Visualizzazioni totali

Visualizzazione post con etichetta Risse. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Risse. Mostra tutti i post

sabato 3 settembre 2016

La Storia Dei Bad Boys Di Detroit: Risse, Colpi Proibiti e Jordan Rules

Siamo in America, negli anni 80, quelli degli elegantissimi Magic Johnson, Larry Bird e (molto) in parte Michael Jordan.
Eppure, un gruppo poco raccomandabile di Bad Boys stava per affacciarsi nella lega.
Una gang, nel vero senso del termine: unita, compatta e spigolosa, ad immagine e somiglianza di una delle città più dure d’America, Detroit.
La fredda ed industriale Detroit, quella delle catene di montaggio.
Forse mai come in questo caso, una franchigia NBA era riuscita ad incarnare lo spirito di una città, quella voglia di emergere a tutti costi, paura di nessuno, testa alta e sudore.
Tra 1963 e 1983, 20 anni, i Detroit Pistons si qualificarono ai playoff solamente 5 volte, collezionando più che altro brutte/discrete figure ma niente da tramandare ai posteri.
I Bad Boys di Detroit però cambiarono le carte in tavola.
Avevano tutto: grinta, determinazione, durezza, voglia di vincere e di sovvertire i pronostici, mostrando a tutti il proprio valore.
Ad amalgamare il tutto dalla panca era necessario, come logico, un coach di un certo peso, in grado di imporsi su di un tale gruppo di uomini.
Nel 1983, a cercare di dare una svolta alle sorti della franchigia, Chuck Daly venne scelto come nuovo Head Coach della formazione.
Si trattava di un esordiente, dieci anni esatti dopo sarebbe diventato il miglior allenatore nella storia di Detroit.


BILL LAIMBEER
Tra i più duri e vigliacchi della gang, sicuramente Bill Laimbeer: tanti rimbalzi (era un centro), leadership, tiro frontale da fuori e difesa dura, a dispetto di mezzi atletici trascurabili.
Il record forse più duraturo detenuto dall’ex Notre Dame, destinato probabilmente a perdurare per sempre, fu quello delle risse scatenate.
Con Laimbeer di mezzo non poteva non esserci almeno una discussione a partita.
Almeno.
Colpa delle costanti proteste verso gli arbitri, dei continui flop suo marchio di fabbrica, delle provocazioni ripetute e dei tanti colpi sporchi (a palla lontano e non), tra cui gomitate e quant'altro.
Bird, Barkley, Parish, Lanier furono tra i (molti) nomi noti che non resistettero all’invitante tentazione di litigare con Bill.
Il nemico pubblico numero 1 non poteva che essere lui.
“It’s my job.”, così rispondeva Bill a chi gli domandava del suo spigoloso modo di giocare.
Ogni palazzetto che non sia quello di casa (prima Silverdome e poi Palace) si riempie di scalmanati che invocano la sua testa e di migliaia di occhi puntati su di lui per 48 minuti filati, in attesa di scorgere anche solo una mezza spinta sotto i tabelloni per potergli urlare ogni insulto immaginabile.
Ma i colpi proibiti di Laimbeer non arrivano mai per caso: ogni gesto è scientemente studiato per far innervosire gli avversari e/o cambiare l’inerzia della gara.
Attira su di sé urla ed insulti, spesso incassando metaforici lanci di pomodori marci, ma uscendone ogni volta immacolato nello spirito.
Narra la leggenda che sia stato lui il primo giocatore ad aver mai indossato una maschera per giocare col naso rotto.
Le sue diaboliche doti di provocatore offuscarono quelle cestistiche,


DENNIS RODMAN
Uno che invece non credo abbia bisogno di presentazioni è "il verme".
Si, proprio lui, Dennis Rodman era lo specialista difensivo dei Pistons, l’uomo dalle missioni impossibili, con l’obbiettivo sempre fisso in mente di entrare nelle teste altrui.
Scelto nel Draft 1986, incarnava al meglio lo spirito della città e, nello specifico, di quel gruppo.
Per cancellare fisicamente l’avversario dal campo, Rodman affinò vere e proprie tecniche di guerriglia applicate al basket.
Sfide che poi continuavano dietro ad un microfono, con dichiarazioni non sempre diplomatiche che sfociavano in vere e proprio provocazioni.
Nei confronti dei nemici dell'epoca: Larry Bird e non solo.


RICK MAHORN
Rick Mahorn venne acquistato dai Bullets nel 1985, lui portò nel Michigan un devastante concentrato di forza bruta, fisicità e cattiveria.
Era l’ideale spalla del centro Laimbeer, andando gomito a gomito in vere e proprie battaglie sul parquet contro i rivali dell’epoca.
Principe del flagrant foul, Mahorn era sempre in prima linea quando si trattava di scaraventare a terra un malcapitato avversario senza tanti complimenti, impedendo le penetrazioni in area.


ISIAH THOMAS
Scelto nel Draft 1981 con la seconda chiamata assoluta, Isiah Thomas divenne in breve il punto di riferimento dei Bad Boys.
La lingua lunga gli procurò spesso qualche problema, come quella volta in cui Karl Malone gli aprì in due la faccia con una tremenda gomitata, i cui effetti sono visibili tutt’oggi.
Trash talking a parte, di cui si dimostrò un conoscitore esperto in materia, Thomas era la stella riconosciuta della squadra.


JOE DUMARS
L'anima pure del gruppo era Joe Dumars, grandissimo difensore e bravissimo anche in fase offensiva, uno dei migliori sul perimetro nella storia della NBA.
Mai comportamenti provocatori, Joe D differiva da molti suoi compagni di squadra in materia di atteggiamenti, ma condivideva con essi la voglia di primeggiare e di far ricredere gli scettici sulle proprie qualità.
Ideale guardia dello starting five dei Pistons, l’angelo dei Bad Boys è stata una delle più grandi bandiere della franchigia.


LA PANCHINA
The Microwave, Vinnie Johnson, uno dei più forti sostituti mai visti su di un campo da basket, in grado di “accendersi” in un amen una volta entrato sul parquet.
John Salley arrivò anch’egli nel Draft 1986, pronto a rilevare i big men titolari e garantire tante stoppate e gioco fisico.
James Buddha Edwards non era certo dotato della stessa ruvidezza dei suoi partner, ma col jumper e la sua altezza diede un valido contributo.


JORDAN RULES
Quando sei il più grande realizzatore della NBA è lecito pensare che gli avversari faranno di tutto per evitare di farti segnare fermandoti con le buone o con le cattive
Siamo a fine anni 80, finito il dominio dei Boston Celtics di Larry Bird e quello dei Lakers di Magic Johnson ha i giorni contati.
Lo scettro sta per passare di mano e il nome più gettonato è ovviamente quello di Michael Jordan, c’è però qualcuno che non è d’accordo.
Duri e spietati, giocano un Basket fisico e dalle indubbie potenzialità, piegando ogni avversario nella Lega ma Jordan è sempre in agguato e occorre una strategia precisa per tenere a bada il suo incontenibile talento offensivo.
Bill Laimbeer: “Giocare contro Michael Jordan è un ottimo test per la difesa” 

Come fare per contrastare Jordan? Un interrogativo non di facile soluzione, eppure i Bad Boys di Detroit trovano un escamotage, escogitando una strategia che prevede di giocare più duro contro di lui, impedendogli di segnare anche a costo di interventi decisamente fallosi o al limite del regolamento.
In genere Michael veniva marcato da Isiah Thomas o da Joe Dumars ma se dovesse riuscire ad avvicinarsi a canestro, o si raddoppia a seconda della zona del campo, Bill Laimbeer e Dennis Rodman hanno carta bianca per fermarlo, spesso andandoci giù davvero pesanti.

Joe Dumars: “Il 95% del gioco passa dalle mani di Michael Jordan e nel restante 5% lui interviene comunque” 

Chuck Daly: “Quando Michael arriva, cerchiamo di portarlo verso il lato sinistro per poi raddoppiarlo. Quando si trova a sinistra, mandiamo un raddoppio alto cercando di forzarlo verso la linea di fondo. Se si trova a destra, lo raddoppiamo dal post basso e in area mandiamo in aiuto al difensore un ‘giocatore grosso’. 
Un’altra regola è che in qualsiasi momento riesca a passare, lo si blocca con un fallo…” 

Nate in principio dalla mente di Isiah Thomas nel 1988, l’obiettivo dei Pistons, che all’epoca erano l’ostacolo che separava MJ dalle tanto agognate Finals, era quello di giocare il più duramente possibile su Michael, aggredendolo costantemente, randellandolo, ma soprattutto variando sempre la difesa, in modo da non permettergli di adattarsi.
Se il 23 prendeva il pallone in punta, veniva costretto ad andare a sinistra e poi raddoppiato; se si trovava a sinistra, veniva immediatamente raddoppiato; se era sul lato destro, il raddoppio era più leggero.
Se prendeva posizione in post, invece, avveniva il raddoppio con un lungo.
Ma l’aspetto principale era un altro: in qualsiasi momento prendeva la palla, doveva essere aggredito fisicamente.
Per questo motivo, i tifosi di Chicago e della sua stella ritenevano che i Pistons giocassero sporco.
Il succo era che non tirasse Jordan o che lo faccia sempre da raddoppiato, triplicato o subendo un contatto fisico per destabilizzarlo.
In un’epoca in cui il contatto fisico era molto più concesso dagli arbitri, questa tattica difensiva fu tra le chiavi del successo dei Pistons di fine anni ’80 e inizio ’90.
Infatti, nei primi tre incontri ai playoffs tra le due squadre, Detroit ebbe sempre la meglio, in larga parte grazie alle “Jordan Rules”: nell’88 Thomas e compagni s’imposero 4-1 nelle semifinali della Eastern, mentre vinsero in 6 gare nella finale di Conference dell’89 e in 7 in quella del ’90.
L'idea era concedere tiri a giocatori non irresistibili come Bill Cartwright, Dave Corzine o Horace Grant.
Chicago e Detroit come detto si incontrano varie volte in stagione e cominciano a farlo regolarmente anche ai playoffs, finchè nel 1991 le “Jordan Rules” vengono sostanzialmente neutralizzate, quando i Bulls di Phil Jackson e Tex Winter applicano la versione definitiva del famoso Sideline Triangle.


GLI ANNI 80 E IL BASKET GIOCATO
Le prime due stagioni iniziano così così.
Infatti a cavallo tra il 1980 e il 1981 i Pistons stabilirono un allora record di 21 sconfitte consecutive (record poi superato).
Negli anni successivi le fortune iniziarono a cambiare con l'arrivo dei signori citati in precedenza.
Detroit comunque rimane una squadra in piena trasformazione: nelle stagioni tra l’82 e l’87 furono infatti svariate e cocenti le sconfitte ai Playoff per mano dei vari Knicks e Celtics di turno.
A livello cestistico, come si sarà capito, la squadra si fondava essenzialmente sul talento di Isiah Thomas, playmaker rapidissimo, capace di realizzare in penetrazione, buon tiro ma soprattutto grande visione di gioco e uomo assist, determinante nel servire i compagni, con passaggi precisi e smarcanti, tanto da far emergere qualità offensive che alcuni dei suoi compagni non ritenevano di avere.
A ciò si aggiunse, anno dopo anno, una difesa fortissima, fatta di aiuti e soprattutto, una cattiveria agonistica ai limiti del consentito, la filosofia consisteva nel principio difensivo: " se il compagno è superato, bisogna stendere l'avversario!".
Celebri restano i colpi proibiti che erano costretti a subire le superstar avversarie, tra cui  Larry Bird e Jordan, sempre steso a terra dolorante.
In campo botte, impatto fisico esagerato, celebre la rissa che coinvolse i Celtics e i Pistons dopo l'ennesimo colpo subito da Larry Bird.
Nel 1985 i Pistons vinsero la loro prima serie Playoff, affrontando poi in semifinale i Boston Celtics campioni uscenti.
Nonostante la vittoria dei Celtics per 4-2, la sorprendente prestazione dei Pistons pose le basi per una rivalità che si sarebbe infiammata per tutto il decennio successivo.
Fu dopo quella sconfitta che l'allenatore Chuck Daly e il capitano Isiah Thomas stabilirono che l'unico modo per salire ai vertici dell' Eastern Conference era adottare uno stile di gioco più aggressivo, fisico e difensivo...la nascita dei "Bad Boys".
Nel 1987 i Pistons raggiungono le finali di Eastern Conference, miglior risultato dai tempi di Fort Wayne.
Ancora una volta ci sono i Celtics di Bird.
Dopo aver portato i campioni in carica sul 2-2, i Pistons si fermarono a pochi secondi da una vittoria in gara 5 al Garden grazie a Bird che anticipa il passaggio su una rimessa e ruba la palla passandola velocemente a Dennis Johnson che realizza il tiro della vittoria in lay-up.
I Pistons vinceranno gara 6 a Detroit ma i Celtics vinceranno gara 7 a Boston ponendo fine alla serie.
Motivati dalla sconfitta e aiutati anche dall'acquisizione di James Edwards, i Pistons raggiungono un allora record per la franchigia di 54 vittorie, vincendo per la prima volta nella storia la Central Division.
Ai Playoffs 1988 i Pistons riescono a vendicare le due precedenti sconfitte con i Celtics sconfiggendoli per 4-2 e avanzando alle Finali 1988 per la prima volta dal loro arrivo a Detroit.
La prima finale dei Pistons li vide contrapposti ai Los Angeles Lakers guidati da Magic Johnson, Kareem Abdul-Jabbar e James Worthy.
Dopo una serie di 3-2 a favore dei Lakers, i Pistons sembravano sul punto di vincere il loro primo titolo NBA in gara 6.
In quella partita Isiah Thomas, con una caviglia slogata, mise a segno un record per le Finali NBA di 25 punti nel terzo quarto.
Nonostante ciò, i Lakers vinsero la partita per 103-102, grazie a due tiri liberi realizzati da Jabbar a seguito di un fallo chiamato su Bill Laimbeer, definito da molti tifosi di Pistons e da Laimbeer stesso un "fallo fantasma".
Con Isiah Thomas non in grado di giocare al massimo, i Pistons vennero sconfitti a fatica per 108-105.
Molti ne sarebbero usciti con le ossa rotte, ma non loro, non i Bad Boys.


I TITOLI 1989 E 1990
Nel 1989 i Pistons completano la costruzione della rosa cedendo Adrian Dantley in cambio di Mark Aguirre, vinceranno 63 partite, frantumando il precedente record della franchigia, avanzando ai Playoffs fino alla rivincita contro i Lakers.
Questa volta i Pistons ne escono vittoriosi distruggendo i Lakers per 4-0 e vincendo il loro primo titolo NBA.
Dumars, guardia dal grande arresto e tiro, atleta e difensore superlativo, venne nominato MVP delle Finali.
I Pistons difesero con successo il titolo nel 1990.
Dopo aver vinto 59 partite e il terzo titolo di Division, avanzarono nei Playoffs arrivando alle finali di Eastern Conference per la quarta volta consecutiva contro i Chicago Bulls di Michael Jordan. Affrontandosi per la terza stagione consecutiva, i Pistons e i Bulls si dividono equamente le prime sei partite ma i Pistons conclusero la serie con una vittoria per 93-74 in gara 7.
Era il periodo delle cosiddette "Jordan Rules", come abbiamo visto un codice non scritto prodotto dallo spogliatoio dei Pistons, un insieme di principi "difensivi" per limitare il talento di Michael Jordan, con continui raddoppi, falli sistematici, gioco durissimo e sporco, una battaglia sia psicologica che fisica, per distruggere il gioco di Michael.
L'aggressività del team si manifestava anche fuori dal campo, Thomas e compagni sistematicamente avevano parole poco carine per i loro antagonisti, in particolare Isiah arrivò ad affermare che Larry Bird, se fosse nato nero, non sarebbe stato considerato altro che un normale buon giocatore, e non una superstar.
Questo costò a Thomas l'esclusione dal Dream Team 1992, poichè si dice che Jordan e Bird si opposero.
Ad ogni modo, tornando ai Pistons, arrivati per la terza volta consecutiva alle Finali, questa volta è il turno dei Portland Trail Blazers.
Dopo aver diviso le vittorie nelle prime due partite al Palace, i Pistons andarono a Portland, dove non vincevano una partita dal 1974, per giocare gara 3, gara 4 e gara 5.
I Pistons vinsero tutte e tre le partite a Portland, diventando la prima squadra a vincere le tre partite centrali in trasferta.
Il momento decisivo arriva all'ultima partita.
I Pistons, in svantaggio per 90-83 a due minuti dalla fine, vincono per 92-90 grazie a un tiro da 5 metri a 0,07 secondi dalla fine della partita di Johnson, che gli valse il soprannome di "007", insieme al suo soprannome originale," Microwave", ovvero "Microonde".
Isiah Thomas venne nominato MVP delle Finali, coronamento della sua carriera e del suo grande talento.
La corsa al titolo dei Pistons nel 1991 si concluse alle finali di Eastern Conference, dove Jordan e i suoi Bulls spazzarono via i Pistons per 4-0, chiudendo in pratica l'era dei Bad Boys.
La principale causa della loro eliminazione fu l'infortunio di Thomas, operato al polso appena prima dei Playoffs.
Le finali di Conference furono ricordate soprattutto perché nell'ultima partita i Pistons uscirono dal campo poco prima della fine senza stringere la mano ai Bulls.
Del resto, l'epopea dei Bad Boys finì quella sera ma la reputazione da difendere non è un qualcosa di poco conto.


T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog:  Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)

venerdì 5 agosto 2016

Le Migliori Risse In MLB Di Tutti I Tempi

Le risse e i "Bench Cleaning" sui diamanti americani della MLB non dico che siano all'ordine del giorno ma quasi quindi qualsiasi lista, per quanto lunga possa essere, sarà sempre incompleta.
Però si può provare a citare quelle più famose, quelle che per un motivo o per un altro, sono rimaste nella storia di questo sport (anche se magari, per entrarci nella storia, hanno scelto la strada sbagliata).
Il copione è quasi sempre lo stesso: lanciatore che colpisce (volontariamente o meno) il giocatore avversario nel box di battuta.
Un classico.
Ci sono anche eccezioni però.
Spesso ovviamente la rissa è accentuata/si accende più facilmente, a seconda delle squadre coinvolte e quindi della rivalità.
O per la posta in palio.
Poi certe rivalità tipo Tra Boston Red Sox e New York Yankees sono storiche.
Insomma non solo per il baseball giocato, ma certi giocatori, del calibro di Pedro Martinez, Juan Marichal, Michael Barrett, Graeme Lloyd, Pete Rose, Nolan Ryan e in anni recenti Yordano Ventura, Rougned Odor, etc sono rimasti (o rimarranno) nella storia anche per queste risse.



SAN FRANCISCO GIANTS V LA DODGERS (1965)
Il 22 agosto 1965 Juan Marichal dei Giants finì per fare a pugni usando anche la sua mazza nei confronti di John Roseboro dei Dodgers.
Era una gara importante per il Pennant, Sandy Koufax era sul monte di lancio, Roseboro (catcher dei Dodgers) gettò la palla indietro a Koufax nel terzo inning.
Per i Giants stava battendo Juan Marichal che pensò che il catcher Roseboro aveva provato intenzionalmente a colpirlo in testa da dietro.
Seguì una rissa tra Roseboro e Marichal e in seguito Marichal scelse di utilizzare la sua mazza.
Dopo un paio di colpi alla testa di Roseboro, Koufax e suoi compagni di squadra sono stati in grado di portare lontano Marichal da Roseboro (ormai grondante di sangue).


NEW YORK YANKEES V BOSTON RED SOX (1967)
Era il 21 giugno 1967 quando il lanciatore Thad Tillotson degli Yankees colpisce Joy Foy sul casco nel secondo inning allo Yankee Stadium.
Nella metà inferiore, Jim Lonborg si vendica, colpendo Tillotson.
Segue una super rissa con, tra gli altri, Joe Pepitone degli Yankees e Rico Petrocelli dei Red Sox a darsele di santa ragione.


CINCINNATI REDS V NEW YORK METS (NLCS 1973)
"I Reds sembravano colpirmi di proposito", dirà Bud Harrelson prima di gara 3 delle NLCS 1973.
E' questa frase, pronunciata il giorno prima, che innesca la miccia tra Harrelson e i Reds.
Ciò avrebbe dovuto mettere in guardia il seconda base dei Mets.
Infatti tra lui e Pete Rose nel quinto inning voleranno strattoni e cazzotti.
Poi tutti in campo.
Qui nessun lanciatore innesca la rissa: è una corsa di Pete Rose in seconda base che scivolando colpisce Harrelson (stile Odor/Bautista nel 2016).
Pete Rose sarà pesantemente coinvolto anche in altre risse, tipo quella del 1979 contro i Phillies.


NEW YORK YANKEES V BOSTON RED SOX (1976)
Super mega rissa, anzi incontro di pugilato, tra Lou Piniella e Carlton Fisk, due grandi nomi che se c'era da menare non si tiravano mai indietro.
Fisk dei Red Sox è colpito da un buon gancio al viso da Piniella, poi altri pugni e il classico uno contro tutti.
Bill Lee lanciatore dei Red Sox colpì Piniella infortunandolo ad una spalla.


SAN DIEGO PADRES V ATLANTA BRAVES (1984)
Il 12 agosto 1984, va forse in scena la più lunga, la più cattiva ed epica rissa MLB tra San Diego Padres e Atlanta Braves.
La tensione è iniziata già nel primo, quando Pascual Perez dei Braves colpì il seconda base dei Padres Alan Wiggins.
I due si insultano a vicenda.
A sua volta lo starter dei Padres Ed Whitson, appena salito sul monte di lancio, tentò di colpire Perez.
Le panchine si alzano e Perez per difendersi inizia a correre con la sua mazza.
Poi, nel quarto, Perez è colpito di nuovo.
Whitson e il manager Dick Williams vengono espulsi dall'arbitro.
Il rilievo Greg Booker prova a colpire di nuovo Perez nel sesto, ma senza successo (viene espulso comunque).
Infine, nell'ottavo inning, il rilievo Craig Lefferts colpì ancora Perez sul gomito: qui parte un'altra incredibile rissa.
Scontri che si spostano anche vicino le panchine e gli spalti (con i tifosi che gettano addosso ai giocatori di tutto).
Neanche a dirlo, molti giocatori terminano prima del tempo la partita.
Vinceranno i Padres 5-3.


SAN FRANCISCO GIANTS V ST.LOUIS CARDINALS (1986)
Squadre ovviamente rivali della National League che si porta dietro una storia fatta di risse quà e là. Il 22 luglio 1986, il pitcher dei Giants Frank Williams provò a colpire Vince Coleman due volte.
Ci riuscì solo una volta.
Whitey Herzog manager dei Cardinals e Roger Craig dei Giants vennero quasi alle mani prima che partisse la rissa vera e propria con entrambe le squadre coinvolte, panchine comprese.
Anche Herzog è pesantemente coinvolto visto che viene buttato a terra.
Altri gravi casini succederanno 2 anni dopo, sempre tra le stesse due.


BALTIMORE ORIOLES V SEATTLE MARINERS (1993)
Il catcher Bill Haselman appena colpito forse fu un po' troppo precipitoso ad accendere la rissa con Mike Mussina,
fatto sta che le due squadre Orioles e Mariners arrivano subito alle mani. Era il 6 giugno 1993.
Randy Johnson, Jay Buhner, Tino Martinez e Omar Vizquel non si tirano indietro e succede il finimondo.
La rissa dura circa otto minuti con l'espulsione del manager Lou Piniella (si, colui coinvolto in Red Sox-Yankees).
Lo starter dei Mariners, Chris Bosio, chiude con una frattura alla clavicola.


TEXAS RANGERS V CHICAGO WHITE SOX (1993)
Nolan Ryan, l'Hall Of Famer noto per le sue veloci fastball, colpì il terza base Robin Ventura il 4 agosto 1993.
Ventura si avvia in prima, ma ad un tratto ci ripensa e parte verso Nolan Ryan.
Comunque inizialmente è Ryan ad avere la meglio visto che riesce a bloccare Ventura tra collo e testa e lo colpisce con dei pugni allo stomaco.
Ventura rimane lì, si libera e colpisce a sua volta Ryan.
Difficile dire chi tra i due (e gli altri coinvolti) vincerà il combattimento, la partita però la vinsero i Rangers 5-2.


BALTIMORE ORIOLES V NEW YORK YANKEES (1998)
A seguito di un Home Run di Bernie Williams il 19 maggio del 1998, Armando Benitez e Tino Martinez (colpito da un lancio) se le diedero di santa ragione.
Non appena Benitez colpì Martinez, gli Yankees uscirono rapidamente dalla panchina per una delle peggiori risse della loro storia: tutti contro tutti.
Darryl Strawberry colpì 3 Orioles, dal suo canto anche Jeff Nelson fu molto attivo.
Finirà 9-5 Yankees.


TAMPA BAY DEVIL RAYS V BOSTON RED SOX (2000)
I Boston Red Sox degli anni 2000 non si tiravano mai indietro se c'era da picchiare, idem Pedro Martinez che si è più volte ritrovato in mezzo ai guai.
Alla fine di agosto del 2000, Martinez colpì il leadoff hitter Gerald Williams dei Rays .
Williams si guardò la mano e caricò Martinez gettandolo a terra con un pugno molto forte.
Alla fine Williams viene espulso, Pedro Martinez no (chiuse anche con uno shutout in una partita completa).
Martinez sfiorò anche la No Hitter, interrotta solo al nono inning.
Non c'è mai stato buon feeling tra Red Sox e Rays, infatti 8 anni più tardi anche Coco Crisp e James Shields se le diedero di santa ragione (tre espulsioni).


KANSAS CITY ROYALS V DETROIT TIGERS (2001)
Questa rissa iniziò quando Jeff Weaver gridò qualcosa, non proprio complimenti evidentemente, verso Sweeney.
Sweeney, che aveva giocato in tutte e 116 le partite stagionali per Kansas City venne ferito al polso dopo la rissa a terra con Weaver e poi colpito dal catcher Robert Fick (di Detroit).
Nell'aprile 2000, molti degli stessi giocatori di Detroit coinvolti nella rissa con Sweeney e i Royals sono stati coinvolti in un'altra rissa contro i White Sox.
Nel complesso, 11 giocatori vennero espulsi ed i White Sox vinsero 14-6.


BOSTON RED SOX V NEW YORK YANKEES (ALCS 2003)
Gara 3 della ALCS 2003 tra gli Yankees e Red Sox è stata una delle più memorabili della serie, ma per ragioni diverse dal Baseball giocato.
L'esterno Karim Garcia è colpito da una fastball di Pedro Martinez.
Gli Yankees si vendicarono nella metà inferiore dell' inning colpendo Manny Ramirez.
Ramirez accende la rissa, nella confusione totale anche Don Zimmer (allenatore degli Yankees ma anche dei Red Sox in passato) viene buttato a terra da Martinez.
Roger Clemens comunque non si fa influenzare e nel proseguo continua a lanciare bene: gli Yankees vinceranno 4-3.


BOSTON RED SOX V NEW YORK YANKEES (2004)
Questa rissa ebbe luogo a Fenway Park il 24 giugno 2004, precisamente nel terzo inning, quando Alex Rodriguez è colpito da Bronson Arroyo con una fastball.
Rodriguez insultò Arroyo, poi il catcher dei Red Sox, Jason Varitek.
Il tutto degenera con una maxi rissa che coinvolge entrambe le squadre.
Kevin Millar e Trot Nixon se la prendono con il lanciatore Tanyon Sturtze degli Yankees, che esce con un orecchio insanguinato.
I Red Sox vinceranno 11-10.


CHICAGO WHITE SOX V CHICAGO CUBS (2006)
Bastò un Sacrifice Fly di Brian Anderson per accendere la rissa.
Infatti il catcher dei White Sox A.J. Pierzynski mentre passava da casa base con una spinta buttò a terra il catcher dei Cubs Michael Barrett.
Barrett si alzò e prese a pugni in faccia Pierzynski, poi tutti in campo, tifosi agitati sugli spalti.
Ci sono voluti 15 minuti per gli arbitri per capire chi doveva essere espulso.
Barrett è sospeso 10 partite, i Cubs persero 7-0, la rivalità da quel giorno se è possibile è ancora aumentata.


FLORIDA MARLINS V WASHINGTON NATIONALS (2010)
L'esterno Nyjer Morgan è sempre stato noto per il suo carattere coraggioso ed atteggiamento aggressivo.
Il 1 settembre 2010, Chris Volstad starter dei Florida Marlins lo colpì con un lancio, allora Morgan partì da casa base per prendersi la sua vendetta.
Si era 15-5 Marlins nel settimo inning.
Prima che Morgan potesse colpire Volstad, il primo base Gaby Sanchez che correva dalla prima base appunto è stato in grado di buttare Morgan giù.
Molteplici furono le espulsioni, seguite dalle sospensioni.
Morgan ha ricevuto una sospensione di 8 partite.


ST.LOUIS CARDINALS V CINCINNATI REDS (2010)
Con i Reds e Cardinals in lotta per il primo posto nella NL Central, la partita non poteva che essere tesa.
Questa rissa officiosamente iniziò la sera prima.
Il seconda base Brandon Phillips dei Reds disse: "Tutti i Cardinals stanno sempre a lamentarsi per qualsiasi cosa".
Quando Phillips andò a battere per la prima volta, colpì con qualche colpetto di mazza i parastinchi del catcher Yadier Molina.
Molina lo guarda storto e poi ben presto inizia un faccia a faccia durissimo tra i due che si trasformò in una rissa con entrambe le squadre a strattonarsi e a fare a pugni.
Per Jason LaRue dei Cardinals una commozione cerebrale ed altri giocatori sono rimasti feriti durante la rissa.


SAN DIEGO PADRES V LOS ANGELES DODGERS (2013)
A scatenare questa rissa (e a rimetterci) è stato Zack Greinke, lanciatore dei Dodgers.
Sul punteggio di 2-1, nel corso del sesto inning, con 0 out ha colpito con un lancio l'esterno Carlos Quentin che di tutta risposta ha buttato la mazza a terra per cercare lo scontro.
Tutti in campo verso i due coinvolti ma Quantin riesce a raggiungere prima Greinke per regolare i conti.
Il forte pitcher dei Dodgers rimedierà la frattura della clavicola, poi espulsi: l'esterno dei Padres, ma anche l'esterno dei Dodgers Matt Kemp e Jerry Hairston Jr.
Don Mattingly, manager dei Dodgers, a fine match dirà che Quentin era stato colpito dal lancio involontariamente.
Inoltre etichettò Quentin come "stupido".


LOS ANGELES DODGERS V ARIZONA DIAMONDBACKS (2013)
Tutto è cominciato quando Puig dei Dodgers è stato colpito da un lancio.
Poi Greinke dei Dodgers ha colpito Miguel Montero ed ha avuto inizio la prima rissa.
Greinke questa volta ha fatto del suo meglio per rimanere fuori dalla rissa dopo essersi rotto la clavicola in una rissa precedente all'inizio della stagione (la citata contro San Diego).
Volano pugni, spinte e calci e il rilievo dei Dodgers J.P. Howell gettò l' allenatore Turner Ward di Arizona contro la ringhiera dove era posta la telecamera.
In seguito Greinke è colpito dal lanciatore avversario Ian Kennedy (subito espulso), scatenando la seconda rissa sul campo da gioco con tutte le squadre sul terreno di gioco.


CHICAGO WHITE SOX V KANSAS CITY ROYALS (2015)
Jeff Samardzija aveva colpito Lorenzo Cain, il quale urlò verso l'arbitro alla intenzionalità.
Yordano Ventura, multato appena tre giorni prima per aver colpito intenzionalmente il giocatore degli Oakland A's Brett Lawrie al termine di un'altra serie movimentata, aveva ricevuto un groundball direttamente dalla mazza dell'esterno centro dei White Sox.
Ventura, che aveva colpito nella bassa del quarto il gomito di Abreu con una fastball a 98 miglia orarie, insulta Eaton che subito risponde a tono.
Velocemente arrivano gli arbitri di casa base a separare i due giocatori ma la situazione degenera.
All'altezza della prima base si scatena una mischia nella quale, insieme a spinte, vola anche qualche pugno.
Lorenzo Cain provoca Samardzija che prova a colpirlo.
Il pugno di Samardzija non arriva a destinazione mentre ne incassa uno dall'altro lanciatore dei Royals Edinson Volquez.
Con due out nella parte alta del quinto Chris Sale aveva colpito con una slider Mike Moustakas.
Nel settimo inning vengono espulsi l'esterno Lorenzo Cain ed i lanciatori Volquez e Ventura per i Royals insieme ai due assi della rotazione White Sox Chris Sale e Samardzija come effetto della rissa iniziale tra Yordano Ventura ed Adam Eaton.
Ventura sarà coinvolto anche in altre risse, tipo quella del 2016 contro gli Orioles e Manny Machado.


TORONTO BLUES JAYS V TEXAS RANGERS (2016)
Era una delle tante riproposizioni delle ALDS del 2015 tra Blues Jays e Rangers: diverse risse in campo ed incontro di Boxe tra Odor e Bautista..
Tra Blue Jays e Rangers non corre buon sangue, soprattutto dopo che i canadesi posero fine alla post-season dei texani dopo essere stati sotto nella serie per 0-2 (terza franchigia nella storia delle DS a riuscirci).
Durante la decisiva Gara 5 ci fu una chiamata controversa, con gli arbitri a discutere per oltre 50 minuti mentre dalle gradinate volava di tutto sul diamante.
Alla fine venne considerato valido il punto segnato da Odor che portò momentaneamente in vantaggio Texas.
Tra i giocatori erano rimasti dei conti in sospeso e nel corso della terza gara della serie 2016 sono esplosi.
Nel corso dell'ottavo inning il rilevo di Texas, Matt Bush, colpisce Jose Bautista, il quale, a seguito della battuta successiva, corre verso la seconda e scivola su Rougned Odor nel tentativo di rompere un tentativo di doppio gioco.
Bautista e Odor hanno qualcosa da dirsi, entrano in contatto e il seconda base di Texas colpisce con un pugno al volto l'esterno destro di Toronto.
Da qui la prima rissa con tutti i membri delle franchigie sul diamante.
Nella parte bassa dello stesso inning il rilievo dei Blue Jays, Jesse Chavez, colpisce Prince Fielder e il "bench-clearing" si ripete.
Alla fine verranno squalificati ben 14 tra giocatori e staff, incluso il manager di Texas John Gibbons (3 partite), che si è lasciato trascinare dagli eventi invece di sedare gli animi.
Per Rougned Odor (8 partite).



Secondo invece FoxSports, questi sono i più cattivi della storia, classifica ovviamente soggettiva ma allo stesso tempo condivisibile essendoci diversi dei protagonisti menzionati prima nelle risse appena viste:




ALTRI ARTICOLI
Espulsioni Più Assurde In MLB (Ejected From Dogout)
Il Manager Più Espulso Di Tutti I Tempi: Bobby Cox
I Crazy Boys Del Baseball (Scherzi e Follie)


T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog:  Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)

mercoledì 2 marzo 2016

La Storia Di Chris Jones: L'Ascia, Le Risse e Le Due Squalifiche A Vita

Chris Jones, abbandonato il Rugby nel 1987 (29 anni), ammette candidamente che ai tempi non c'era nulla che non avrebbe fatto per vincere una partita.
Giocatore rinomato per la sua violenza dentro e fuori dal campo.

"Ho avuto una pessima reputazione. Assolutamente terribile. Venivo chiamato psicopatico e uomo selvaggio"

Jones fu abbastanza bravo da essere selezionato per i gallesi Under 15 e Under 19, ma la sua mancanza di altezza, era un handicap che avrebbe potuto superare solo giocando in modo aggressivo (e sporco).
Di ruolo iniziò come Flanker ma poi passò ad Hooker(Tallonatore).
Cominciò a giocare all'età di 11 anni, partecipando in seguito ad alcune esibizioni dell'Under 15 e dell'Under 19 della nazionale gallese.
Passò al Treorchy nella tarda adolescenza, quando ormai il suo carattere era già formato.
Era già quel giocatore “selvaggio” che si sarebbe presto rivelato al grande pubblico.
Il rugby al tempo non era proprio lo stesso sport conosciuto oggi, fatto di terzi tempi:

“Vigeva la legge della giungla, il gioco era duro e sopravvivere era difficile. Per questo ero disposto a fare di tutto, arrivando presto ad avere una pessima reputazione”.


LE ESPULSIONI E LE DUE SQUALIFICHE A VITA
Per mettere la sua carriera in prospettiva, i giocatori sono raramente banditi a vita dal Welsh Rugby Union: infatti sono necessarie ben cinque espulsioni.
Jones invece, ricevette addirittura due squalifiche a vita.

"Ai tempi ero solito portare un'ascia nella mia borsa.
Io non so come il tutto è iniziato. So solo che ero pazzo, pazzo ed ancora pazzo.
Mi ricordo che una volta inseguii Nigel Bezani intorno al Tylorstown Rugby Club"

Le cose cominciarono ad andare davvero fuori controllo il giorno di Santo Stefano nel 1982, quando venne cacciato (etichettato come "un completo idiota") dal'arbitro per via di una maxi rissa con qualsiasi avversario del Treherbert che gli capitasse a tiro.
Il tutto cominciò quando venne colpito suo fratello Clive Jones e l'arbitro non se ne accorse, al che Chris Jones si fece giustizia provocando una maxi rissa.
Cacciato, si rifiutò di lasciare il campo e spinse l'arbitro, minacciando di picchiare anche qualcuno tra la folla.
Per questo, ricevette una sospensione di 28 settimane.
“Succedevano cose che se si verificassero oggi porterebbero all'arresto. Aspettavi che l'arbitro voltasse le spalle e poi via: calci, pugni e quanto altro. C'erano circa 10 risse a partita. Tutto questo ha influenzato la mia personalità e il mio temperamento. Una volta vidi una seconda fila prendere la palla fuori dopo il kick off ed essere preso a calci. Ho visto due pack durante una mischia con il pilone destro su un lato che tirò un calcio in faccia all'avversario visto che l'arbitro si era distratto per via di un giocatore infortunato.
Ricordo la battaglia di Tynewydd Park, quando ci fu una rissa tra Andy Millard e John Richardson. 
Vennero entrambi cacciati ma la rissa continuò anche negli spogliatoi!
Tutto quello da fare ai tempi era aspettare che l'arbitro voltasse le spalle e quindi via di pugni e calci. Era la normalità, ogni squadra aveva i suoi uomini duri

L'inattività è seguita da una dozzina di partite distribuite in tre anni durante le quali è stato sospeso due volte a vita.
In Coppa di Galles contro il Cardiff ci fu una rissa con gli avversari e scazzottata con il pubblico.
Venne espulso insieme ad altri 3 giocatori (3 suoi compagni più Jeff Whitefoot del Cardiff).

"C'erano tanti giocatori espulsi per Treorchy nei malfamati derby locali. Una volta la WRU "chiuse" il club per due settimane".

6 mesi di squalifica, ritorna, altra megarissa e seguente squalifica a vita: "sine die" (sino alla morte).
Dopo quasi 2 anni scrive una lunga lettera di scuse alla federazione e viene riammesso.
Poche partite, altra rissa, avversario lasciato svenuto a terra (l'arbitro inizialmente non lo cacciò perchè non lo vide).
Nuova squalifica a vita, questa volta definitiva.
Anche se dopo circa 1 anno verrà perdonato nuovamente ma per problemi fisici lascerà il Rugby giocato.


LA CARRIERA D'ALLENATORE, L'ARRESTO PER RISSA E LA FEDE
Così Jones, tra eccessi di alcool e droga, andò ad allenare con il fratello Clive, prima a Pontypridd e poi il suo ex club: il Treorchy RFC.

“Ero un matto, allenavo esattamente  come giocavo. Volevo una squadra brutale, giocatori pronti a prendere a calci in testa l'avversario” 

Ai tempi la sua vita al di fuori del Rugby continuò ad essere un disastro, che culminò con il suo arresto al Brecon Jazz Festival nel 1990 per rissa e disordini violenti.
Dentro la cella si rivolse a Dio per essere aiutato, da quel giorno la sua vita cambiò per sempre.
“Avevo paura, ma soprattutto mi vergognavo. In cella ho avuto il tempo di riflettere sulla mia vita, volevo cambiare. E' in quel momento che ho avuto la mia prima esperienza spirituale, difficile da spiegare. Mi rivolsi a Dio chiedendogli di aiutarmi a migliorare, in cambio gli avrei dedicato la mia vita. Non ho sentito cori angelici o visto luci accecanti, ma ho avuto una sensazione stupenda, di pace, sentivo che Dio mi era vicino”.
Jones venne riconosciuto colpevole, ma se la cavò con un'ammenda pecuniaria.
Da allora non toccò più alcool e droga e dopo aver abbandonato il pensiero che il problema della sua foga/aggressività non fosse lui ma il Rugby, tornò ad allenare.


T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog:  Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)

venerdì 6 novembre 2015

La Storia Di Eddie "Fast" Johnson: Squalifica A Vita, Rapine e Violenze Sessuali

Eddie "Fast" Johnson nasce il 24 Febbraio 1955 ad Ocala (Florida) non lontano da Orlando.
Prodotto dell' Auburn University, studente modello, venne scelto dagli Atlanta Hawks come 49esima scelta nel terzo turno del Draft NBA 1977. Con una media di 10.5 punti, il rookie ha aiutato Atlanta a tornare ai playoff dopo quattro anni di assenza, una prodezza ripetuta in sei delle otto stagioni giocate da Johnson in Georgia. Nel 1978/79 sfiorò addirittura il titolo NBA perdendo in semifinale di conference contro i Washington Bullets. Per le 4 stagioni successive portò una media superiore ai 16 punti. Nel terzo anno nella lega, i tifosi lo votarono anche  titolare nell'All-Star Game.
Nel 1981 chiuse con 19.1 punti a partita. Con Johnson, Glenn "Doc", Johnny Davis, Rory Sparrow e Anthony "Spud" Webb, Atlanta vantava alcuni tra i migliori difensori di tutta la lega.
Tuttavia già nel 1982 infortuni e problemi di droga cominciarono a rallentare la sua carriera.
Tant'è vero che Johnson venne spedito in Ohio, ai Cleveland Cavaliers, nella stagione 1985/86.
Johnson stava combattendo una dipendenza dalla cocaina da molti anni. Dopo diverse sospensioni, finalmente finì in riabilitazione nel 1986 ma dopo l'ennesima ricaduta fu squalificato a vita nel 1987 (finì la sua carriera con i Seattle Supersonics). In 675 partite NBA, "Fast Eddie" Johnson segnò comunque 10.163 punti, con una media in carriera di 15.1 punti a partita.


DOPO LA SQUALIFCA A VITA: DROGA, RAPINE, VIOLENZE SESSUALI
La squalifica a vita dalla NBA, paradossalmente, fu niente rispetto a quello che combinò negli anni successivi. La fedina penale di "Fast Eddie" arrivò a contare in totale circa 100 arresti.
Nel mese di agosto del 1989, venne arrestato per aver rubato in due case $9130 per comprarsi un po' di crack. Nello stesso anno, è stato protagonista di un'altra rapina, entrando in casa di una donna: bottino di $250.
Nel 2000, Johnson ha colpito un agente più volte nel corso di un arresto per droga.
Nello stesso anno, è stato protagonista di un'altra rapina in un negozio di abbigliamento.
Nel 2006 ennesimo arresto per furto con scasso. Sicuramente però le accuse più gravi sono quelle di pedofilia su una bambina di 8 anni e quelle di violenza sessuale su una ragazza di 25 anni.
Sarebbe entrato nell'appartamento (con il fratello minore che faceva da guardia vicino alla porta) ed avrebbe violentato la bambina di 8 anni, poi 3 giorni dopo si sarebbe ripetuto nei confronti di una ragazza di 25 anni in un albergo.

"Non incolpo nessuno per quello che mi è successo ma solo me stesso. Potrei cercare scuse, ma non ci sono scuse" Johnson dice dietro le sbarre.
"Non è il denaro. Le persone non riescono a capire, quando si è coinvolti con la droga, è il caos che va di pari passo con essa"

Johnson riconosce la sua lunga fedina penale di crimini e persistenti problemi di droga, ma nega di aver mai commesso rapine. Inoltre nega con forza le accuse di pedofilia e di violenza sessuale per cui sta scontando la prigione. Infatti nel 2008, "Fast Eddie" Johnson, giudicato colpevole di pedofilia e di violenza sessuale, è stato condannato all'ergastolo. Attualmente incarcerato a Santa Rosa Correctional Institution.


T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog:  Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)

martedì 12 maggio 2015

La Storia Di John Brisker: Risse, Pistole, Cambi D'Identità e Presunta Morte (NBA)

Charlie Williams, membro dei Pittsburgh Pipers: "Era un eccellente giocatore ma avevi quella sensazione che, a dir qualcosa di sbagliato, potesse mettere una mano dentro la borsa, tirare fuori una pistola e spararti"

John Brisker nasce nel quartiere nero di Detroit, una delle città con più criminalità degli Stati Uniti.
Il padre, dopo anni passati ubriaco a malmenare la propria moglie ed i figli, decide di fare le valigie e abbandonare la famiglia, lasciando alla madre di John l’infausto compito di tenere a bada gli istinti del figlio che già da piccolo mostra la propria attitudine alla rissa.
Va alla high school ad Hamtramck nel Michigan dove trova in squadra Rudy Tomjanovich, futuro giocatore e coach NBA e in seguito nonostante sia già considerato un ragazzo violento e pericoloso ottiene una borsa di studio per University Of Toledo, nell’Ohio.
La classe messa in mostra sul terreno da gioco, va di pari passo con la cattiva reputazione che Brisker riesce a costruirsi in poco tempo: a scuola gira la voce che vada in giro con una pistola sempre in borsa; a fare le spese della condotta di John è uno dei bidelli della scuola a cui Brisker estorce del denaro con metodi poco ortodossi. La dirigenza scolastica ne viene a conoscenza e lo sospende, tocca ancora alla madre convincerlo della necessità di finire la scuola per poter proseguire con la carriera cestistica.Come detto, finita l'High School, inizia l'University Of Toledo.


ALTRI GUAI
Nei Rockets di Toledo gioca anche come receiver a football americano e si mette abbastanza in luce per essere contattato da squadre NFL.
In una lega dove la cocaina e gli eccessi sono la normalità il nostro Brisker si trova benissimo ed è qui che nasce la sua leggenda.
Brisker non passa di certo inosservato al college, persino da chi non ha mai visto una partita della squadra di basket, a causa delle grosse cicatrici sul suo corpo che gli valgono il soprannome di Batman (poiché i segni sul suo corpo sono “grandi quanto Robin”: questo è quanto, di enigmatico, passato alla storia). Il college, però, lo mette per la prima volta davanti alla realtà sociale di quel tempo nella quale i ragazzi bianchi evitavano di frequentare gli stessi ambienti dei neri; questo innesca in Brisker un risentimento che, con l’andare degli anni, lo porterà a sposare l’ideale di “potere nero” del Black Panther Party. Al terzo anno di college, la University Of Toledo decide di cacciare Brisker a causa del suo disastroso andamento scolastico e quest’ultimo coglie la palla al balzo per firmare un contratto da professionista con i Pittsburgh Pipers. In campo è un giocatore clamoroso, re del trash talking, vive di sfide. Le sue vittime preferite sono i Dallas Chapparalls contro i quali viaggia durante la stagione 1970-71 a 36.8 punti di media tanto che il loro coach Tom Nissalke mette una taglia di 500$ perché i suoi giocatori lo atterrino definitivamente durante una delle sue penetrazioni, Len Chappell si candida per la missione ed al momento della palla a due stende Brisker a tradimento.
Nessun provvedimento preso e stranamente nemmeno Brisker se la prende troppo, avendo evidentemente apprezzato la furbata di Chappell.
Ma il suo odio per i Chaps era tale che quando Pittsburgh sparisce ed i suoi giocatori vengono assorbiti proprio da Dallas Brisker assume un avvocato pur di non andare a giocare là.


STORIE DI PISTOLE
Durante una partita con i Denver Rockets viene espulso dopo due soli minuti di gioco per una gomitata all’avversario Art Becker; per ragioni sconosciute a chiunque all’infuori della sua testa, Brisker riesce a fare irruzione per tre volte sul campo da gioco (nel tentativo di raggiungere Becker) prima che la polizia riesca a confinarlo nello spogliatoio.
Di certo non va meglio nemmeno negli allenamenti con la sua squadra tanto che coach Dick Tinkham, un nome una garanzia, assume un ex giocatore di football solo per stendere Brisker al suo primo accenno di rissa in allenamento, quando il suo “guardiano” capisce che tenerlo fermo e tranquillo non è così semplice si alza e va negli spogliatoi dichiarando la sua decisione di andare a prendere la sua pistola. Brisker non muove un muscolo del volto ed anzi è felice poiché può andare pure lui negli spogliatoi a prendere la SUA pistola.
Arriva così immediata la decisione di Tinkham di annullare l’allenamento e di licenziare il povero giocatore di football. I compagni restano così alla sua mercé, il povero Walt Szczerbiak, in seguito grande stella del Real Madrid, era la sua vittima preferita, come rookie viene massacrato da Brisker per i più futili motivi.


BOTTE DA ORBI E JOHN BRISKER INTIMIDATION NIGHT
Mentre comunque buca le retine nella ABA tanto da essere costantemente uno dei migliori realizzatori continua ad accrescere il suo mito, quando i Pipers che nel frattempo sono diventati i Condors giocano ad inizio stagione 1971-72 contro gli Utah Stars Willie Wise riesce a tenerlo a soli 4 punti nel primo tempo e nella ripresa un nervosissimo Brisker fa a botte più volte cogli avversari sino alla fine della partita, a Novembre i Condors si presentano nello Utah e viene dichiarata la “John Brisker Intimidation Night” ovvero gli Stars invitano il campione di boxe Ron Lyle ed altri quattro boxeur professionisti messi nei vari angoli a bordo campo...pronti ad intervenire in caso di necessità!
Per una volta Brisker si comporta come un angioletto durante la gara in uno degli “eventi” più clamorosi della storia dello sport.
Memorabile anche quando, appena finito l’All Star Game ABA del 1971 Brisker insegue il commisioner Jack Dolph e gli chiede senza troppi giri di parole di dargli immediatamente il premio in denaro per la partita, Dolph immediatamente apre il portafogli e gli dà senza fiatare i suoi 300$...meglio non aver discussioni con uno che aveva mandato dal chirurgo facciale Sam Smith di Kentucky e Ron Boone di Dallas. Come dicevamo Brisker non aveva nessuna intenzione di giocare per Dallas e grazie ad un avvocato ed un colloquio con Fred Cranwell, l’executive di Pittsburgh, che durante la discussione non poteva far altro che pensare alla pistola nella giacca del giocatore ma che comunque si era affezionato a Brisker, viene lasciato andare nella NBA ai Seattle Supersonics.


NBA
Nel 1972 arriva così a Seattle dove ha subito un impatto fra la gente: bello, selvatico e magnetico ma pure sorprendentemente dolce e paziente coi bambini per i quali organizzava dei camp ed era sempre pronto ad iniziative in loro favore, si presenta subito con una dichiarazione di amore :”Voglio giocare qui, per questa città e per questi fans”.
Ed in campo nella NBA, ben diversa dall'ABA, viaggia a 11.9 punti in 21 minuti a partita nelle tre stagioni coi Sonics.


CACCIATO
“Quel Son Of Bitch sa giocare” disse un coach avversario ma si tratta di NBA e non di ABA ed i giocatori della NBA non hanno paura di Brisker, non si aprono dinanzi alle sue penetrazioni come il mar Rosso dinanzi a Mosè così nella sua terza stagione a Seattle cominciano i problemi: durante un allenamento fa saltare i denti ad un compagno e nel 1975 l’owner Sam Schulman lo taglia dopo 21 partite giocate perché Brisker provoca “dissensi” nello spogliatoio. Ai tempi si diceva che Brisker fosse perennemente sotto gli effetti di alcool e droghe. Senza un lavoro Brisker entra in contatto con quelli del Black Power ed entra in affari con loro, con la moglie va in Liberia e fonda una ditta di import/export chiamata Dahoney, il suo secondo nome, di cui risulta come tesoriere e compra anche una proprietà sul lago Piso vicino a Manrovia dove dice di voler andare a vivere. Torna negli States ma nel Gennaio del 1978 dice alla moglie di essere nei guai...grossi guai...e di dover sparire per un po’ sino a quando le acque non si calmano. John Brisker con un sacco di soldi in tasca prende un aereo e vola in Africa. Ecco ora entriamo decisamente nella Leggenda.


L'INCONTRO CON IL DITTATORE DELL'UGANDA: FUCILATO O ANCORA VIVO?
Deluso dall’essere costretto a lasciare Seattle, città che adora e alla cui vita sociale ha partecipato per tutto il periodo trascorso ai Supersonics (aprendo e gestendo anche un ristorante), rientra a Detroit tentando di avviare un import/export con il continente nero; è proprio quest’obiettivo a spingerlo a volare in Africa nel 1978.
Da lì in poi un paio di telefonate, l’ultima da Kampala, capitale dell’Uganda, e poi solo silenzio: la storia documentata di John Brisker per noi, l’FBI, l’Uganda stesso, si chiude qui.
Cosa realmente sia successo è un mistero e resterà tale probabilmente per sempre, anche se alcune ipotesi sono state avanzate: il cambio d’identità di un Brisker sommerso dai debiti, la partecipazione al suicidio di massa religioso avvenuto a Jonestown in Guyana, o addirittura l’arruolamento presso un esercito mercenario. Viene visto per l’ultima volta a Manrovia nel mese di maggio e chiama la moglie dicendole che sta per andare in Uganda.
In Uganda comanda il dittatore Idi Amin una delle personalità più feroci dello scorso secolo autore di crimini contro l’umanità, repressione politica, stragi etniche, sotto il suo regime moriranno mezzo milione di persone. Secondo molti storici affetto da disordini bipolari era anche un grande appassionato di sport e di basket in particolare e financo cannibale, secondo alcuni.
Dopo alcuni mesi di silenzio la signora Brisker comincia a preoccuparsi e si affida all’ambasciata americana ed al FBI per ritrovare il marito, convinta che qualcosa di grave è accaduto.
In realtà non si sa se Brisker sia mai giunto là in Uganda.
Non si è mai registrato all’ambasciata americana. La voce più affidabile dice che giunto al cospetto del dittatore con un socio americano per fare affari non ben precisati viene invece imprigionato come spia e nemico del popolo e poi giustiziato. Come detto...voci più fantasiose lo vedono invece assoldato come mercenario dallo stesso Amin e fucilato nel 1979 durante la rivolta che fa cadere la dittatura.
Nel 1985 viene dichiarato legalmente morto(il suo corpo non verrà mai trovato), dopo richiesta della moglie che ottiene così la pensione del marito, dal giudice della Contea di King nello stato di Washington. Ma si dice che a Manrovia, in Liberia, viva un uomo, alto e pericoloso.
Si narra che sia stato un atleta nel passato e che sia americano.
Chi ha provato ad avvicinarlo è stato minacciato: “Posso ucciderti qui ed ora… ora vattene e se domani torni non mi troverai…” Forse John Brisker è morto.
Forse ha solo cambiato nome.


T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog:  Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)

La Storia Di Reggie Harding: Rapine, Droga e Sparatorie

Reggie Harding nacque nel Michigan a Detroit nel 1961.
Si laureò all'Eastern High School, centro alto 2 metri e 13, venne selezionato dai Detroit Pistons nel quarto turno del Draft NBA 1962.
L'esordio con i Pistons avvenne 2 anni dopo, nel 1964.
In un certo senso passò alla storia per esser stato il primo giocatore a passare dal college direttamente alla NBA.
Anzi, più che dal college, potremmo dire che passò dalla prigione alla NBA.
In quattro stagioni con i Pistons e Chicago Bulls, Harding portò discrete medie 9 punti e 9.1 rimbalzi a partita Nel 1967-1968 con gli Indiana Pacers chiuse con una media di 13.4 punti e 13.4 rimbalzi in 25 partite.


DROGHE, RAPINE, PISTOLE E MORTE
Dicevamo della prigione perchè la carriera di Harding è stata più volte interrotta per una serie di problemi personali che lo portarono più volte dietro le sbarre.
Rapine, dipendenza da droghe e molto altro.
Inoltre si diceva che portava una pistola nella sua borsa da palestra.
Durante un'intervista televisiva, minacciò di sparare al general manager degli Indiana Pacers, Mike Storen. Inoltre minacciò di sparare anche il compagno Jimmy Rayl quando i due dividevano la stessa stanza.
Secondo Peter Benjaminson, Harding nel 1960 violentò Florence Ballard, cantante della band The Supremes.
Harding rimase ucciso in una sparatoria in un  incrocio a Detroit nel 1972, all'età di 30.


T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog:  Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)

venerdì 1 maggio 2015

La Storia Di Mike Tyson: Risse, Arresti, Cocaina

Michael Tyson nasce nel quartiere popolare di Brooklyn noto come Bedford-Stuyvesant.
E' stato uno dei pugili più forti del mondo.
Il suo temperamento,  la sua imponente fisionomia e non meno la sua fama, nel corso della sua vita, non hanno potuto fare altro che incrementare negli avversari sportivi che lo hanno affrontato il timore di tutti coloro che lo vedevano fare anche due semplici scambi di boxe.
I soprannomi che gli furono attribuiti, Iron Mike, The Baddest Man On The Planet, Kid Dinamite e King Kong, rendono un’idea della brutalità presente nel pugile di cui ci appropinquiamo a parlare.
Nacque comunque in una famiglia molto povera.
Il padre Jimmy lavora come manovale ma, due anni dopo la nascita di Mike, soffrendo di gravi disturbi al cuore decide di lasciare il lavoro.
Con esso abbandona anche la compagna(Lorna Smith) e i figli per rifarsi una vita lontano da Brooklyn. Lorna quindi, incapace di sostenere da sola l'intera famiglia, si trasferisce con i suoi tre figli a Brownsville(quartiere antistante).
Lì, pensa, che le spese saranno sicuramente inferiori ma sà anche che la vita diventerà più pericolosa dato che quel distretto si trova in cima a tutte le liste dei quartieri più pericolosi d' America.


L'INFANZIA DIFFICILE E LE RISSE
Mike, senza un padre e con la madre che nel frattempo trova nell'alcol la soluzione ai mali della propria esistenza, cresce senza una guida sulle strade del ghetto dove trascorre un' infanzia parecchio difficile in cui viene spesso malmenato e schernito dai ragazzi della zona.
Tyson da bambino è introverso e solitario.
Egli parla poco e non si unisce volentieri ai giochi degli altri ragazzi.
I piccioni sono la sua unica compagnia assieme ad un cane trovatello che battezza con il nome "Killer".
Mike, a soli dieci anni, non è alto ma il suo fisico è molto più sviluppato di quello di molti suoi coetanei.
Essi tuttavia, notato il carattere remissivo e incuranti della sua mole, lo deridono costantemente.
Infatti gli affibbiano nomignoli come: "big head Mike" per la sua testa grande; "dirty Mike" perché veste sempre gli stessi vestiti sudici e consumati; "little fairy boy" per i modi gentili, la voce sottile e un lieve difetto di pronuncia.
Il piccolo Tyson si stanca infine dei continui abusi di cui è vittima la sua persona e si convince che, per essere rispettati sulle strade di Brownsville, paga di più l'uso della violenza che quello delle buone maniere.
Un giorno Mike picchia furiosamente un ragazzo più grande che, "per divertimento", aveva staccato la testa ad uno dei suoi piccioni e continua in seguito a ricorrere alle maniere forti qualora gliene si presenti l'occasione.
I risultati di questo suo nuovo comportamento, favoriti dalla sua corporatura sempre più imponente, non tardano a manifestarsi e ben presto egli diventa uno dei soggetti più temuti del quartiere.
La leggenda sui pugni di un ragazzino undicenne chiamato Mike Tyson comincia infatti a circolare a Brownsville e in breve tempo non esiste più nessun "dirty Mike"  in zona.
Adesso chi lo conosce si limita a rivolgerglisi con un certo timore.
Mike smette di andare a scuola e comicia a farsi largo nella sua mente l'idea di diventare pugile un giorno. Egli incoraggia tale proposito appendendo un poster del Campione dei pesi massimi Joe Frazier in camera sua.


THE JOLLY STOMPERS: LA GANG E I 38 ARRESTI
Tyson comunque deve rinunciare, per il momento, ad avvicinarsi alla boxe perché, nonostante la giovane età, si trova sempre più coinvolto dalla violenza che caratterizza il contesto in cui cresce.
Egli, ad appena dodici anni, diventa il membro più giovane della "gang" di strada conosciuta a Brownsville con il nome di "The Jolly Stompers" cacciandosi in ogni sorta di guaio.
Mike infatti diventa un esperto in furti, aggressioni, risse e, inevitabilmente, anche di soggiorni in riformatorio (in particolare nel centro di detenzione "Spofford", situato nel quartiere del Bronx).
In seguito all' ennesimo scippo, e dopo aver raggiunto il discutibile primato dei 38 arresti, per allontanarlo da Brooklyn e da un sicuro avvenire fatto di crimini più gravi, Tyson viene destinato al riformatorio "Tryon" dove cambierà il corso della sua esistenza.


RIFORMATORIO TRYON E IL PUGILATO
In questo centro per "ragazzi incorreggibili", infatti, egli parteciperà alle lezioni di boxe tenute da Bobby Stewart.
Quest' ultimo viene immediatamente colpito dalla prestanza fisica del "piccolo" Tyson (che a tredici anni pesa più di 80 chili) e nota fin dalle prime volte che gli permette di salire sul ring sia la forza impressionante che la straordinaria attitudine per la boxe del ragazzo.
Stewart decide pertanto di presentare Mike al leggendario allenatore Cus D'Amato.
Questo resta favorevolmente impressionato dalla vista del giovane Mike e arriva addirittura a predire, che quel ragazzo tredicenne, se guidato e allenato a dovere, sarà indubbiamente il prossimo grande campione dei pesi massimi.
Due anni dopo, nel 1982, D' Amato adotta Tyson legalmente (quando la madre di Mike muore di cancro) facendogli da padre e guida negli anni futuri.
Mike Tyson, allenato da D' amato (e da un altro "discepolo" di Cus: Teddy Atlas), disputa una eccellente carriera da dilettante sostenendo in tutto 54 incontri di cui 48 vinti.


CAMPIONE DEL MONDO (1986)
Cus D' Amato decide allora che è tempo per " il suo Tyson" di passare al pugilato dei professionisti e il debutto di Mike nel marzo del 1985 si risolve in una fulminea vittoria per KO al primo round quando egli batte Hector Mercedes in appena 77 secondi.
L'allenatore comunque non ce la farà a vedere il suo pupillo che conquista il titolo mondiale perché morirà a causa di una polmonite nel novembre del 1985 all'età di 77 anni.
Mike Tyson tuttavia, poco più di un anno dopo, il 22 novembre 1986 diventa il più giovane Campione del mondo dei pesi massimi nella storia del pugilato.
Infatti egli conquista il titolo mondiale WBC a soli 20 anni 4 mesi e 22 giorni battendo brutalmente per KO alla seconda ripresa il canadese Trevor Berbick.
Il giovane pugile dedicherà questa vittoria al suo indimenticato tutore Cus D' Amato e, nel corso dei nove mesi successivi, riunificherà la corona dei pesi massimi sconfiggendo prima ai punti in 12 riprese James Smith per la cintura WBA e poi, sempre ai punti, l'ottimo Tony "TNT" Tucker per il titolo della International Boxing Federation (IBF).
Il regno di "Iron Mike" dura più di tre anni duranti i quali egli appare una imbattibile macchina da pugni. Nessun avversario sembra potergli resistere e ogni suo incontro si risolve inevitabilmente in impressionanti e rapidissimi KO' s.
Nel 1988 Tyson licenzia Kevin Rooney, l'allenatore che lo aveva preparato a tutti i suoi match da professionista, per firmare un contratto che lo lega al promoter Don King.
Molti interpretano questo momento come l'inizio del declino professionale e personale di "Iron Mike".
La supremazia di Tyson nei pesi massimi si conclude bruscamente e con grande sorpresa l'11 febbraio 1990 quando, a Tokyo, viene pesantemente sconfitto da James "Buster" Douglas per KO alla decima ripresa.
Comincia così la corsa di Tyson verso la riconquista del titolo mondiale ma nei due anni successivi egli disputa e vince solo 4 incontri (di cui 3 per KO).


LA VIOLENZA DOMESTICA E IL DIVORZIO (1998)
Sul piano umano le cose vanno un po' diversamente.
Il 9 febbraio 1988 aveva sposato a New York l'attrice Robin Givens che però poco dopo inizia le pratiche di divorzio dichiarando più volte di essere stata picchiata dal marito.
I due poi divorzieranno nella Repubblica Dominicana il 14 febbraio dell'anno successivo.


L'ACCUSA DI STUPRO E IL CARCERE (1992)
Alla fine del 1991 tuttavia, il proposito della riconquista del titolo mondiale viene bloccato dall'accusa di stupro da parte della reginetta di bellezza Desiree Washington.
Segue un processo che viene seguito dall'intera America, divisa tra coloro che vedono in Tyson unicamente un criminale che deve pagare per la propria malefatta e coloro che invece credono nell'innocenza dell'ex campione del mondo.
Ad emettere la sentenza è il giudice donna Patricia J.Gifford che lo condanna a 10 anni di carcere (di cui 4 con pena sospesa).
Tyson entra nel carcere di Plainfield, nello Stato dell' Indiana, nel febbraio del 1992 e ne esce soltanto nel marzo del 1995 dopo 1095 giorni di reclusione e beneficiando, tra l'altro, di uno sconto sulla pena per buona condotta.
La vita dell'ex- campione sta andando evidentemente a rotoli e in molti aspetti somiglia a quella, altrettanto tragica, di un altro pugile peso massimo che Tyson considera da sempre uno dei suoi idoli: Charles "Sonny" Liston.


IL RITORNO AL PUGILATO (1995)
Tyson, dal momento del rilascio, riprende subito la sua attività pugilistica e sostiene alcuni incontri con pugili di medio livello che batte con disinvoltura.
I suoi tifosi e l'intero mondo della boxe, bisognoso di una figura carismatica in un' epoca di grossa crisi per questo sport, sperano in un ritorno in grande stile di "Iron Mike".
Tyson non delude nessuno perché conquista prima la versione WBC del titolo dei pesi massimi battendo il valido britannico Frank Bruno alla vecchia maniera(un KO alla terza ripresa) e poi impiegando un solo round per sbarazzarsi di Bruce Seldon e fare sua anche la cintura WBA.
Ma nel novembre del 1996, dieci anni dopo aver conquistato il primo titolo mondiale, arriva il momento di difendere il titolo WBA contro un avversario di grande prestigio: l'ex re dei massimi leggeri e dei massimi "The Real Deal" Evander Holyfield (un incontro che era stato già fissato nel 1991, prima della condanna di Tyson, e che quindi ora è molto atteso dagli appassionati).
Mike Tyson, in questo match molto combattuto e altamente spettacolare, viene prima messo a sedere da un colpo di Holyfield nella sesta ripresa e poi sconfitto, tra lo stupore collettivo, per KOT all'undicesima ripresa. I dubbi su quanto sia rimasto delle sue qualità pugilistiche, in seguito alla prigione, si fanno sempre più reali.


IL MORSO AD HOLYFIELD (1997) E LA SQUALIFICA
La rivincita con Holyfield si tiene a Las Vegas, nel Nevada, il 28 giugno del 1997 ma questa volta le possibilità di vittoria per "Iron Mike", solitamente favorito dai pronostici, sembrano essere poche.
Mike Tyson durante questo match perde il controllo e nel corso del terzo round, vistosi nuovamente vicino alla sconfitta, morde ripetutamente l'orecchio dell'avversario staccandogliene un pezzo e costringendo quindi l'arbitro Mills Lane a interrompere l'incontro, a squalificarlo e a decretare la vittoria in favore di Evander Holyfield.

"Lo volevo uccidere. Chiunque fosse presente a bordo ring ha potuto vedere la mia rabbia cieca, ero furioso, ero come un soldato indisciplinato fuori controllo, così l'ho colpito alla testa", ricordando che l'anno prima aveva visto Holyfield lo aveva battuto anche causandogli una ferita al sopracciglio dovuto a una testata.

Dopo il secondo morso, e la conseguente squalifica decretata dall'arbitro Mills Lane, Tyson ammette di aver perso completamente il controllo: "C'era gente che tentava di tenermi mentre Holyfield era rannicchiato a terra nel suo angolo, ho provato più volte a raggiungerlo. Avevo addosso 50 persone, ho cercato di liberarmi dagli agenti che mi bloccavano". 

La reazione dell'opinione pubblica al suo gesto non fu tenera.
"Qualcuno gettò persino una testa di pesce. 
E la cosa è proseguita con una aggressione agli uomini della sorveglianza. 
Alla fine, ho fumato dell'erba e bevuto del liquore prima di andare a dormire. 
Fuori dall'Mgm c'era una gigantesca rissa".


In seguito a questo episodio, forse senza precedenti nella storia della boxe, la Commissione Atletica del Nevada decide di revocare a Tyson la licenza di pugile per un anno.
Mike, riottenuta la licenza e nonostante i guai che caratterizzano ormai la sua vita fuori dalle sedici corde, continua con altre rapide vittorie per KO che servono a ricostruire la sua immagine di pugile e a fargli ottenere una nuova chance per il titolo mondiale.
Egli intanto divorzia dal socio-promoter Don King accusandolo di avergli sottratto circa 100 milioni di dollari dei suoi guadagni. (Tyson vincerà anni dopo la causa ottendendo 14 milioni dollari).


IL NUOVO ARRESTO (1999) E LA RISSA CON LENNOX LEWIS (2002)
Nel 1999 Mike torna ancora una volta in prigione dove sconta 5 mesi dell'anno di reclusione inflittogli per aver aggredito fisicamente due automobilisti in seguito ad un tamponamento avvenuto nel Maryland.
Per "Iron Mike" seguono altri inevitabili ritorni sul ring con altrettante rapide vittorie che alimentano i dubbi a proposito del valore degli avversari scelti per affrontarlo.
Infine, l'8 maggio 2002 a Memphis, Tyson ha una nuova possibilità per il titolo mondiale contro il legittimo Campione dei pesi massimi: il britannico Lennox Lewis.
Nella conferenza stampa pre-match volano parole grosse, minacce, schiaffi, pugni con tanto di mega rissa che ha coinvolto una ventina di persone.
Tutto è iniziato quando Tyson senza apparenti motivi ha attraversato il palco per raggiungere dalla parte opposta un membro dello staff del suo avversario e colpirlo con un pugno.
Un attimo dopo la confusione e il nervosismo si sono impadroniti della scena: sedie che volavano, schiaffi e spintoni tra la ventina di persone dei rispettivi staff dei due campioni.
Che, intanto, venivano trattenuti perché non arrivassero ad affrontarsi in un match anticipato.
"Vi garantisco che metterò Lennox fuori combattimento, il mio destino è quello di riprendermi la corona dei massimi", ha urlato Tyson verso il pubblico dei giornalisti.
"Non vedo l'ora di sbarazzarmi di Tyson", ha risposto a tono il pugile britannico.
Le "battute" dei due, calmati e allontanati l'uno dall'altro, hanno concluso i cinque minuti di scontro sul palco di New York.
In quello che viene definito "l'incontro del secolo" e che desta interesse in tutto il mondo per il valore dei due pugili (ma anche in seguito, come detto, alla rissa scoppiata di fronte alle telecamere in seguito durante la conferenza stampa che presentava questo evento) Mike viene impietosamente messo KO dall' inglese all'ottava ripresa.


LA BANCAROTTA (2003) E IL RITIRO DEFINITIVO (2005)
Tyson nel 2003 dichiara bancarotta non essendo in grado di far fronte ai debiti maturati nei confronti del fisco americano che ammontano a 38 milioni di dollari.
Il pugile arriva a questo dopo aver dilapidato circa 300 milioni di dollari guadagnati in carriera con spese folli (due matrimoni falliti, figli da mantenere, parcelle di avvocati che lo difendono nelle sue svariate cause, un esemplare di tigre bianca in giardino, macchine di lusso, gioielli...).
Nel 2004, oppresso dai debiti, egli tenta un nuovo ritorno sul ring, ma viene messo KO in quattro riprese dall'inglese Danny Williams.
L'anno dopo, ritirandosi dopo la sesta ripresa dell'incontro che lo vede opposto all'irlandese Kevin McBride, Mike conclude definitivamente la sua carriera agonistica.
Tyson, nella conferenza stampa che si svolge immediatamente dopo questo incontro, dichiarerà di "non avere più il cuore e la disciplina necessari per fare bene la boxe" e, cosa non meno importante, di "non voler discreditare con prestazioni deludenti questo sport a cui deve tanto".
Mike indossa nuovamente un paio di guantoni, solo per esibizione questa volta, il 20 ottobre 2006 quando affronta sulla distanza delle quattro riprese il peso massimo Corey "T- Rex" Sanders.
Si tratta del primo incontro del "Mike Tyson' s World Tour", che si tiene a Youngston nello Stato dell'Ohio e che, in futuro, prevede altri incontri del genere in diverse parti del mondo.
Il "Mike Tyson' s World Tour" era stato annunciato dallo stesso pugile qualche mese prima ed aveva lo scopo, neanche troppo taciuto, di riassestare le finanze dell'ex campione.


L'ARRESTO IN ARIZONA (2006)
Per Mike Tyson il 2006 si conclude con un altro guaio giudiziario perché il 29 dicembre egli viene arrestato all'uscita di un night club di Scottsdale, un sobborgo elegante della città di Phoenix, nell' Arizona.
Questo accade dopo che Mike, a bordo della sua Bmw nera, aveva quasi tamponato l'auto dello sceriffo destando pertanto i sospetti delle forze dell'ordine.
Tyson veniva fermato e, in seguito all' immediato controllo, appariva in evidente stato confusionale e nella sua auto venivano rinvenuti diversi grammi di cocaina.
L'ex pugile veniva quindi incriminato per possesso di sostanze stupefacenti e guida in stato di ebbrezza.
Il processo contro Mike Tyson si è concluso quasi un anno dopo quando, il 19 novembre del 2007, Tyson è stato riconosciuto colpevole dal giudice donna Helene Abrams del tribunale di Mesa (Arizona) di tutti i capi d' accusa.
Mike Tyson, che rischiava fino a tre anni e mezzo di prigione, è stato invece condannato a scontare un solo giorno di detenzione nel carcere "Maricopa County Jail" (vicino Phoenix), a pagare una multa di circa 3500 dollari e a prestare 360 ore di servizi sociali.
Egli inoltre dovrà sottoporsi a controlli periodici nei prossimi tre anni.
A molto hanno valso, per il raggiungimento di questa sentenza minima per Tyson, le lettere di clemenza scritte al giudice dalla Dottoressa Monica Turner, ex moglie di Mike, e soprattutto il fatto che Tyson, dopo aver riconosciuto la sua dipendenza da cocaina e marijuana, abbia intrapreso un programma di riabilitazione per dipendenza da diverse sostanze e, fino alla data del processo abbia superato con successo ben 29 test antidroga.
Il 20 ottobre 2007 alle 9 del mattino Mike Tyson è stato rinchiuso nel carcere "Maricopa County Jail", isolato dagli altri 1500 detenuti, per scontare la pena di 24 ore di incarcerazione.


L'AMMISSIONE DELL'USO DI COCAINA (2013)
"Ero sotto l'effetto della cocaina durante gli ultimi incontri più importanti. 
Agli esami del doping avevo sotto i pantaloncini un pene finto con la pipì fatta da un mio amico. 
Usavo quella per riempire le boccette degli esami ed è sempre andata bene. 
Sono 90 giorni che non sto toccando nulla. 
Ho iniziato a frequentare gli alcolisti anonimi che mi stanno aiutando. 
Sto soffrendo ma ho ritrovato mia moglie Kiki al mio fianco. 
Voglio continuare a vivere la boxe come promoter, a occuparmi di spettacolo e cinema. 
Non ho mai abusato di Desiree Washington, le conseguenze della sua azione sono una cosa con la quale dovrà convivere per il resto della sua vita".


T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog:  Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)