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venerdì 21 settembre 2018

La Storia Di Brett Favre: Alcol, Dipendenza Da Farmaci e Perdita Di Memoria (NFL)

Brett Favre, quarterback che ha speso gran parte della sua carriera sportiva ai Green Bay Packers, dopo 19 straordinarie stagioni nella NFL decise di ritirarsi chiudendo la sua carriera nei Minnesota Vikings.
La sua carriera rischiò di finire prematuramente la sera del 14 luglio 1990 quando fu coinvolto in un terrificante incidente stradale: a poche centinaia di metri dalla casa dei suoi genitori, Favre perse il controllo della macchina, la quale si ribaltò tre volte in aria prima di finire contro un albero.
Dopo aver subito l'asportazione di quasi 80 centimetri di intestino, Favre riuscì a tornare a giocare e nel draft del 1991 fu scelto al secondo giro (33sima scelta assoluta) dagli Atlanta Falcons.
Nel suo unico anno ai Falcons, Favre si fece notare più per la sua passione per le feste e per i continui scontri con l'allenatore Jerry Glanville che per il suo gioco.
Riguardo il suo rapporto con Glanville, rimane famoso l'episodio in cui Favre non si presentò per la foto di squadra poiché la sera prima l'aveva passata a festeggiare.
L'anno successivo venne ceduto ai Green Bay Packers in cambio della loro prima scelta al draft, in quello che sarà ricordato come uno degli errori più grandi della storia della NFL.
Dopo un anno agli Atlanta Falcons nel 1991, finisce quindi ai Packers con i quali vincerà anche il Super Bowl XXXI (1996).
L'anno successivo riportò i Packers al Super Bowl ma questa volta andò male.
Fu anche l'unico giocatore a vincere tre AP MVP Awards consecutivi.


PROBLEMI CON L'ALCOL
"Non avevo bevuto per 12 anni, neppure una goccia per 12 anni", racconta Favre aprendo il capitolo dei suoi problemi con l'alcol.
Seri, al punto da dover ricorrere anche lì a un periodo di riablitazione: "Mia moglie Deanna mi aveva dato un ultimatum: devi smetterla o vado via".
Brett ammette di non aver mai amato il sapore dell'alcol ma, in un certo periodo della sua vita, solo i suoi effetti.


VINCERE UN SUPERBOWL DA UBRIACO
In principio fu Max McGee.
Siamo al primo Superbowl, nel 1967, dove a contendersi il trofeo furono Packers e Chief.
Max McGee dei Green Bay, la franchigia del mitico Lombardi, decise di uscire la sera prima del match.
Il 34enne ricevitore, raramente utilizzato in stagione tanto da aver ricevuto solo 4 passaggi in tutto il campionato, pensò che avrebbe trascorso l’ambita finale tutto il tempo in panchina e optò per trascorrere le ore precedenti a gustarsi i piaceri della vita fra un bicchiere e l’altro.
Così, dopo aver fatto compagnia ad alcune persone che aspettavano, presso l’hotel del bar, in attesa di partire per l’aeroporto, McGee passò la nottata fuori a spasso per LA, facendo ritorno in hotel non prima dell 6.30 del mattino.
Ovviamente, effettuò uno dei peggiori riscaldamenti della sua vita, considerato il mal di testa che lo affliggeva pesantemente.
E dopo appena tre quarti, ecco la grande occasione della vita.
Il ricevitore titolare, Boyd Dowler, si infortuna alla spalla e non può proseguire il match.
Tutto passa, tutto scorre, così anche gli effetti di una sbornia!
Riceve un pallone  e correndo per 37 yards sigla il primo touchdown della storia del Super Bowl! McGee terminerà il match con sei ricezioni per complessive 138 yards, contribuendo al successo per 35-10 dei Green Bay, che si ripeteranno anche l’anno successivo contro Oakland Raiders.
Stavolta McGee, memore dell’esperienza, si presenterà lucido all’appuntamento, siglando anche in quell’occasione un TD.
30 anni dopo la storia volle ripetersi: stavolta il protagonista fu il già citato Brett Favre.
Come detto già “vittima” dell’alcol nel corso della sua carriera, Favre, ancora a digiuno di vittorie nel Superbowl, passò l’intera notte a spasso per New Orleans e venne beccato ubriaco nei pressi di Bourbon Street.
Il giorno dopo, il 26 gennaio 1997 presso il Louisiana Superdome, Favre non fece altro che vomitare prima dell’inizio del match contro i New England Patriots mentre la dirigenza del club si affrettò ad indicarne come gli effetti di una sfortunata influenza.
Ma la classe dell’uomo di Gulfport era superiore a tutto: il Super Bowl XXXI vide il marchio Favre apposto sopra il risultato finale: lanciò per 246 yards e due touchdown nella vittoria per 35-21, per la franchigia che non vinceva più dai tempi di Vince Lombardi.


LA MORTE DEL PADRE
Lo chiamavano tutti "Big Irv", coach in una high school, morto nel 2003 per un infarto: era il padre di Brett.
Era l'uomo che ha costruito uno dei più forti quarterback della storia.

"Se cresci in una famiglia con un allenatore di football che sembra un sergente martellante non puoi che venir su come un tipo duro. I suoi consigli erano perentori, del tipo: "Muovi il culo". 
Senza contare che la maggior parte delle volte lo stavo già facendo. Cercavo le sue attenzioni. 
Ma lui era così e mi sono anche sentito ferito, a volte. 
Non ha mai detto che ci amava, a noi bambini. 
Ma noi lo sapevamo. E viceversa: non glielo abbiamo mai detto"

Irv Favre chiedeva il massimo ai suoi figli.
Spiega Deanna, moglie di Brett: "Mio marito provava a impressionare il suo allenatore, ma al contempo provava anche a rendere orgoglioso suo padre, un doppio sacrificio per lui". 
E il QB conferma: "Mi sentivo sempre come se stessi provando a dimostrargli che potevo lanciare a 80 yard e anche attraverso un muro".
Il giorno dopo che suo padre morì, Favre decise di giocare in una partita di football contro gli Oakland Raiders.
I Packers si recarono a Oakland dove Favre lanciò quattro touchdown nel primo tempo e 399 yard totali per una vittoria (41-7) sui Raiders.
Completò il 73,3% dei suoi passaggi e terminando la partita con una valutazione perfetta di 158,3.
In seguito, Favre disse: "Sapevo che mio padre avrebbe voluto che giocassi, lo amo così tanto e adoro questo gioco, è stato una grande cose per me, per mio padre, per la mia famiglia".
Dopo la partita, andò al funerale di suo padre a Pass Christian, nel Mississippi.


TRAGEDIE PERSONALI
Nell'ottobre del 2004, dieci mesi dopo la morte di suo padre, suo cognato, Casey Tynes, fu ucciso in un incidente stradale.
Poco dopo, nel 2004, alla moglie di Brett, Deanna Favre, fu diagnosticato un cancro al seno.
Dopo il trattamento riuscì a recuperare.
Alla fine di agosto 2005, la famiglia di Favre subì un'altra battuta d'arresto: l' uragano Katrina attraversò il Mississippi, distruggendo la casa della sua famiglia; tuttavia, nessuno dei membri della sua famiglia fu ferito.
Anche la proprietà di Brett e Deanna a Hattiesburg, nel Mississippi, fu gravemente danneggiata dalla tempesta.


LA DIPENDENZA DA FARMACI
Nel 1996 la NFL convinse il quarterback a trascorrere due mesi di riabilitazione alla Menninger Clinic di Topeka, nel Kansas.

 "Ho avuto seri problemi con le pillole del dolore"

Minacciò più volte di volersene andare da lì ma gli ufficiali della lega furono irremovibili: "Bene: fallo e non giocherai".
Brett qualche anno fa prendeva 800 milligrammi di Ibuprofene tre volte al giorno e fortunatamente è da considerarsi passato remoto il tempo in cui assumeva, invece, forti dosi del narcotico Vicodin, che genera una forte dipendenza, per sconfiggere i traumi fisici causati dal football.
Nel 2004 i Packers vinsero 10-6 contro i New York Giants.
Durante la partita, Favre subì una commozione cerebrale.
Non ricevette l'autorizzazione medica per rientrare nel gioco.
Nonostante la commozione, Favre lanciò un touchdown di 28 yard a Javon Walker in un quarto down.
Successivamente è stato riferito che Favre non ricordava di aver lanciato il touchdown pass.
Si ricorda anche quello che successe nella finale di conference contro i New Orleans, che sarebbero poi diventati i campioni del mondo.
In quel match, concluso ai supplementari, Favre uscì infortunato contro difensori scatenati che puntavano dritto alla sua incolumità.
In particolare subì un terribile placcaggio che lo ha azzoppato nel momento clou del match.
Davanti agli esterrefatti compagni tornò in campo invece di restare in barella.
Vecchia intervista prima del 2009: "Ad esempio qualche settimana fa mi sono sentito malissimo: le caviglie, poi. Non c'era movimento, scendendo giù dal letto, che potessi fare. Zoppicavo. 
Sette giorni prima ero stato colpito a una spalla. Ho provato a sollevare le braccia ed era come se fossero gravate da un peso di venti pounds". 
Favre giocava da quando era un bambino, provate a immaginare quanti colpi ha dovuto sopportare il suo fisico.
I muscoli di spalle e braccia hanno subito seri infortuni e soffre di un male degenerativo all'anca.
E se gli chiedi delle commozioni cerebrali, argomento delicato per tutti i giocatori, ti risponde così: "Non è un problema da ridere, ma ne ho avute più di quante ne possa ricordare. Certo, ti fanno vedere un po' le stelle ma insomma, capiamoci, questo è il football, ragazzi".


PERDITA DI MEMORIA
Oggi, Brett, è affetto da encefalopatia acuta da trauma e sta perdendo, inesorabilmente, la memoria. Troppi colpi in testa, diverse commozioni cerebrali.
Nonostante le protezioni, il suo cervello ha subito danni pesanti e permanenti.
E Brett non si ricorda quasi più nulla.
All’inizio, non ricordava più dove avesse messo gli occhiali, e li cercava per la casa come capita a tutti una volta ogni tanto, per poi accorgersi di averli addosso, appoggiati sulla fronte.
Ad esempio in un'intervista del 2013 ammise di essersi dimenticato che sua figlia gioca a calcio (eppure l'accompagnava sempre lui al campo di allenamento e ci parlava spesso).
"Diavolo, non lo ricordavo, ricordavo gli altri sport che ha fatto ma non questo. Ha ammesso che a 44 anni ha di fronte problemi di memoria “spaventosi” legati a traumi sul campo. Penso che dopo 20 anni, Dio solo sa il pedaggio"

L’ex-Green Bay Packer non ha un figlio, ma se l’avesse avuto: "Sarei stato molto cauto con lui nel dirgli di giocare a football. In un certo senso, sono quasi contento che non ho un figlio a causa delle pressioni che avrebbe dovuto affrontare".


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