La madre: "Magic, ricordati che quel che il Signore dà, il Signore può prendere"
Earvin, più noto semplicemente come Magic Johnson (Lansing nel Michigan, 1959) è considerato uno dei più grandi giocatori della storia del Basket. Ha vinto 5 titoli NBA con i Los Angeles Lakers e la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Barcellona del 1992 (con il primo Dream Team degli USA, visto che prima del 1992 giocavano gli universitari).
È stato eletto 3 volte miglior giocatore NBA e miglior giocatore delle finali NBA.
Magic è stato capace di rivoluzionare la pallacanestro: giocò infatti da playmaker, un ruolo tradizionalmente riservato al giocatore più basso e agile di una squadra.
Con i suoi 206 cm di altezza è stato il play più alto nella storia della NBA, ma al tempo stesso si è dimostrato un giocatore dinamico e dotato di un'eccellente visione di gioco.
Uno dei suoi più grandi rivali fu Larry Bird dei Boston Celtics.
Fino al 1992, anno del ritiro di Bird, i 2 si divideranno in totale 8 titoli NBA.
HIV 1991
Magic ha annunciato più volte il ritiro dall'attività agonistica.
La prima nel novembre 1991 quando, dopo un controllo di routine antecedente l'inizio della stagione NBA, ricevette la terribile notizia che aveva contratto il virus dell'HIV e lo rivelò al mondo.
Johnson prima di una partita si sentiva molto stanco, il manager lo convinse a giocare, quanto poco prima della palla a 2 il medico gli intimò di tornare subito da lui...per rivelargli la tremenda notizia.
Prima dell'annuncio, seguirono altre analisi: la sua assenza dai Lakers venne giustificata come una comune influenza. Tuttavia il referto confermo e quindi fu implacabile.
Il problema era come dirlo a tutti, Magic indusse una conferenza stampa con l'allora commissioner David Stern.
"Per cominciare, buon pomeriggio. A causa del virus dell’HIV che ho contratto, oggi devo ritirarmi dai Lakers. Prima di tutto voglio chiarire che non sono malato di AIDS, perché so che molti di voi vorranno saperlo, ma ho il virus dell’HIV. Voglio solo dire che mi mancherà giocare e che ora diventerò un portavoce della lotta contro l’HIV, perché voglio che la gente e i giovani capiscano che possono fare sesso sicuro. A volte si è ingenui e si pensa che queste cose succedano agli altri. Andrò avanti, sconfiggerò il virus e continuerò a divertirmi. Quindi, grazie ancora e a presto"
Poi fu la volta delle TV: "Magic Johnson è stato colpito dall'AIDS. È la fine della sua carriera"
Il 7 novembre 1991 infatti con queste parole la CNN sconvolse il mondo dello sport americano.
Magic aveva soli 32 anni: "I test non ammettono dubbi: sono stato colpito dal virus HIV, ora sto bene, ma non posso rischiare. Mia moglie sta bene, non ci sono problemi con lei"
Poi qualche parola anche per i suoi compagni: "Non sono morto e per quanto mi riguarda voglio vivere a lungo, venire qui a vedere le vostre partite e rompervi le scatole"
Questa terribile notizia, cambiò anche la percezione di una malattia di cui all'epoca si conosceva davvero poco (anche se i primi casi si erano già avuti nei primi anni 80 con diverse migliaia di vittime per tutto il decennio. Nei primi 30 anni di HIV dal 1981 al 2011 si contano oltre 25 milioni di vittime).
L'allora presidente Bush: "E' una tragedia. Per me, per tutti quelli che amano lo sport, Magic è un eroe. Quanto fatto dall' amministrazione americana per la lotta alla sindrome da immunodeficienza acquisita non è stato ancora tutto il possibile ma io correrò un giro di campo in più del necessario per dare il mio contributo alla soluzione del problema"
All’epoca, proprio per la scarsa conoscenza della patologia e per le poche ricerche che erano state fatte, si pensava che avere l’HIV significasse morte certa. Era solo questione di tempo prima che l’HIV degenerasse nel virus dell’AIDS e sopraggiungesse la fine, perché non c’erano vaccini o cure universalmente riconosciute come efficaci.
"Ero seduto lì, con a fianco il coach (dei Los Angeles Lakers) dicendo che non poteva capitare a me. Mi credevo invincibile"
Sul campo dei Knicks il coach Pat Riley, grande amico di Johnson, chiese al pubblico di osservare un minuto di silenzio, come si fa quando muore qualcuno.
Magic comunque decise di diventare subito simbolo della lotta all'AIDS che negli Stati Uniti all'epoca aveva causato 125mila morti e contava già 200mila malati.
Il virus aveva già colpito altri settori (musica, moda, cinema, etc) ma il giocatore dei Lakers fu il primo sportivo a dichiarare di averlo contratto. Si pensava che riguardasse soprattutto il mondo omosessuale (e dei tossicodipendenti) e invece mutò la vita di un uomo che si era sposato da poco con una donna che dopo pochi mesi, a giugno, avrebbe partorito Earvin III.
Contrasse il virus ovviamente non per sfortuna né per siringa od omosessualità, come Rock Hudson, ma per orgia. Come tanti campioni dello sport, Magic non sapeva resistere alle tentazioni delle "groupies", delle donne del reggimento che seguono i professionisti dello sport o le band Rock, offrendosi anche gratis o a prezzi famigliari per una notte col divo. Rivelò lui stesso di essere andato a letto con quattro donne contemporaneamente e di avere abbandonato brevemente una discussione contrattuale per appartarsi nell' ufficio accanto con una segretaria disponibile, sbattuta su una scrivania, mentre nella stanza vicina si discuteva di % e clausole.
Nonostante la decisione di lasciare il Basket, Magic Johnson fu votato nel quintetto di partenza dell'All Star Game 1992 che si disputò a Orlando. La scelta fu molto controversa perchè alcuni giocatori avevano paura di essere contagiati.
I compagni di squadra Byron Scott e A.C.Green espressero la loro contrarietà.
Karl Malone degli Utah Jazz disse: "In campo può capitare di ferirsi, a me succede spesso. Non possono dire che non sia un rischio farlo giocare, non potete dirmi che non ci stiano pensando tutti i giocatori NBA"
Magic alla fine non solo giocò quella partita ma fu anche eletto MVP con un totale di 25 punti di cui 10 segnati già nel primo quarto.
Il numero 32 dei californiani fu convocato anche nel Dream Team statunitense (Spagna 1992) che incantò il mondo a Barcellona e nelle 3 partite conclusive (quarti, semifinale e finale) andò sempre in doppia cifra.
Dopo di ciò si ritirò.
Furono comunque anni di cambiamenti: basti dire che da allora giocatori feriti o con la maglietta insanguinata sono costretti a lasciare il campo ("Magic Johnson Rule").
Poco dopo però Magic annunciò di voler tornare a giocare nei Lakers ma fu costretto a fare retromarcia.
Dopo un taglio subito in una gara di preparazione ci fu la svolta improvvisa: "Leggevo la paura sulle facce degli altri. Avversari e compagni si chiedevano: «Sarà fasciata bene? Non perderà sangue?
Poi ho parlato a mia moglie, le ho detto: sai, ieri sera non mi sono divertito. Continuavo a pensare a quel taglio e a quella fasciatura. Io non ne ho bisogno, tu non ne hai bisogno, possiamo andare avanti divertendoci e godendoci la vita. E io posso continuare il mio lavoro fuori dal Basket"
Qualche anno dopo però ci ripensò e il 30 gennaio del 1996 riassaporò le emozioni del parquet con la maglia gialloviola: 19 punti, 10 assist e 8 rimbalzi per Magic nel match vinto contro i Warriors.
Fu il primo di 32 gare della sua seconda vita cestistica ma i Lakers, nonostante la sua presenza, furono eliminati al primo turno dei playoff dagli Houston Rockets.
A fine anno Johnson annunciò il suo ritiro definitivo: "Sono soddisfatto del mio ritorno, anche se speravo potessimo arrivare più avanti. Ma ora sono pronto a lasciare per davvero. È tempo di andare avanti".
LE CURE E LA GUARIGIONE?
I medici lo sottoposero a una prima cura sperimentale a base di farmaci antiretrovirali.
Molti erano convinti di non vederlo mai più.
Nel 1997 pare che il virus, se non debellato, era almeno scomparso dagli esami clinici. Come aveva detto Elisabeth Glaser, una madre di famiglia infettata da HIV durante una trasfusione e divenuta sua amica e attivista politica "se fra di noi c' è uno che ce la può fare, questo è Magic Johnson".
Aveva ragione. Elisabeth è morta. Magic sta bene.
"Guarito" è una parola grossa, anche se nel mondo dell' AIDS si comincia a pronunciarla con qualche timida speranza.
L'intervista in cui la moglie Cookie afferma che Johnson ha battuto l'AIDS è stata smentita anche dai medici che lo curano.
Ma il virus era ai tempi ormai invisibile. La realtà è più brutta di quello che la moglie Cookie aveva comunicato al mondo ai tempi ma resta sufficientemente miracolosa per dare una potentissima spinta alle speranze dei milioni di sieropositivi.
Dopo questa dichiarazione shock (in positivo, naturalmente) intervennero, però, molti medici per spiegare che il virus esisteva ancora nel corpo di Magic ed è perfettamente in grado di contagiare altre persone.
Tuttavia furono passi avanti notevoli visto che, nei primi anni 90, sarebbe stato impensabile arrestare in questo modo il decorso della malattia.
Quasi il 90 % di coloro che si assoggettano alla medesima terapia, un cocktail di farmaci da assumere secondo una cadenza rigorosissima, hanno ottenuto risultati analoghi e, senza dubbio, confortanti.
L'esatta diagnosi è che l'HIV è calato a livelli "invisibili". Tuttavia, puntualizzano Ho ed Hellman in un comunicato congiunto, "è indispensabile enfatizzare che "invisibile" non equivale ad "assente". Inoltre "invisibile" può significare che l'HIV non compare nel sangue o nello sperma, ma che magari si annida negli intestini".
Il medico David Ho (in un'intervista del 2011) racconta: "Oggi la difficoltà principale è fare in modo che prenda le pillole ogni giorno sempre alla stessa ora. È una sfida perché Johnson è un uomo molto impegnato ma si rende conto di quanto sia importante. Ormai è diventato un simbolo della vita contro l’HIV. Sa quello che serve per combattere il virus e lo fa"
La malattia non ha impedito a Magic di diventare un simbolo anche fuori dal campo ergendosi a imprenditore di successo, con partecipazioni in famose multinazionali. È il proprietario dei Los Angeles Dodgers e il suo parere era e resta tra i più influenti d'America anche in politica.
"Non fatevi illusioni, non abbassate la guardia, non ripetete i miei errori, non dimenticate la prevenzione"
E a tutti ripete sempre il suo slogan: "Stay ready to keep from getting ready" ("Siate sempre pronti, per non dovervi preparare all’ultimo istante").
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