente del 15 febbraio 2012, a circa 20 miglia nautiche dalla costa dell'India meridionale, nello Stato di Kerala, il distaccamento di protezione naviglio (DPN) a bordo della petroliera NM Enrica Lexie ritiene di aver sventato un tentativo di abbordaggio, sparando e mettendo in fuga un battello avvicinatosi alla nave.
L'attacco tipico dei pirati somali mostra che, anche se gli attacchi possono avvenire in qualsiasi momento, la maggior parte di essi si verifica durante il giorno, spesso nelle prime ore.
L'attacco inizia con piccole ed agili barche che possono raggiungere una velocità massima di 25 nodi.
Con l'aiuto di imbarcazioni d'appoggio, che includono barche da pesca e imbarcazioni mercantili precedentemente catturate, il raggio di azione dei pirati è aumentato di gran lunga fino ad estendersi all'Oceano Indiano.
Nel 2011, su 437 incidenti in cui erano coinvolti pirati (abbordaggi, dirottamenti e spari contro navi mercantili) 257 avvennero a largo delle coste della Somalia.
Nel 2013, nelle stesse acque, ci sono stati soltanto 11 incidenti (mentre sono stati 216 in tutto il mondo).
Secondo il Dipartimento di Stato americano, che ha una divisione che si occupa in modo specifico della lotta alla pirateria, ci sono diverse ragioni per spiegare la diminuizione degli attacchi da parte della pirateria somala.
La prima: le società di navigazione hanno cominciato ad adottare varie pratiche per proteggere le loro navi dagli attacchi dei pirati.
Manovre ad alta velocità, in modo da generare onde così alte da danneggiare le imbarcazioni inseguitrici, idranti posizionati intorno alla nave che sparano getti in grado di affondare piccole imbarcazioni.
Oppure: aree della nave sigillate e impenetrabili, dove l’equipaggio può ritirarsi, dopo aver spento i motori, in attesa che arrivino i soccorsi.
Alcune società hanno anche dotato le navi di una scorta armata: una misura che protegge dai pirati con molta efficacia.
La seconda: il grande dispiegamento di navi da guerra lungo le coste somale da parte delle marine di 25 paesi diversi.
La terza: l’approccio sempre più deciso con cui i vari governi hanno perseguito i pirati una volta arrestati che spesso in passato veniva rilasciati subito dopo l’arresto per via di una serie di complicazioni del diritto marittimo.
Comunque generalmente una nave attaccata viene affrontata di fianco e sono usate armi di piccolo calibro per intimidire l'operatore di macchina affinché rallenti e consenta l'attracco.
Vengono utilizzate scale pieghevoli per salire a bordo, poi i pirati cercano di ottenere il controllo del ponte per prendere il controllo operativo della nave.
MARE PERICOLOSI
I tratti di mare pericolosi per la navigazione sono tanti in tutto il mondo.
Alcuni Oceani sono rinomati per le violente e frequenti tempeste ma ci sono almeno quattro punti critici, rinomati in tutto il mondo e fin dall’antichità.
CAPO HORN
Capo Horn (in spagnolo Cabo de Hornos) viene indicato convenzionalmente come il punto più meridionale del Sudamerica.
Situato nell'arcipelago della Terra del Fuoco, nell'isola detta di capo Horn, non è in realtà il punto più meridionale del Sud America continentale che è rappresentato invece da Capo Froward.
A circa 100 km a sud-ovest di Capo Horn si trovano poi le piccole Isole Diego Ramirez, anch'esse considerate uno dei punti più a meridione del'America del sud.
Venne doppiato per la prima volta dagli europei il 26 gennaio 1616.
A scoprirla, nel 1616, furono due coraggiosi marinai olandesi, Schouten e Le Maire i quali non potevano raggiungere il Pacifico attraverso lo stretto di Magellano, scoperto quasi un secolo prima, perchè questo era riservato solo alle navi della Compagnia delle Indie.
Così prima di partire da Hoorn, la loro città natale da cui il nome dato all'isola e inglesizzato successivamente togliendo una o, le autorità dissero loro:
"Cari giovanotti, se scoprite una nuova rotta per andare nel Pacifico, allora potete commerciare liberamente, altrimenti...".
Altrimenti la galera perchè a quell' epoca nessuno poteva sfidare la Onorevole Compagnia, più potente di tutte le multinazionali di oggi messe insieme.
E galera fu perchè quando la loro nave arrivò nell' attuale Indonesia, Le Maire era misteriosamente morto e Schouten fu arrestato, mandato ad Amsterdam in catene e solo qualche anno dopo riabilitato.
Nessuno aveva creduto alla sua scoperta.
Comunque dal Capo si può scegliere di passare in mare aperto, dal canale di Drake, oppure nello Stretto di Magellano, attraverso le isole della Terra del Fuoco, che però offrono un passaggio lento e ricco di insidie.
In ogni caso Capo Horn va affrontato nella stagione estiva, quando le giornate durano circa 20 ore e le temperature sono un po meno proibitive.
Capo Horn è noto per le spesso avverse condizioni climatiche che rendono difficile il doppiarlo con imbarcazioni a vela.
Le acque aperte del Canale di Drake, a sud del capo, offrono ampi spazi di manovra, mentre lo stretto di Magellano, attraverso le isole della Terra del Fuoco, può offrire un passaggio lento e difficoltoso.
Il capo si trova nelle acque territoriali del Cile e la Marina di quel paese è rappresentata dal guardiano del faro che vi abita con la famiglia e che sovrintende la zona.
Il terreno è completamente privo di alberi, anche se la vegetazione è comunque presente grazie alle frequenti precipitazioni (il capo è spesso avvolto nella foschia e nella nebbia, essendo il tasso d'umidità dell'atmosfera sempre compreso tra il 70 % ed il 95 %).
Il motivo delle violenti tempeste che si infrangono su Capo Horn risiede nella costante presenza di vento da Ovest, che corre lungo l’Oceano australe, unita ad un repentino abbassamento della profondità del mare. Nello stretto di Drake il fondale passa improvvisamente da 4.000 m ad appena 100 m e questo causa la formazione di onde estremamente violente.
Questa impressionante differenza di profondità marina, unitamente alla forza dei venti circumpolari crea onde che spesso hanno il carattere della micidiale onda anomala, ragion per cui Capo Horn è considerato un "cimitero di navi".
Sotto capo Horn lo schiacciamento dovuto al basso fondale accorcia la lunghezza e aumenta l' altezza dell' onda con effetti disastrosi dovuti al rotolamento delle creste.
Non per niente ai timonieri delle navi impegnate a Capo Horn si ordinava di non guardare mai indietro. Come avrete capito, se le onde e i venti vanno da ovest a est, quella è anche la direzione più facile (si fa per dire!) in cui navigare.
Per chi invece vuole andare dall'Atlantico al Pacifico, Capo Horn può rivelarsi impossibile.
La navigazione controvento in quelle condizioni è una sfida mortale.
Questa è una delle ragioni per cui dopo la scoperta, Capo Horn fu poco frequentato dai velieri dei secoli passati.
L' ammiraglio inglese Lord Anson partito con otto navi nel 1741 arrivò nel Pacifico con tre soli vascelli perdendo un migliaio di uomini.
Capo Horn diventò celebre e frequentato solo verso la metà del secolo scorso quando la scoperta dell' oro in California spinse moltissimi velieri su quella rotta che era anche l' unica per collegare le due coste degli Stati Uniti.
Molti emigranti raggiunsero San Francisco ma molti altri riposano sotto Capo Horn.
Il primo yacht a vela a doppiare il capo è stato nel 1911 il Pandora di 11 metri dell' australiano Smeeton che però naufragò subito dopo e insieme ai sui tre compagni di sventura venne ripescato da una nave al largo delle Falkland.
Il primo navigatore solitario cui riuscì l' impresa fu invece l' argentino Vito Dumas che vi passò nel 1943 con una barca di appena nove metri.
I suoi venti terribili, soffiano tra i 160 km/h ed i 220 km/h e la grande massa d'acqua che vi confluisce fa scontrare le correnti atlantiche con quelle pacifiche.
I forti venti sono dovuti alle correnti d'aria da Ovest che corrono lungo l'Oceano australe, che poi colpiscono la catena delle Ande in Cile e sono forzate ad accelerare intorno a capo Horn, una roccia dalla forma semilunare ben definita, che cresce a picco dalle acque gelide, in altezza, avvicinandovisi progressivamente.
Esso segna il confine Nord del Passaggio di Drake, un braccio di mare tra Antartide e Terra del Fuoco, largo 440 miglia nautiche (quasi 815 km) che si abbassa drasticamente di profondità, così da creare un varco stretto tra il Sud America e l'Antartide.
I venti, come detto, sono spesso accompagnati da onde spaventose, che qui diventano ancora più impressionanti per la grande estensione dell'Oceano del Sud, che spesso è spinta da un regime di venti da Ovest a forzare attraverso il Passaggio di Drake.
La Marina ha registrato qui onde con altezze superiori ai 20 metri e non sono rari gli iceberg alla deriva.
La temperatura dell'aria è di 12 °C in estate (a gennaio) e di - 5 °C in inverno (a luglio).
La temperatura dell'acqua, invece, è sempre prossima allo zero.
PASSAGGIO A NORD-OVEST
Il leggendario Passaggio a Nord-Ovest è una rotta di circa 5.000 miglia, che va dall’Oceano Atlantico all’Oceano Pacifico, attraversando l’arcipelago artico del Canada.
I primi tentativi di esplorazione risalgono al XV-XX secolo, quando gli europei iniziarono a cercare possibili rotte commerciali.
Il passaggio a Nord-Ovest, una volta considerato quasi impossibile, si sta in realtà aprendo progressivamente per effetto del surriscaldamento globale.
I ghiacci si sono ritirati di diversi km, tanto da aprire la via anche alle grandi navi commerciali.
Nonostante ciò, resta uno dei tratti di mare più pericolosi da percorrere, a causa della costante presenza di ghiacci, che possono ancora bloccare il passaggio in ogni momento.
CAPO DI BUONA SPERANZA
Il Capo Di Buona Speranza, estremità meridionale del continente Africano, è un altro dei leggendari tratti di mare più pericolosi al mondo.
In realtà il punto più a sud e il punto d’incontro tra le acque del Oceano Atlantico e dell’Oceano Indiano sarebbe Capo Agulhas ma, chissà per quale motivo, la fama è toccata al Capo di Buona Speranza.
Il primo a doppiare questo angolo di mondo fu Bartolomeo Diaz, nel 1487, che lo chiamò “Capo tempestoso”.
Capo di Buona Speranza è infatti un altro di quei punti davvero critici per la navigazione.
Anche in questo caso si sommano l’incontro delle acque con differenti temperature e correnti, un abbassamento repentino del fondale, il forte vento da Ovest e le temperature antartiche.
Sono innumerevoli i naufragi documentati in questo tratto di mare, sia di barche da diporto che di navi commerciali.
Sicuramente conoscerete la leggenda dell’Olandese Volante, che aveva giurato di navigare in eterno pur di riuscire a doppiare il capo e che affondò ancora prima di passarlo.
CAPO LEEUWIN
Capo Leeuwin è considerato erroneamente il punto più a sud dell’Australia e il punto d’incontro tra l’Oceano Indiano e l’Oceano Glaciale Antartico.
Il nome gli fu assegnato nel 1801 dal navigatore inglese Matthew Flinderscapo, in onore del vascello olandese “Leeuwin” che per primo lo doppiò, nel 1622.
Pur non essendo il punto più meridionale dell’Australia Capo Leeuwin fa parte delle “boe” naturali, utilizzate dalla maggior parte delle regate intorno al mondo (come la Vendée Globe)
Assieme agli altri due capi nominati fa parte della fascia di latitudine dei “Quaranta ruggenti“, così denominata proprio per indicare alcuni dei tratti di mare più pericolosi al mondo.
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