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martedì 30 dicembre 2014

I Crazy Boys Del Baseball: Scherzi e Follie (MLB)

I "Crazy Boys" nel Baseball sono sempre esistiti, tocco di follia utile per affrontare un campionato di 162 partite su e giù per gli Stati Uniti.
Non c'era da stupirsi dunque, se entrando nello spogliatoio dei Cardinals si trovava Joaquin Andujar che faceva la doccia con la divisa addosso, oppure se accanto all'armadietto di Don Stanhouse c'era un gorilla che beveva birra ed aiutava il suo amico a vestirsi, oppure se vedevate il pitcher degli Astros Frank La Corte bruciare la sua uniforme perchè aveva perso la partita, nel pazzo mondo dei pro capita questo ed altro.
Per i giornalisti i "Crazy Boys" sono una vera miniera: quando non sanno cosa scrivere basta andare da loro per avere uno spunto o qualche battuta.
Famose quelle del rilievo Tug Mc Graw.
A chi gli chiedeva di definire la vita in Major League rispose: "Alcuni giorni cavalchiamo la tigre, in altri, è la tigre che fa colazione con noi...".
Oppure a chi domandava come investisse i suoi soldi: "Il novanta per cento dei miei guadagni vanno in donne, divertimenti, whiskey scozzese, il restante dieci per cento probabilmente è mal speso!".



PISTOLE AD ACQUA E POMODORI NEL BULLPEN
Gente come Jimmy Piersall che, una volta, dopo essere arrivato in scivolata in seconda, si alzò ancora avvolto dalla nube di polvere e, con la massima naturalezza, sparò all'arbitro con la sua pistola ad acqua.
Se frequentate uno spogliatoio, prima o poi, vi capiterà senz'altro di imbattervi in uno di questi pazzi, allora sarà bene che stiate attenti perchè i "i nuovi" solitamente sono le vittime degli scherzi più feroci.
Non tutti sono tranquilli come il rilievo Tug McGraw che si limitava a coltivare piantine di pomodori nel bullpen.


OAKLAND A'S
Per alcuni la "pazzia" si manifesta solo mediante qualche innocua stravaganza come il lanciatore Bill Caudill degli A's che una volta salì sul monte con la barba solo nella parte destra del viso.
Qualcun altro, invece, era ben più pericoloso: uno degli scherzi più comuni, soprattutto nei caldi dugout degli spring training, quando l'attenzione lascia il posto ad un pò di sonnolenza, è la classica scatola di fiammiferi pronta ad uscire per dar fuoco ai lacci delle scarpe di chi si è "distratto".
Steve Mc Catty, anche lui degli A's, una squadra che in quanto a pazzia non ha avuto rivali, era un vero maestro in quest'arte: riusciva a dare fuoco un pò a tutto, senza mai farsi scoprire.
Un'altra specialità del suo repertorio era di mettere schiuma da barba al posto della salsa di cipolle, negli hamburger dei compagni.
"Mi ricordo che nessuno più si fidava di mangiare panini" racconta Reggie Jackson che, in quegli anni, era la punta di diamante del terrificante attacco degli A's.
Ovviamente nessuno lo ammetteva, ma piuttosto di controllare il panino prima di mangiarlo, si preferiva scegliere qualcosa d'altro.
"Qualcuno diceva che si trattava di comportamenti sciocchi, ma deve anche capire la tensione che abbiamo durante le partite, la concentrazione, se poi ci si rilassa un pò bè tanto di guadagnato.
Poi è un modo come un altro per tenere uniti i ragazzi; ricordo quando un giornalista arrivò raccontandoci che avevano operato al cuore Charlie O. e che l'operazione era durata 8 ore, allora Joe Rudi spezzò la tensione dicendo: "Già, ci hanno messo sette ore e mezza solo per trovare dove aveva il cuore!".


LOS ANGELES DODGERS
Un'altra squadra parecchio allegra era quella di Tom Lasorda(Dodgers), vittima designata del 90% degli scherzi.
Tom, da consumato uomo pubblico, era il primo a favorire questo cameratismo a patto che i suoi giocatori vincessero sempre.
C'è chi gli ha fatto del caffè con del tabacco (Jerry Reuss), chi gli ha dato fuoco ai pantaloni (Micky Hatcher), chi gli ha fatto trovare un porcellino sotto la scrivania, chi gli ha messo un dollaro arroventato in tasca.
"Sono bravi ragazzi - spiega Tom - è giusto che si divertano un pò prima di andare in guerra (questo era il modo in cui Lasorda definiva la partita di baseball)".
Sempre nei Dodgers ha imperversato uno dei "pazzi" per antonomasia: Jay Johnstone.
Una volta si piazzò dietro Fernando Valenzuela che si stava lavando i capelli, naturalmente ad occhi chiusi.
Ogni qual volta Fernando si risciacquava, lui versava un'abbondante lozione di shampoo, cosicchè la schiuma non aveva mai fine.
Solitamente sono i lanciatori ad inventare gli scherzi migliori, anche perchè sono quelli che hanno più tempo libero dovendo lanciare ogni 4 o 5 partite.


LE STRANE CHIAMATE AL BULLPEN DEGLI ORIOLES
Moe Drabowsky, dopo esser stato per sette anni agli Orioles, passò ai Royals, alla prima trasferta nel suo vecchio stadio, dal quale conosceva ogni segreto e soprattutto, tutti i numeri di telefono interni, chiamò il bullpen degli Orioles ed imitando la voce di Earl Weaver, ordinò ad un rilievo di scaldarsi.
Vedendo il movimento dei suoi pitchers, immediatamente, Weaver telefonò a sua volta chiedendo perchè diavolo quel lanciatore si stesse scaldando.
Al che Moe riprese il ricevitore e, sempre imitando l'accento di Weaver, ribadì: "Chi vi ha detto di smettere di scaldare quell'idiota?".
La cosa si protrasse a lungo ed i giocatori Orioles giurarono che il loro manager, in quell'occasione, andò parecchio vicino al colpo apoplettico.


NEW YORK YANKEES
Ma la "stranezza" maggiore avvenne a Fort Lauderdale, allo spring training degli Yankees nel 1973 quando i lanciatori Fritz Peterson e Mike Kekich annunciarono pubblicamente di essersi scambiati le famiglie.
La moglie di Peterson, infatti, assieme ai suoi due figli, si trasferì in casa Kekich mentre Susanne Kekich, insieme alle due bambine, andò a vivere con Peterson.
"Ci fu un gran baccano sulla vicenda ricorda Bob Fishel, direttore delle pubbliche relazioni degli Yankees come quando Joe di Maggio portò per la prima volta Marilyn Monroe allo spring training.
Ricordo che dei vecchietti che avevo visto perennemente seduti sulla loro sedia a rotelle si alzarono belli arzilli, seguendo la coppia ovunque andasse ...".


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La Maledizione Di Billy Penn (Philadelphia: 1987-2008)

La "Curse Of Billy Penn" è una maledizione usata per spiegare il fallimento delle maggiori squadre sportive professioniste, con sede a Philadelphia, nel vincere i campionati dopo la costruzione del grattacielo One Liberty Place avvenuta nel marzo del 1987 che ha superato l'altezza della statua di William Penn posizionata sopra il Philadelphia City Hall.
Sopra la City Hall di Philadelphia si trova la statua di William Penn, il fondatore della città e titolare originario dell'allora colonia britannica della Pennsylvania.
Per anni, un "gentlemen's agreement" aveva stabilito che la Philadelphia Art Commission non avrebbe approvato nessun edificio della città che oltrepassasse questa statua.
Questo tacito accordo finì nel marzo del 1987, quando fu eretto un moderno grattacielo di acciaio e vetro, One Liberty Place, a tre isolati di distanza.
One Liberty Place è più alto della City Hall di 121 m, misura 288 m con una differenza di altezza rispetto al cappello della statua di Penn di 167 m.
Un secondo grattacielo dello stesso architetto, il Two Liberty Place, venne costruito nel 1990.


I SUCCESSI PRIMA DELLA COSTRUZIONE DEL GRATTACIELO
Le squadre sportive di Philadelphia avevano goduto di una striscia di successi.
I Phillies della MLB avevano vinto le World Series nel 1980 e il pennant della National League nel 1983.
I Flyers della NHL vinsero la Stanley Cup nel 1974 e 1975, ed andarono in finale nel 1976, 1980, 1985 e 1987.
Gli Eagles della NFL apparvero nel XV Super Bowl, dopo la stagione 1980, perdendo contro gli Oakland Raiders.
I 76ers della NBA vinsero le finali NBA nel 1983, oltre a partecipare alle finali nel 1977, 1980 e 1982. Prima del 1980, i Phillies erano apparsi in sole due altre World Series, nel 1915 e nel 1950, e gli Eagles avevano vinto due campionati di conference NFC dal 1966 in cui fu creato il Super Bowl, mentre i 76ers avevano vinto titoli NBA come Philadelphia e nella loro precedente incarnazione come Syracuse Nationals. La costruzione dello One Liberty Place iniziò nel 1985, due anni dopo l'ultimo titolo a Filadelfia.
Nella stagione 1980, tutte e quattro le squadre raggiunsero la vittoria nelle loro rispettive League.
Alla fine, solo i Phillies avrebbero vinto il titolo quell'anno.


L'INIZIO DELLA MALEDIZIONE
Dopo che l'One Liberty Place fu costruito, le franchige di Philadelphia incorsero in una serie di fallimenti nella corsa al titolo.
I Flyers persero la finale della Stanley Cup due volte, nel 1987 con gli Edmonton Oilers in sette partite, dopo due mesi che l'One Liberty Place era stato inaugurato e nel 1997, in una sweep di quattro partite dai Detroit Red Wings.
I Phillies persero le World Series del 1993 in sei partite con i Toronto Blue Jays, con la serie che si concluse con il walkoff homerun da tre punti di Joe Carter.
I 76ers persero le Finali NBA del 2001 con i Los Angeles Lakers in cinque partite.
Gli Eagles persero tre partite di fila della NFC Championship nelle stagioni dal 2001 al 2003, prima di raggiungere il XXXIX Super Bowl dopo la stagione 2004, solo per essere sconfitti dai New England Patriots di tre punti.

Inoltre, le sconfitte nei turni di semifinale si verificarono otto volte dopo l'apertura dello One Liberty Place, incluse cinque dei Flyers, nel 1989, 1995, 2000, 2004 e 2008.
La squadra del 2000 fu ad una vittoria dall'approdare alla finale della Stanley Cup, dopo aver dominato i campioni finali dei New Jersey Devils per 3-1 prima di perdere tre partite consecutive (tra cui partita 5 e 7 in casa), nel 2004 la squadra perse gara 7 della Eastern Conference Finals con i campioni finali dei Tampa Bay Lightning, e nel 2008 persero con i Pittsburgh Pinguins, loro rivali di sempre, in cinque partite.
Gli Eagles rappresentano le altre tre sconfitte di finale di Conference: persero la NFC Championship (il vincitore si scontra con il vincitore dell'altra league, la AFC, nel Super Bowl) per tre anni di fila dal 2001 al 2003, diventando così la prima squadra della NFL a fare questo in entrambe le Conference(dai Dallas Cowboys del 1980-1982), perdendo le ultime due in casa dopo aver registrato il miglior record della NFC. Nessun'altra squadra nella storia della NFL aveva perso back-to-back le partite per il titolo della Conference in casa propria da quando la NFL iniziò la sua pratica nel 1975 di assegnare il vantaggio del fattore campo nella post season  in base al record nella regular season.
Anche se la maledizione non è stata generalmente considerata come un'estensione allo sport universitario, due squadre di basket di college, di base a Philadelphia, i St.Joseph Hawks e i Villanova Wildcats, che ebbero delle stagioni di successo, rispettivamente nel 2004 e 2006, non riuscirono a raggiungere la Final Four della NCAA Basketball Tournament.
Entrambe furono eliminate nella quarta fase della Elite Eight, con St.Joe's, prima nella East Regional, che perse in un match stretto con Oklahoma State e Villanova, prima nella Minneapolis Regional, che perse con Florida, i campione finali della NCAA.
Villanova aveva vinto il campionato nazionale nel 1985, due anni prima dell'inaugurazione dell'One Liberty Place, e mai più da allora.
Una terza squadra di Philadelphia, i Temple Owls, persero cinque volte nella Elite Eight (1988, 1991, 1993, 1999, 2001).


LA FINE DELLA MALEDIZIONE(2008)
Il 18 giugno del 2007, gli operai della Local Union 401 con la rituale cerimonia del "topping-off" posero l'ultima trave sopra la costruzione del Comcast Center tra la 17th Street e il John F. Kennedy Boulevard, nel centro di Philadelphia.
Il Comcast Center è attualmente l'edificio più alto della città pari a 297,2 m
Nel tentativo di porre fine alla maledizione, i lavoratori John Joyce e Dan Ginion attaccarono una piccola statuetta di William Penn alla trave, insieme con la bandiera americana e il tradizionali piccolo albero sempreverde.
Dopo che la prima statuetta di William Penn fu rubata, venne sostituita con una più piccola di 4 pollici.
La maledizione si concluse il 29 ottobre 2008, quando i Philadelphia Phillies vinsero le World Series battendo i Tampa Bay Rays, un anno e quattro mesi dopo che una statuetta di William Penn fu installata, il 18 giugno 2007, durante la rituale cerimonia del "topping-off" sull’ultima trave sopra il Comcast Center, l'edificio più alto della città.
Durante la copertura televisiva della sfilata che ebbe luogo due giorni dopo, Comcast diffuse un annuncio congratulandosi con i Phillies e ricordando che la piccola statuetta di William Penn stava in cima alla torre del Comcast Center.


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Le Espulsioni Più Assurde In MLB (Ejected From Dugout)

Esistono tantissimi modi per guadagnarsi una doccia anticipata, ma in genere si tratta sempre di contestazioni troppo animate su una chiamata controversa o scelta di vocaboli "sbagliati" vomitati nei confronti degli uomini che controllano il regolare svolgimento di una partita.
Nella storia della Major League Baseball ci sono però innumerevoli espulsioni caratterizzate da almeno un tocco di originalità.
C’è chi ha ricevuto il “pollice” per essersi finto morto, chi perché uscito dal dugout con un ombrello, chi è stato espulso due volte in un incontro, chi prima che la partita iniziasse, chi per averlo espressamente richiesto; è successo di vedere giocatori cacciati dopo essere stati chiamati salvi, o dopo aver ricevuto una base intenzionale e persino mentre stavano pregando.


EARL WEAVER(BALTIMORE ORIOLES) CONTRO RON LUCIANO
Il manager Earl Weaver, ottimo timoniere degli Orioles negli anni ’70, dedica un capitolo del suo “Weaver on Strategy” agli arbitri.
“Sono stato espulso da incontri a Fitzgerald, Georgia e Boston, Massachussets.
Sono stato cacciato da una partita di esibizione a Fort Myers, Florida, da una gara di Instructional League a Scottsdale, Arizona e da un incontro di World Series a New York.
Sono persino stato cacciato una volta quando gli Orioles giocarono un match di esibizione in Giappone”.
Seguono tabelle con espulsioni suddivise per stagione (in tutta la carriera saranno 99!) e per arbitro.
Il suo nemico peggiore, che lo ha fatto accomodare fuori per ben 7 volte, è stato Ron Luciano: “Il fatto che io sia arrivato nelle Majors così presto dopo di lui fu qualcosa come il cane che si mangia la tua torta di compleanno prima che tu abbia spento le candeline”.
In una delle sue 4 espulsioni del ’72, Weaver si avvicinò all’arbitro per contestare una chiamata riguardante una regola raramente utilizzata:
“Conosco le regole bene quanto voi. Ho un libro nella clubhouse per provarlo”, sbottò alludendo evidentemente al regolamento.
“Ho il libro qui con me ora. Te lo mostro” replicò l’arbitro.
Il commento finale, che costò a Weaver il resto della partita, fu: “Non va bene, perché io non so leggere il Braille!”.


FRANK FRISCH(ST.LOUIS CARDINALS) E DANNY MCFAYDEN(PITTSBURGH PIRATES)
Se la messa in dubbio della vista arbitrale non vi pare una causa di espulsione degna di menzione, vi interesserà sapere di come Frank Frisch e Danny McFayden siano usciti per avere fatto questioni sull’udito dei direttori di gara.
Il primo, manager dei Cardinals, uscì dal dugout per contestare una decisione ed esordì con “Tu, brutto testone…”.
“Come mi hai chiamato?”, domandò l’arbitro evidentemente alterato.
Le ultime parole di Frisch, per quell’incontro furono: “Allora non solo sei cieco, sei anche sordo!”.
McFayden, invece, lanciando per i Pirates nel 1940, riuscì nell’impresa di farsi mandare fuori per due volte nello stesso incontro, ad opera di “The Old Arbitrator”, al secolo Bill Klem.
Sul conto pieno Klem dichiarò ball un lancio che, secondo McFayden, aveva dipinto il filo esterno; il pitcher, adirato, si levò gli occhiali e li porse all’altro, gridando a squarciagola: “Ecco, prendili! Ti servono più che a me!” e qui Klem lo cacciò.
A cercare di salvare la situazione, uscì dal dugout il manager di Pittsburgh, che altri non era se non Frank Frisch.
“Bill, ti prego dammi una mano. Sono in una situazione difficile, non ho lanciatori. Danny stava scherzando, lascialo in partita, era solo eccitato. Non puoi mandarlo fuori solo perché si è tolto gli occhiali. Guarda, li sta pulendo. E’ per quello che se li è tolti. Per favore Bill, abbi cuore!”.
“Non è la gag degli occhiali; me la faceva John McGraw 30 anni fa...è come si è comportato nei miei confronti. Ha urlato così forte che chiunque sugli sparti lo ha sentito.Avrebbe potuto causare una rivolta tra il pubblico”.
McFayden, da lontano, rese vano il tentativo del suo manager di salvarlo, e si riguadagnò l’espulsione proferendo: “Non ho urlato per incitare la folla. L’unica ragione per cui ho parlato così forte è perché temevo che le tue orecchie fossero messe male quanto i tuoi occhi!”.


FRANK FRISCH CONTRO KLEM E JOCKO CONLAN
Klem era solito tracciare una linea col piede durante i conciliaboli, avvertendo chi protestava a “non attraversare il Rio Grande”, pena ovviamente l’espulsione.
Frisch che conosceva la cosa, durante una contestazione, gira 90° attorno all’arbitro, che provvede a tracciare un nuovo confine; così per tre volte, finchè Klem si trova all’interno del quadrato da lui stesso disegnato.
“Guarda cosa hai fatto...hey, uomo saggio, come farai a uscire di lì?”.
“Non lo scoprirai mai, perché tu te ne vai fuori di qui!”.

Un’altra volta, nel bel mezzo di un’accesa discussione, Frisch si accascia al suolo privo di sensi e subito accorrono i giocatori e si cerca di reperire un medico ma Klem, osservato bene il “malato”, dichiara: “Frisch, vivo o morto, sei espulso!”.
Frank Frisch fu cacciato anche da Jocko Conlan al quale cercò di far capire che l’incontro doveva essere sospeso uscendo dal dugout con un ombrello.
Klem, dal canto suo, a un battitore che per rabbia scagliò la mazza in aria, comunicò: “Giovanotto, se quella mazza torna giù sei espulso!”.


RAY MURRAY(BALTIMORE ORIOLES) CONTRO ED HURLEY
Ray Murray, invece fece la doccia prima del tempo, per aver invocato una forza superiore.
Tra il catcher degli Orioles (correva il ’54) e l’arbitro Ed Hurley non correva da tempo buon sangue.
All’ennesima chiamata non condivisa, Murray, tolte maschera e pettorina, si inginocchiò sul piatto e, con le braccia aperte e rivolte al cielo (era un cristiano-evangelista praticante), invocò l’intervento divino: “O Signore, aiuta questo povero F.d.P. Io ho due occhi buoni. Dai a lui uno dei miei!”.
Il manager Jimmy Dikes, accorso nel vano tentativo di salvare la situazione, all’ordine dell’arbitro di togliere dal campo il giocatore, si levò il cappello sussurrando: “No signore, non finchè l’uomo sta pregando!”.


TONY GWYNN(SAN DIEGO PADRES) CONTRO JOE WEST
Se un uomo di fede può essere espulso, non può salvarsi un gentlemen come Tony Gwynn, specie se è lui stesso a chiedere la cacciata.
Avvenne il 17 aprile 1988: l’esterno di San Diego non gradì uno strike chiamato ai suoi danni e, al termine delle proteste, sentenziò: “Non è uno strike e, se la cosa non ti piace, puoi buttarmi fuori dalla partita!”. L’arbitro Joe West, che in seguito dichiarò di non aver mai ricevuto una simile richiesta da un giocatore, invitò Gwynn a lasciare il campo.


GRANNY HAMNER(PHILADELPHIA PHILLIES) CONTRO KEN BURKHART
Se Gwynn ha richiesto la propria espulsione, trent’anni prima Granny Hamner fu mandato negli spogliatoi in seguito ad una discussione insorta dopo che il giocatore era stato dichiarato salvo.
In un arrivo in prima, Joe Torre fu costretto a staccare il piede dalla base e tentare l’out per toccata; Hamner, passando sul cuscino, gridò: “No! No!, intendendo che questa non era avvenuta.
L’arbitro di prima, Ken Burkhart, concordò con il corridore ma, alludendo a precedenti diverbi con i suoi colleghi da parte dell’interbase dei Phillies, aggiunse: “Ci penso io a fare l’arbitro. Infatti tu hai arbitrato fin troppo!”. La discussione si accese gradualmente finchè Burkhart avvertì: “Un’altra parola e sei fuori!”; Hamner, sarcasticamente, rispose: “Un’altra parola”, e abbandonò il campo.


TERRY FRANCONA(MILWAUKEE BREWERS) CONTRO KEN KAISER
Anche Francona fu cacciato da un incontro su una discussione insorta per screzi precedenti: la sua espulsione, per mano di Ken Kaiser avvenne mentre Terry riceveva una base intenzionale.
Il manager di Milwaukee Andy Etchebarren, udite le parole del suo giocatore, corse in campo per cercare di calmarlo. “Attento, attento. Non vorrai essere mandato fuori!”.
“Ma mi ha già mandato fuori!”.
“Oh, beh, in tal caso vai avanti e finisci quello che gli stavi urlando!”.


CASEY STENGEL(BOSTON BRAVES) CONTRO KLEM
In un resoconto di sfide con gli arbitri non potrebbe mancare Casey Stengel, che da giocatore doveva essere scortato fuori dal campo dalla polizia e da manager andava a visitare i lanciatori munito di torcia elettrica al fine di sollecitare una sospensione per oscurità.
Nel 1940, quando guidava i Boston Braves, si trovò di fronte Klem che, stanco delle prolungate lamentele del loquace manager, estrasse di tasca un orologio, avvisando che aveva trenta secondi di tempo per tornarsene nel dugout.
Stengel non tornò nel dugout quel giorno, perché non poté trattenersi dal dire: “Hey Bill, sei pazzo a mostrare quell’orologio davanti a questa folla. Il suo proprietario potrebbe riconoscerlo!”.


YOGI BERRA(NEW YORK METS)
Anche Yogi Berra ha trovato modo di uscire anticipatamente da un incontro, senza perdere occasione di proferire una delle sue ingarbugliatissime massime.
Al Crosley Field di Cincinnati la recinzione consisteva di cemento alla base e di legno sopra la linea gialla di fuoricampo.
Una battuta di Swoboda aveva colpito la parte in legno per un apparente grand slam, ma gli arbitri decretarono la palla in gioco.
Yogi, coach dei Mets, su tutte le furie sbottò con la seguente perla: “Chiunque non sia in grado di distinguere il suono di una palla che rimbalza sul cemento o sul legno è cieco!”.


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Lista Di Libri Sul Baseball (MLB)

Lista di libri in italiano sul Baseball (MLB):

Baseball e USA: Binomio perfetto
Calico Joe
Il Cavaliere Di St.Louis
Il Curioso Caso Di Sidd Finch
Il Grande Romanzo Americano
Il Migliore
Il Mio Nome è Jackie Robinson
La Partita Perfetta
L'Arte Di Vivere In Difesa
L'Idolo (The Fan)
Shoeless Joe
Un Anno Terribile (1933)
Una Stagione Di Fede Assoluta
Underworld


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Lista Di Libri Sul Calcio Inglese


Lista di libri in italiano sul Calcio Inglese:

Cacciatori Di Teste - Headhunters
Come gli S.S. Wanderers Vinsero La Coppa d'Inghilterra
Congratulazioni - Hai Appena Incontrato La ICF
Derby Days
Febbre a 90 - Fever Pitch
Fedeli Alla Tribù - The Football Factory
Forza Fleet
Fuori Casa - England Away
Il Maledetto United - The Damned United
Il Mio Anno Preferito
Il Preston North End Per Me
Io Sono Il Calciatore Misterioso
La Mia Vita Rovinata Dal Manchester United
La Tragedia Dei Busby Babes
Le Reti Di Wembley
London Calling
Lontano Da Highbury
Made In England - Luci e Ombre Del Football Dei Maestri
Millwall Vs West Ham
Noi Siamo Il Wimbledon
Prossima Fermata: Highbury
Red Or Dead
Shots & Kicks
Tra I Furiosi Del Calcio
The Heart Of The Lion
You'll Never Walk Alone - Mito e Realtà Del Tifo Inglese


Biografie:
A Modo Mio (David Beckham)
Addicted - Fuori Gioco: La Mia Vita Con L'Alcool (Tony Adams)
Keane: Autobiografia (Roy Keane)
La Mia Vita (Alex Ferguson)
The Best (George Best)
The Italian Job (Gianluca Vialli Al Chelsea)


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domenica 21 dicembre 2014

Allarme Bomba: OAKA Evacuato (Panathinaikos v Barcellona)

Mentre si stava giocando l'ultima partita del girone tra Panathinaikos e Barcellona con gli spagnoli avanti nel punteggio, a fine secondo quarto, circola nel palazzetto la voce che ci sarebbe un ordigno pronto ad esplodere nel giro di un'ora.
E' una chiamata anonima che segnala la presenza di una bomba che esploderà verso le 23 italiane.
La partita viene ovviamente sospesa alla fine del secondo quarto ed evacuati i 12mila spettatori dell'OAKA.
Tutti gli spettatori sono stati fatti uscire immediatamente dall'impianto, a eccezione di un gruppo di cento tifosi greci che si è rifiutato.
Dopo i controlli durati circa mezz'ora, la partita è ripresa ed è terminata con la vittoria degli spagnoli per 80-67.
Difficile ipotizzare se sia stata una furbata di qualche tifoso del Panathinaikos stesso, per cercare di far sospendere la partita o se il buon tempone sia stato qualcuno dell'Olympiakos(visto le polemiche in Coppa di Grecia e con i rapporti tra le due società che sono sempre più tesi).


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domenica 7 dicembre 2014

Polemiche Sul Nome Dei Washington Redskins (NFL)

E’ una storia infinita quella che riguarda i Washington Redskins e chi vorrebbe che il nome della squadra di football americano della capitale statunitense cambiasse.
Il club trasse spunto dall’allenatore William "Lone Star" Dietz che vantava origini Sioux.
Fu in suo onore che nel 1933 i Boston Braves assunsero il nome di Redskins, che fu mantenuto anche quando la squadra si trasferì a Washington.
Una prima causa, per cambiare nome alla squadra, fu intentata nel 1992 e si chiuse senza risultato nel 2009.
Negli anni successivi varie organizzazioni e gruppi, tra cui l’American Indian Movement organizzarono massicce proteste, per lo più in occasione di partite della compagine, come avvenuto nel 1994 durante il match contro i Buffalo Bills.
Proteste che sono proseguite fino ad oggi, intensificandosi nell’ultime stagioni, in cui dei comitati di rappresentanza dei nativi americani si sono presentati ad ogni appuntamento sportivo della squadra.
La più importante a Minneapolis, nello scorso novembre, che ricevette l’approvazione dell’allora sindaco della città R.T. Rybak.
Ma in realtà le prime polemiche risalgono già agli anni 70.
I Redskins sono sempre stati oggetto di una “venerazione quasi religiosa”, scrive Rich Lowry sul New York Post, che ricorda che da 70 anni c’e un inno di “guerra”,  “Hail the Redskins”, con tanto di banda e di “Redskinnettes”, le cheerleaders, o ragazze in maschera che sfilano prima delle partite.


POLEMICHE
Nello scorso febbraio(2013) Robert Holden, vice direttore del National Congress Of American Indians, commentò duramente per l’ennesima volta: “Non vogliamo questi onori”. 
I Redskins si sono sempre opposti a scegliere una nuova denominazione e un sondaggio del 2002 fra i nativi americani ha riscontrato che la maggioranza non si sente insultata dal nome della squadra.
La traduzione italiana di Redskins è pellerossa, e questo termine, secondo chi ha spedito la missiva, rappresenta una sorta di insulto razzista per i nativi americani.
Ad Agosto 2013, David Plotz su Slate, spiegava che quello sarebbe stato l’ultimo articolo scritto da lui con il nome dei Washington Redskins ancora completo.
”Cambiate nome, non dovete offendere i nativi americani”.
E’ il senso della lettera che 10 membri del Congresso degli Stati Uniti inviarono lo scorso anno ai Washington Redskins.
La lettera è stata spedita a Daniel Snyder, presidente della squadra, allo sponsor principale del team, al presidente della NFL Roger Goodell e alle altre 31 franchigie della lega.
Recentemente, in un’intervista a Usa Today, Snyder ha chiarito che non ha nessuna intenzione di modificare il nome del club: "Non lo cambieremo mai, è semplice. MAI. Potete scriverlo tutto a lettere maiuscole".
La dirigenza della franchigia non vuole affatto privarsi di quel nome perchè dietro c’è una storia secolare, iniziata nel 1933 a Boston, città da cui poi la squadra sarebbe migrata a Washington quattro anni dopo. All’epoca si chiamavano "Braves", i coraggiosi, ma il proprietario George Preston Marshall propose di passare appunto al termine "Redskins" per rifarsi al coraggio e allo spirito fiero dei nativi americani. L’intento, ovviamente, non era insultare quelle popolazioni, bensì esaltarne le virtù guerriere.
Quel nome, poi, rappresentava anche un omaggio a William Dietz, che di lì a poco sarebbe diventato head coach della squadra: ex giocatore, Dietz rivendicava orgogliosamente le sue origini Sioux (anche se secondo qualcuno era un bianco che si fingeva indiano).


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giovedì 4 dicembre 2014

La Storia Di Jackie Robinson e La Segregazione Razziale (MLB)

Jackie Robinson nacque in Georgia(USA) nel 1919.
Fu il primo giocatore di colore a giocare in MLB.
Quando Robinson scese in campo per i Brooklyn Dodgers il 15 aprile 1947, si concludevano più di 60 anni di segregazione razziale nella MLB.
È stato il primo giocatore nero riconosciuto ad esibirsi nelle Major Leagues nel ventesimo secolo e continuò a essere il primo a vincere un titolo di battuta, il primo a vincere il premio Most Valuable Player e il primo ad essere inserito nella Hall Of Fame.
Fu tra l'altro il stato il giocatore di baseball, nero o bianco, ad essere raffigurato su un francobollo degli Stati Uniti.
Anche se non era un giocatore difensivamente eccelso, aveva mani sicure, copriva una vasta zona e possedeva buona attitudine.
Per compensare il suo braccio medio usava bene i piedi nei doppi giochi e si sbarazzava della palla rapidamente.
Robinson dimostrò anche la sua versatilità giocando regolarmente in prima base, in terza, e nel campo a sinistra quando le esigenze della squadra lo esigevano.
Sulla corsa sulle basi, però, la stella di Robinson brillò più luminosa.
Era velocissimo, intelligente, audace, furbo.


IL PERIODO STORICO
Era da poco finita la seconda guerra mondiale e gli atleti erano tornati a casa dal fronte.
Non tutti avevano espletato il servizio di leva allo stesso modo: Joe Dimaggio nel 1943 aveva chiesto di essere mandato in combattimento, ma la sua richiesta era stata respinta(era un po' ingrassato).
Fu respinta anche quella di Han Greenberg, prima base dei Detroit Tigers, la prima stella ebrea dello sport.
Una delle poche richieste accettate fu quella di Bob Feller, lanciatore dei Cleveland Indians.
Non appena tolgono l’uniforme da lavoro, tutti rimettono la divisa della squadra.
Il baseball vive il suo momento di gloria: è uno sport molto popolare anche tra gli afroamericani.


ESERCITO, AUTOBUS, NEGRO LEAGUE
Jackie Robinson invece una divisa non l’aveva.
Fu cacciato dall’esercito, dove si era appuntato per guadagnare qualche soldo, confinato al Battaglione 758 in attesa del verdetto della Corte Marziale: era un ufficiale ma aveva rifiutato di obbedire ad un superiore.
Il conducente gli aveva intimato di andare in fondo all’autobus dell’esercito: «Sei nexxo, davanti non ci puoi stare» (ai tempi funzionava così in America, per la verità ciò valeva negli autobus dei civili, non in quelli militari).
Neanche l'arrivo degli ufficiali superiori lo convinsero a lasciare il posto visto che Robinson si oppose con veemenza e venne arrestato.
La Corte Marziale però darà ragione a Jackie che verrà congedato.
Gli Stati Uniti rimasero un Paese profondamente diviso tra “colored” e “white” e, soprattutto, con l’indegno cartello “white only”, “solo per bianchi”, appeso sui muri e sull’eredità culturale dei cittadini.
Non solo: i neri non potevano alloggiare negli hotel con i bianchi, potevano usare la piscina comunale un solo giorno a settimana e via così.
E il baseball professionale, da quando nel 1890 aveva adottato le disposizioni delle leggi di Jim Crow era, per l’appunto, “white only”, malgrado nessuna insegna leggibile lo etichettasse.
Robinson, in quanto non bianco, non poteva stare sul campo, non poteva allenarsi negli stessi impianti utilizzati dai bianchi.
Nel 1945 lo chiamano come giocatore professionista nei Monarchs, squadra della Negro League(lega con solo atleti Afroamericani), con un contratto da 400 dollari al mese(ottimo contratto per i tempi).
Anche se gioca bene, è frustrato dall’esperienza: la disorganizzazione della Negro League, la connivenza con il mondo delle scommesse, il febbrile programma delle trasferte che lo allontana dalla fidanzata Rachel, con cui riesce a comunicare solo per lettera, diventano un peso.
Ma per lui, in realtà, c'erano altri programmi.
Rickey Branch, presidente e manager dei Brooklyn Dodgers, sta inseguendo una sfida che non sarà solo personale. «Il baseball è bianco. Gli spettatori sono neri. I soldi sono verdi».


L'APPRODO NELLE MINOR LEAGUE CON I MONTREAL ROYALS
Nel 1946 nella Major League Baseball giocano 400 atleti, tutti bianchi.
Per l’anno successivo, Branch pianifica di interrompere codesta segregazione.
E Robinson è il candidato più adatto ad essere inserito nel rooster della sua squadra bianca.
Servono eccezionali doti atletiche, certo.
Ma occorre soprattutto un carattere d’acciaio, che contrapponga agli inevitabili insulti del pubblico il silenzio del fuoriclasse.
Almeno, affinché il valore e la legittimità di quel giocatore nero in campo non fossero riconosciuti.
Non sarà quindi Josh Gibson, il migliore della Negro League, ad essere il prescelto.
O Roy Campanella.
Ma Jackie Robinson: 26 anni, al momento impegnato nei Kansan City Monarchs, media di .350 in battuta e, in più, ufficiale dell’esercito americano (anche se comparì alla Corte Marziale).
Nella celebre riunione di tre ore del 28 agosto 1945 avvenuta fra Rickey e Jackie, a un certo punto il presidente chiede a Robinson se sarebbe stato in grado di affrontare gli animi razzisti senza reagire in modo violento.
«Stai forse cercando un giocatore nero che ha paura di reagire?».
«No» risponde Branch «sto cercando un giocatore nero con abbastanza coraggio da non reagire».
Firmano per 600 dollari al mese più un bonus di 3500 dollari, sapendo entrambi d’innescare continue polemiche, in cui Robinson non potrà che porgere l’altra guancia.
Quando Robinson arriva a Daytona Beach, in Florida, per l’allenamento con i Montreal Royals, la squadra della Minor League dei Dodgers, trova Wendell(un giornalista) ad aspettarlo.
È la luna di miele dei Robinson.
Jackie ha fatto la proposta all’indomani del contratto, il reverendo amico li ha sposati a Los Angeles, ma la compagnia aerea si rifiuta di far prendere loro un volo “white only”, devono ripiegare su un autobus. Robinson non può dormire in albergo con il resto della squadra, viene portato a casa di un politico locale ma a causa del colore della sua pelle tutto il team è soggetto a ripercussioni e boicottaggi.
Clay Hopper, manager dei Royals, originario del Mississippi, chiede a Rickey di assegnare Robinson a qualsiasi altra squadra affiliata con i Dodgers, ma Rickey si rifiuta.
Quella linea di segregazione che vigeva nel baseball sarebbe stata molto dura da abbattere.
Molto più di quanto Rickey avesse immaginato.
Intanto Robinson nella sua prima partita con i Montreal Royals mette a segno tre singoli e tre home run.
Nella partita dei Montreal contro Indianapolis, Robinson è costretto da un poliziotto a lasciare il campo. Robinson è davvero solo, anche se il baseball è un gioco di squadra.
Tra gli spettatori, con la macchina da scrivere in grembo, il giornalista Wendell Smith segue e scrive: non gli è permesso sedere nella tribuna della stampa, riservata ai bianchi.
Nella Minor League con i Montreal ruba 40 basi, segna 113 punti, ha una media battuta di .349.
È pronto per i Dodgers, ma loro non sono pronti per lui.


LA PETIZIONE DEI COMPAGNI DI SQUADRA PER ESCLUDERLO
La squadra, che quell’anno si allena all’Havana, firma una petizione per escluderlo.
L’allenatore Leo Durocher, che sta già attraversando una tempesta personale su istigazione di Branch mette in chiaro che Jackie è un compagno di squadra.
La squadra si deve comportare come tale.
«Non m’importa se il ragazzo è giallo o nero, o se ha le strisce come una cazzo di zebra.
Io sono il manager di questa squadra e dico che lui gioca. Inoltre, c’è dell’altro: questo ragazzo ci può rendere tutti ricchi. E se qualcuno di voi non ha bisogno di soldi, farò in modo di cedervi».
A due settimane dalla prima di campionato, Durocher viene sospeso per un anno per un giro di scommesse. Il debutto di Robinson nei Dodgers sembra incontrare solo ostacoli.
Ma avviene.


L'ESORDIO IN MLB
Jackie Robinson esordisce nella Major League del Baseball il 15 aprile 1947 all’Ebbets Field di Brooklyn davanti a ventitremila spettatori.
«Nei primi mesi Jackie tornava dalle partite e dagli allenamenti distrutto, tutti lo attaccavano. Lo sport che lui amava così tanto lo respingeva e gli ricordava in ogni momento che non c’ era posto per lui. I tifosi, i compagni di squadra, gli avversari e persino la polizia. Allora noi chiudevamo la nostra porta e lasciavamo quel mondo fuori, ci facevamo coraggio» ricorda la moglie Rachel al Los Angeles Times nel 2013.
«Per fortuna io di quei momenti ricordo solo i baci e la calma della nostra casa» aggiunge.
Emblematica la scena in cui Jackie, in piedi sul diamante, fissa lo sguardo sul nulla mentre attorno a lui gli spettatori urlano e sputano insulti e saliva.
Raccapricciante anche la ricostruzione in cui Ben Chapman, uomo del sud, coach dei Philadelphia Phillies, il 22 aprile 1947 offende Jackie tutto il tempo dell’incontro.
Sarà troppo tardi riconciliarsi nella partita di ritorno.
Faranno un sorriso alla stampa, stringendo la mazza da baseball come a siglare il segno di pace, ma Chapman, che in passato era stato un buon giocatore degli Yankees nel periodo di Ruth e Gehrig, verrà licenziato, non lavorerà più e sarà consegnato alla storia come l’allenatore razzista che al primo anno di Jackie Robinson nella Major League, mise duramente alla prova i nervi dell’atleta.
«Torna tra i campi di cotone. Non sei degno di portare un numero sulla maglia».
E invece ne sarà talmente degno che nel 1972 il numero 42 verrà ritirato in suo onore da tutte le divise del baseball.
Poterono mantenere quel numero soltanto coloro che già lo indossavano.
Il problema non furono solo i Phillies ma anche le trasferte a Cincinnati(dove ricevette numerose minacce di morte) o quando i St.Louis Cardinals minacciarono di scioperare non presentandosi in campo contro i Dodgers.
Le prestazioni in campo al termine della prima stagione di Robinson rispecchiano le aspettative: suo è il punto decisivo contro i Pirates Pittsburgh, chiude l’annata avendo giocato 151 partite, una media di battute di .297, con 175 valide, 12 home run, 48 punti battuti a casa, 125 punti segnati, 29 basi rubate.
Primatista della National League, con questi numeri in crescendo riceve il premio Rookie Of The Year.
Nel 1948, a seguito della cessione di Eddy Stanky ai Boston Braves, Robinson passa a giocare come seconda base.
Le porte del baseball professionale sono aperte ad altri atleti neri, tra cui Don Newcombe, Roy Campanella, Monte Irvin, Willie Mays e Hank Aaron.
Robinson gioca fino al 1957, sempre con i Dodgers.
Ha 38 anni, ha giocato per sei volte le World Series vincendole nel 1955.
Nel 1949 è il miglior giocatore della National League e dal 1949 al 1955 è selezionato per ben sei volte per l’All Star Game.
Nel 1962 è eletto con il 77.5% di preferenze nella Baseball Hall of Fame.
Si ritira dallo sport, ma non si adagia sugli allori: fino al 1964 ricopre l’incarico di vicepresidente per la “Chock Full o’Nuts”, primo nero a raggiungere tale ruolo in un’azienda americana.
Continua, assieme alla moglie, a combattere per i diritti civili.
Pochi anno dopo il suo ritiro dal baseball, Jackie ammette di soffrire di diabete.
Quando, nel 1972, muore stroncato da un infarto a 53 anni, la moglie crea la Jackie Robinson Foundation che si occupa di scolarizzazione giovanile.


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martedì 2 dicembre 2014

La Storia Di Mike Phillips (Alcool, Risse, Sospensioni e Licenziamenti)

Mike Phillips è un rugbista gallese nato nel 1982 a Carmarthen. Gioca nel ruolo di mediano di mischia, il suo esordio tra i pro avviene nel 2002 quando si unì agli Scarlets per giocare nella neonata Celtic League. L'anno seguente, il 27 agosto 2003, fece il suo debutto con il Galles affrontando la Romania e segnando anche una meta. Nel 2005 Mike Phillips firmò un nuovo contratto con i Cardiff Blues, squadra con la quale giocò fino al 2007. Fu convocato da Gareth Jenkins alla Coppa del Mondo di Rugby 2007, giocando da titolare la sola partita contro il Giappone. Nel frattempo cambiò nuovamente squadra unendosi agli Ospreys. Nel 2008, sotto la guida del nuovo allenatore della nazionale gallese Warren Gatland, Phillips si impose tra i protagonisti del vittorioso Sei Nazioni giocando da mediano di mischia titolare. Segnò pure una meta nella partita inaugurale del torneo vinta 26-19 contro l'Inghilterra.



ALCOOL, RISSE, SOSPENSIONI E LICENZIAMENTI
Dopo le ottime cronache sportive, nell'ottobre 2008, Mike Phillips salì agli onori della ribalta per un'aggressione subita fuori da un nightclub di Cardiff. Venne trovato con ferite al volto dopo essere stato aggredito fuori da un nightclub nel centro di Cardiff. L'anno dopo venne convocato per il tour dei British And Irish Lions in Sudafrica, partecipando a tutti e tre i test match contro i padroni di casa e segnando una meta nella prima partita della serie persa 26-21. Nel giugno 2011 Phillips si trasferì in Francia per giocare con il Bayonne. Una rissa notturna che lo vide coinvolto a Cardiff, contro il personale della sicurezza di un McDonald's, gli costò la sospensione dalla nazionale gallese impegnata nella preparazione per la Coppa del Mondo di Rugby 2011(sospensione momentanea quindi).
Il luogo della rissa, curiosamente, era distante soli 100 metri da dove lo stesso venne coinvolto nella precedente rissa del 2008. La cosa certa è che non fu l'unico rugbista ai tempi ad aver avuto di questi problemi: l'inglese Andy Powell ubriaco finì in un campo da golf ed in seguito ad una rissa in un pub londinese venne licenziato dagli Wasps. Bradley Davies fu coinvolto in una rissa fuori da un bar il mese prima e Gavin Henson venne squalificato da Tolone per una rissa con un compagno di squadra(pure Gavin ubriaco).

L'amministratore delegato gallese Roger Lewis ai tempi disse:
"Il giocatore è stato sospeso a causa di una chiara violazione delle norme etiche della nostra nazionale che ci aspettiamo vengano rispettate" Mike Phillips è un giocatore eccezionale, ma ci sono prove inconfutabili che lui era impegnato in un comportamento ben  al di sotto degli standard che abbiamo fissato. E' di vitale importanza che noi inviamo un messaggio chiaro e inequivocabile". 

Nello stesso periodo ebbe fine la sua relazione sentimentale con la cantante gallese Duffy che si ritiene sia durata 20 mesi.

In seguito Mike Phillips giocò da titolare alla Coppa del Mondo 2011, edizione che vide il Galles arrivare quarto. Phillips segnò una meta nella partita dei quarti di finale vinta 22-10 contro l'Irlanda, e segnò pure un'altra meta nella semifinale persa 9-8 contro la Francia.
Il mediano di mischia gallese confermò le sue ottime prestazioni a livello internazionale diventando uno dei protagonisti del Grande Slam del Galles al Sei Nazioni 2012 e del successivo vittorioso Sei Nazioni 2013. Convocato per il tour dei Lions in Australia, giocò nelle due vittoriose partite che decisero la serie contro i padroni di casa. Tuttavia i problemi di Phillips continuano con Bayonne, punito per "cattiva condotta" per aver fatto troppo tardi la notte, dopo una sconfitta casalinga contro Tolosa. Tuttavia la rottura definitiva(con seguente licenziamento) avvenne quando con i compagni di squadra Dwayne Haare e Stephen Brett si presentò ad un allenamento di seduta video, ubriaco(ovviamente). Il fatto successe l'11 ottobre 2013, il giorno dopo la vittoria del suo club sul Grenoble in Challenge Cup. "Alto tradimento". Queste furono le parole del presidente del Bayonne Alain Afflelou per annunciare in via ufficiale il licenziamento immediato di Mike Phillips.
Afflelou definì “senza scuse” il comportamento del giocatore al quale aveva offerto questa estate un rinnovo del contratto per altre due stagioni e minacciò anche le sue dimissioni in caso di mancato licenziamento del gallese. Ovviamente giocò un ruolo determinante la recidività di certi comportamenti. Comunque il Racing Metrò(altro club francese), credette ancora in lui e a novembre 2013 gli offrì un nuovo contratto.


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giovedì 27 novembre 2014

La Storia Di Dennis Rodman: Controversie, Alcool, Arresti

Dennis Rodman nasce nel 1961.
Diventa ovviamente famoso, The Worm, con i Chicago Bulls con i quali vince 3 titoli NBA.
In realtà già prima di approdare ai Bulls aveva vinto 2 titoli con i Detroit Pistons.
7 volte miglior rimbalzista, 2 volte difensore dell'anno.
Conosciuto anche per il suo modo di comportarsi dentro e fuori dal campo.
La sua carriera ad alti livelli termina nel 1998, quando lascia i Bulls, poi va ai Lakers, infine ai Mavericks. Poi lascia la NBA.


CONTROVERSIE, ALCOOL ED ARRESTI
Rodman era conosciuto per il suo comportamento fuori dagli schemi e per l'aspetto stravagante, notoriamente incline a bestemmiare in pubblico o durante le dirette televisive, si presentava con numerosi tatuaggi, orecchini e piercing e spesso si tingeva i capelli con colori brillanti molto prima che diventasse una moda comune.
Nel 1991 con un fallaccio violento e gratuito scaraventò a terra Scottie Pippen dei Bulls (poi i due diventeranno compagni di squadra a Chicago).

All'epoca dei Pistons fu anche protagonista di un tentato suicidio: "Non sono mai stato amato da nessuno, nemmeno da mia madre e da mio padre. Cercavo qualcosa che mi facesse stare bene. Quando sono arrivato a Detroit non ero abituato a ricevere così tanto affetto, così tanto amore. Non sapevo cosa stava succedendo. Poi un giorno la franchigia ha cominciato a disgregare la squadra e mi sono sentito tradito. Ero così innamorato del modo in cui mi amavano in città che non sopportavo l’idea di perdere tutto questo. Ero solo. Non avevo nessuno a cui rivolgermi. Così un giorno scrissi un biglietto d’addio e andai al parcheggio dell’Arena. Avevo una pistola in mano, pronto a farla finita, ma per qualche motivo ho iniziato ad ascoltare musica in macchina. Erano i Pearl Jam con "Even Flow" e "Black". Poi mi sono addormentato. Quando mi sono svegliato avevo tutta la polizia attorno a me. Non capivo cosa stava succedendo perché mi ero completamente dimenticato del motivo per cui ero lì. Il Basket non c’entrava nulla, mi sentivo solo. E quando sono arrivato all’NBA, non mi aspettavo che l’NBA fosse così. Non sapevo che le franchigie potessero scambiare giocatori così facilmente. Questo è ciò che mi ha spinto a quel punto"

In seguito passerà ai Bulls con MJ e Pippen vincendo 3 titoli.
Durante le finali NBA del 1997, giocate dai suoi Bulls con gli Utah Jazz di Stockton e Malone, era il più odiato dal pubblico mormone.
E Dennis, grande istrione, a provocarli dopo ogni stoppata o rimbalzo.
Con anche delle inequivocabili imprecazioni che facevano impazzire di rabbia il devoto pubblico dell'allora Delta Center.

"Ma come si fa a vivere in questo posto?" (diceva di Salt Lake City)

Così, appena finiva la partita delle finali NBA, prendeva l'aereo, andava a Las Vegas (non lontanissima da lì) e passava la notte tra casinò e maratone di sesso.
Poi tornava a Salt Lake City e marcava Karl Malone.
Durante la sua breve permanenza a Dallas, Dennis è stato squalificato una volta, espulso due e multato più volte dalla NBA. Una volta nel 1997 prese a calci un fotografo a bordocampo ricevendo una squalifica di 11 partite.
Rodman ha partecipato ad alcuni incontri della WCW di Wrestling.
Il suo primo match fu a Bash At The Beach 1997, il 13 luglio.
Era in squadra con Hogan e perse contro Lex Luger e Big Show.
A Bash At The Beach 1998, Rodman e Hogan sconfissero Karl Malone e Diamond Dallas Page.
Disputò il suo terzo e ultimo incontro il 14 agosto 1999 a Road Wild, perdendo contro Randy Savage.
Nonostante queste sporadiche apparizioni, Rodman fece comunque infuriare i dirigenti della compagnia perché spesso non partecipava agli incontri nei quali doveva promuovere gli eventi in pay-per-view.
Inoltre, nel secondo incontro, sembrava ubriaco.
Indossò un abito da sposa all'incontro per la promozione della sua autobiografia Bad As I Wanna Be (uscito in Italia con il titolo "Cattivo Come Voglio Essere").
A parte il suo abbigliamento che definire appariscente è molto riduttivo e lasciando perdere argomenti da gossip come la relazione con Madonna o il matrimonio lampo (si dice sia durato solo nove giorni) con Carmen Electra (pare fosse ubriaco fradicio davanti al prete, incapace di intendere e di volere), una volta è stato anche arrestato a Las Vegas e accusato di guida in stato di ebrezza.
Nella notte tra il 30 aprile e il 1° maggio del 2008, dopo una lite con una donna, conosciuta poco prima al bar di un albergo di Los Angeles venne nuovamente arrestato.
Infatti l'ex cestista avrebbe provocato delle escoriazioni alla ragazza, strattonandola per un braccio.
Il manager di Rodman, Darren Prince, ha spiegato che il suo assistito ha agito così "perché probabilmente aveva bevuto troppo".
Prince spiegò anche che ai tempi Rodman aveva seri problemi con l'alcool (si ricorda anche un'apparizione sul palco con i suoi idoli Pearl Jam, completamente ubriaco ovviamente):
Nel 2010 intervenendo al Jorge Sedano Show durante l'intervista pare che facesse nel mentre sesso orale con una ragazza.
Nel 2012 entrò in causa con Michelle, la sua terza moglie, redo di non aver pagato gli alimenti a lei e ai suoi figli.
Rodman, ai tempi, era in debito di 860.000 dollari in alimenti arretrati.
Secondo quanto riportarono i documenti presentati al tribunale di Orange County (California) da Linnea Willis, avvocato del "Verme"  è "gravemente malato" e le sue condizioni economiche sono pessime.
Per non parlare dei 5.000 dollari che deve versare per il mantenimento di un bambino avuto da un precedente matrimonio.
"In tutta sincerità, Dennis è alcolizzato" ha affermato il suo consigliere finanziario Peggy Williams.
La sua malattia gli impedisce di trovare lavoro, quest'ultimo divorzio l'ha portato sull'orlo del baratro.
È molto provato e malato. E non fa che peggiorare" ha aggiunto.
Tra 2013 e 2014 pare abbia deciso di ricoverarsi per sconfiggere i problemi d'alcool.


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domenica 23 novembre 2014

Migliori Manager Britannici Che Hanno Allenato All'Estero (Calcio)

Iniziamo col dire che fare liste del genere è sempre difficile.
In questo articolo vedremo manager inglesi che hanno avuto maggior successo all'estero che non in patria, facendo una specie di classifica(ovviamente soggettiva).
Non potendo comunque ignorare altri del calibro di Tony Waiters, che vinse un titolo nordamericano con i Whitecaps di Vancouver e fu l'unico ct a portare il Canada alle  finali di Coppa del Mondo.
Senza scordarci di Herbert Kiplin, che fondò il Milan(fu anche allenatore e giocatore).
Altri nomi importanti furono Herbert Burgess(allenò in Ungheria ed Italia), Robert Firth, Ralph Kirby(Barcellona con i quali vinse 1 Copa del Rey), Harry Lowe(Espanyol e Real Sociedad) e Bob Spottiswood(all'Inter con alterne fortune).
L'irlandese Patrick O'Connell fu una specie di leggenda a Siviglia, visto che portò il Betis al titolo nel 1934/35, invece nel 1936/37 vinse anche il titolo con il Barcellona.


Classifica:

12) Jesse Carver
Anche se ha vinto un solo scudetto con la Juventus, ha anche guidato l'Olanda, Lazio, Inter, Genoa, Torino e Roma.
Era conosciuto per ottenere vittorie praticando un calcio davvero elegante.


11) Teddy Duckworth
Dopo la carriera da giocatore in Inghilterra, allenò praticamente solo in Svizzera.
Vinse 4 campionati con il Servette, 1 coppa di Svizzera ed 1 argento alle Olimpiadi sempre con la Svizzera.


10) Jack Kirwan
Anche se ha giocato per l'Irlanda a livello internazionale, Kirwan è nato in Inghilterra e ha giocato per gli Spurs, Chelsea e Everton.
Nel 1910, è diventato il primo allenatore professionista dell' Ajax, il club che avrebbe continuato a rivoluzionare il calcio nel 1970.
Dopo un anno, li condusse alla promozione.


9) Vic Buckingham
Buckingham, insieme all'altro inglese Reynolds(che troveremo più avanti) fu tra i pionieri del Calcio Totale in Olanda.
Infatti egli sostenne la necessità di mantenere il possesso palla il più possibile.
Pertanto curò molto la precisione dei passaggi fra i giocatori.
Impose un gioco offensivo in grado produrre un alto numero di realizzazioni.
Guidò l’Ajax dal ’59 al ’61, con successo(1 campionato ed 1 coppa di Olanda), poi ancora nel 1964/65, prima di essere sostituito da Michels nel corso di una stagione piuttosto deludente.


8) Arthur Johnson
Dopo Miguel Muñoz, nessuno è riuscito più di Arthur Johnson a vincere al Real Madrid.
Dieci anni al timone tra 1910-1920 ha portato 4 campionati e la prima Copa del Rey.


7) Jack Greenwell
Solo Johann Cruyff ha gestito il Barcellona per più stagioni consecutive di Greenwell.
Tra il 1917 e il 1923, Greenwell ha vinto 6 campionati e 2 Copa del Rey.
Egli ha vinto anche in Perù un campionato sudamericano, diventando l'unico non-sud americano a vincere quel trofeo.
Ha inoltre guidato i rivali locali del Barcellona, ovvero l'Espanyol, vincendo la Copa del Rey.


6) Jimmy Hogan
Gustav Sebes, allenatore della squadra ungherese che battè l'Inghilterra 6-3 a Wembley, disse "Abbiamo giocato a calcio come Jimmy Hogan ci ha insegnato.
Quando la nostra storia viene raccontata, il suo nome dovrebbe essere scritto in lettere d'oro".
Hogan collaborò con Hugo Meisl allenando il Wunderteam austriaco, iniziando una rivoluzione nel calcio europeo con innovazioni quali movimento fluido, passaggio corti e stretti, controllo della palla.
Inoltre è stato chiamato "il padre del calcio tedesco".


5) William Garbutt
Garbutt era, ed è ancora, un modello per i manager in Italia.
Rivoluzionò il Genoa in tutto e per tutto, vincendo 3 scudetti con loro.
Lui aveva nel sangue la passione per il gioco del calcio e l'idea che solo un collettivo autentico, ben amalgamato, potesse conquistare il successo.
Così il suo lavoro, che era quello tipico del "manager" all'inglese (cioè di mera gestione dei giocatori della prima squadra), si sviluppava in due direzioni.
La prima era l'inse­gnamento dei fondamentali.
Considerava inammissibile che un giocatore "avesse un solo piede" e chi si azzardava a confessarlo veniva immediata mente sottoposto alla cura del caso.
Che consisteva nel doversi togliere la scarpa dal piede "buono" prima di entrare in campo per l'allenamento e la partitella.
Calciare il durissimo pallone di cuoio con il piede nudo equivaleva a immolarne l'integrità, sicché dopo qualche goffo tentativo era giocoforza industriarsi con l'estremità analfabeta e forzarla a un minimo di collaborazione tecnica.
L'altra direttrice era il consolidamento del gruppo, che curava nello spogliatoio, al riparo da orecchie estranee.
Pretendeva dai suoi il gioco di squadra, l'aiuto reciproco e ovviamente il rispetto delle direttrici di massima del Metodo, la tattica allora imperante, indispensabile per garantire equilibrio alle forze in campo tra difesa e attacco.
Garbutt se ne andò al profilarsi del conflitto mondiale, non appena riportati i colori rossoblu allo scudetto, ma sarebbe tornato dopo la guerra, avviando una lungo ciclo che lo avrebbe portato in giro per varie piazze d'Italia.Garbutt introdusse anche sistemi che restarono poi a lungo di uso corrente, come i pioli in fila sul campo che i giocatori dovevano superare palla al piede scartandoli senza farli cadere, o i palloni appesi a una corda e tirati sempre più su per addestrare gli atleti al l'elevazione e al colpo di testa.
Guidò anche la Roma, poi il Napoli.
Andò a vincere anche una Liga con l'Athletic Bilbao.


4) James Richardson Spensley
Prima di Garbutt, il Genoa vinse il suo primo campionato con il manager inglese James Richardson Spensley.
Egli è ancora considerato uno dei padri del calcio italiano, dato che vinse 6 campionati da giocatore/allenatore.


3) Jack Reynolds
Il secondo manager inglese dell' Ajax che però ebbe un impatto maggiore di Kirwan: egli infatti può essere messo a fianco di allenatori del calibro di Rinus Michels(uno dei pionieri del calcio olandese).
A lui è accreditato la costruzione del famoso settore giovanile dell'Ajax, avendo tra l'altro posto anche le basi per il Calcio Totale che avrebbe poi cambiato il calcio mondiale.
Nei suoi insegnamenti, Reynolds dà molta importanza al controllo di palla, alla tecnica individuale.
Sostiene che l’attacco è la miglior forma di difesa.
Inoltre, elemento di fondamentale importanza per il futuro, richiede che a tutti i livelli l’Ajax giochi allo stesso modo e dunque anche nelle formazioni giovanili.
Inoltre, vinse 8 campionati ed 1 Coppa d'Olanda, allenò anche la nazionale.


2) George Raynor
Fu il primo inglese ad arrivare in una finale di Coppa del Mondo(1958 con la Svezia, dove andarono addirittura in vantaggio contro il Brasile di Pelè, prima di essere sconfitti 5-2).
Nel 1954 sempre con la Svezia arrivò al terzo posto.
Con gli stessi vinse anche una medaglia d'oro olimpica.
Dopo aver guidato diverse squadre svedesi e come detto la loro nazionale andò ad allenare in Italia(Juventus e Lazio), per poi tornare alla Svezia sino ai primi anni 60.


1) Fred Pentland
Iniziò come allenatore guidando la nazionale francese dove venne sconfitto in semifinale dell'Olimpiadi, poi guidò il Racing Santander, prima di andare al Bilbao dove si consacrò.
Il passing football utilizzato dalla Spagna per vincere Euro 2008 e la Coppa del Mondo due anni dopo, lo si deve sicuramente a Fred Pentland, che lo introdusse durante la sua carriera all' Athletic Bilbao negli anni '20 e '30.
Ha vinto due campionati e due Copa del Rey  ed è stato allenatore della nazionale spagnola quando sono diventati la prima squadra non britannica a sconfiggere l'Inghilterra.
Pentland è ancora visto come una sorta di figura paterna in Spagna e il suo compleanno è ancora celebrato a Bilbao.
Nel 1931 inflisse al Barcellona, sempre con il Bilbao, una batosta storica: 12-1.


ANNI RECENTI
Roy Hodgson
Ebbe il merito d'introdurre la marcatura a zona in Svezia.
Sempre in Svezia vinse 4 campionati e 2 coppe di Svezia.
Vinse 1 titolo anche con il Copenaghen in Danimarca.
Guidò Svizzera, Finlandia ed allenò anche in Italia(Inter ed Udinese).
Portò la Svizzera ai mondiali americani del 1994, gli svizzeri mancavano il grande appuntamento dal 1966.


Bob Houghton
Insieme a Roy Hodgson, rivoluzionò il modo di giocare in Svezia con una marcatura a zona ed un calcio offensivo, basato sul pressing e sul 4-4-2.
Nel 1974 Houghton fu assunto come allenatore della squadra svedese del Malmö, che, con il suo modulo di gioco allora inedito per la Svezia, condusse alla conquista di 3 campionati e 3 Coppe di Svezia.
Con Houghton in panchina la squadra guadagnò inoltre una certa fama a livello internazionale raggiungendo la finale di Coppa dei Campioni nel 1979 (persa contro il Nottingham Forest)e giocando anche la Coppa Intercontinentale (il Malmö aveva giocato la partita a causa della rinuncia del Nottingham Forest).
Nel 1980, dopo una breve esperienza in Grecia con l'Ethnikos Pireo, Houghton tornò in Inghilterra sulla panchina del Bristol City, da cui si dimise nel 1982 dopo una sconfitta contro il Wimbledon.
Passato al Toronto Blizzard, con cui raggiunse la finale nel 1984 (ultima edizione della NASL), Houghton allenò per due anni la squadra saudita dell'Al-Ittihad (con cui vinse una coppa di Lega nel 1986) per poi tornare, nel 1987, in Svezia, sulla panchina dell'Örgryte.
Negli anni novanta Houghton, dopo aver allenato per una seconda volta il Malmö e l'Al-Ittihad, ebbe delle brevi esperienze sulla panchina dello Zurigo e del Colorado Rapids per poi passare, a partire dal 1997, ad allenare squadre nazionali, esordendo come commissario tecnico della nazionale cinese.
Dopo aver ricoperto alcuni incarichi dirigenziali per diverse squadre cinesi, nel 2005 Houghton riprese la carriera di commissario tecnico dapprima sulla panchina della nazionale uzbeka, quindi, dal 2006 fino al 2011, su quella della nazionale indiana, contribuendo ad un miglioramento nei risultati e nelle prestazioni della squadra.


Terry Venables
Negli anni 80, dopo aver allenato l'Australia, vinse 1 Liga ed 1 Copa del Rey con il Barcellona.
Per il Barcellona il titolo mancava da ben 11 anni


Josh Toshack
Il gallese, nel 1984, fu ingaggiato dallo Sporting Lisbona, l'anno successivo passò alla Real Sociedad.
Con la squadra basca iniziò il suo periodo d'oro in Spagna.
Nel 1987 vinse la Copa del Rey.
Nel 1989 passò al Real Madrid che portò alla conquista della Primera División nel 1990.
Nel 1991 tornò al Real Sociedad, prima di passere nel 1995 al Deportivo la Coruna, con cui vince la Supercopa de España 1995.
In estate lascia la Spagna per tentare l'avventura in Turchia dove è ingaggiato dal Beşiktaş, vince la Coppa di Turchia e a metà della stagione il 24 febbraio 1999 abbandona la squadra per tornare al Real Madrid.
La seconda stagione resiste appena 11 partite e il 17 novembre la squadra madrileña lo licenzia.
A questo punto Toshack inizia a girovagare per l'Europa con poca fortuna: dal 7 ottobre 2000 al Saint-Étienne, che lascia dopo 12 partite il 22 dicembre per tornare ancora al Real Sociedad, rimanendo fino all'11 marzo 2002, sempre nello stesso anno e sino al 28 gennaio 2003 guida il Catania e il 19 gennaio 2004 è alla guida del Real Murcia, fino al 30 giugno.


Bobby Robson
Dopo aver guidato la nazionale inglese, si spostò in Olanda per guidare il PSV Eindhoven con il quale vinse il campionato olandese sia nella stagione 1990-1991 che nella 1991-1992.
Tuttavia, nelle competizioni europee la squadra non fece i progressi sperati dall'ambiente e Robson fu informato che avrebbe dovuto lasciare il club al termine della stagione 1992.
Andò quindi allo Sporting Lisbona nel luglio del 1992, dove ebbe un giovane José Mourinho, futuro allenatore di Porto, Chelsea e Inter, come interprete e anche assistente (preparava le partite e allenava i portieri).
Nella sua prima stagione in carica guidò il club ad un terzo posto finale, pur essendo in conflitto con il presidente della società José Sousa Cintra, in quanto questi spesso acquistava i giocatori senza il suo consenso.
Robson fu licenziato a dicembre del 1993 con la squadra al vertice del campionato.
Il Porto, rivale dello Sporting, ingaggiò prontamente Robson, con Mourinho designato come vice allenatore. Il Porto versava in cattive condizioni al momento del suo arrivo e la già scarsa presenza di pubblico si ridusse a diecimila spettatori.
La squadra batté immediatamente proprio l'ex società di Robson, lo Sporting, nella finale di Coppa di Portogallo, facendo seguire a quel trionfo la vittoria del Campionato portoghese nelle stagioni 1994-1995 e 1995-1996.
Tale fu l'impatto dell'allenatore inglese al Porto che egli divenne conosciuto dai tifosi locali come "Bobby Five-O", in onore delle partite che il Porto vinse per 5-0, e nel 1995 siglò un nuovo contratto con la società. Pur avendo sofferto di un melanoma maligno durante i primi mesi della stagione 1995-1996, Robson guidò ancora con successo il Porto alla difesa del titolo.
Nel corso dell'estate del 1996, una conversazione telefonica effettuata dal vice presidente del Barcellona Joan Gaspart per discutere di Luís Figo si risolse in un'offerta da parte del club spagnolo.
Robson rilevò l'incarico nel luglio di quell'anno, avendo ancora come assistente Mourinho.
Una delle decisioni chiave prese da Robson durante la sua breve reggenza al Barcellona riguardò l'acquisizione per 19,5 milioni di dollari di Ronaldo, che si dimostrò essere decisivo in una stagione che vide il club vincere Coppa del Re, Supercoppa spagnola e la Coppa delle Coppe.
Il Barcellona fu anche eletto squadra dell'anno del 1996-1997 dall'International Federation Of Football History & Statistics.
In seguito tornò al PSV con un accordo a breve termine valido per il 1998-1999 nel quale il PSV mancò la vittoria del campionato, terminando terzo dietro Feyenoord e Willem II.


Steve Nicol
La leggenda del Liverpool, venne nominato Major League Soccer Coach Of The Year nella sua prima stagione come manager dei New England Revolution nel 2002 e il suo regno di 10 anni negli Stati Uniti è in gran parte visto come un successo.
I Revolution vinsero il titolo nel 2008.


Steve McClaren
L'ex manager del Middlesbrough aveva visto la sua reputazione rovinata da un regno terribile come allenatore dell'Inghilterra con mancata qualificazione per il Campionato Europeo 2008, si trasferisce in Olanda per re-iniziare la sua carriera .
Il primo mandato di McClaren al Twente è stato un indubbio successo riportando gli olandesi al titolo di Eredivisie nel 2009-10(dopo che l'anno precedente erano arrivati secondi).
Dopo aver lasciato l'Olanda per Wolfsburg nel luglio 2010, McClaren venne licenziato dopo aver vinto solo sette partite.
Il suo secondo mandato a Twente fu anche un po' deludente, malgrado il suo rapporto di vittoria era quasi del 50%


Chris Coleman
Coleman si trasferì alla Real Sociedad nel giugno 2007, dopo essere stato consigliato dal collega gallese John Toshack.
Un ottimo record di 12 vittorie e 4 pareggi su 21 partite vide la Real Sociedad al quinto posto in Segunda Division, ma Coleman si dimise nel gennaio 2008 dopo aver litigato con il presidente del club.


Peter Taylor
L'11 luglio 2011, il Bahrain Football Association scelse Taylor per allenare la loro nazionale di calcio.
Solo pochi mesi dopo, Taylor portò il Bahrain a vincere la medaglia d'oro agli GCC Games, la prima volta della loro storia.
Il Bahrain battè i rivali dell'Arabia Saudita 3-1 in una finale a senso unico.
Taylor ricevette un sacco di elogi da parte dei giocatori, tifosi e funzionari.
Due mesi più tardi, Taylor si aggiudicò l'oro di calcio anche agli Arab Games di Doha, battendo la Giordania per 1-0 in finale con un gol in extremis dell' attaccante Ismail Abdullatif.
Tuttavia la sua carriera finì male perchè la FIFA dovette indagare lui e la sua nazionale per calcio scommesse, a seguito della vittoria per 10-0 contro l'Indonesia.


Graeme Souness
Infine Souness, citato non per le sue abilità tattiche ma per quello che successe in un noto episodio.
Lo scozzese allenò il Torino in Italia, poi volò in Turchia dove durante la sua permanenza alla guida del Galatasaray, dopo aver vinto la Coppa di Turchia 1996 battendo gli avversari storici del Fenerbahçe, al termine del match di ritorno (giocato in trasferta allo Stadio Şükrü Saraçoğlu), Souness prese una bandiera giallorossa (colori del Galatasaray) e la piantò in mezzo al campo.
A seguito di questo atto, giudicato "sacrilego" dai tifosi del Fenerbahçe, scoppiarono violenti disordini in tutta Istanbul.
Non un grande nome (almeno come manager) ma sicuramente un buon provocatore.



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sabato 22 novembre 2014

Galatasaray v Stella Rossa: Tifoso Serbo Ucciso Ad Istanbul (Basket)


Peccato perchè la partita tra Galatasaray e Stella Rossa di Eurolega era stata semplicemente meravigliosa e terminata 110-103 dopo due overtime e a seguito di tantissimi capovolgimento di fronte con continui vantaggi e rimonte da ambo le parti.
Il Galatasaray parte subito fortissimo e chiude il primo quarto 22-16, prende il volo anche nel secondo ma i serbi rimontano e chiudono sotto 45-40.
Nel terzo quarto i turchi non scendono proprio in campo e gli ospiti con un parziale di 0-14 si portano avanti, il terzo finirà 54-63.
Il clima si fa molto teso nell'arena con molti tifosi turchi che sembrano quasi sul punto di entrare in campo, anche gli arbitri sono abbastanza intimiditi dal clima infernale che si respira.
A mano mano grazie alle bombe di Arroyo ed Erceg i turchi si riavvicinano con un continuo tira e molla, sino a portarsi addirittura avanti di 1 punto a meno di 2 minuti dalla fine.
Ma i serbi non ci stanno e ripassano in vantaggio di 1.
Il Galatasaray non riesce a rispondere e i serbi vanno sul +3 quando mancano meno di 24 secondi dalla fine.
Arriva il fallo tattico(per evitare l'ipotetico tiro da 3 che impatterebbe la contesa) con Arroyo che fa 2 su 2, per il -1.
Fallo dall'altra parte con gli ospiti che ristabiliscono le distanze per il +3.
Mancano ormai 8 secondi dalla fine e i serbi con un pressing asfissiante decidono di non commettere fallo e difendono abbastanza bene perchè malgrado gli 8 secondi i turchi non riescono a costruire un'azione degna di nota: infatti si affidano ad una bomba da metà-campo di Erceg che finisce incredibilmente dentro.
Doccia fredda per lo Stella Rossa ed overtime.
Il primo overtime, segue la falsariga degli ultimi 2 quarti di gioco con continui ribaltamenti di fronte e punteggio, sino al pareggio dei turchi, i serbi avrebbero l'opportunità di vincere(mancavano 11 secondi alla fine) ma non riescono a concludere(per via di una stoppata al limite del regolamento ma in un clima infernale del genere...chi avrebbe assegnato 2 tiri liberi agli ospiti ad 1 secondo dalla fine?).
Quindi neanche a dirlo...altro overtime.
Qui non c'è più partita: i turchi prendono subito il volo e chiudono 110-101(in realtà grazie all'instant replay, viene assegnato un canestro allo scadere degli ospiti quindi finisce 110-103 con i serbi che quantomeno si mantengono avanti negli scontri diretti avendo vinto all'andata di 8).
31 punti e e 7 rimbalzi per Erceg(autore, come detto, della bomba da 3 punti da metà-campo a 2 secondi dalla fine che porta la partita all'overtime), 26 di Arroyo, 15 di Arslan e Gonlum.


TIFOSO SERBO UCCISO
Mentre nell'Ipekci Arena si consumava una delle partite più belle dell'anno, fuori succedeva l'inferno.
Oddio, non che il clima all'interno dell'Arena turca, fosse meno infernale con come detto diversi tifosi del Galatasaray appostati vicino al parquet e pronti ad entrare sul parquet.
Pare che Marko Ivkovic tifoso della Stella Rossa, sia stato accoltellato dai tifosi turchi ed è morto dopo cinque ore di agonia in ospedale.
Secondo la ricostruzione, sostenitori del Galatasaray hanno attaccato un gruppo di circa 300/400 tifosi della Stella Rossa che non avevano avuto accesso all'impianto(i biglietti disponibili erano solo 70) lanciando contro di loro pietre e altri oggetti.
Per sedare gli scontri è intervenuta la polizia, che ha fatto uso di lacrimogeni, ma nel caos generale uno dei tifosi turchi avrebbe estratto un'arma ferendo il belgradese.
Il dramma ha indotto il primo ministro serbo, Aleksandar Vucic, a telefonare al suo collega turco, Ahmet Davutoglu, condannando "l'odioso episodio" e chiedendo "l'immediato arresto e la punizione degli assassini".
Vucic ha anche deplorato le parole dell'allenatore del Galatasaray, Ergin Ataman, che ha definito terroristi sia il ragazzo ucciso sia tutti gli altri tifosi della Stella Rossa, per poi scusarsi e ha annunciato che il tecnico non sarà più benvenuto in Serbia.
Il primo ministro Davutoglu, secondo il governo serbo, ha espresso rammarico per la morte del giovane belgradese e ha promesso che le autorità turche faranno di tutto per trovare l'autore del delitto e di assicurarlo alla giustizia.


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lunedì 17 novembre 2014

La Storia Dell'Ice Bowl: 31 Dicembre 1967 (NFL)

Il Superbowl, come lo conosciamo oggi, fu istituito a partire dal campionato del 1966.
Fino ad allora, di fatto si disputavano due campionati differenti fra le due leghe NFL ed AFL e solo dal 1966 si decise di stabilire un campione assoluto facendo incontrare i due team vincenti.
Le barriere fra le due leghe furono definitivamente abbattute nella stagione 1970 quando NFL ed AFL divennero National Football Conference ed American Football Conference confluendo in un’unica lega, la attuale National Football League.
La finale del 1967 fu la 35ma del campionato della NFL.
Il vincitore della gara avrebbe disputato il Superbowl II contro i campioni della American Football League. La gara si disputò l’ultimo giorno dell’anno del 1967 al Lambeau Field di Green Bay, Wisconsin davanti a 50.861 spettatori.
Si affrontavano i Green Bay Packers di coach Vince Lombardi e i Dallas Cowboys di coach Tom Landry.
La gara fu la rivincita della finale dell’anno precedente, i Packers venivano da due titoli consecutivi 1966 e 1967.
Dallas aveva vinto il divisional playoff battendo i Cleveland Browns 52-14.
Green Bay invece aveva avuto la meglio dei Los Angeles Rams 28-7.


THE ICE BOWL 31 DICEMBRE 1967
Le condizioni climatiche erano apparse proibitive sin dal primo momento.
Il termometro registrava  una temperatura di -26°C con il vento che segnò una minima di -44° C.
La temperatura media percepita si aggirava sui -38° C.
Quel 31 dicembre, infatti, è entrato negli annali come l’ultimo dell’anno più gelido della storia di Green Bay. Siamo sul Lago Michigan, a pochi chilometri dal Canada.
L’impianto di riscaldamento del campo, costato 80.0000$, quel giorno funzionò male e, quando i teli che proteggevano il terreno di gioco furono tolti, l’umidità che si era formata sotto di loro si congelò all’istante, trasformando così un campo da football in un campo da hockey.
Frozen Tundra, tundra congelata: è così che si presentava il terreno del Lambeau Field, duro come il cemento armato e scivoloso quanto una pista da pattinaggio su ghiaccio.
In queste condizioni, se sopravvivere è già un’impresa, riuscire anche a giocare a football è un autentico atto di coraggio, una sfida che va al di là delle capacità umane.
La banda che doveva esibirsi prima della partita e nell’intervallo ebbe diversi problemi, gli strumenti di legno si congelarono e quelli metallici si attaccarono alle labbra dei musicisti, mentre alcuni membri furono trasportati in ospedale per ipotermia.
E sugli spalti, purtroppo, fu registrata anche la morte di un anziano spettatore per lo stesso motivo.
Frank Gifford che era nella cabina dei telecronisti disse in diretta Nazionale “Ho appena dato un morso al mio caffè”.
Molti giocatori di Green Bay arrivarono allo stadio con mezzi di fortuna perché le loro auto erano diventate inutilizzabili a causa del gelo.
Ci fu il linebacker Dave Robinson che arrivò in autostop.
Poi c’erano gli arbitri che non erano preparati a questo clima.
Sapevano che faceva freddo, ma non che avrebbero arbitrato al polo nord. Dovettero quindi attrezzarsi andando a comprare in un negozio in zona cappelli, guanti pesanti, paraorecchie e altro abbigliamento termico per non rischiare il congelamento.
Quando l’arbitro diede il fischio di inizio il fischietto gli rimase attaccato alle labbra.
Il tentativo di toglierlo portò via la pelle e le labbra cominciarono a sanguinare ma il sangue si congelò quasi subito.
Per il resto della gara gli arbitri non usarono i fischietti e si servirono solo di comandi verbali.

Il RB Don Perkins ricorda “La battaglia più grossa non fu in campo, ma a bordo campo per accaparrarsi i posti vicino alle stufe. La partita in generale fu giocata ad una velocità dimezzata, scivolavano tutti”.
Per il DT Bob Lilly “Fu l’unica partita che io ricordi in cui non contava il risultato, ma sopravvivere”.

Lee Roy Jordan: "Molti di noi non avevano indossato i guanti e presentavano segni di congelamento. Ancora oggi, quando fa freddo, le mani e i piedi mi fanno male".


LA PARTITA
Già nel primo quarto i Packers balzarono a condurre per 14-0 grazie a due passaggi da touchdown del qb Bart Starr per Boyd Dowler rispettivamente da 8 e 46 yards, prima che la difesa dei Cowboys cominciasse a mettere la giusta pressione oltre la linea di scrimmage.
Nel secondo quarto la famosa “Doomsday Defense” di Dallas costrinse l’attacco avversario a due fumble (alla fine la difesa texana collezionò 8 sacks), nel primo, il defensive end George Andrie, recuperato un fumble di Starr, lo riportò per 7 yards in TD accorciando lo svantaggio, 14-7.
Grazie al secondo fumble, pochi minuti dopo, Danny Villanueva , con un field goal di 21 yards, riduceva il margine a 14-10.
Su questo punteggio le due squadre andarono al riposo.
Nel terzo quarto nessuno riuscì a varcare la end zone avversaria e i due qb ebbero non pochi problemi a causa del freddo che causò diversi fumble e impedì di fatto un gioco aereo degno di questo nome e lo stesso Meredith fu protagonista di un curioso aneddoto, nel suo huddle mentre chiamava il gioco si accorse che nessuno capiva quello che diceva, dopo avere provato a ripeterlo alcune volte, fu chiaro che aveva difficoltà ad articolare le parole perché il freddo gli aveva bloccato la mandibola.
Nel terzo quarto, finalmente, la partita si sbloccò, quando Dan Reeves dei Cowboys con un option-pass pescò, con un passaggio da 50 yards, Lance Rentzel.
Dopo il punto addizionale di Chandler, Dallas si trovò in vantaggio 17-14.
C’era rimasto poco tempo sul cronometro e l’attacco dei Packers non aveva fatto più niente di apprezzabile per tre quarti.
A quel punto, glaciale come la temperatura sul terreno, Starr prese in mano la sua squadra e la guidò per 11 giochi e 67 yards fino alla uno yard di Dallas.
Con solo 13 secondi rimasti da giocare e nessun time-out, Starr scelse di seguire il suo cuore e la sua line offensiva. Nonostante la presenza di giocatori del calibro del tackle Forrest Gregg e del centro Jim Ringo (16 presenze al Pro Bowl in due), Starr optò di correre uno sneak dietro la guardia Jerry Kramer.
Quando emerse dal nugolo di uomini nella end zone, Starr e i Packers avevano vinto il loro quinto Championship in sette anni.

Dopo la partita, il coach Vince Lombardi disse: “Avremmo potuto calciare per impattare il risultato, ma questo avrebbe significato costringere gli spettatori al congelamento durante l’overtime”. 

Landry invece dichiarò “Era una chiamata stupida. Ma ora è una grande giocata”. 

Questa partita divenne famosa come “The Ice Bowl”.
Il gioco conservativo, ma efficace, di Lombardi avrebbe, due settimane dopo, portato i Packers alla vittoria nel Superbowl numero due contro gli Oakland Raiders per 33-14 nell’assolata Miami.
Questa gara segnò la fine di un’epoca.
Fu l’ultima volta in cui la finale del campionato NFL fu considerata più importante del Superbowl.
L’anno successivo i New York Jets (AFL) di Joe Namath sconfissero a sorpresa i Baltimore Colts portando piena legittimità alla American Football League.
La NFL, da allora non ha mai assegnato il Superbowl a città dal clima freddo con stadi scoperti.


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