Stan Bowles nacque nel 1948 a Manchester.
Le vicende meno note ma di certo non meno clamorose e burrascose che hanno caratterizzato la carriera e la vita di Bowles sono frutto di un’indole votata alla contrapposizione con il mondo intero, che sfociava in atteggiamenti costantemente sopra le righe e profondamente irriverenti.
Indubbio però fu il suo genio calcistico, che ne ha fatto uno degli idoli più famosi del calcio albionico nel cuore dei fantastici anni ’70.
Un genio naturalmente a corrente alternata,come vuole la tradizione e come si conviene ai "pazzi".
L'INFANZIA
Stan nasce la vigilia di Natale 1948, a Collyhurst, duro sobborgo di Manchester e cresce a Moston, che è pure peggio.
Moston è considerata terra di banditi anche per gli elevati standard mancuniani.
E se per compagni di "giochi" hai la Quality Street Gang e i Whiz Mob e ti fanno sporadiche visitine lo Special Branch (l’esercito per la sicurezza nazionale) e la Met (colloquiale per Metropolitan Police Service) perché rubare furgoni è un modo troppo realistico di fare a guardie e ladri, il tuo destino magari non è segnato ma un’impronta ce l’ha.
Quasi fisiologico che Stan viva di pane, calcio e scommesse(il tutto iniziò a 15 anni quando vinse 24 sterline).
GLI INIZI: MANCHESTER CITY, BURY, CREWE E CARLISLE
Col pallone invece il prodigio ci sa fare e scala alla svelta la trafila nelle giovanili del Manchester City, nella cui prima squadra Joe Mercer lo fa debuttare nel settembre 1967 in Coppa di Lega contro il Leicester City. Bowles lo ripaga con una fantastica doppietta.
Ma in campionato il contributo è trascurabile.
Il ragazzo frequenta brutte compagnie e al club la cosa non aggrada (storiche un paio di accapigliate con il vice-Mercer, Malcolm Allison, una delle quali davanti ai clienti del night "The Cabaret").
È una testa calda, ma quella testa pare intenzionato a metterla a posto quando, due anni dopo, sposa la fidanzatina dei tempi della scuola, Ann, che gli darà tre figli: Andrea, Carl e Tracey.
Il temperamento ribelle, le sue attività fuori del campo e la richiesta di un nuovo contratto fatta al compimento del 21° anno di età, cui segue il rifiuto dell’aumento di 5 sterline a settimana, non vanno giù alla dirigenza, che nell’agosto ’70, stufa di 2 reti in 17 gare spalmate su tre campionati, lo molla.
«Sapevo che era finita, che non si poteva tornare indietro, così me ne tornai dai miei vecchi compari dei bassifondi di Manchester, dove facevo più soldi della miseria che prendevo al City. Smisi di allenarmi, tranne che per precipitarmi dai bookmaker per la corsa delle 14, del calcio non m’importava più».
Infatti, nel prestito al Bury, finito anzitempo, il 5 settembre, dopo sole nove settimane (5 gare e zero gol), Stan dimostra di non essere cambiato e il suo futuro da pro sembra finito ancora prima di iniziare.
Quello stesso mese, gli concede una possibilità il Crewe Alexandra, club di quarta divisione.
18 centri in 51 gare con i Railwaymen, una delle peggiori squadre del Paese, convincono Ian MacFarlane a portarselo, nell’ottobre ’71, per 12.000 sterline, al Carlisle United in 2nd Division.
L’impatto con Gresty Road è col botto (tripletta al Norwich), ma in undici mesi sotto “The Big Man”, Bowles raccoglie solo 36 presenze e 13 gol (33 e 12 in campionato, chiuso al quarto posto).
Nonostante le mattane, o forse anche per quelle, a Brunton Park lo ricordano ancora come uno dei più forti.
Nasce allora la partnership con Chris Balderstone che, assieme alle ali Dennis Martin e a Bobby Owen, forma un centrocampo che in Division Two non ha eguali.
QPR, LA PALLONATA ALLA FA CUP E LA NAZIONALE
Ma dall’arrivo, nell’agosto ’72, del nuovo manager Alan Ashman, per Stan si rompe qualcosa.
Due settimane dopo è venduto al QPR di Gordon Jago, per 112.000 sterline, esborso-record per il club.
A Sheperd’s Bush, resta sette anni, rimpiazzando nel cuore dei tifosi l’idolo e pari ruolo (in campo e fuori) Rodney Marsh ceduto per 200 mila pounds al Man City.
Un colpo di fulmine che sulle gradinate di Loftus Road cambia istantaneamente i cori da «Rod-ney, Rod-ney» a «Stan-ley, Stan-ley».
Ma Londra propone a Bowles orizzonti nuovi anche fuori dal campo:il vizio per le scommesse assume in questo periodo proporzioni preoccupanti ancorché grotteschi.
Non era insolita infatti ai tifosi del QPR in fila per entrare a Loftus Road la scena di Bowles, in tenuta da gioco che sgaiattolava di nascosto fuori dagli spogliatoi a pochi minuti dal fischio d’inizio per andare a piazzare al più vicino allibratore la puntata dell’ultimo momento!
Bowles era di conseguenza assiduo frequentatore anche dell’ufficio del presidente Gregory, a cui sempre più spesso si rivolgeva per avere congrui anticipi su premi e stipendi, atti a far fronte ai debiti che aveva con mezza Londra per il suo vizio del gioco.
Ma passiamo forse all'evento più incredibile della sua carriera: Sunderland-QPR, ultima di campionato della 2nd Division 1972-73 (l’attuale Championship, la serie cadetta inglese).
Si sfidano i biancoblù londinesi, da un mese già promossi in 1st (arriveranno un punto dietro il Burnley, primo con 62)e i Black Cats che invece hanno appena vinto, un pò a sorpresa, la FA Cup battendo 1-0 il Leeds United.
Al vecchio Roker Park si radunano in 43.265 per ammirare in casa propria il trofeo, lasciato in bella mostra su un tavolo oltre la linea laterale.
Bowles & C., però, hanno altri progetti:
«Un paio di noi avevano scommesso su chi riusciva per primo a far cadere la coppa colpendola col pallone. Allora ho preso palla, ho corso per qualche metro e l’ho fatta volare via. Ai tifosi avrei fatto meno male segnando due gol, e alla fine c’è stata un’invasione di campo che è finita su News At Ten!».
La folla, inferocita per quello che ritiene un affronto, invade il campo e comincia la caccia all’uomo.
Ci metterà 20′, la polizia, per riportare l’ordine e far riprendere il gioco.
Nel ’74 a Jago subentra Dave Sexton, che ama maggiormente il passing football.
Il primo a beneficiarne è Bowles, che nel giro di due anni, in coppia con Gerry Francis, trascina i Rangers a un punto da un titolo.
E la stagione successiva, la prima dei Rangers in Europa, è capocannoniere (11 gol) di Coppa Uefa, torneo che per i suoi si arena nei quarti, 6-7 ai rigori contro l’AEK Atene, dopo che erano state sommerse di reti Brann Bergen e Slovan Bratislava e battuto il Colonia.
Nel frattempo il 3 aprile ’74, Sir Alf Ramsey lo fa debuttare in nazionale nell’amichevole di Lisbona (0-0) contro il Portogallo.
Per Bowles è l’inizio di un amore mai consumato.
L’11 maggio al Ninian Park di Cardiff (2-0 al Galles) firma il suo unico gol con i “bianchi”.
Con i Rangers Bowles non si presenta a un raduno preferendo andare a White City, pista londinese per le corse dei cani.
Perso sul filo di lana il campionato ’76, Bowles riconquista la nazionale.
La seconda occasione gliela dà Don Revie nella gara di qualificazione mondiale contro l’Italia, il 17 novembre all’Olimpico di Roma.
Il quinto e ultimo “cap” è del 9 febbraio ’77, davanti ai 90.000 di Wembley, 0-2 dall’Olanda, amichevole che passerà alla storia per il «10» in pagella a Johan Cruijff.
Per Stan, niente più polemiche come quella avuta con Emlyn Hughes («Per il mio Paese giocherei anche gratis»): «Giusto, tu tieniti i Tre Leoni e i tuoi 200 testoni li prendo io (nella gestione-Revie i convocati beccavano 200 sterline a convocazione)».
IL NOTTINGHAM FOREST E IL RIFIUTO DI ANDARE IN PANCHINA (FINALE DI COPPA CAMPIONI)
Nel dicembre ’79, su raccomandazione dell’antico sodale Peter Taylor, Brian Clough si mette in testa una pazza idea: fare di quel riottoso giocatore il cavallo di punta del Nottingham Forest campione d’Europa. Nei piani, Stan doveva rimpiazzare l’anziano Archie Gemmill in una prima linea da sogno: Trevor Francis, John Robertson, Garry Birtles, Bowles e l’altro pazzo Charlie George, arrivato in prestito.
Un progetto folle, appunto perchè era destinato a fallire dall’inizio: «Siamo partiti col piede sbagliato quando mi ha detto "voi cockneys (spregiativo per "coatti" londinesi) siete tutti uguali" e io, di rimando, "Mi scusi, ma io sono di Manchester"».
Due personalità troppo forti per poter coesistere.
E il rifiuto del giocatore di andare in panchina(dopo una lite furibonda) per la finale di Coppa dei Campioni, il 28 maggio 1980 al Santiago Bernabéu di Madrid contro l’Amburgo, è il punto di non ritorno.
Ma più che rifiuto...Bowles non si presenterà proprio alla partenza per Madrid senza avvertire nessuno ed il Nottingham ebbe solo quattro riserve invece di cinque, per la prima volta (ad oggi anche unica) nella storia della Coppa dei Campioni.
LEYTON ORIENT E BRENTFORD
Due mesi dopo, Clough decide che 2 reti in 19 partite non valgono la candela e lo vende al Leyton Orient, in Second Division, per 100.000 sterline, un record a Brisbane Road.
Bowles ci resta un anno, il tempo di segnare 7 volte in 44 partite.
Poi sposa (nell’agosto ’81) l’amante di lunga data Jane Hayden e in ottobre scende in 3rd firmando per il Brentford di Fred Callaghan.
Bowles, che ha perso un po’ lo spunto ma non la classe, vive tre stagioni da re (16 gol in 81 gare) prima di ritirarsi, ormai 35enne, nel febbraio ’84.
Ancora oggi, al Griffin Park ricordano l’ilarità da lui suscitava quando, frustrato per il passaggio orribilmente fuori misura indirizzatogli dal suo scarsissimo terzino destro, si piegò mimando il gesto di portarsi le mani agli occhi come fossero un binocolo per vedere dove diavolo gli avessero lanciato il pallone.
GLI ECCESSI FUORI DAL CAMPO: SCOMMESSE, ALCOOL, SIGARETTE, DIVORZI
Ma come si sarà capito, a parte le sue prodezze, soprattutto quelle nel QPR più forte di sempre(trascinato dai suoi 70 gol in 255 partite di campionato, 97 in 315 in totale), Bowles verrà per sempre ricordato anche per gli eccessi fuori del campo.
«Ho fatto il pieno con vodka (una bottiglia al giorno), tonica, scommesse e sigarette (fino a 50, ma forse 80, al dì). Ripensandoci, devo aver esagerato con la tonica».
I tre divorzi («cerco di raggiungere Mickey Rooney», leader di categoria con 8 mogli), l’ultimo da Diane, conosciuta nel ’94, dalla quale ha adottato i figliastri Zoe e Tommy, le frequentazioni poco raccomandabili (tra cui «un truffatore di professione la cui specialità era vendere agli irlandesi cavalli che neppure esistevano») e sfociate in arresti (uno come sospettato di tentata rapina), le soste dai bookmakers prima di mettersi in fila per il sussidio di disoccupazione o le “fughe”, già in tacchetti, calzoncini e maglia numero 10, fino a 15’ dal fischio d’inizio, il finto ritiro venduto in esclusiva per 500 sterline per il supplemento domenicale di un quotidiano e smentito due giorni dopo il servizio fotografico, i patetici tentativi come assistente allenatore (un annetto al Brentford di Dave Webb, suo ex compagno ai Rangers, e due settimane al QPR), le esibizioni-choc in tv («Non esiste persona peggiore per rappresentare il calcio in televisione» disse nel ’76 l’amico ed ex compagno di squadra Paul Hince dopo la storica figuraccia di Stan a "Superstar" della BBC), il linguaggio scurrile che gli costò il posto di opinionista a Sky, gli articoli come esperto di scommesse (con le quali ha perso una fortuna), le baruffe con gli arbitri: Bowles è stato e ha provato di tutto e di più, ma se oltre vent’anni dopo che ha smesso di giocare si stampano magliette con la sue effigie, viene eletto miglior Ranger di sempre (davanti a Marsh) e Dominic Masters ci scrive su una canzone ("Stan Bowles" per The Others), un motivo c’è.
T'interessano altri articoli su storie sportive(doping, scandali, suicidi, partite vendute, etc) e scommesse?
Qui trovi l'indice completo ed aggiornato del blog: Indice Storie Sportive(Doping, Suicidi, Partite Vendute, Stake, etc)
CHRISTIAN GIORDANO https://sportspoetssociety.blogspot.com/2015/09/football-portraitsseventies-bowles-stan.html
RispondiElimina