Fine agosto è stato un mese molto "caldo" negli USA e in NFL e non solo per le temperature.
Il 26 agosto infatti, Colin Kaepernick, quarterback della squadra di football dei San Francisco 49ers, prima di una partita di preseason contro i Green Bay Packers, è rimasto seduto durante "The Star Splanged Banner" l’inno nazionale americano (che viene suonato tradizionalmente prima di ogni partita).
Seduto, lontano dai compagni.
Il nativo di Milwaukee, dopo aver giocato nell'università del Nevada, approdò in NFL nel 2011, venendo scelto al secondo giro del draft.
Kaepernick: "Non starò in piedi per dimostrare il mio orgoglio per la bandiera di un paese che opprime i neri e le minoranze etniche. Per me è più importante del football, e sarebbe egoista guardare dall’altra parte. Ci sono corpi per le strade e persone che la fanno franca dopo aver assassinato qualcuno"
La NFL ha spiegato che i giocatori sono incoraggiati a stare in piedi durante l’inno, ma non è un obbligo.
I 49ers invece hanno diffuso un comunicato in cui hanno detto che l’esecuzione dell’inno nazionale è un momento importante e un’opportunità per onorare gli Stati Uniti e i principi di libertà su cui si fondano.
Proprio per questi principi, però, i 49ers hanno detto di riconoscere il diritto di Kaepernick a non partecipare alla cerimonia dell’inno.
La protesta di Kaepernick che nel 2013 guidò i 49ers al Super Bowl ma che da allora ha fatto alcune stagioni deludenti ha provocato reazioni diverse, dentro e fuori dal mondo del football americano. Alcuni giocatori hanno criticato Kaepernick, dicendo che avrebbe potuto trovare un modo migliore per protestare e che lo sport non c'entra niente con la politica.
Kaepernick ha una madre biologica bianca e un padre biologico nero, ma è stato cresciuto da genitori bianchi: qualcuno ha anche suggerito che la sua storia personale non lo renda adatto a protestare per i diritti dei neri.
Il giorno dopo la partita Kaepernick ha annunciato durante un programma televisivo che avrebbe continuato a protestare stando seduto durante l’inno finché il trattamento dei neri negli Stati Uniti non fosse cambiato.
LE OPINIONI DI TIFOSI, STAMPA E POLITICA
Molti tifosi hanno considerato la protesta di Kaepernick un gesto irrispettoso verso gli Stati Uniti e verso l’esercito americano: qualcuno ha bruciato la sua maglia, la San Francisco Police Officers Association ha mandato un comunicato alla NFL in cui ha definito la situazione «imbarazzante» per la lega, ed è intervenuto anche il candidato Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump, che ha suggerito che Kaepernick «forse dovrebbe trovare un paese che gli piace di più».
Molti hanno definito Kaepernick «un traditore» e il giocatore più odiato della lega.
Kaepernick ha difeso la sua protesta dicendo di non essere anti-americano e di avere rispetto per i soldati che «sacrificano la propria vita e si mettono in pericolo per la mia libertà di espressione».
Durante una partita giocata lo scorso primo settembre dai 49ers contro i San Diego Chargers, Kaepernick è stato fischiato fin dal riscaldamento, e poi durante la partita a ogni sua azione.
Durante l’inno però il suo compagno di squadra Eric Reid, nero anche lui, si è unito alla protesta di Kaepernick, inginocchiandosi con lui durante l’inno.
Anche Jeremy Lane, cornerback dei Seattle Seahawks, è rimasto seduto durante l’inno prima di una partita della sua squadra.
E' evidente che Kaepernick ce l'avesse contro la polizia americana che spesso l’ha fatta franca e al sostegno del Black Lives Matter («Le vite dei neri contano»), il movimento per il risveglio dei diritti civili dei neri americani.
E un’estate divenuta via via incandescente per la strage alla veglia di Dallas con l’afroamericano Micah Johnson che uccideva cinque agenti, quel sottile filo ancora esistente tra bianchi e neri che si spezzava, forse definitivamente, con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama che prendeva parola certificando l’esistenza della «questione nera» durante il suo mandato alla Casa Bianca.
Una questione che è entrata prepotentemente anche nella campagna elettorale per la Casa Bianca, con Donald Trump che sparge benzina sul fuoco quasi ogni giorno, idem il governatore repubblicano del Maine Paul LePage, secondo cui il 90% degli arrestati per droga nel suo stato sono neri o ispanici.
IL FUTURO IN NFL
Comunque per via di questa protesta, nessuna squadra di NFL sembra più volerlo.
Qualche settimana fa diverse centinaia di persone hanno partecipato a una manifestazione a Manhattan, dove c’è la sede della NFL, per chiedere che finisse quello che sembra essere una sorta di boicottaggio.
Kaepernick giocava in una delle più forti ed è strano che nessuna squadra, da allora, si sia fatta più avanti.
Eppure negli ultimi 6 mesi sono stati messi sotto contratto ben 33 quarterback.
Baltimora e Seattle hanno messo sotto contratto «quarterback con poca o nessuna esperienza» (Seattle ufficialmente non l'ha preso perchè secondo loro meriterebbe un posto da titolare e loro cercavano una riserva, invece i Ravens hanno declinato all'ultimo) e i Miami Dolphins hanno preferito prendere Jay Cutler, che ha 34 anni e aveva deciso di ritrarsi, invece di puntare su un giocatore come Kaepernick forte e con ancora diversi anni di carriera davanti.
Dirigente anonimo di una squadra NFL: "La sua abilità in campo non c'entra. Nella valutazione su di lui, pesa il rischio di stravolgere il concetto di squadra mettendo sotto contratto un giocatore, soprattutto un quarterback, il fulcro dell'attacco nel football, che pone i propri obiettivi personali aldi sopra di tutto mentre noi vogliamo che per i nostri atleti la squadra sia al primo posto. Per uno con le sue qualità, uno che forse merita di essere titolare ma che ha bisogno che l'attacco sia costruito attorno alle sue caratteristiche, forse non vale la pena rischiare tanto. Non disapprovo ciò che ha fatto, solo che il posto di lavoro non è il posto giusto per prendere posizioni politiche"
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