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giovedì 8 maggio 2014

La Storia Del Wimbledon FC (Crazy Gang)

Diciamo che quando si sente parlare di Wimbledon, i primi concetti che vengono in mente sono magari quelli legati al famoso torneo di tennis o al quartiere di Londra.
Solo in seguito viene in mente il nome della squadra.
A Wimbledon, sobborgo della periferia sud-occidentale di Londra, ha avuto sede una delle squadre più particolari della storia.
Una squadra che forse i concetti di tradizione, rispetto ed eleganza non avrebbe saputo trovarli nemmeno sul dizionario.


LA STORIA
Il Wimbledon Football Club nasce nel 1889 a opera di un gruppo di studenti.
Per decenni la sua dimensione è quella delle serie dilettantistiche, dove si distingue come una delle migliori squadre di tutta l’Inghilterra.
Nel 1964 avviene il primo passo verso il professionismo.
La squadra va bene, coglie qualche promozione e nel 1986 riesce ad arrivare in massima serie.


LA FOLLIA DELLA CRAZY GANG
In questa salita dai bassifondi alla cima del calcio inglese bisogna citare alcuni nomi.
Il primo è Dave Bassett, l’allenatore della squadra dal 1981 al 1987.
La sua idea di calcio è semplice: corsa, determinazione, grinta ai limiti della cattiveria e ed aggressività.
Il centrocampo è formato da mastini pronti a mordere, i piedi buoni non servono.
Il gioco parte sempre da lanci lunghi della difesa a cercare il centravanti.
Poi si spera in un’invenzione, un rimpallo, una sponda.
Se va male entrano in azione i mastini di cui prima che, potendo scegliere, passano sempre alle cattive senza mai farsi venire voglia di provare le buone.
Chiunque sia l’avversario, l’approccio è sempre quello, rozzo e rustico.
Gary Lineker, storico goleador della nazionale inglese, arriva a commentare: «il modo migliore per guardare il Wimbledon è sul televideo».
La squadra non attira molte simpatie e a questo contribuisce anche la maniera molto poco british con cui i giocatori interpretano la partita.
Si va dalle intimidazioni, verbali e non, agli insulti urlati in faccia agli avversari nel tunnel d’ingresso al campo. Se poi si gioca in casa è pronto un cerimoniale di benvenuto che comprende bagni dello spogliatoio ospite intasati e senza carta igienica, zucchero scambiato col sale e radio portata al massimo volume.
Nessuno voleva incontrare il Wimbledon, tutte le squadre d’Inghilterra dalla più grande alla più piccola erano terrorizzate all’idea di dover condividere il rettangolo di gioco con quegli 11 pazzi, e la speranza ad inizio partita non era di uscire dal campo vincitori ma tutti d’un pezzo.


I PROTAGONISTI DELLA CRAZY GANG
I protagonisti principali di questa squadra erano Wally Downes, Dave Beasant, Eric Young, John Fashanu, Dennis Wise, Lowry Sanchez e Vinnie Jones.
Questi sei giocatori con la loro cattiveria ed una fantastica propensione all’intimidazione rappresentavano al meglio lo stile di gioco del Wimbledon.
Downes: centrocampista, prodotto delle giovanili, un pazzo.
Gli storici sono concordi nel dire che l’allegro spirito che pervade la squadra abbia in lui il suo padre putativo.
Per anni nello spogliatoio si può assistere a una serie di tagliuzzamenti di vestiti e di incendi a borse e effetti personali vari, soprattutto dei nuovi arrivati.
Beasant era il capitano e il portiere, i suoi supporters lo soprannominarono Lerch per via della sua stazza imponente e della sua somiglianza al maggiordomo della famiglia Adams.
Young, era il leader difensivo, ed è ricordato con il soprannome di Ninja per via delle sue entrate spettacolari e della fascia di lana che portava sempre in testa.
Poi c’era Fashanu, il granitico attaccante della crazy gang.
Fisico da bersagliere e origini nigeriane, la cosa curiosa sul suo conto è che solitamente sono gli attaccanti a lamentarsi della durezza dei difensori avversari, nel suo caso questo non avveniva, era molto più spesso lui che si rendeva protagonista di entrate al limite del processo penale pur di recuperare il pallone e cercare di fare gol.
Wise era il giocatore di maggior talento di quella squadra e la sua carriera ne testimonia le ottime qualità di centrocampista di rottura ma anche in grado di inserirsi e segnare con grande continuità.
Tra gli highlights della sua carriera troviamo un morso a Marcelino Elena del Maiorca in una partita di Coppa delle Coppe (quando è già al Chelsea), la rottura della mascella di un suo compagno durante un ritiro con il Leicester e una condanna a tre mesi di prigione per aver aggredito un tassista.
Per un contorno, una lunga serie di giornate di squalifica per delicatezze varie e un rapporto con gli arbitri che fa sempre un pò fatica a decollare.
Una frase molto significativa su Wise la disse Sir Alex: “Wise potrebbe scatenare una rissa in una casa vuota!”.
Lawrie Sanchez, figlio di padre ecuadoregno e madre dell’Irlanda del Nord, potrebbe giocare per entrambe le nazionali, ma sceglie i britannici perchè sono più vicini.
Si ritiene che nel 1982 sia stato uno dei primi giocatori al mondo ad essere stato espulso per aver deliberatamente evitato un gol con una mano.
Infine arriva Vinnie Jones, se Fashanu aveva un fisico da bersagliere lui ne possedeva uno da gladiatore. Era alto, forte e con la tipica faccia del “bad boy” britannico.
Insieme a Wise componeva una coppia di centrocampisti che terrorizzavano gli avversari.
Per Jones giocare a calcio era come scendere in un arena di guerra, la palla era come il Santo Graal e per cercare di conquistarla ogni mezzo era lecito.
Le sue imprese divennero presto leggenda (12 cartellini rossi in carriera, secondo solo a Keane, detentore del record per il cartellino rosso più rapido della storia, arrivato dopo soli 3 secondi dal fischio d’inizio) e vennero raccolte in una serie di VHS chiamati Soccer’s Hard Man, in cui Jones (produttore dei video) commentava le entrate più cattive di cui lui e i suoi colleghi si erano resi protagonisti.
La promozione di questa collana gli costò la squalifica da parte del FA e la condanna da parte del chairman della federazione inglese che definì la sua capacità intellettuale uguale a quella di un insetto.
Durante la prima trasferta del Wimbledon a Liverpool passa, come tutti, sotto il cartello che domina la scalinata d’accesso al campo.
“This is Anfield”, questo è Anfield.
Serve ad intimorire gli avversari, a scoraggiarli.
Lui per tutta risposta ci attacca sopra un foglio con scritto “bothered”.
Più o meno traducibile con “e chissene”.
Nel 1987 diviene immortale un tentativo di provocazione ai danni di Paul Gascoigne.
Durante una partita contro il Newcastle lo bracca per tutto il campo e ad un certo punto ricorre all’ultima ratio.
Allunga una mano e gli strizza i testicoli.
E fuori dal campo? Fuori dal campo le cose non vanno tanto meglio.
Per la cronaca, qualche denuncia per aggressione, tra cui una per aver preso a schiaffi un passeggero e aver minacciato di morte l’equipaggio di un aereo su cui sta viaggiando. Ubriaco.
Non che il proprietario del club, Sam Hammam fosse meno pazzo.
Egli infatti rappresentava bene lo spirito dei suoi giocatori.
Presidente vulcanico, era conosciuto per i suoi metodi non proprio ortodossi. Infatti, era solito minacciare i suoi giocatori con visite al museo in caso di sconfitta, durante una partita contro il West Ham venne trovato a scrivere oscenità nel bagno dello stadio.
Inoltre, in un occasione per convincere un giocatore a firmare con la sua squadra lo chiuse nel suo ufficio fino alla fatidica firma, giunta più che per la voglia di sbarcare al Wimbledon per il desiderio del malcapitato di tornare a casa dai suoi cari.


L'INCREDIBILE VITTORIA IN FA CUP
Bisogna partire dall’estate del 1987.
In quei mesi Bassett lascia la panchina e viene sostituito da Bobby Gould.
Il nuovo allenatore si guarda bene dal rivoluzionare lo stile di gioco e continua a riproporre la ricetta del predecessore.
In campionato le cose vanno abbastanza bene.
A fine stagione si chiude al settimo posto.
Posizione onorevole.
La gloria arriva da un’altra parte.
È la F.A. Cup la grande occasione.
In successione vengono eliminate West Bromwich Albion, Mansfield Town, Newcastle, Watford e Luton Town.
La finalissima si gioca, come sempre, nel vecchio Wembley, il 14 maggio del 1988. L’avversario è di un certo pregio. È il Liverpool che, per blasone, tradizione e reali mezzi tecnici (quell’anno i Reds vincono senza problemi il campionato), non può non essere il favorito.
Il Liverpool gioca bene, ma non riesce a sfondare.
Al minuto 36 l’arbitro assegna un calcio di punizione laterale per il Wimbledon.
Wise mette al centro, Sanchez anticipa tutti e segna.
I Reds provano in tutti i modi a pareggiare. Invano.
Al ’61 avrebbero la grande occasione. John Aldridge si guadagna un calcio di rigore.
Lo batte lui stesso, ma la traiettoria del tiro, forte e angolata, viene intercettata da Beasant.
Finisce 1 a 0.
Al triplice fischio, John Motson, il commentatore della BBC che sta seguendo la partita, pronuncia una frase che rimane storica: «The Crazy Gang have beaten the Culture Club!».
Quel modo di dire, Crazy Gang, entra a far parte del linguaggio sportivo comune e diventa il soprannome con cui quella squadra viene ancora oggi ricordata.
Dopo quell’inatteso trionfo, il Wimbledon resiste in massima serie per altri dodici anni, senza però ripetere certi successi.
Al termine della stagione 1999-2000 retrocede.
Rimane qualche anno in seconda serie.
Nel giugno del 2002 viene reso nota l’intenzione della dirigenza di spostare la squadra in un’altra cittadina.
Ci si trasferisce a Milton Keynes, a 90 kilometri da Wimbledon.
I tifosi la prendono malissimo e alcuni di loro fondano un nuovo Wimbledon.
Ora il Milton Keynes Dons F.C. (il diretto erede del vecchio Wimbledon) gioca in League One, terzo livello del calcio inglese, mentre l’AFC Wimbledon (la squadra creata dai tifosi), partendo dai dilettanti, negli anni è arrivato in League Two, una serie più in basso.
Ci vorrebbe poco affinchè nei prossimi anni le due squadre si ritrovino l’una contro l’altra in campionato. Sarebbe una partita strana.
Un derby particolare.
Pazzo, ovviamente.
Beh, trattandosi di Wimbledon tutto normale, no?


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