I primi calci dati ad un pallone, furono tirati in Inghilterra ma Glasgow e la Scozia arrivò subito dopo.
La fondazione del Celtic risale al lontano 1887, quando un frate appartenente alla chiesa cattolica di Santa Maria raccolse una squadra che sostenesse iniziative benefiche a favore dei cittadini cattolici della città di Glasgow.
Club radicato con il cattolicesimo, anche i colori lo dimostrano.
Negli anni, la rivalità non solo cittadina ma anche religiosa con l’altra squadra cittadina dei Rangers ha caratterizzato la vita calcistica del Celtic.
Vecchia faccenda, ovvero Old Firm, in Scozia ma le due squadre sono state protagoniste anche in Europa.
Celtic in particolare, avendo vinto la Coppa dei Campioni nel 1967.
Primo club britannico a riuscirci.
LISBON LIONS
Il 1966-67 fu l'anno per antonomasia per il Celtic (e il sogno per qualsiasi club calcistico): campionato, coppa nazionale, Coppa di Lega e Glasgow Cup, tutti trofei finiti nella bacheca dei Bhoys.
Più la Coppa dei Campioni appunto.
L'arteficie di tutto Jock Stein, primo manager protestante nella storia della società.
Stein e il suo 4-2-4.
Dall' 1 all' 11: Craig, Gemmell, Murdoch, McNeill, Clark, Johnstone, Wallace, Chalmers, Auld, Lennox.
O se preferite The Lisbon Lions.
Le stelle della squadra erano sicuramente Johnstone, Chalmers, Gemmell e Lennox.
La particolarità di questa squadra, fortissima, è che tutti i giocatori erano scozzesi.
Non solo.
Erano nati e cresciuti a non più di 30 chilometri da Parkhead, ai più noto come Celtic Park.
Insomma tutti di Glasgow e dintorni.
Provenienti tutti dal vivaio, non tutti cattolici però.
Per un tifoso dei Bhoys quella data rappresenta il punto più alto mai raggiunto nella storia del club battendo l' Inter del catenacciaro Helenio Herrera.
Per il Celtic rimane anche l’unica messa in bacheca, ciliegina sulla torta di una stagione in cui il club vinse tutto.
Il Celtic fu plasmato a immagine e somiglianza di Stein, squadra offensiva, veloce e con valori tecnici elevati.
La formula dell’allora Coppa dei Campioni non prevedeva la fase a gironi, ma un primo turno eliminatorio (composto di andata e ritorno) seguito dagli ottavi di finale, quarti, semifinali fino ad arrivare alla finale.
La marcia trionfale del Celtic iniziò contro gli svizzeri dello Zurigo, battuti per 2-0 e 0-3.
Vi furono poi gli ottavi di finale, dove fu la volta del Nantes, regolato con un doppio 3-1.
Le cose si complicarono nei quarti, quando il Vojvodina batterono i biancoverdi per 1-0, ma nella gara di ritorno in un Parkhead pieno all’inverosimile un gol allo scadere fissò il punteggio sul 2-0, aprendo le porte della semifinale.
Tra il Celtic e la finale di Lisbona c’erano i cechi del Dukla Praga.
In Scozia terminò 3-1, 0-0 invece a Praga.
In finale invece c'era l’Inter del catenacciaro Herrera, che aveva sbattuto fuori i campioni uscenti del Real Madrid.
Stein sapeva dei numerosi sacrifici che migliaia di tifosi avrebbero sostenuto per non perdersi quel momento storico.
Sapeva che il suo gioco spettacolare ed aggressivo si sarebbe scontrato con il catenaccio eretto da Herrera.
Eppure, disse semplicemente ai suoi giocatori “Andate in campo e divertitevi”.
Solito 4-2-4 di ordinanza ma l’inizio non fu incoraggiante, con l’Inter che passò in vantaggio dopo pochi minuti grazie a un calcio di rigore di Mazzola.
I Bhoys pareggiarono a metà della ripresa con Gemmell (tiro al volo dal limite dell’area) e piazzarono la zampata vincente a 5’ dalla fine con una deviazione sottoporta di Chalmers.
Finì 2-1 e quando l’arbitro emesse il triplice fischio una folla bianco-verde ebbra di gioia si riversò in campo a festeggiare.
Da Dublino a Glasgow, tutto i tifosi fecero festa nei pub e nelle strade, celebrando quegli eroi di Lisbona che passarono alla cronaca come The Lisbon Lions per la tenacia e la voglia di vincere dimostrate in quella finale.
11 scozzesi, cresciuti tirando calci al pallone a non più di 30 chilometri da Parkhead, diretti dal primo manager non cattolico nella storia del Celtic che elogiò a fine partita i suoi ragazzi: “Abbiamo vinto meritatamente, ce l’abbiamo fatta giocando un calcio meraviglioso, puro e fantasioso. Sono l’uomo più felice del mondo, soprattutto per il modo con cui abbiamo vinto”.
Tra il 1966 e il 1974 arrivarono anche 9 titoli nazionali consecutivi, 5 FA Cup, 5 Coppe di Lega.
A fare da cornice, un’altra finale nel 1970 (battuti dal Feyenoord) e due semifinali di Coppa dei Campioni.
Ai Lisbon Lions fu dedicata una stand del Celtic Park, idem al manager Jock Stein.
LA MORTE IN PANCHINA DI JOCK STEIN
Jock Stein, dopo una breve parentesi con il Leeds, successivamente divenne CT della Scozia, infondendo la propria filosofia anche alla Nazionale.
Il 10 settembre 1985, al Ninian Park di Cardiff in Galles, si giocava Galles v Scozia, incontro decisivo per la qualificazione ai Mondiali di Messico ’86.
Agli scozzesi, privi di qualche giocatore, sarebbe bastato un pareggio per accedere agli spareggi contro la modesta Australia, invece il Galles era obbligato a vincere.
All’ 81, con un gol di Cooper (Rangers), su rigore, la Scozia pareggiò il gol del gallese Mark Hughes.
Stein, dopo aver sfogato la propria tensione contro un fotografo che gli aveva ostruito la visuale del rigore, ebbe un improvviso attacco cardiaco.
A nulla servirono i soccorsi.
Morì sul campo, pochi minuti dopo.
Terminato il match, nel manto erboso circolò subito la notizia dello svenimento del Ct Stein, che prima di accasciarsi al suolo si era portato le mani al petto.
Le telecamere lo inquadrarono per un attimo mentre venne portato negli spogliatoi.
Il clima di euforia dei giocatori fu presto rimpiazzato dal gelo, quando il giovane Alex Ferguson (Aberdeen), collaboratore di Stein e non ancora allenatore del Manchester United, raccontò cosa era accaduto al momento del triplice fischio.
La notizia della morte del tecnico raggiunse i giocatori negli spogliatoi, quando Ferguson ne diede l’annuncio. «Calò il silenzio», raccontò il difensore Alex McLeish: «Nessuno parlò per un’ora negli spogliatoi, così come nessuno parò nella strada per l’aeroporto».
I giocatori furono sconvolti, così come fu sconvolto lo stesso Ferguson, che considerava Stein il suo mentore.
La Scozia sarebbe andata in Messico, dopo aver vinto lo spareggio, guidata in panchina da proprio da quell' Alex Ferguson che poi con il Manchester Utd diverrà l'allenatore più vincente di tutti i tempi della storia del calcio.
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